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Descrizione delle attività del settore secondario e terziario della zona di Pomarance.

ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE A POMARANCE (I PARTE)

Il presente articolo è tratto dal lavoro svolto dagli studenti Rodolfo BERTOLI, Alberto BOCELLI, Massimo DELL’AIU­TO, Benedetto ROVENTINI, per sostene­re l’esame di Restauro dei Monumenti, corso del Prof. ROCCHI (Assistente Arch. NEGRI) alla facoltà di Architettura dell’Università di Firenze.

I disegni qui riprodotti sono stati riela­borati o fatti appositamente per il presente articolo allo scopo di una più facile com­prensione anche per il lettore meno com­petente da Rodolfo BERTOLI.

INTRODUZIONE

Il fabbricato delle “Peschiere”, è col­locato nelle vicinanze della cittadina di Pomarance, nella zona a Sud della pro­vincia di Pisa compresa nell’area delle “Colline Metallifere” e caratterizzata dalla presenza dei “Soffioni” di Larderello (emanazioni di vapore acqueo ad alta temperatura a pressione naturale o pro­vocate mediante trivellazioni contenenti discrete quantità di sali boraciferi).

Il teritorio di Pomarance è interessato da una fitta rete di corsi di acqua ed è ricco di fonti naturali di acqua potabile, geolo­gicamente è caratterizzato da formazio­ni marine del pliocene inferiore-medio con presenza di calcari detritico-organogeni, arenarie e sabbie con fossili marini. Pomarance è situata in una zona della To­scana particolarmente decentrata rispetto ai centri maggiori, lungo la Strada Stata­le n° 439 ’Sarzanese-Val d’Era’. Le “Pe­schiere” sono raggiungibili percorrendo tale strada in direzione Nord-Sud e supe­rato il centro abitato, prendendo il bivio a destra posto al Km 115,1. Percorso un breve tratto di strada sterrata giungiamo al fabbricato interessato, facilmente rico­noscibile dalla presenza di quattro vasche alimentate da una sorgente naturale di acqua potabile.

“LE PESCHIERE”: prospettiva

Il decentramento dai centri urbani più im­portanti ha causato per Pomarance, da sempre, una certa forma di autonomia economica e politica nella gestione del proprio territorio comunale e la formazio­ne di attività produttive tali da rendere il comune indipendente.

La somma di diversi fattori quali la viabi­lità, la presenza di acqua, la particolare situazione politico economica creatisi nel­la prima metà del secolo scorso e la vici­nanza di vaste aree boschive, permisero il sorgere di una conceria alle “Pe­schiere”.

ANALISI STORICA

La concia alle “Peschiere” in Poma­rance nasce su di un vecchio manufatto rurale nella prima metà del secolo pas­sato. La situazione politica, sociale ed economica di quel tempo era quella tipi­ca del dopo Napoleone.

L’Europa unita sotto l’impero Napoleoni­co si vedeva nuovamente divisa dopo il Congresso di Vienna del 1814 secondo il principio della “Legittimità”. Tale prin­cipio proposto dal principe Talleyrand del­la Francia Borbonica indicava una possi­bile suddivisione del vecchio Continente secondo l’ordine che aveva prima della Rivoluzione Francese, richiamando sui troni perduti i vecchi sovrani e restauran­do i vecchi confini.

L’Italia del 1815 dopo la Restaurazione si vedeva così nuovamente suddivisa se­condo il principio di legittimità nel Regno di Sardegna, il Regno Lombardo Vene­to, il Granducato di Toscana ed altri.

Il Granducato di Toscana fu reso ai Lore­na (e per essi a Ferdinando lll° fratello dell’imperatore d’Austria).

