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Descrizioni degli usi e tradizioni della zona di Larderello.

IL SOTTOSUOLO DELL’AREA GEOTERMICA

STORIA E PERCHÉ DI UNA SISMICITÀ

a cura dott. Rossi.

PREMESSA

L’esperienza sicuramente non piacevole vissuta in Marzo e purtroppo ripetutasi in maniera meno continuativa, seppur senz’altro significativa, nello scorso inizio di Agosto, credo abbia sollecitato in molti, oltre ad una buona dose di comprensibile apprensione, anche la curiosità, se non l’interesse, perquei fenomeni legati alla dinamica terrestre, quali sono i terremoti.

Durante la serata di Marzo trascorsa in piazza Sant’Anna, dominata dalla emotività ed allo stesso tempo dalla compostezza, le decine di teorie nate in quei giorni crollavano misera­mente o trovavano parziali quanto desiderate conferme. Certamente per alcuni la propria è rimasta l’unica e vera spiegazione degli even­ti, nonostante la precisa, puntuale, interes­santissima esposizione dei Prof.ri Barberi e Scandone, capace di illuminare le menti più distanti da simili problematiche ed, a mio giudizio, incertoqual modo anche di tranquil­lizzare.

Ritengo perciò possa essere interessante ritornare sull’argomento, perché, come geolo­go, ho la presunzione che vi sia qualcuno interessato a saperne di più riguardo un feno­meno naturale, quale è il terremoto, ancora in gran parte da indagare e non certo per aggiun­gere qualcosa a quanto i Professori hanno in quell’occasione così sapientemente illustra­to. Il solo intento è quello di ripilogare, puntua­lizzare il significato di alcuni termini e fornire alcune nozioni in maniera molto semplice e generale sul fenomeno terremoto, per aiutare, spero, chi desideri conoscerlo meglio.

IL SOTTOSUOLO

DELL’ AREA GEOTERMICA

Come primo passo credo sia necessario illu­strare per sommi capi ed in maniera, spero, semplice e schematica cosa sta sotto di noi. Il sottosuolo dell’area geotermica è oramai assai ben conosciuto. In oltre 150 anni sono state perforate diverse centinaia di pozzi, che hanno permesso, con l’ausilio anche dei metodi d’indagine indiretta (sismica, geolettrica, gravimetria,etc), di ricostruire in manie­ra abbastanza completa la successione delle formazioni rocciose.

Nel secolo scorso le perforazioni raggiunge­vano a malapena qualche decina di metri, e per questo venivano effettuate in corrispon­denza od in prossimitàdellezonedi emissione naturale di vapore endogeno, per poter così estrarre le acque boriche e lo stesso vapore a bassa pressione.

Osservando le moderne ed imponenti struttu­re delle “sonde” è evidente quanto le tecni­che di perforazione si siano trasformate nel tempo e come, con l’evoluzione tecnologica, siano aumentate progressivamente le profon­dità d’indagine.

Per tornare al sottosuolo dell’area geotermi­ca, in maniera esemplificativa questo risulta composto da una serie di formazioni geologi­che caratterizzate da rocce relativamente recenti che poggiano su di un basamento più antico.

Semplificando molto, si può dire che l’azione delle forze legate alla dinamica terrestre, cau­sa in una prima fase dell’innalzamento delle catene alpina ed appenninica, ha provocato successivamente nell’area geotermica una riduzione di spessore sia delle formazioni ge­ologiche più recenti, che del sottostante ba­samento. Ciò ha permesso al materiale ad alta temperatura, situato in profondità sotto la crosta superficiale, di risalire verso la superficie.

La presenza quindi, a profondità relativa­mente modesta, di questa sorgente di calore, ha fatto sì che l’area geotermica sia caratte­rizzata da un’anomalia del gradiente geoter­mico: la temperetaura cioè aumenta molto più velocemente, via via che si procede in profondità, rispetto ad esempio alle zone limitrofe.

