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Descrizione, notizie ed eventi sul borgo di Montegemoli.

LA CHIESA DI MONTEGEMOLI

È LA CHIESA DI DANTE ALIGHIERI?

di Don Mario Bocci

Il 24 agosto, giorno di S.Bartolomeo apostolo, è avvenuta la riapertura al pubblico della parrocchiale di Montege­moli, e vi si è celebrato la consueta festa titolare e patronale.

I restauri, portati a termine col concorso di tutta la popolazione, mettono in evi­denza la struttura molto antica della chie­sa, di chiara impostazione romanica, almeno duecentesca, se non più antica. Ma il fatto stesso di questo recupero architettonico mette in evidenza anche la sensibilità del sacerdote ufficiatore Don Luciano che precedentemente re­staurò la chiesa romanica di Castelquerceto e recentemente ha abbellito quella di Saline dove risiede.

Lo stesso Don Luciano ha commissio­nato una ricerca storica su Montegemoli dalla quale risulta che un “Regesto”, o registro, di documenti volterrani, stam­pato all’inizio di questo secolo, contiene, tra molte altre, queste notizie.

Il vescovo di Volterra, Bertelli alla cerimonia di apertura (agosto 1993)

Nel 1133 avevano possessi in Montege­moli gli abati di Morrona, monastero beneficato dai conti Cadolingi di Fucec­chio.

Nel 1176, con una sua bolla solennissi­ma, papa Alessandro III garantì prote­zione alla Badia di Monteverdi pei diritti da essa posseduti sopra castello corte e chiesa di Montegemoli.

Tale giurisdizione monteverdina, nel 1208, l’abate Ranieri la concesse ai con­soli del Comune di Volterra.

Non si conosce a pieno l’estensione di tutti questi diritti degli abati; ma il giorno 8 luglio 1226 i conti palatini Guglielmo e Bonifazio del fu conte lldebrandino degli Aldobrandeschi di Soana Pitigliano e Grosseto, stando presso il castello di Montegemoli nella chiesa di S.Bartolomeo, presente Seracino prete della parrocchia, e Affricante rettore del­la corte e castellano pei volterrani, fece­ro registrare tutti i loro diritti e ragioni feudali.

Nel 1257 i conti palatini lldebrandino e Umberto del fu conte Guglielmo, in lite coi volterrani pei castelli di Montegemoli e Silano, fecero compromesso di queste differenze nel capitano anziani e consi­glio di Firenze.

Le liti però continuavano ancora nel 1285 quando Guido di Montfort marito di Mar­gherita Aldobrandeschi, insieme a Ghe­rardo di Fosini procuratore dei volterra­ni, fecero arbitri della contesa circa il castello e le acque salse, il consiglio del Comune di Siena.

Guido di Montfort, scomunicato dal papa, fece perdere molti dei diritti degli Aldobrandeschi, ma il 2 agosto 1297, nella divisione avvenuta in Santa Fiora tra i conti, per sorteggio toccarono a llde­brandino Novello, oltre Silano e Monte­gemoli, i diritti su Roccastrada, Suvereto, Pietra Batignano, Massa, Scarlino, Giuncarico ecc.

Sono tempi persone e luoghi “dante­schi”, e fatti ben conosciuti dagli abitanti di Valdicecina. Tra questi c’è lo scrittore poeta e pittore Bindino da Travale, forse dei Pannocchieschi, ma che non disde­gna chiamarsi “il porcaro” di Valdiceci­na. E’ lui che, irridendo le megalomanie dell’Alighieri, nel 1415 nella reggia di Napoli mette in bocca al re Giacomo d’Angiò, di fronte agli ambasciatori di Siena e Firenze, un discorso carico di traslati contro la superbia di Dante, tra cui l’allusione a Montegemoli e Montecoloreto, per cui fa sospettare che la madre e la matrigna del poeta non aves­sero ascendenze nobiliari.

Argomentando su queste memorie, al PaliodelleContradedi Pomarance 1987, Dante fu incoronato con “l’Alloro di Mon­tegemoli”, e la sceneggiatura sui rac­conti di Bindino fece vincere il primo premio alla Contrada Marzocco.

Oggi, nell’occasione della riapertura di questa chiesa, esasperando certamen­te l’implicazione su Montegemoli regi­strata da Bindino, non si potrebbe pen­sare che il poeta fosse stato battezzato in questa chiesa? Dante, nato nel 1265, perse la madre a cinque anni e il padre in seconde nozze sposò Lapa di Montecoloreto.