“Il Granducato di Toscana potè così go­dere per lunghi anni di un governo mite
Riesumato il vecchio codice leopoldino che però venne aggiornato, fu dedicata particolare attenzione all’agricoltura che aveva la sua forza nell’istituto della mez­zadria, vale a dire il contratto stabilito tra il proprietario di un podere ed il contadi­no che lo lavora, mediante il quale al mo­mento del raccolto i frutti venivano divisi a metà. La mezzadria rappresentava nella prima metà dell’800 un tipo di rapporto particolarmente civile tra proprietario e contadino”….“venne ripresa la tradizio­nale opera di bonifica nelle Maremme e nella Val di Chiana”.(1) Perciò “la Tosca­na rimane l’oasi del liberalismo economico-commerciale in un’Italia fer­reamente protezionistica o proibizionista vi si filano e tessono la seta, la lana, il lino, la canapa, il cotone. Vi materia prima, la scorza, per il processo si conciano le pelli; vi si fabbricano vetri di conciatura si lavorano metalli; e cristalli, cappelli di feltro e paglia; i mo­bili, le porcellane, la carta.”(2) La felice situazione economica e politica in cui si trovava la Toscana ebbe delle ripercus­sioni sulle economie locali; anche a Po­marance vi furono nuove attività impren­ditoriali.

Già dal 1777 ci si rende conto della enor­me ricchezza racchiusa nelle viscere del territorio dell’attuale Larderello sotto for­ma di acido borico contenuto nelle ema­nazioni di vapore provenienti dal sotto­suolo. Nessuno però tenterà di sfruttare quei “tristi e fetidi bulicami”(3), quei la­goni di acqua bollente, da cui fuggono spaventati gli uomini e le bestie fino ad arrivare all’anno 1815, quando abbiamo un primo concreto interessamento a sfrut­tare in maniera industriale i “Fumacchi”; infine nel 1818 con l’acquisto da parte di Francesco Larderei del terreno ove sono presenti i “Lagoni” inizia una nuova era che porterà a concentrare in questa zo­na attività uniche al mondo. “Si metterà in moto una macchina che porterà benes­sere alle popolazioni di queste plaghe del­la alte valli del fiume Cecina e ove afflui­ranno anche popolazioni di altri paesi vi­cini”.(4)

Si arriva così al 29 marzo 1843 allorché: “sentita l’istanza prodotta dal Sig. Cam­mino Fantacci con la quale fa conoscere che una di lui fabbrica fatta al di lui po­dere delle Peschiere per uso di concia fu costruita nell’anno 1842 e perciò ai ter­mini della Notificazione della Soprinten­denza alle Comunità del Granducato del 1/7/1843 debbino rimanere esenti da Da­zio fino all’anno 1852”.(5)

Con le condizioni esistenti all’epoca il Sig. Cammillo Fantacci vide la occasione pro­querce, garantivano la reperibilità della

Le Peschiere erano inoltre situate in una zona abbastanza pianeggiante e tramite una fitta rete stradale direttamente colle­gate al centro urbano ed alla “via da Po­marance a S. Dalmazio” che la relazio­nava ai territori comunali.

La felice situazione economica, le favo­revoli condizioni orografiche e geografi­che, la consistenza demografica del co­mune pomarancino relativamente all’epo­ca (“nell’anno 1845 la comunità di Poma­rance, con gli annessi 5759 abitanti”(6) di cui 2119 nel centro) e la presenza del­l’industria boracifera del Larderei permi­sero l’impianto della nuova attività anche in una zona distante da quelle tradizionali per la lavorazione delle pelli.

Il podere delle Peschiere venne amplia­to distinguendo all’interno di esso diver­se zone per la lavorazione della pelle ed una zona destinata alla residenza delle fa­miglie addette alla concia, vedremo me­glio più avanti nell’analisi storico­morfologica il funzionamento specifico delle singole parti in rapporto alla produ­zione.

