UNA MANIFATTURA LOCALE NEL XVI – XVII SEC.
Tra le varie attività artigianali che vennero svolte a Pomarance fin dal Medioevo (fabbri, cuoiai, muratori, lanceolai, ecc.), merita una considerazione particolare l!Arte della Ceramica che fu prodotta per molti anni nell’antico “castello di Ripomarance’’ e che ebbe il suo massimo sviluppo produttivo nel Rinascimento. Questo antico mestiere, eseguito da specifiche maestranze locali denominate generalmente “Stovigliai o Vasellai’’, consisteva nella lavorazione di argille che abili mani trasformavano in piatti, scodelle, boccali od altri oggetti usati quotidianamente in cucina o sulla mensa.
Questi manufatti, destinati in un primo tempo al solo fabbisogno locale, in seguito furono, per la buona qualità, anche esportati al di fuori del “contado volterrano” per essere apprezzati al pari delle ceramiche di Montelupo Fiorentino, di Volterra e di Castelfiorentino.
Alcuni rari esemplari conservati presso il Museo d’Arte Sacra di Volterra, la Pinacoteca della stessa città od altri frammenti di maioliche appartenenti ad alcune famiglie pomarancine come i Biondi ed i Biondi Bartolini, sono solo alcune delle testimonianze di questa produzione ceramica (1). Uno studio su questa manifattura locale, ad opera di esperti archeologi, è stata possibile grazie al ritrovamento negli scantinati di Palazzo Bicocchi di diversi frammenti ceramici che hanno confermato Pomarance come centro produttore di maioliche “ingabbiate graffite’’.

L’individuazione di fornaci per la cottura dei vasellami, all’interno ed all’esterno del castello di Ripomarance, ha permesso solo in minima parte la conoscenza delle maestranze che operavano in questo settore. Ben poco infatti sappiamo sui nomi dei vasellai, quali erano le regole statutarie del mestiere, il numero degli addetti. Molto rare sono le fonti documentarie relative a questi artigiani. L’estimo del comune di Ripomarance, che annota tutti i beni dei cittadini del castello, solo poche volte riporta l’attività o mestiere esercitato dal capofamiglia. Un’indicazione molto frequente è quella dei maestri fornaciai che sono da considerare più nella conduzione di fornaci per “lavoro quadro’’ che non di vasellame.
Tralasciando quindi l’indagine sugli estimi del Comune e consultando con metodicità la parte di Archivio Storico relativa agli atti della Podesteria di Val di Cecina, nella speranza di trovare in qualche causa civile la professione dei nominativi citati in giudizio, sono scaturite sporadiche ma interessanti documentazioni di questi artigiani
ceramisti. Sono emersi infatti nominativi di intere generazioni di famiglie che si tramandavano di padre in figlio i segreti di questo antico mestiere, il numero degli operatori e chi fra i mercanti era autorizzato a vendere tali prodotti.
I maestri stovigliai erano iscritti all’arte dell’università per Fabbricanti della Potesteria di Val di Cecina ed operavano nelle loro botteghe dislocate generalmente all’interno del castello di Ripomarance. Spesso, secondo gli estimi, erano anche proprietari di fornaci attigue alla loro abitazione; solo attorno al XVII secolo risultano più stovigliai possessori di una sola fornace condotta in società.
Le prime notizie relative ai nomi di ceramisti in Pomarance risalgono al 1511 quando viene citato un certo Meo vasellaio da San Gimignano abitante a Pomarance. Alcuni anni più tardi è menzionato Julio “Vasellaio” da Ripomarance che, secondo i dati raccolti, risulterebbe appartenere ad un ramo della famiglia Incontri che ebbe notevoli possedimenti nella corte di Ripomarance (3). Un altro nominativo interessante è fornito anche dal registro dei Debitori e Creditori del Comune di Ripomarance del 1528 nel quale sono menzionati Michele e Pasquino “Porcellana” (4). Il cognome potrebbe far pensare ad un esperto nella lavorazione delle terre cotte o addirittura ad un capace perito nella preparazione della “vetrina” per riuscire ad ottenere un prodotto ceramico molto simile alla porcellana, cioè bianco e lucente.