Non solo, la “spinta” che ha causato la risalita del materiale caldo profondo ha provocato la fratturazione di parte delle sovrastanti rocce che costituiscono il basamento.

E’ noto che le acque d’infiltrazione proceden­do in profondità, per il veloce aumento della temperatura, si surriscaldano generando va­pore che, imprigionato nelle fratture presenti nelle rocce, viene estratto tramite la perfora­zione di pozzi.

Forse non è altrettanto noto che gli effetti degli stress legati alla risalita di materiale caldo sulle rocce che compongono il basa­mento, sono tutt’altro che esauriti. Essi sono infatti tuttora causa di una continua apertura di nuove fratture, e di conseguenza di una porzione consistente dell’attuale attività si­smica: tutto questo come singolo episodio nel quadro più generale della dinamica terre­stre a scala regionale ed alla sua continua evoluzione.

A conferma di ciò, dai numerosi dati presenti in letteratura, si può osservare che in prossi­mità delle zone di Larderello, Travale e Mon­terotondo M.mo, dove il materiale caldo pro­fondo è in genere risalito maggiormente, si ha anche la più alta concentrazione di eventi sismici.

A questo punto è lecito porsi le seguenti domande: quali sono le carratteristiche di questa sismicità? E’ legata solamente ad un’unica causa?

Per dare una risposta a questi quesiti il primo passo è lo studio della sua evulzione storica.

Larderello 1910.

COSA E’ UN TERREMOTO?

Prima di procedere ad un commento dei dati storici relativi alla sismicità dell’area geotermica, sembra utilefornire alcune elementari, ma necessarie nozioni riguardo la natura e le caratteristiche dei terremoti.

Intanto cosa è un terremoto? Si può definire come una brusca liberazione dell’energia accumulata da una roccia per l’azione delle forze della dinamica terrestre. In pratica è la fratturazione della roccia stessa dovuta al suo comportamento”fragile”: il terremoto è stato definito come uno dei testimoni della dinamica terrestre.

Semplificando molto, la quantità di energia liberata durante un evento sismico (in gran parte con effetto vibratorio) è funzione di molti parametri tra i quali, ad esempio, la capacità e/o la possibilità di una roccia di resistere alle sollecitazioni, in pratica delle sue caratteristiche fisico-meccaniche.

E’ espressa dalla Magnitudo, parametro non legato alla valutazione in gran parte soggettiva degli effetti prodotti da un terremoto (Sca­la Mercalli), ma alla misura della quantità di energia che si libera con il repentino aprirsi di una frattura ed il conseguente spostamento relativo dei margini della frattura stessa. La trasmissione dell’energia vibratoria, legata anch’essa in gran parte alle caratteristiche fisi­co-meccaniche dei materiali in cui si propaga, avviene attraverso la generazione di onde che, giunte in superficie, causano i noti effetti sussultori ed oscillatori.L’ipocentro è il punto situato nella profondità terrestre in cui si genera il terremoto, l’epicentro è la sua pro­iezione in superficie. Secondo la Scala Mer­calli l’epicentro individua la zona che ha su­bito i maggiori effetti in relazione all’evento sismico, che non necessariamente coincide conia precedente definizione, dipendendo in questo caso anche da altri parametri che non l’energia e la individuazione spaziale del luo­go di generazione delle onde sismiche, uno dei quali può essere, ad esempio, la tipologia costruttiva degli edifici.

In ultimo vi è da dire che i terremoti non si manifestano casualmente, masi distribuisco­no in ben determinate aree dove le forze endogene sono più attive. La regione boraci­fera nel suo complesso(Larderello-Amiata)si inserisce nella porzione occidentale di un’area a sismicità omogenea, non molto elevata, delimitata ad Ovest dalla fascia costiera cen­tro meridionale toscana, ad Est dai primi con­trafforti della catena appenninica ed a Nord dai Monti Livornesi.