La restaurazione non accontentò molto la nuova classe emergente dalla rivoluzio­ne, la “Borghesia”. Questa infatti rappre­sentava di fatto il potere economico e non poteva perciò sopportare il peso di una gestione politica monarchica basata su arcaici rapporti con il latifondo. Occorre­va una maggiore elasticità delle leggi e dei confini per permettere un più facile scambio di materie prime o finite.

La situazione era aggravata in Italia, co­me in altre regioni, dalla presenza di so­vrani stranieri che direttamente o indiret­tamente governavano i diversi “Regni” in cui era stata suddivisa la penisola: si preparavano gli anni del Risorgimento. L’attività della concia continua passando il periodo del Risorgimento, le prime guer­re di indipendenza, l’unificazione dell’Ita­lia, l’ultima guerra di indipendenza del 1866 e resiste fino all’avvento della sinistra al governo prima con Depretis, fi­no al 1887, e successivamente con Crispi. La crisi economica provocata dalla politica espansionistica di questo utimo con le sconfitte riportate in Africa sul fini­re del 1895, aggravano lo stato dell’eco­nomia del giovane Regno d’Italia e “Col deterioramento” di essa “anche la con­cia delle pelli che si trova in località le Pe­schiere di Pomarance é costretta a chiu­dere. Lo stabile costruito da Cammillo Fantacci nell’anno 1842, dopo 53 anni di attività non produce più un reddito che permetta di far fronte al pagamento del­l’imposta sui fabbricati ed il discendente Paolo Fantacci si vede, suo malgrado, co­stretto ad interrompere definitivamente quella iniziativa del suo predecessore.

li 31 dicembre 1895

Il sindaco comunica come Paolo Fantac­ci in nome proprio per sgravio di imposta sui fabbricati, e quale rappresentante la Ditta Fontani e C. per sgravio di imposta sulla Fiochezza Mobile, abbia domanda­to a questa Giunta il rilascio di un certifi­cato da cui risulti che col giorno uno di­cembre ultimo scorso sia stato definitiva­mente chiuso lo stabile di proprietà di es­so Fantacci e adibito definitivamente ad uso della concia di appartenenza della Ditta di cui sopra. La Giunta riconoscen­do come sia la verità quanto si richiede; Acconsente ad unanimità, astenendosi !’Assessore Sig. Cav. Bicocchi quale membro della Commissione liquidatrice della ditta stessa.(7)

Dopo il fallimento della concia il fabbricato subisce un lento abbandono; utilizzato prima come edificio rurale e, successiva­mente, solo come ricovero di attrezzi e per animali di bassa corte a causa dell’e­sodo dalla campagna.

Ai giorni nostri l’abbandono ha gravemen­te compromesso le strutture e perciò la stabilità stessa dell’intero manufatto.

ANALISI CATASTALE

Consultando le mappe del Catasto Leopoldino della Comunità di Pomarance se­zione D detta di Bufera e Ripaie’,’ ci è sta­to possibile risalire al nucleo originario del fabbricato delle Peschiere.

La prima mappa rintracciata, in ordine cronologico, risale al 15 febbraio 1823; al­l’epoca sui registri veniva annotato che la particella n° 5 di 3716 braccia quadra­te (circa 1260 mq.) consistente in una ca­panna e risiedo e le n° 6 e 7 di comples­sive 94.112 braccia quadrate (32055 mq.) erano a carico del Sig. Fantacci Cammillo di Domenico.

Non è stato possibile rintracciare delle do­cumentazioni a riguardo della consisten­za del risiedo ma, leggendo in scala ci è parso che il nucleo originario fosse forma­to dal corpo ad Est del complesso archi­tettonico. Tale ipotesi è convalidata da al­cune tracce di rifilatura della muratura che fanno pensare ad un rialzamento suc­cessivo del piano e conseguentemente della linea di gronda del tetto. Altra osser­vazione da fare è al riguardo della viabi­lità che collega la zona con l’attuale S.S. n° 439 Sarzanese Valdera; il collegamen­to era diretto e passava a ridosso delle Peschiere, dove oggi corre un fosso par­ticolarmente ricco di vegetazione sponta­nea e delimitato da una parte dallo stes­so fabbricato, dall’altra da un argine che per l’abbandono ha subito degli smotta­menti. È da rilevare la presenza sull’ar­gine di alcune piante fra cui una quercia secolare.