L’unico nominativo di cui è specificata la professione di ceramista è elencato nell’estimo del 1523; trattasi di Maestro Filippo “Orciao”, od orciaio; specializzato cioè nella produzione di Orcioli od Orciolini (recipienti per bevande). Questi possedeva la metà di una casa posta in Borghetto (attuale Piazza S. Carlo) (5) ed è probabile che questo tipo di produzione abbia dato luogo alla denominazione dell’antica Porta Orciolina che si trovava nei pressi della sua bottega o della sua fornace. L’ottima qualità delle argille che si

trovavano nei dintorni di Ripomarance era certamente uno degli elementi primari per la buona qualità delle stoviglie. L’unico toponimo ancora oggi esistente, riferito alla loro estrazione, è la località o podere “Arzillaia”; questo luogo infatti originariamente era denominato attorno al 1544 “Argillaia” e vi possedeva un pezzo di orto Meo di Sebastiano Barzaloni “posto in luogo detto all’Argillaia’’ (6). Un’altra località ove probabilmente era estratta la “terra” è citata nell’estimo del 1532 in una possessione di maestro Giovanni di Martino consistente in … “un pezzo di terra al Mattaione”… (7). Il figlio di Giovanni di Martino, che verso la metà del ’500 portava il cognome Pellegrini, svolgeva attività di mercante in Ripomarance ed è citato in una causa civile per aver acquistato, presso una bottega di Stovigliai, un servito di piatti e ciotole. In questa causa sono menzionati anche altri operatori ceramisti che erano attivi nel 1544:… “Giovanni di Pagolo di Benedetto disse che Bernardino di Rinaldo Lanciotti di Ripomarancio lavorò nella bottega di Giovanni di Pagolo (Incontri) per cinque o sei anni, et che disegnò un lavoro di ciotole per un fornimento da tavola con il segno di mastro Martino, per Martino di Giovanni… Bastiano di Nanni… disse che la verità fu, che sono già cinque o sei anni che detto Bernardino lavorava nella bottega di decto Giovanni di Pagolo et che fece fornimento di terra da Tavola con le iniziali di una lettera… et che quando fu cotto, il detto Martino, un corbello solo portò a casa sua…’’(8).
Giovanni di Pagolo, appartenente alla stirpe degli Incontri di “Acquaviva’’, aveva la propria bottega di fronte alla pieve di San Giovanni Battista dove era ubicata anche la sua fornace utilizzata per la cottura dei vasellami che confinava con la casa dei Roncalli di Bergamo in prossimità della Porta alla Pieve. (9)
Dagli estimi del Comune di Ripomarance trasparisce la prevalenza della famiglia Incontri, nella produzione e commercializzazione dei vasellami. Alcuni capi famiglia infatti erano proprietari, almeno fino alla prima metà del 500, di diversi beni immobili tra cui alcune fornaci dislocate sia all’interno che all’esterno della cerchia muraria del Castello. Probabilmente, verso i primi anni del XVI secolo, dovevano anche avvalersi della collaborazione di periti Fornaciai esperti nella cottura delle terrecotte; nel 1532 infatti, abbiamo notizia della proprietà di una fornace appartenente a Polito di Bonincontro Incontri “pro divisa’’ con Maestro Bernardino di Antonio Fornaciaio. (10)
Lo stesso Polito di Buonincontro doveva aver rilevato la fornace del suo parente, Giovanni Incontri, ed aveva costruito in seguito un ’altra fornace più grande nella zona detta di PIU VICO dove produceva sia vasellami che materiali edili, come testimoniano alcuni reperti recuperati in quella località. (11)
Sempre nell’anno 1532 abbiamo notizia di un altro ceramista, cugino di Polito Incontri, Giulio, figlio di Simone che era fratello di Buonincontro e figlio del capostipite Ippolito Incontri.
