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Descrizione della storia della zona di Montecatini Val di Cecina.

MONTECATINI VAL DI CECINA

Montecatini Val di Cecina è uno di quei paesi che, per la conformazione urbani­stica ed architettonica ancora molto be­ne conservate, meriterebbe una maggiore attenzione e quindi un maggiore riguar­do da parte di chi cura e tutela il patrimo­nio dei beni monumentali.

Posto su di uno sperone di roccia subvul­canica del Pliocene medio, Montecatini V.C. domina tutte le strade della vallata, posto a cavaliere tra il Monte Volterrano e le Rocche di Miemo, al limite settentrio­nale della Catena delle Metallifere, dalle quali resta diviso dal fiume Cecina per ef­fetto delle grandi faglie che interessaro­no il territorio nelle fasi successive al Mio­cene superiore.

  1. rilievi di Montecatini V.C. diventarono promontori avanzati della grande laguna che si formò con la sommersione della in­tera Val di Cecina, conseguente ad una intensa attività tettonica che determinò lo sprofondamento del suolo ove si accumu­larono i sedimenti di argilla e quelli di sal­gemma, per effetto della fase evaporitica di acque poco profonde del mare. Con il ritiro delle acque marine e l’asse­stamento del cordone litoraneo, Montecatini V.C., già importante sotto il profilo strategico per l’affacciarsi sulla estesa vallata del Cecina, sede quest’ultima di antichissimi insediamenti preetruschi e villanoviani, si sviluppò intorno agli anni 1000 quale borgo fortificato, come risul­ta dalla documentazione storiografica dai cui testi si assume che il borgo, chiama­to allora Monte Leone, era di proprietà del Vescovo Pietro di Volterra il quale vi eser­citava l’autorità religiosa, essendo sog­getto, il paese, alla Pieve di Gabbreto.
  2. 23 luglio 1109 certo Ranieri detto “Mal­conte” cedette alla Chiesa Volterrana tutti i privilegi allora posseduti in Montecatini. Tuttavia, seppure non esista documenta­zione storica, nè vi siano reperti di epoca più antica, vi è da presupporre che Montecatini V.C. sia stata una rocca for­tificata anche in epoca romana per la de­nominazione dal nome latino (Catignano, Catinus), già importante storicamente per un prestigio militare che andò conquistan­do quale baluardo a difesa della penetra­zione barbarica.

Nella piana sottostante, subito a ridosso della pendice dell’Arzignano, sembra in­fatti che nel 306 avanti Cristo, una intera legione romana vi abbia stazionato per ol­tre dieci anni, quanto infatti è durato l’as­sedio di Volterra, caduta in mano di Ro­ma nel 296 a.C.. Narra Targioni Tozzetti nel suo libro “Viaggi in Toscana” che i contadini del luogo hanno trovato nell’arare l’esteso pianoro, molte ossa umane e “ferramenti” per una battaglia che lì sa­rebbe avvenuta tra romani e volterrani. Detto pianoro è denominato infatti “Ca­po Romano”.

Il 6 maggio 1226, col beneplacido di Fe­derigo II, il Vescovo conte si impegna a dare al Comune di Volterra e al Podestà “l’oste e la cavalcatura, salvo il diritto del Vescovo ad andare in guerra quando lo volesse per la difesa del suo feudo e del suo territorio”.

Nel 1316 nei pressi di Montecatini V.C. fu combattuta una battaglia fra Pisa e Vol­terra, vinta dai Pisani che imposero ai vinti una convenzione sui diritti che Pisa avrebbe esercitato sul teritorio del Vesco­vo conte.

Nel 1350 Montecatini V.C. è di proprietà dei Beiforti i quali istituirono il presidio del Castello con una forte guarnigione di sol­dati.

La fine delle Signorie prima, e la conqui­sta da parte dei fiorentini della città di Vol­terra, avvenuta con il famoso sacco del 1472, posero il borgo sotto il dominio me­dicee sino all’avvento degli Asburgo Lo­rena al trono di Toscana.

