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Descrizione delle acque termali della zona di Pomarance ed Alta Val di Cecina.

BAGNI DI SAN MICHELE

NOTE SULLE ACQUE TERMALI DELLA ZONA

La posizione baricentrica del Comune di POMARANCE all’interno di un territo­rio regionale di indubbia attrazione storico-artistica (Pisa, Volterra, Siena, Massa Marittima), la singolare presenza del fenomeno geotermico, la ricchezza delle bellezze naturali esistenti, hanno sti­molato l’impegno delle Amministrazioni passate ed attuale a dare impulso allo svi­luppo turistico del territorio.

La convinzione profonda di percorrere questo indirizzo economico ha fatto com­piere scelte importanti e qualificanti alla Amministrazione Pubblica:

  • il recupero edilizio del Centro Storico del Capoluogo in cui trova degna ubicazione l’albergo “IL POMARANCIO”, il Museo di “Casa Bicocchi”, il “Teatro de Larde­rei”;
  • l’attenzione sui centri storici minori, co­me l’intervento di pavimentazione nel ca­stello di Montecerboli; lo sforzo per con­tenere dal degrado e preservare la “Roc­ca Sillana”;
  • la valorizzazione di vari boschi (Foresta di Monterufoli) con la creazione di percor­si di grande valore paesaggistico, in ac­cordo con la Comunità Montana;
  • la realizzazione, in sintonia con l’E.N.E.L., di itinerari tra i soffioni baraciferi ed i vecchi lagoni.

In questo contesto, trova la sua ragione di esistere anche l’intervento che da tem­po stiamo portando avanti sulle acque ter­mominerali dei “BAGNI DI SAN MI­CHELE”.

I BAGNI DI SAN MICHELE sono situati a quota mt. 311,8 s.l.m., si trovano a cir­ca 6 Km. a Sud di Pomarance, a valle del­la S.S. n° 439 che collega Pisa a Massa Marittima, passando per il Capoluogo, Larderello e Castelnuovo V.C.

Una strada sterrata conduce agli edifici dei “bagni”, costruiti al fondo di una in­cisione dove il Fosso di Radicagnoli rice­ve le acque del Botro delle Vignacce. La morfologia del luogo è abbastanza ac­clive. I versanti della valle che a monte hanno poca pendenza, in prossimità dei “bagni” assumono una inclinazione mag­giore, per cui la valle si restringe ed il cor­so d’acqua inizia un tratto di cammino in­cassato, con salti e rapide che si accen­tuano più a valle.

Nei dintorni dei “bagni” non esistono edi­fici colonici o centri abitati, mancano col­ture agrarie, fa da padrona una folta mac­chia mediterranea, tipica della nostra Re­gione, di straordinaria bellezza sia per la sua spontaneità sia per l’integrità.

Le prime informazioni sull’esistenza del­le acque termali nell’Italia Centrale risalgono ad oltre 2000 anni fa; naturalmente la storia si intreccia spesso con la leggen­da, purtuttavia possiamo affermare che già il poeta Lucrezio Caro, vissuto alle so­glie dell’era cristiana, parla degli “Aver­ni” e paragona questi fenomeni ad altri simili che avrebbero dovuto trovarsi in Etruria.

Così pure il poeta Tibullo nelle sue “Ele­gie”, conferma l’esistenza di terme etrusche caratterizzate da acque “molto cal­de tanto da doversi evitare nella canico­la, ma adatte alla stagione primaverile”. Anche Strabone, geologo e umanista gre­co, contemporaneo di Tibullo accenna più volte, nella sua “Geografia” a manifesta­zioni termali in Etruria con riferimento al­le acque di Volterra e Populonia.

Una ulteriore testimonianza della fioren­te attività termale nella Toscana, ci vie­ne dall’architetto Vitruvio, vissuto nel I se­colo dopo Cristo, il quale ci dice che “l’Etruria superava per il numero delle terme tutte le altre contrade d’Italia”.

Il documento più importante, per la sua indiscutibile attendibilità e valore storico, è la TAVOLA PEUTINGERIANA. Si trat­ta di una pergamena del 1200 composta da 12 segmenti, larga appena 40 cm. e lunga circa 6 m. e mezzo, rinvenuta alla fine del 1500 nell’abitazione dell’umani­sta Konrad Peutinger, in Germania.