LA SISMICITÀ’ STORICA

Esaurita questa premessa, se si analizzano i dati storici pubblicati da vari autori, sembra emergere uno “spostamento” della sismicità, a partire dall’inzio del secolo, dai margini (volterrano-massetano) verso l’interno del­l’area geotermica. In particolare il massimo di attività pare concentrarsi tra le località di Serrazzano, Monterotondo M.mo, Larderello e Travale.

In tale area la distribuzione nel tempo della sismicità appare abbastanza omogenea.

La zona di Larderello registra il maggior nu­mero di eventi nel periodo che va dagli inizi del secolo fino al 1950: ciò può in parte derivare dal migliore controllo della sismicità in tale area, che ha permesso di registrare anche sismi d’intensità pari al 11°-1IP Mercalli (la Scala Mercalli ne conta XII), che con ogni probabilità erano stati trascurati dalle prece­denti cronache locali, poiché in molti casi non rilevabili in assenza di strumentazione. A con­ferma di ciò, se si considerano solo gli eventi d’intensità superiore al IV° Mercalli, soglia al di sopra della quale la percezione umana dell’evento diventa precisa, si nota come l’intervallo 1900-1950 non rappresenti più un massimo di concentrazione.

Per ciò che concerne la Magnitudo (massimo valore 10), risulta abbastanza evidente dai dati storici come, nel secolo scorso e fino agli inizi dell’attuale, si siano manifestati terremoti con maggiore energia, con valori anche abba­stanza elevati, oscillanti tra un minimo di 3,6 ed un massimo di 5,4.

A partire dal 1930 si ha una diminuzione dell’energia liberata che solamente in pochi casi supera il valore di 3,6.

In particolare l’evento di massima energia registrato in quest’ultimo periodo risulta esse­re quello verificatosi presso Monterotondo M.mo il 19/8/1970 con una Magnitudo di 4,5, mentre il sisma di maggiore intensità di cui si abbia notizia è il terremoto che colpì Travale 1’11/12/1724, che raggiunse il IX-XC grado Mercalli ed una Magnitudo di 6,4.

Questi valori d’intensità dei terremoti storici (e soprattutto di Magnitudo), come già evi­denziato dal Prof. Barberi, vanno presi con le dovute cautele, poiché spesso sovrastimati in quanto ricavati da dati che spesso rispec­chiavano la soggettivitàdel cronista dell’epo­ca e perché riferiti ad edifici con tipologie costruttive certamente non paragonabili con le attuali.

Ci si può domandare a questo punto se è possibile stimare, dall’analisi dei dati storici, la probabilità che si verifichino terremoti di notevole energia nell’area geotermica.

Una simile valutazione si può tentare se si utilizzano alcune relazioni empiriche tramite le quali si possono anche rendere confrontabili dati di sismicità relativi a zone diverse.

Analizzando ad esempio i dati compresi nel­l’intervallo di tempo 1880-1975, ne risulta che la probabilità del verificarsi di sismi di notevole Magnitudo nell’area geotermica, pare essere scarsa, sicuramente più bassa del resto del territorio regionale, nonché di quello naziona­le.

SISMICITÀ’ ATTUALE

L’installazione a partire dal 1976 di una rete di rilevamento sismico da parte dell’Enel, finalizzata al controllo ed alla definizione di eventuali relazioni tra sfruttamento, reinie­zione e liberazione di energia sismica, ha permesso un controllo capillare ed una mi­gliore conoscenza delle carateristiche della sismicità dell’area.

Dai dati pubblicati emerge come vi siano tre zone principali caratterizzate da attività sismi­ca e cioè: Monterotondo M.mo, Travale e Larderello. Generalmente la loro sismicità, probabilmente in gran parte legata all’azione della risalita del materiale caldo profondo, non dà vita, come nel Marzo scorso, a se­quenze di eventi minori caratterizzate dalla presenza di uno o più episodi di maggiore intensità (sciame sismico), ma a singoli ter­remoti a bassa energia.