Giulio di Simone Incontri possedeva una casa in Petriccio ed era anche proprietario di “una casa con orto, oggi detta la Fornace, posta fuori della porta Volterrana, luogo detto Chiusa o alla Cella” che fu comprata da suo cugino Giovanni Incontri nel 1553 (12).
La specializzazione della bottega di Giulio era quella della manifattura di “Rasini o Catini” che fu tramandata anche al figlio Simone che nel 1560 era annoverato tra i catinai di Ripomarance. La notizia risale al 1562 quando Simone di Giulio Incontri venne pagato dalla Podesteria per aver fornito “una conca da bucato che servì nel palazzo del Potestà’’ (13). Uno dei primi documenti che però ci fa conoscere con certezza quali furono i nominativi degli stovigliai, risale al 1562 ed è conservato negli atti della Potesteria di quel tempo. Vi sono annotati infatti tutti coloro che svolgevano un mestiere; tra questi sono iscritti anche quattro Stovigliai ed un Catinaio:
FRANCESCO DI BERNARDINO DI CONTRO INCONTRI
GIOVANNI DI MARIO DI FRANCESCO LAMBARDO
ULIVIERI DI BASTIANO DI SAL VESTRO GIULIANO DI BASTIANO DI SALVESTRO SIMONE DI GIULIO INCONTRI (Catinaio) Nell’elenco, a riprova del florido commercio che doveva svolgersi con la produzione dei vasellami, sono iscritti anche coloro che potevano tenere e vendere questi prodotti.

Tra essi vi è anche un prestatore ebreo che si stabilì in Ripomarance nel 1558 aprendo un banco di Prestito. Tutti gli elencati dovevano pagare la “Grascia” cioè un dazio per esportare od introdurre vettovaglie dalla Podesteria di Val di Cecina. Ne era esonerato solamente l’usuraio ebreo che godeva dei privilegi dati agli ebrei in vigore nel Granducato di Toscana (14).
Questi erano: Batista di Giovanni Antonio Pellegrini, Matteo di Namo Zoppo, Tomme di Jacopo, Giovanni di Martino Pellegrini, Batista di Martino Pellegrini, Santino di Martino Pellegrini, Giovanni da Vicchio, Cristofano di Giovanni Pellegrini, Maestro Sabbato hebreo e Bastiano di Antonio Imprendi. Tra gli altri sono censiti anche tre fornaciai: Bernardino di Antonio, Menico di Bastiano e Andrea di Baccio di Livio (15).
Dall’elenco degli stovigliai risultano
in questo periodo alcuni operatori ceramisti di provenienza allogena; trattasi
dei fratelli Ulivieri e Giuliano di Salvestro che si erano stabiliti in loco
fin dalla prima metà del ’500, originari dell’area aretina,portavano il
cognome Tanini. Il capostipite Salvestro nel 1560 era consigliere comunale, i
suoi figli addestrati all’arte della ceramica fin da ragazzi furono talmente
abili in questa lavorazione che uno di loro, Ulivieri, venne invitato dal
Comune di Volterra nel 1571 ad aprire una bottega in

quella città a causa della scarsità di maestranze locali (16):
…dal momento che tutte le arti sono motivo di onore e di crescita alla nostra città, e si tramandi che nel castello di Ripomaranci viva un certo Ulivieri di (Sebastiano Tanini di Borgo San Sepolcro, insieme con i figli, un eccellente vasaio, il quale potrebbe essere attirato facilmente a venire ad abitare qui se gli venissero concessi la casa per abitare o altre comodità… I Priori… abbiano facoltà di concedere a detto vasaio quei privilegi ed una pensione come abitazione per esercitare comodamente detta arte…
Nell’estimo dello stesso anno derivano alcuni possedimenti appartenenti a Ulivieri nella corte e castello di Ripomarance tra le quali una casa in Petriccio confinante con l’ospedale di San Giovanni Battista. Molto vicino a questa vi era anche l’abitazione del fratello Giuliano che era proprietario “…di una mezza casa ad uso Fornace in Petriccio confinante con la Via e Friano Botrilli del valore di lire 50 (Da un confronto delle rispettive confinazioni è deducibile che alcuni membri della famiglia Tanini abitassero nell’area del vicolo delle Fornaci in prossimità dell’oreficeria Cavicchioli).