In quel tempo, certamente, il “bel San Giovanni” di Montegemoli si sarebbe dovuto trovare nella grandissima pieve vecchia di Micciano, che non sappiamo precisamente quando crollò o fu distrut­ta; Montegemoli però (piccolo mondo di nobili potenti) ebbe prestissimo un fonte battesimale dove battezzare anche l’Alighieri.

Una Madonna di grande devozione

Con la riapertura della chiesa parroc­chiale viene messa in evidenza e collo­cata più vicina ai fedeli la devotissima immagine della Madonna col Bambino, tela su tavola che i cultori dell’arte collo­cano almeno nell’ambito del Millequattrocento.

E’ difficile documentare se il quadretto è la rimanenza di un polittico antico, nato e voluto intero per la chiesa, oppure, come in altre chiese, il polittico fu messo a circondare un’immagine più antica e già venerata.

Don Luciano, nella ricerca da lui esegui­ta, lascia in sospeso le due possibilità. Infatti un inventario del secolo XVII così descrive in chiesa la “mostra” dell’altare: “Un quadro d’altezza di braccia quattro e larga tre fatta di nuovo da me prete Antonio Telleschi l’anno 1642 tutta a mie spese e di mio proprio con l’infrascritti santi, donata con sua cornice di noce e sua coperta di tela turchina, cioè LA MADONNA ANTICA ch’io ci ho trovato. Nel Quadro “nuovo” da capo il Padre
Eterno, a mano destra S.Bartolomeo titolo della chiesa, S.Antonio abate e S.Francesco, a mano sinistra S. Verdiana S.Lucia e S.Cecilia. Quale mi gosta in tutto Scudi Cinquanta.”

Madonna antica e quadro “nuovo” con santi. E il quadro vecchio?

Un documento del secolo XV riporta una lettera al Vescovo da parte dell’Opera Parrocchiale che sollecita una decisione per un polittico (così sembra) essendo disponibili tra 1437 e 39 almeno Lire 165 (tra erbe di Pasco e bestiami venduti) per compiere questa pittura.

“Ricordo a Voi Monsigniore Messer lo Vescovo de’ fatti della Chiesa di Montegiemoli e Ch’Ella vi sia raccomandata, perché l’opera di decta Chiesa fecie fare una tavola di legniame per l’Autare di decta Chiesa, la quale si fecie per farla dipigniere e ponerla a decta Altare, con­siderato che e denari che bisognano per decta dipintura ci sono.”

Era una tavola di contorno per questa Madonnina, che anche allora, poteva chiamarsi “antica”?

Un ricercatore, americano di Boston, Rolf Bagemihl, che ha lasciato sue scrit­ture presso i signori Cantini e Cucini, famiglie che iniziarono i lavori di restau­ro alla facciata della chiesa, è di questo parere.

Il campanile della Chiesa

Egli parla, come pittore, di Francesco di Neri Giuntarini da Volterra, e quale com­mittente, o testatore, di Coluccio Fre­scolini da Montegemoli, il quale espres­se le sue ultime volontà nel giugno 1348. Come nessuno può giurare su Dante e Montegemoli, anche se la seduzione di Bindino da Travale è grande, così nes­suno può sposare senza matura rifles­sione le suggestioni dell’americano: il pittore volterrano Francesco di Neri era a suo tempo conosciuto come Fran­cesco di “maestro Giotto”.

Comunque trovare a Montegemoli ri­chiami danteschi, uniti a luminosità giot­tesche, è quanto basta per definire “so­lare” la devozione di questi popolani alla loro Madonna, e concludere con le paro­le del divino poeta

“Vergine madre figlia del tuo figlio umile ed alta più che creatura (sei tu nel cielo)

La Torre del Castello di Montegemoli.

meridiana face di caritate e giuso intra i mortali se’ di speranza fontana verace”

Una speranza che dona “nobiltà” alla madre dell’Alighieri, alle nostre madri e a ciascuno di noi.

Numerosi altri santi e devozioni

Antonio di Pietro Telleschi da Castelfiorentino, diocesi di Firenze, risulta “cano­nico” nel suo paese, quando dal Comu­ne di Montegemoli, tramite il nobile vol­terrano Gaspero Bardini, il 4 ottobre 1614 fu presentato al vescovo Luca Alamanni perché lo nominasse a succedere a pre­te Niccolò Maffii di Pomarance, che un mese prima aveva rinunciato la cura d’anime per vivere del proprio patrimo­nio familiare.

La cura d’anime, paese e campagna, consisteva in 45 famiglie e quasi 400 persone (la peste del 1630 le ridurrà assai); le rendite vengono segnalate in quaranta sacca di grano, computateci 48 staia per decime prediali.

