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RICETTE POMARANCINE

a cura di Maria Laura Giachetti

RICCIARELLI  POMARANCINI

Questa ricetta è tanto semplice per gli ingredienti quanto complicata nel dosaggio della chiara d’uovo.

Ingredienti

  • 1 etto di mandorle
  • 1 etto di zucchero meno un cucchiaio
  • 1 albume

Per una buona riuscita, le mandorle andrebbero passate al macinino a mano, come quello per la carne. Oggi, che non se ne trovano più tanti, vengono macinate nel mixer, ma così tendono a separarsi dall’olio; per ovviare almeno in parte a questo inconveniente conviene aggiungere un po’ dello zucchero della ricetta alle mandorle prima di macinarle e non prolungare troppo l’operazione di macina (magari date dei colpetti affinché non si surriscaldino). Deve risultare una farina grossolana.

Si aggiunge poi il restante zucchero alle mandorle. A questo punto si montano le chiare a neve ferma e si comincia ad incorporarle agli altri ingredienti, ma un po’ alla volta in modo da non avere un impasto troppo morbido; in questo caso si rischia di vederli appiattirsi in cottura; questo succede più facilmente con le mandorle passate al mixer. L’unico modo per il dosaggio delle chiare è l’esperienza.

A questo punto si mette l’impasto a mucchietti su delle ostie e si pongono nel forno preriscaldato a 160° (ma dipende dal forno) per 10 minuti o poco più. E’ importante non abbandonarli! Vanno tenuti d’occhio perché il rischio è che si brucino o si secchino; devono appena imbiondirsi, ma rimanere chiari. Tolti dal forno, si lasciano raffreddare e si cospargono con un po’ di zucchero a velo.

AFRICANI

Con i tuorli rimasti dai ricciarelli da noi usava fare gli africani.

Conviene spegnere il forno in cui si sono cotti i ricciarelli e farlo scendere fin sui 100°-120°; poi mantenere questa temperatura. Un tempo quando, prima delle Feste, le donne andavano a preparare i dolci al forno comune gli africani erano l’ultima cosa che veniva cotta, sfruttando il calore residuo del forno a legna dove erano state cotte tutte le altre preparazioni.

Si montano i tuorli con dello zucchero (un cucchiaio colmo per ogni tuorlo dovrebbe bastare) finché il composto non sarà denso e spumoso. A questo punto si versa un po’ di impasto nei pirottini da dolcetti, fino circa a metà o poco più, si dispongono su una teglia o sulla leccarda del forno e si mettono nel forno, dopo avere controllato che la temperatura sia giusta. Anche questi vanno controllati durante la cottura per evitare che diventino troppo scuri (devono essere appena dorati). Mi raccomando di non aprire assolutamente il forno durante la cottura, altrimenti implodono miseramente al centro.

Estrarli dal forno e farli raffreddare.

A casa mia si faceva un buchino al centro e ci si versava dentro un pochino di vermuth rosso.

MIGLIACCI

Ingredienti

  • 1/2 litro di acqua
  • 250 grammi di farina
  • 3 uova intere
  • Un po’ di sambuca o altro liquore all’anice (circa un bicchierino)
  • Semi di anice

Si mescolano tutti gli ingredienti facendo attenzione a non formare dei grumi (meglio se la farina viene setacciata prima). Io consiglio di far riposare il preparato per una ventina di minuti, poi si mescola di nuovo per ottenere una consistenza omogenea.

Si scalda un padellino antiaderente, della misura che vogliamo per i nostri migliacci, a fiamma medio-bassa, si unge con un po’ di strutto o di burro (poco, mi raccomando) e vi si versa un mestolino di composto, facendo roteare la padella in modo che tutto il fondo ne sia ricoperto in uno strato sottile, come per le crepes; si fa cuocere da un lato, poi con l’aiuto di una spatolina si gira il migliaccio e si completa la cottura che è molto veloce da entrambi i lati, visto lo spessore. I migliacci devono rimanere chiarissimi, con appena qualche area un po’ più scura.

Appena cotti si depositano uno ad uno su un piatto e si cosparge la superfice di ognuno con dello zucchero semolato, prima di aggiungere il successivo; la quantità di zucchero dipende dal gusto personale, ma un po’ ce ne vuole perché non ce ne è nel composto. Si forma così una pila. I commensali prendono un migliaccio, lo piegano in quattro, aggiungendo se fosse poco ancora un po’ di zucchero, e lo gustano.

Con queste dosi ne vengono molti, per cui adattate le quantità alle vostre esigenze.

PINOLATINE SECCHE

Ingredienti

  • 6 uova
  • 600 grammi di zucchero
  • 600 grammi di farina
  • La scorza grattugiata di 2 limoni
  • 200 grammi di pinoli

Queste sono dosi abbondanti, per cui consiglio di ridurle mantenendo le proporzioni.

Montare le uova con lo zucchero, poi aggiungere la scorza di limone e la farina; infine incorporare un po’ di pinoli.

Versare un po’ di impasto su delle ostie posizionate su una placca da forno e completare cospargendo con i restanti pinoli.

Mettere in forno a 140°-150° controllando a vista la cottura; devono appena appena dorarsi, ma rimanere chiare. Dovrebbe bastare una decina di minuti. Togliere dal forno e far raffreddare.

MASSA MARITTIMA

NOTE ILLUSTRATIVE della CARTA GEOLOGICA D’ITALIA

La nuova carta geologica del foglio 1 19 – Massa Marittima, che segue a oltre 60 anni di distanza la precedente, è opera di G. P. Brandi, P. Squarci, L. Taf fi con la collaborazione di E. Giannini, A. Lazzarotto, R. Mazzanti e M. Tongiorgi. L. Dallan ha eseguito campionature e studi micropaleontologici per le datazioni. I collaboratori avevano già iniziato rilevamenti nell’area del foglio prima che fosse assegnato a L. Trevisan (Direttore dell’istituto di Geologia dell’università di Pisa) l’incarico di dirigere il nuovo rilevamento. Tali studi precedenti sono stati completamente riveduti e aggiornati affinché armonizzassero coi nuovi e tutto l’insieme esprimesse lo stato attuale delle conoscenze in un’area molto complessa e di grande interesse scientifico e minerario.

La carta è stata rilevata col criterio di distinguere con un colore, accompagnato da una sigla, ogni formazione o membro di una formazione. Di queste unità litostratigrafiche sono indicate le età.

I limiti tra formazioni facenti parte di una serie sedimentaria non sempre rappresentano un cambiamento litologico sincrono in tutta l’area in cui le formazioni si estendono, ma possono rappresentare un cambia­mento che nell’area stessa è avvenuto attraverso tempi di varia durata.

Le faglie sono indicate con un segno apposito; i contatti tettonici di natura diversa (accavallamento di unità differenti, contatti anormali dovuti a scomparsa di parti o di intere formazioni per laminazione tetto­nica) sono indicati con lo stesso segno che indica i contatti tra formazioni in normale successione sedimentaria, perché la scala al 100.000 non con­sente, specialmente in aeree strutturalmente molto frammentate, di introdurre tali distinzioni. Le sezioni e lo schizzo tettonico possono dare un’idea dei rapporti di posizione geometrica tra le diverse unità.

Rilevamenti sono stati eseguiti sulle tavolette al 25.000 dell’l.G.M.; nella trascrizione alla scala di 1.100.000 alcune suddivisioni hanno dovuto essere tralasciate.