Nel 1571 troviamo ancora attiva la fornace di Piuvico di proprietà di Buonincontro Incontri; era così indicata nell’estimo di quell’anno:… un sito di fornace, co una stanza a coprir un ‘altra stanza sola… con a capo il focone, con un pezzo di terra lavorativa distante due miglia, in detta corte, luogo detto Piuvico… presso la via che va a Botrilli… (18).
Un altro dato interessante sullo sviluppo produttivo delle maioliche pomarancine è ratificato da un nuovo elenco di “vasellai” del 1577 dove è possibile individuare un numero maggiore di addetti tra i quali i figli di Ulivieri Tanini e lo stesso padre che non aveva accettato l’invito proposto dal Comune di Volterra del 1571: (19)

ULIVIERI DI BASTIANO DI SALVESTRO (TANINI)
BASTIANO SUO FIGLIO
GIULIANO SUO FIGLIO
GIULIANO DI BASTIANO DI SALVESTRO (TANINI)
GIOVAN MARIA DI DOMENICO NERO SIMONE DI GIULIO INCONTRI FRANCESCO DI BENVENUTO INCONTRI FILIPPO DI GIOVANNI MADIA Rispettivamente erano aumentati anche gli addetti alle fornaci; sinonimo forse di un notevole sviluppo economico relativo alla produzione e commercio delle maioliche ingubbiate e graffite. Molti infatti in questo periodo formavano società per la vendita di questi manufatti.
L’indicazione è contenuta in una causa civile del 1581, tra gli eredi di Michele Maffii e gli eredi del defunto Octaviano Biondi per alcuni debiti che quest’ultimo aveva con i Maffii a causa di un affitto mai pagato.

“… Gli eredi Maffii più tempo fa possedevano et oggi posseggono per sua, una bottega posta in castello di Ripomarance, luogo detto alla porta al Peso (attuale Porta Orcolina) confinata a 1° via pubblica, 2° beni delti eredi di Antonio di Namo di Ripomaranci, 3° beni di detti comparenti, 4° beni del Comune di Ripomaranci…
…Dato che fino dall’anno 1571 del mese di Luglio o più in vero tempo detti comparenti alluogarono la detta bottega a Octaviano di Antonio Biondi nuncupato Cicio, et gli consegnarono la chiave di detta bottega dandogli et permettendogli l’uso di quella, secondo ciò che si richiedeva…
…il qual Octaviano tenne decta bottega … servando sempre la chiave a presso di sè, et servandosene in suo uso le mercanzie et robbe per tre anni continui… insino alla morte sua, senza mai pagare cosa alcuna di pigione, cosi come era tenuto…; … dato che i detti comparenti riebbero la chiave di detta bottega nel mese di settembre passato 1580 …” venivano invitati gli eredi di Octaviano Biondi a pagare lire 30 agli eredi Maffii.