Il vescovo, prima di nominare questo prete, che poi risulterà bravissimo, tra­mite il vicario Carlo Mazzinghi e Jacopo Petrini del comune fece affiggere editti alla chiesa del paese, e poi lo fece esa­minare rigorosamente dall’arcidiacono Baldassarre Bardini, dal teologo Gugliel­mo Bava agostiniano e dal giurista Anto­nio Panzerini dei conventuali di Volterra. Nella visita pastorale , che l’Alamanni aveva fatto il 7 aprile 1606 coi canonici Pierpaolo Minucci e Ottaviano Cecchi, viene descritto l’altare maggiore sopra cui c’è un’icona “antica” con la Beata Vergine Maria S.Bartolomeo apostolo e molti altri santi.

Non si dice quali, ma forse non c’è Santa Verdiana che è valdesana di Castelfiorentino. A mezza chiesa, a destra en­
trando, c’è l’altare di S.Sebastiano “eret­to come si asserisce per voto di peste dalla famiglia Pieri” ma a devozione di tutto il popolo; l’icona contiene le imma­gini di S.Sebastiano S.Antonio e S.Rocco. Di fronte, a sinistra, c’è l’altare della Compagnia del Corpus Domini, composta di uomini e donne che vanno in processione, ed hanno commissiona­to un’icona nuovissima.

Dentro il castello c’è un Oratorio dedica­to a San Michele arcangelo, di cui è patrona la famiglia Barzottelli. Il cappel­lano, canonico Angelo Guidi, vi deve celebrare sabato domenica e lunedì; fare la festa l’otto maggio, apparizione di S.Michele, e quella di S.Macario con uffizio il giorno seguente.

Nell’icona ci sono le immagini della Be­ata vergine di S.Michele S.Giovanni e S.Macario.

Fuori castello c’è l’Oratorio di San Seba­stiano. A un miglio lachiesadi S.Niccolò a Celli, già parrocchiale oggi unita a S.Bartolomeo; vi si fa la festa titolare il 6 dicembre e la commemorazione di S.Macario.

I Guidi, affittuari dei beni, per contratto vi devono piantare una vigna; ma per loro devozione hanno eretto un Oratorio di S.Caterina alla loro villa di Serra.

Antonio Telleschi era sempre vivo nel 1652, e il vescovo Giovanni Gerini nella visita del 7 aprile (domenica in Albis) testimoniò che tutti i giorni festivi inse­gna la dottrina cristiana e i rudimenti della fede cattolica, proclama le feste e le vigilie, spiega il vangelo e i documenti della morale. Per Pasqua tutti si sono comunicati, e in parrocchia non c’è nes­sun pubblico peccatore.

Don Mario Bocci

Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.

LO STEMMA DEGLI INCONTRI A MONTEGEMOLI

Conoscendo per caso la famiglia Can­tini di Montegemoli ed avendo saputo del loro impegno nel restauro della chie­sa di San Bartolomeo di Montegemoli, non mi sarei mai aspettato che questa piccola chiesa celasse sotto il fatiscente intonaco un’interessante paramento murario di epoca medievale in cui sono stati riscoperti alcune feritoie ed una monofora posta dietro l’altare, che ren­dono l’ambiente notevolmente affasci­nante.

L’impegno del parroco Don Luciano, che ha promosso insieme ad alcuni volontari il restauro, è stato notevole ed ha contri­buito a riportare questa piccola chiesa agli antichi splendori valorizzando quel­le poche ma significative opere d’arte che vi si conservano.

Tra le cose più interessanti che vi si trovano, come la bellissima icona tre­centesca raffigurante una Madonna con Bambino, è da considerare un oggetto che probabilmente sfugge al visitatore . Trattasi di una acquasantiera, realizza­ta in alabastro locale e murata sulla parete destra entrando, molto vicina alla porta di accesso, che reca scolpito in bassorilievo lo stemma di un’antica fa­miglia di origine pomarancina, quella degli INCONTRI.

Di questa casata me ne ero già occupa­to in passato studiando la loro attività di mercatura con la produzione e lo smer­cio delle maioliche pomarancine od an­che per la loro parentela con il pittore Cristofano Roncalli che dipinse nei primi anni del ‘600 a Pomarance una grande tela per l’altare di Sant’Andrea, eretto dagli Incontri, nella chiesa di Pomaran­ce .