Se questa teoria risultasse esatta si potreb­be supporre che la sismicità dell’area non sia dovuta ad una sola causa.

I singoli terremoti a bassa energia sarebbero infatti generati da un meccanismo locale, direttamente legato, come più volte detto, alla risalitadi materiale caldo, mentre, le sequenze di eventi con episodi a Magnitudo maggiore, sarebbero dovute all’azione delle forze della dinamica terrestre a valenza regionale. Tale ipotesi pare essere avvalorata dal gran nume­ro di microeventi che vengono continuamen­te registrati, gli ipocentri dei quali risultano concentrarsi in una fascia a non elevata profondità, coincidente in gran parte con quell’orizzonte di rocce fratturate prima men­zionato, indizio di un legame con cause locali. Gli ipocentri invece dei terremoti a maggiore energia sembrano collocarsi generalmente a profondità maggiori, forse in relazione a strut­ture più direttamente legate ad una dinamica di tipo regionale.

Da alcuni anni inoltre è stata introdotta nel­l’area geotermica, la pratica di reiniettare nel sottosuolo i fluidi utilizzati nelle attività produt­tive. Ciò viene fatto per due motivi principali: tentare una ricarica artificiale, se pur parziale, del ‘’serbatoio” nelle zone di massimo sfrutta­mento ed evitare inquinamenti delle falde acquifere, nonché dei corsi d’acqua e, si può aggiungere, probabilmente per abbattere i costi che un trattamento di tali reflui compor­terebbe. Tutto questo viene effettuato sotto il controllo della Regione Toscana, competen­te in materia di controllo e rilascio di autorizza­zioni.

L’attività di reiniezione ha comportato per l’Enel la necessità di monitorare in maniera continua l’area geotermica, per evitare l’even­tuale manifestarsi di conseguenze indeside­rate.

Ed è appunto in tale ambito che è stata messa in opera l’attuale rete sismica, al fine quindi di controllare quali potessero essere le influenze della reiniezione sulla sismicità ed in partico­lare per stabilire se e come questa attività potesse modificare i meccanismi di liberazio­ne dell’energia sismica nell’area geotermica. Dagli studi compiuti non sembra, almeno per ora, risultare un legame direttto ed immedia­to tra reiniezione e variazione delle caratteri­stiche sismiche delle aree in cui essa ha luogo, tranne rare eccezioni.

Anche se non è possibile generalizzare un rapporto di causa-effetto, alcune considera­zioni, già per altro ampiamente illustrate dal Prof. Barberi, possono essere fatte in base ai dati disponibili:

  1. la reiniezione può produrre un incremento nel numero degli eventi a bassa e bassissima energia, ma non sembra modificare i mecca­nismi causa dei terremoti a più alta energia. Probabilmente ciò è anche dovuto, come detto, alla loro diversa origine, legata a fattori locali, forse influenzabili dalla reiniezione, per i primi, collegata a strutture più profonde a valenza regionale per i secondi.
  2. la reiniezione probabilmente favorisce la liberazione di energia e conseguentemente non peremette l’accumularsi di forti tensioni, riducendo così ulteriormente la possibilità che si verifichino terremoti superficiali di tipo distruttivo.

Simili conclusioni, se pur parziali, sono con­fermate da analoghe esperienze effettuate all’estero.

D’altra parte dati certi che possano garantire la completa affidabilità di tale pratica non ve ne sono, è una sperimentazione che va avanti nel tempo. Lo stesso monitoraggio continuo che l’ENEL compie sulla sismicità ne è testi­mone.

Quello che si può dire con sicurezza è che negli ultimi dieci anni, periodo in cui la reinie­zione è stata utilizzata in maniera continuati­va, non si è registrato un significativo incre­mento dell’attività sismica, per lo meno per gli eventi a più alta energia.