In essa sono disegnate due costruzioni massiccie con l’indicazione “Aquae Volaterranae” ed “Aquae Populoniae”.

I BAGNI DI SAN MICHELE, avrebbero dovuto far parte delle “Aquae Volaterranae”, già note ai tempi dei Romani, in quanto il loro vero nome era “Ager Spartacianus”.

Abbiamo oltre alla tavola Peutingeriana, un’altra “Itineraria” romana, curata dal Miller; infine scritti che documentano sto­ricamente i fenomeni termali in Toscana. Sarà durante i secoli bui delle invasioni barbariche che la storia lascia il passo alla leggenda.

Dal IV al XII secolo si sentirà parlare di termalismo soprattutto negli atti di com­pra vendita di beni da un signore all’altro. Una leggenda, che colpisce, da un lato, per la sua ricca fantasia e dall’altro per la scarsità e povertà di conoscenza scien­tifica, riguarda la nascita dei lagoni e fu­mi di Montecerboli.

La storia di Montecerboli inizia verso il 1000 d.C., e si racconta che avendo gli abitanti del luogo cacciato dalle loro ter­re il demonio, questo si volle vendicare gettando dal suo cocchio in fuga degli og­getti che cadendo per terra avrebbero aperto delle falle facendo scaturire dal ter­reno acque bollenti e gas.

Per quei tempi doveva essere una delle disgrazie più grandi; infatti il Nasini dice che una delle peggiori maledizioni per il vicino “nemico” era: “Dio ti mandi un la­gone nel campo”.

Dopo il 1000 un vasto rinnovamento reli­gioso, culturale ed economico pervase tutta la Nazione: rinascono città, ripren­dono fiorenti i commerci.

Anche per la nostra zona, tra il XII ed il XIV secolo si avviano grandi ricostruzio­ni ed ampliamenti di terme, sia dei Bagni di San Michele, della Perla che dei Ba­gni ad Morba.

Dal 1171 per volere del Pontefice Ales­sandro III i “bagni ad Morba” passano sotto la giurisdizione del piovano della “Plebs ad Morba pellenda”; e furono quei religiosi ad occuparsi di dar vita alle ter­me e più tardi, nel 1377, a voler erigere il monastero di San Michele alle Formi­che, sul colle al di sopra di quei “bagni”. In quei tempi, prima Pomarance, dopo Volterra si impegnarono per dar vita alle terme, ma soprattutto con la Repubblica Fiorentina (1388) si avranno i primi con­sistenti interventi. Dalla fine del 1300 alle soglie del 1600 so­no i nomi di Michele Savonarola, nipote del più celebre Gerolamo, Ugolino da Montecatini, Michele Marullo, Giorgio Agrippa ed altri a darci le informazioni sul­le virtù medicamentose e le notizie sugli illustri ospiti venuti “a passar le acque”. Si racconta che Lorenzo dé Medici, sua moglie Clarissa e la madre Lucrezia Tornabuoni, preferissero tra tutte le terme i “bagni di San Michele” e de “La Perla”; e che quando i Medici se ne andavano a fine stagione “tirassen a sé l’uscio e portassen via la chiave”.

Nell’estate del 1464 tutti i membri del con­siglio comunale di Pomarance andarono in “pompa magna” a rendere omaggio ai Medici (forse per tenerseli buoni).

Tra i grandi personaggi di un tempo, an­che Dante Alighieri deve aver visitato que­ste zone, perché è molto vicina alla real­tà la descrizione “sulle fumifere acquae
per il vapor che la terra ha nel ventre…” che fa ne ‘‘La Vita Nova”.

I BAGNI DI SAN MICHELE ALLE FOR­MICHE hanno avuto avverse fortune e sfortune, ma in complesso hanno corso il loro destino insieme alle altre terme del­la zona.

Verso la fine del 1700 i pochi monaci ri­masti a custodia dell’eremo vennero chia­mati a Firenze dai padri celestini e nel 1870 vi era nella zona un solo eremita. Nei momenti di massima affluenza si re­gistravano anche 300 persone al giorno tra locali e povera gente venuta da fuori, generalmente malati di lebbra, ai quali i padri davano assistenza.

Come nel passato, anche nella storia più recente le nostre terre hanno avuto l’o­nore di ospitare personaggi illustri: tra i visitatori più prestigiosi Larderello si può vantare di aver ricevuto D’Annunzio, Ma­ria Curie, Enrico Fermi.