Una importante famiglia che possedeva molti beni immobili nel comune di Poma­rance e che aveva in patronato anche il bel crocifisso ligneo,proveniente dal ca­stello di Acquaviva, presso il Bulera,ed oggi collocato sopra l’altare Maggiore della chiesa di Pomarance.

Lo stemma degli Incontri, effigiato nel­l’acquasantiera di Montegemoli, è pro­babilmente risalente al XVI-XVII secolo e doveva essere stato donato da qual­che discendente che aveva voluto la­sciare un suo ricordo alla popalazione di Montegemoli. Alcuni di questi infatti fu­rono Vescovi Volterrani od anche pub­blici Notai fiorentini come Ser Piero di Andrea Incontri da Ripomaranci che fu, nel 1565, Cancelliere della Comunità’ di Montegemoli .

Molti di questi stemmi che raffigurano due leoni sovrapposti, intramezzati da una barra e con il rastrello sopra, erano posti anticamente sulle case e possedi­menti degli Incontri nel castello e conta­do di Ripomarance.

Ne è una riprova un documento del 1670, conservato nell’archivio Storico di Po­marance, che riportiamo integralmen­te e che ci consente di capire l’origine della famiglia ed i luoghi dove gli stessi blasoni erano collocati. Purtoppo la mano dell’uomo ha contribuito a cancellare queste testimonianze del passato che possiamo solo documentare attraverso gli antichi manoscritti.

“A dì Dicembre 1670

Coadunati il Gonfaloniere et Priori della Comunità delle Ripomaranci nella solita residenza in numero sufficente serv. servantis ordinarono a me cancelliere farsi fede autentica come la verità fùet, che /’Alfiere Alamanno di Gio.di Marco Antonio Incontri che abita la terra delle Ripomaranci è dell’istessa e medesima famiglia dell’Incontri che di presente habitano e risiedono a Volterra e così è sempre da loro tutti stato tenuto e ripe­tuto per esser li loro antichi della mede­sima consorteria e discendere da un medesimo Autore; che così hanno anco­ra sempre sentito dire da loro antenati senza esserci memoria in conto e sem­pre fra di loro si sono trattati sempre tali e come dalla medesima consorteria ;si come ancora hanno fatto e fanno la medesima arme che sono due leoni d’oro volti sul lato diritto tramezzati da una sbarra pure d’oro in campo azzurro con un rastrello sopra rosso e tre gigli d’oro che a quello fanno di presente.

Ma nell’antiche di centinara d’anni man­ca il rastrello et gigli, la quale arme si vede esposta nella terra delle Ripoma­ranci, in molti luoghi pubblici et privati e particolarmente nella chiesa Arcipresbi­terale di S. Gio. Battista in due cappelle fatte dai suoi antenati che una è l’altare del S.S. Crocifisso, et l’altro è l’altare di S. Andrea Apostolo; et un ‘altra più antica simile fatta pure dai suoi antenati si vede in una colonna e dove sta il Gonfaloniere di detta Comunità; si come ancora un ‘al­tra antichissima di centinara d’anni se ne vede nella lapide della sepoltura an­tichissima.

Della sua famiglia ha sempre quello con il rastrello a gigli, si come da tutti pubbli­camente si vede; si come anco nel me­desimo modo si vede esposta la detta arme sopra la porta della casa loro anti­ca in detta terra, luogo detto “In Piano” dinanzi la chiesa principale e dentro le lor case, in molti luoghi, et in molti de lor poderi et altrove;

Si come attestano che detto Alfiere In­contri e suoi antenati si sono sempre trattati civilmente et onoratamente, et con decoro conforme la sua nascita, et tenuto sempre serve, servitori et cavalli, si come sempre si sono imparentati ci­vilmente et nobilmente; et particolarmen­te in Volterra con le prime famiglie, si come altrove et no hanno mai fatto pro­fessione alcuna che possa denigrare la civiltà ma esercitare sempre in caccia, arme, et lettere et simili, essendo o an­cora stati et sono comodi di facultà si come per il pubblico e notorio a tutta la Terra delle Ripomaranci ma a chiunque li ha conosciuti et conoscere….”.

Jader Spinelli

NOTE

Sulla famiglia Incontri vedi:

  1. J.Spinelli – “Il Redentor Crocifisso d’Acquaviva”; La Comunità di Pomaran­ce N. 3 -1987.
  2. J. Spinelli – “Gli stovigliai a Pomaran­ce”; La Comunità di Pomarance N.1- 1990.
  3. J.Spinelli – “Un dipinto del Roncalli a Pomarance”: La Comunità di Pomaran­ce N. 2-1992.

Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.