Uno dei testimoni interrogato su questa causa affermava che: “… detto Octaviano tenne a pigione detta bottega per mesi quattordici et sino alla sua morte, et che dentro vi teneva stoviglie da vendere… ”. La stessa versione fu confermata da un certo Antonio di Gismondo detto Gobbino da Ripomaranci il quale affermava che per due anni incirca: “… faci compagnia di stoviglie col detto Octaviano, il quale teneva et possedeva la suddetta bottega, et che fino a quando durò la compagnia tenemmo continuamente stoviglie in detta bottega …” (20). Ancora nell’anno 1581 abbiamo notizia di un altro operatore ceramologico; trattasi di Lorenzo di Giulio Incontri Stovigliaio che è citato in una lettera al podestà di Ripomarance per alcuni debiti contratti con le Magistrature dei Sig.ri Nove della Jurisdizione Fiorentina. Nel documento è annotata l’età di 20 anni et che a suo carico pendeva il mantenimento del padre, di quattro fratelli ed una sorella ‘‘poveri’’ (21). Lo stato di povertà che si riscontra su questa famiglia fu forse l’inizio di un certo calo produttivo delle maioliche conseguentemente ad una diminuzione delle stesse maestranze. La conferma è deducibile da un elenco degli artigiani del 1623; vi sono iscritti infatti solo quattro operatori ceramisti (22): FLAMINIO DI GIULIANO TANINI (stovigliaio)

ANTONIO DI PUPILIO TAMBILLONI (brocca io)
BENEDETTO DI GIULIO (INCONTRI) (broccaio)
SIMONE INCONTRI (catinaio)
Flaminio Tanini, nipote di Ulivieri, possedeva attorno al 1632 una fornace o per meglio dire: …la metà di una mezza casa ad uso fornace in Petriccio confinata a 1° Via, 2° Benedetto di Giulio, 3° Domenico di Iacopo Faina, 4° mura, stimata lire 25… (23). Gli altri tre quarti della fornace di vasellame appartenevano ad altri tre soci vasellai o fornaciai che erano rispettivamente: Annibaie di Bartolomeo Cercignani, Giovanni di Marcantonio Biondi e Bernardo Tognoli.
Le confinazioni d’estimo farebbero individuare questa unità di cottura nel Vicolo della Fornace, dato che attorno al 1581 era indicata come la “Fornace di Tognoli” in una causa civile tra il canonico Segherio e Ippolito Incontri e nella quale era anche citato Meo di Bernardino fornaciaio “affittuario”.
Dalla “lira” del 1632 è evidenziato che molti stovigliai e fornaciai possedevano le loro abitazioni e botteghe proprio nelle vicinanze di questa fornace. Nessun documento fino ad oggi però è pervenuto per confermare l’esistenza produttiva di un’altra fornace, individuata e descritta nel 1956 dal dott. P.G. Biondi, che doveva trovarsi nell’attuale Vicolo del Muraccio in corrispondenza dell’ex forno di “Orfeo”.

Molti autori di storia locale farebbero cessare l’antica manifattura di ceramiche attorno al 1630; in un articolo apparso su Rassegna Volterrana del Dott. P.G. Pietro Biondi intitolato “Le terrecotte di Pomarance” veniva infatti riportato uno scritto del 1758 di G.M. Riccobaldi del Bava che dava come attendibile questa notizia (24).
Nuove fonti documentarie proverebbero invece il prolungamento di questa arte fino agli ultimi anni del ’600.
Troviamo infatti ancora attiva nel 1644 la “Fornace del Tognoli” che apparteneva ad Andrea di Piero Livi il quale aveva sposato una figlia di Giovanni Tanini, Antonia. A convalidare l’attività ceramica per tutto il XVII secolo è un documento del 10

Frammento Ceramico (Prop. BIONDI BARTOLINI)
novembre 1598 nel quale viene annotato un altro stovigliaio, Annibaie di Silvio Geri, che risultava debitore della somma di lire 2 e soldi 10 all’ufficio dei Consoli dell’Arte di Firenze (25).