L’edificio originario aveva su questa stra­da l’accesso ed alcuni affacci allo stato attuale tamponati.

Nella mappa del 1846 è registrato il fra­zionamento del resiedo originale a cui è stato attribuito il numero catastale n° 211 e registrato parte al Sig. Fantacci Cam­mino di Domenico e parte ai Sigg. Cam­mino e Paolo Fantacci di Pietro. Nella stessa mappa è riscontrabile il nuovo edi­ficio, corrispondente al n° 212, intestato al Sig. Fantacci Cammino di Domenico da lui fatto costruire nel 1842, come si è vi­sto nell’analisi storica ed adibito aH’uso di concia.

Nel 1877 parte della particella n° 5 viene caricata a favore dei Fantacci di contro (Paolo e Cammillo di Petro) e parte di questa con l’intera particella n° 6 a Pellini Odoardo. Nello stesso anno il catasto registra lo scarico dalle proprietà del Sig. Fantacci Cammillo di Domenico ed il re­lativo carico a favore dei Sigg. Paolo e Cammillo di Pietro Fantacci dei fraziona­menti dall’originale particella n° 5 nelle particelle n° 237 (le vasche), n° 238 (par­ticella in un primo momento inedificata fra il fabbricato rurale originario e l’edificio della nuova concia) e la n° 239 (la strada a fianco delle vasche).

Il citato Pellini Odoardo vendette il 30 apri­le 1885 la di lui parte del fabbricato n° 211 e la particella n° 6 al Sig. Biondi Meliini Dott. Vincenzo; quest’ultimo costruisce nell’anno successivo una capanna ad uso agricolo nella parte della particella n° 5 di sua proprietà. Un suo discendente Biondi Bartolini Giovanni insieme ad al­tri non meglio Specificati, acquista nel 1901 le particelle n° 237, 238, 239.

Sono allegati i disegni ricavati dalle men­zionate mappe e riportati i dati di carico e scarico delle particelle ripresi dai regi­stri catastali.

LA CONCIA

□ La concia è un insieme di trattamenti chimici e meccanici che permettono di trasformare la pelle naturale di numerosi animali in un prodotto robusto e durevo­le quale è il cuoio, la pelle, le pellicce.

Il processo di concia nel passato, come oggi, avveniva in tre fasi:

  1. Preparazione della pelle.
  2. Concia propriamente detta.
  3. Rifinitura.

Oggi sono soprattutto cambiati i prodotti utilizzati per i vari processi che si sono an­che notevolmente accorciati mediante l’u­tilizzo di appositi macchinari.

Un tempo la preparazione della pelle assumeva tempi e denominazioni diver­se a seconda di come la pelle naturale
giungeva in conceria, abbiamo la MES­SA A BAGNO per le pelli fresche, che aveva lo scopo di eliminare tutte le so­stanze estranee, oppure si aveva il RIN­VENIMENTO per le pelli secche allo sco­po sia di ripulirle, sia di restituire l’acqua sottratta e renderle più morbide. Entram­be le operazioni venivano compiute nel­le quattro vasche presenti all’esterno del­le peschiere, l’acqua di tali vasche era sottoposta a continuo ricambio grazie al­la presenza della fonte naturale. Le pri­me due vasche, più piccole, servivano per la “messa a bagno” e talvolta, adottan­do appositi coltelli, raschiavano via la car­ne che era ancora attaccata, le altre due, di dimensioni più grandi (A), permetteva­no il RINVENIMENTO di un numero mag­giore di pelli dato il tempo più lungo oc­corrente per l’operazione.