La comunità di Montecatini, costituita da Leopoldo I il 29 settembre 1774 a seguito di riforma dell’ordinamento amministrati­vo del granducato, venne a comprende­re ben cinque frazioni: Montecatini, Gello, Querceto, Sassa e Mazzolla. Durante la dominazione francese (1807-1814) la co­munità di Montecatini fu sottoposta alle di­pendenze della sottoprefettura di Volter­ra ed anche con la successiva restaura­zione granducale, continuò a far parte del­la cancelleria volterrana. Nel 1833 Maz­zolla passò a Volterra e Miemo, tolto al co­mune di Lajatico, andò a far parte di quel­lo di Montecatini V.C.

Montecatini, in questo periodo, non solo fu particolarmente celebre per le attività delle miniere del rame, già attive sotto il dominio mediceo ed ancora in piena effi­cienza, ma anche per la produzione del miele, il cui gusto, particolarmente squi­sito, pare fosse dovuto ai fiori di lupinella selvatica, tuttora abbondanti in quella zona.

Nel 1876 il Comune di Montecatini V.C. aveva una rendita di lire 499.040,07 e con­tava ben quattro scuole pubbliche con 206 scolari ed una scuola privata (maschi­le) con 36 allievi. La popolazione del Co­mune era di 4304 abitanti, di cui 2361 re­sidenti nel capoluogo.

Anche la documentazione storica dei nu­merosi monumenti architettonici è scar­sa, seppure il borgo ne conservi ancora numerose testimonianze.

Ne sono esempio la “Rocca” su cui risal­tava vistosamente la poderosa Torre Bei­forti che domina il paese, le mura lungo le quali sale la strada che conduce alla Chiesa intitolata a San Biagio, la bellissi­ma Piazzetta che risale al XIV secolo e che già appare nel catalogo del sinodo diocesano di Volterra del 1356, dove figura subito dopo la Chiesa di Gabbreto dalla quale dipendeva.

Fatto eccezionale e solo giustificabile con inderogabili esigenze di natura urbanisti­ca, la Chiesa in stile romanico non ha la facciata volta a ponente, rimanendo però tale fino al XVI secolo, quando la faccia­ta della chiesa venne assorbita dalla Ca­nonica e venne aperto l’attuale ingresso laterale mediante l’abolizione di un alta­re della navata di sinistra.

Fu proprio sul finire del XVI secolo che la Chiesa di San Biagio fu oggetto di acce­si contrasti tra gli abitanti di Montecatini V.C. e quelli di Gabbreto per la nomina del rettore, la cui controversia fu vinta dai montecatinesi.

Il campanile, anch’esso in stile romanico, fu eretto verso la metà del XV secolo, pri­ma ancora che la chiesa fosse elevata a Pievania (1467).

Suggestiva la parte alta e più antica del borgo, ancora interamente mantenuta nel­lo stile medioevale e recentemente restau­rata. Sono ancora visibili due torricelle pe­rimetrali del borgo, le cisterne, la ricostru­zione della cinta muraria, le porte, i vico­li, i chiassi ed anche il piccolo cimitero. Notevoli i complessi architettonici di Bu­rlano, antico feudo dei Saracini di Pisa, poi proprietà Incontri, Rocheforted ora Carmignani, quello della “Miniera”, l’an­tica località di Caporciano, con il palazzo degli uffici della “Montecatini”, l’ingresso alle gallerie e la torre di aereazione e poz­zo, nella cui località Ermanno Olmi girò la scena della nascita di Gesù nel film “Cammina cammina”.

Ancora ben tenuta, ma chiusa al culto, la chiesetta di Caporciano, che pone in mo­stra una formella di maiolica di probabile produzione Della Robbia. Notevoli anche gli apprestamenti architettonici delle mi­niere, in cui ancora campeggia intatta, con un originalissimo disegno, la guardio­la delle sentinelle.

Rimangono, nel palazzo della “Miniera” prossimo alla chiesetta, i resti e le attrez­zature di un bel teatro che ha funzionato fino al 1925.

Notevole anche il complesso antico di Casaglia, acquistata per metà dal Vescovo Conte di Volterra, che rilevò dalla proprietà del conte Ugo nel 1115.

Gabbreto fu un borgo antico, ora distrut­to, il cui nome è rimasto ad una località situata a nord di Montecatini V.C., lungo la rotabile che sale dalla Sarzanese-Valdera.