Annibaie di Silvio Geri è da considerare quindi uno degli ultimi vasellai delle Pomarance dato che un successivo elenco di Artigiani del 1700 non riporta alcuna profesione legata ai ceramisti. Se per tutto il XVIII secolo l’attività di maioliche cessasse, una labile ripresa di questo mestiere pare fosse stata intrapresa agli inizi dell’Ottocento. In un manoscritto del 1940 dell’ex Podestà di Pomarance Onorato Biondi, viene asserito, secondo documentazioni di famiglia, che un suo discendente denominato Giovan Battista Biondi impiantò nel 1809 un laboratorio di vasellami inverniciati in società con un vasellaio volterrano, certo Taddeucci Vincenzo. La terra utilizzata era quella del Gelso e la fornace, per la cottura del vasellame, era sempre l’antica fornace detta del “Tognoli” che apparteneva allo stesso Giovan Battista Biondi. Questa era ubicata nel “Chiasso delle Fornaci in S. Dalmazio”. La produzione cessava però solo dopo alcuni anni e precisamente nel 1828.
Jader Spinelli
NOTE BIBLIOGRAFICHE
- I cocci di Maioliche Ingubbiate Graffite conservate dai Biondi Bartolini furono ritrovati attorno al 1913 durante lavori di sterro per la costruzione di un garage sulla Via dei Fossi al numero civico 24. Trattasi per lo più di frammenti di fondi e bordi di piatti scodelle del periodo tardo rinascimentale dove sono decorati alcuni stemmi di nobili famiglie del ’500 come
gli Incontri ed i Roncalli di cui è stata gentilmente concessa la visione e la pubblicazione. Ringrazio sentitamente il Dott. Giovanni Biondi Bartolini e suo figlio Giulio per la loro collaborazione. - Archeologia Medioevale 1987 G. Guidoni, A. Coscarella, Marco de Marco, G. Pasquinelli. TESTIMONIANZE ARCHEOLOGICHE DELLA PRODUZIONE CERAMICA A POMARANCE, pagg. 277 e seguenti.
- Dott. P.G. BIONDI “Le terrecotte di Pomarance’’ – RASSEGNA VOLTERRANA 1968.
- Archivio Storico Pomarance F. 627 c. 75 v.
- Archivio Storico Pomarance F. 426 c. 24 r.
- Archivio Storico Pomarance F. 427 c.115 r.
- Archivio Storico Pomarance F. 426 c. 42 r.
- Archivio Storico Pomarance F. 67 B Civile 1544 c.124 r. V.
- Archivio Storico Pomarance F. 113 c. 49. La notizia è contenuta in un documento del 3 maggio 1561 nel quale due uomini del Consiglio sono chiamati a stimare un sito del comune occupato abusivamente da Giovannantonio Roncalli posto al lato della fornace che era di Giovanni di Pagolo Incontri, luogo detto alla Porta alla Pieve. La fornace è quindi da individuare dove sorge la abitazione di Pineschi Aroldo.
- Archivio Storico Pomarance F. 426 Estimo 1532 c. 54 V.
- Archivio Storico Pomarance F. 427 c. 176 e 323 r.
- Archivio Storico Pomarance F. 427 c. 95.
- Archivio Storico Pomarance F. 113 c. 148 r.
- “Un Prestatore Ebreo a Pomarance’’ LA COMUNITÀ DI POMARANCE n° 2 / 1989.
- Archivio Storico Pomarance F. 85 B c. 148 r. Nell’elenco sono iscritti anche 4 Fabbri, 1 Manescalco, 2 Magnani, 1 Spadaio (Benedetto di Rinaldo Lanciotti), 6 Muratori, 1 Bottaio, 1 Lanceolaio che tiene anche vasellami (Gio. Antonio Roncalli), 1 Zoccolaio.
- Gianna Pasquinelli – LE CERAMICHE DI VOLTERRA NEL MEDIOEVO – Ed. Giglio Firenze 1987.
- Archivio Storico Pomarance F. 428 c. 104.
- Archivio Storico Pomarance F. 428 c. 237 r.
- Archivio Storico Pomarance F. 100 B c. 299 r. e v.
- Archivio Storico Pomarance F. 103 B c. 852 – 859 r. e v.
- Archivio Storico Pomarance F. 104 B c. 396.
- Archivio Storico Pomarance F. 149 B c. 496.
- Archivio Storico Pomarance F. 430 c. 14 v. 74 v. 157 r. 158 r.
Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.