Certo, la non completa conoscenza dei mec­canismi che regolano la dinamica terrestre, e quindi la genesi dei terremoti, e la scala, geologica, dei tempi, rende necessaria la prosecuzione del controllo della sismicità e dello studio della sua evoluzione nella nostra zona.

CONCLUSIONI

E’ comunque forse lecito azzardare l’ipotesi che l’episodio sismico del Marzo scorso, e probabilmente anche il più recente dell’inizio di Agosto, potrebbero, per le loro caratteristi­che, essere ricollegabili a quella attività pro­pria delle strutture legate alla dinamica terre­stre a valenza regionale, che si manifesta normalmente con eventi di Magnitudo massi­ma circa pari a 4 -5 e probabili tempi di ritorno medi di 20-25 anni (terremoti del 1933 Sasso Pisano VI Mercalli, del 1946 Pomarance/ Volterra VI Mercalli e del 1970 Monterotondo M.mo VI+). Se questa ipotesi risultusse avere un qualche fondamento, contribuirebbe a fugare ulteriormente le perplessità relative alla pratica della reiniezione che, come si è prima detto, allo stato attuale delle conoscenze non pare possa estendere la propria influenza su tali strutture.

La sismicità con scarsa energia legata a fattori locali, la bassa probabilità che si veri­fichino terremoti con alta energia, il non pro­vato diretto rapporto causa-effetto tra reinie­zione e sismicità, la mancanza di importanti terremoti storici, sono tutte considerzioni che non possono altro che tranquillizzare.

ALCUNE CONSIDERAZIONI FINALI

Sicuramente la gravità degli effetti di un ter­remoto è legata in gran parte alla tipologia costruttiva degli edifici. Edifici vecchi o in condizioni di manutenzione precarie, come sono spesso quelli presenti nei nostri centri storici, non sono esattamente ciò che sarebbe necessario per resistere alla violenza di un terremoto.

Larichiestadi inserire il Comunedi Pomaran­ce in zona sismica, sentita da gran parte dei presenti in Piazza S.Anna in quella sera di Marzo, come una esigenza improcrastinabile, non pare, a mio giudizio, una scelta troppo oculata. E’ vero, come ebbe modo di afferma­re con forza il Prof. Barberi, che è sicuramente “criminoso” non comprendere in zona sismi­ca un’area che ne avesse i requisiti, ma è altrettanto vero che chiedere di esservi inse­riti, magari sull’onda dell’emotività, quando questi requisiti non vi siano o non siano sufficienti, è sicuramente quanto meno con­troproducente.

Quanto lo sia sarà facile sperimentarlo al momentodi costruirsi unacasaodi modificare l’esistente, di rifare un tetto, etc., quando ci accorgeremo di dover far fronte a spese aggiuntive, sia di progettazione, che di rea­lizzazione, tutt’altro che trascurabili, neces­sarie però per adeguare le opere agli standard richiesti alle costruzioni in zona sismica. Lo stesso accadrà per le attività produttive con conseguenze immaginabili.

E poi è certo: essere inseriti in area sismica non evita che i terremoti si verifichino.

La nostra zona non era stata a suo tempo inclusa negli elenchi dei comuni sismici per­ché i tecnici prosti alla classificazione sismica del territorio nazionale non ritennero che dall’ esame comparato dei dati in loro possesso ve ne fossero le motivazioni, come tennero a specificare sia il Prof. Barberi che il Prof. Scandone, né gli ultimi eventi sismici, proba­bilmente del tutto conformi con la sismicità storica, possono, a parer mio, con tutta proba­bilità fornire nuovi elementi tali da giustificare una revisione della classificazione. Non so se nel frattempo la richiesta sia stata formalizzata o vi sia stata una giusta pausa di riflessione, forse un ripensamento, una volta passata l’onda delle emozioni che talvolta possono essere cattive consigliere.

Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.