Successivamente le pelli venivano raccol­te dall’acqua ed inviate attraverso un’ap­posita apertura nella parte seminterrata del fabbricato dove avveniva il processo di DEPILAZIONE, che veniva compiuto in apposite vasche (B) dette calcinai conte­nenti bagni di latte di calce, si trattava in genere di tre vasche con bagni sempre più basici, le pelli erano poste in tempi, successivi nelle tre vasche; a questo pun­to le pelli venivano raschiate allo scopo di togliere i rimanenti peli. La fase suc­cessiva era la scarnatura che veniva fat­ta nell’intento di togliere il carnicchio, dal­la parte interna della pelle, ammorbidito­si durante il bagno di calce. (C)

A questo punto le pelli subivano il proces­so di PURGA e RIGONFIAMENTO effet­tuati in vasche contenenti bagni acidi (D), venivano tolti così i residui basici della De­pilazione ridando porosità e morbidezza alle pelli, tali bagni potevano essere ef­fettuati utilizzando una poltiglia a base di sterco di cane e di piccione.

  • Le pelli così preparate sono pronte per la concia propriamente detta, tale proces­so è oggi effettuato con sostanze chimi­che, talvolta anche sintetiche, un tempo invece il prodotto base era la scorza di quercia macinata che, come già detto, era presente in notevoli quantità nei dintorni di Pomarance.

La scorza della quercia contiene dal 6 al 17% di tannino, prodotto conciante cono­sciuto da secoli, che aveva il vantaggio di poter essere utilizzata allo stato natu­rale rispetto al castagno che, pur conte­nente tannino in maggior quantità, neces­sitava di un processo di distillazione per poterlo estrarre.

Le pelli venivano così messe in apposite fosse (E) alternate con strati di scorza ma­cinata, in maniera che venissero rivesti­te da uno strato conciante di qualche cen­timetro; una volta riempita la fossa si ag­giungeva acqua fino a sommergerle, in modo da sciogliere la sostanza concian­te. Tale operazione avveniva ogni due mesi e, data la relativa quantità di tanni­no presente nella quercia, il processo completo poteva durare due anni o più.

  • Le pelli ancora umide venivano traspor­tate in appositi locali (F) ben areati ed in­chiodate a tavole o telai, quindi appese per la completa asciugatura; a questo punto la pelle era ingrassata e piegata più volte allo scopo di ammorbidirla. Alle Pe­schiere questi ambienti erano collocati al secondo piano e direttamente collegati col seminterrato in cui avvenivano le ope­razioni precedentemente descritte. Al pri­mo piano erano collocate le residenze de­gli addetti alla conceria (G).

BIBLIOGRAFIA GENERALE

C. BARBAGALLO – Le origini della grande in­dustria contemporanea – LA NUOVA ITALIA , Perugia.

CAMERA FABIETTI – Corso di storia – ZINGA- RELLI , Bologna

Rivista LA COMUNITÀ DI POMARANCE – Nu­meri vari

BIBLIOGRAFIA SPECIFICA

  1. CAMERA FABIETTI – Volume II pag. 197
  2. C. BARBAGALLO – Le Origini …. pag. …
  3. Riv. LA COMUNITÀ DI POMARANCE – Rie­vocazioni Storiche di Edmondo Mazzinghi pag. 26 N° 5 anno V
  4. Riv. LA COMUNITÀ DI POMARANCE – Op. Cit. pag. 27 N° 5 anno V
  5. Riv. LA COMUNITÀ DI POMARANCE – Op. Cit. pag. 26 N° 5 anno V
  6. Riv. LA COMUNITÀ DI POMARANCE – Op. Cit. pag. 31 N° 5 anno V
  7. Riv. LA COMUNITÀ DI POMARANCE – Op. Cit. pag. 37 N° 5 – 6 anno Vili

Variazioni catastali del fabbricato conciario delle Peschiere dal 1823 al 1886

Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.