Gabbreto fu castello che Enrico VI nel 1186 concesse in feudo a Ildebrando dei Pannocchieschi Vescovo di Volterra. Il ca­stello fu distrutto dopo la battaglia del 1316 tra pisani e volterrani, ai quali ultimi fu im­posta la distruzione unitamente a quella del castello di Miemo di cui rimangono an­cora le imponenti rovine.

Gello è un borgo ormai abbandonato, ma ancora abitato da un custode al servizio dei nuovi proprietari che vengono ad abi­tarvi durante il periodo estivo o nei perio­di di fine settimana. Gello è un piccolissi­mo borgo dell’epoca medioevale, ed è for­se la località di “Agello” che Walfredo, nel­l’anno di fondazione della Badia di San Pietro in Palazzuolo di Monteverdi avve­nuta nel 754, cita per il possesso in quel borgo di una casa colonica.

Bella anche la piazza principale del ca­poluogo la quale, purtroppo, ha perduto l’antica pavimentazione in pietra arenaria grigia, che ritroviamo anche nelle costru­zioni dei palazzi e che il Tozzetti reputa molto simile alla “pietra serena della Gol­fina, della quale ha il medesimo difetto di sfarinarsi se posta lungo tempo allo sco­perto”.

Tale pietra è caratteristica del luogo ed è stata ricavata da una cava a mezzogior­no del monte in località San Marco, ora completamente in disuso.

Sovrastano la piazza la torre e la parte più antica del borgo, issata sulla punta di un costone che guarda il versante volterrano. Caratteristico anche il borgo di Ligia, una volta densamente popolato ed ora caden­te nella parte più antica, già sede di im­ponenti costruzioni ormai in rovina. Degni di citazione la fonte del “Leone”, di recente restaurata, “Vallibuia”, una con­ca boscata esposta a nord dove non giugne mai la luce solare ed il castello dell’ “Aitora” abbastanza bene conservato. Domina il paesaggio la grande croce in legno issata sulla punta del monte che ne ha preso il nome (Monte alla Croce) dal quale nascono il Botro Grande, una volta habitat della lontra, e quello della Maci­nala, il corso d’acqua arbitrariamente de­viato verso la Valdera per le necessità del­le campagne adiacenti, proprietà una vol­ta dei Gotti Lega, e già regno di grossis­simi granchi che popolavano l’alto corso del fiume.

L’economia di Montecatini V.C. fu fioren­te fino alla chiusura della Miniera del Ra­me che avvenne intorno agli anni 1911-1912 dopo una serie di grandi scio­peri conseguenti la caduta della importan­za della economia estrattiva, a seguito dell’apertura di altre miniere più ricche di minerale che misero in crisi l’escavazione del rame toscano.

Montecatini V.C. fu la sede in cui si costi­tuì il grande complesso chimico, l’attuale Montedison, una volta denominato Mon­tecatini S.p.A., il cui presidente Guido Donegani, fu spesso ospite del paese.

Oggi Montecatini Val di Cecina, è un co­mune in decadenza, con una economia mista ed una popolazione che invecchia sempre più, per la partenza dei giovani verso altri luoghi di maggiore possibilità di occupazione.

Un borgo tranquillo, costituito in massima parte da pensionati al minimo o piccoli proprietari di terra e luogo ormai di con­quista degli stranieri, i quali comprano e restaurano i vecchi poderi vuoti ed abban­donati.

Un paese nel quale il tempo sembra si sia fermato fissandosi nella immobilità dei suoi monumenti, nell’ombra della pietra grigia che ancora adorna la torre e le co­struzioni del vecchio paese, quali senti­nelle solitarie poste a guardia della sua storia e del suo passato.

Una storia minore forse, legata a perso­naggi sottomessi ai possenti del Castel­lo, sotto il vincolo religioso del vescovo conte o soggiogati dalla tirannia dei Bei­forti. Ma anche una storia di gente sag­gia e consapevole di quella semplicità con la quale ha amministrato i suoi trascorsi storicopolitici ed anche la cronaca dei fatti più recenti e contemporanei, ancora legati a quei valori di vita che sedimentano e tengono vivi i motivi di convivenza e soli­darietà tra la gente, al riparo quasi dei ter­ribili problemi che insorgono tra le con­centrazioni di popolazione dei grandi ag­glomerati urbani.

Ermanno Marconcini

Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.