Molto tempo prima che la chimica si ele­vasse al rango di “Scienza”, i medici del passato, riuscirono a farci conoscere le virtù terapeutiche delle acque, pur essen­do all’oscuro sulla natura di queste. Secondo Falloppio, Agricola ed altri na­turalisti del 1500, le acque del Bagno di San Michele “erano valide per curare la podagra e soprattutto nel fugar la lebbra, per il qual morbo son talmente efficaci che forse non se ne trova il migliore”.

Sulla composizione chimica i primi dati certi si avranno solo sul finire del 1700, grazie a due grandi figure del passato: HOEFER e MASCAGNI.

Tra i tanti lavori eseguiti da Hoefer vale ricordare le analisi dell’acqua “epatica” dei Bagni di San Michele nella quale rinvenne: gas acido carbonico, carbonato di calcio magnesia, solfo e silice.

A Mascagni spetta invece il primato di

aver rinvenuto in queste acque tracce di mercurio e cinabro, cosa questa ancora oggi non del tutto smentita.

Il Prof. Giuly nei primi del 1800 intrapren­de una serie di analisi approfondite su tut­te le acque dei bagni, i cui risultati sono stati confermati nel 1840 dal Prof. Mat­teucci.

Nella seconda metà del 1800, il Targioni Tozzetti, servendosi di una scienza ormai in fase di decollo da una prima classifi­cazione, considera le acque termali prin­cipalmente carbonato alcaline, solfuree nonché mediominerali.

Nella prima metà del 1900 il Prof. Berto­ni, direttore dei laboratori della Reale Ac­cademia di Livorno, esegue una serie di campionamenti e scopre che le acque ter­mali sono composte di altri sette elementi (tra cui il litio ed il bario), alcuni dei quali si rivelano importantissimi dal punto di vi­sta terapeutico.

“La presenza di questi microelementi e delle sostanze già note conferisce una grande efficacia per la cura di specifiche malattie come quelle della pelle, dei di­sturbi dell’apparato digerente e nel com­pensare certe insufficienze specialmen­te epatiche e renali”.

Sul finire degli anni trenta di questo se­colo, i chimici Sborgi e Galanti dell’allora Società Boracifera eseguirono altri campionamenti e numerose analisi, con­fermando quanto aveva già detto il Prof. Bertoni.

Altri sono stati gli studi fatti sulle acque termali della nostra zona e niente è emer­so che abbia potuto modificare la natura o le virtù medicamentose di queste acque che, diciamolo pure, attendono ancora di essere maggiormente valorizzate, anche perché a detta di illustri studiosi le nostre sorgenti possono reggere egregiamente il confronto con le più famose acque di Vichy, St. Moritz, Badenbaden e Karsbad. Infine il Prof. Armando Panz dell’ospedale Niguarda di Milano, raccomanda i fanghi sulfurei poiché avrebbero dato buoni ri­sultati nella cura delle rigidità articolari ed in genere utili nel campo della Ortopedia e Traumatologia.

Lo sfruttamento delle sorgenti termali, è un fatto possibile e credibile e dall’uso che se ne potrà fare dipenderà l’ulterio­re sviluppo della nostra Comunità. Si trat­ta di una energia che è tuttora allo stato potenziale ai fini dello sfruttamento, ma che può essere foriera di sviluppi attual­mente non prevedibili.

Tenuto conto della natura chimica delle nostre sorgenti termali e delle loro virtù terapeutiche, noi Amministratori lavoria­mo perché in un prossimo futuro si pos­sa godere delle “Aquae Volaterranae”, che un tempo dettero sollievo e benesse­re a tanta gente.

L’acquisto del “BAGNO DI SAN MICHE­LE” e di parte del bosco circostante (11 ha) è avvenuto con delibera del Consiglio Comunale del 26 marzo 1985 n° 185. È stata stipulata una apposita convenzione con l’Università di Pisa per lo studio dei fanghi idroterapici. La Regione Toscana ha emesso il Decreto per il permesso di ricerca in data 20/4/1988 ai sensi del R.D. 29/7/1927 n° 1443. Il Dott. Geol. Mario Carriero e l’Arch. Bar­gelli, ognuno per le proprie specifiche competenze, hanno lavorato e lavorano per riportare i “Bagni di San Michele” ai loro antichi splendori.

Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.