Archivi categoria: Palazzi e Ville
Descrizioni di palazzi e ville della zona di Pomarance ed Alta Val di Cecina.
POMARANCE – VILLA COUTRET
POMARANCE – PALAZZO DE LARDEREL
PALAZZO DE LARDEREL
RESIDENZA NOBILIARE DELL’OTTOCENTO
Il XIX° secolo è stato per Pomarance un importante periodo storico caratterizzato da notevoli trasformazioni urbanistiche nel centro storico che cambiarono radicalmente l’aspetto medioevale o rinascimentale dei palazzi appartenuti alle antiche casate nobiliari o borghesi del luogo. Queste costruzioni ottocentesche procurarono la distruzione di antiche testimonianze architettoniche creando la nuova immagine di Pomarance che è possibile osservare percorrendo le vie del centro storico ed in particolar modo via Roncalli o dei “Signori”.
Sui vari palazzi certamente si impone il grandioso edificio di “Palazzo De Larderei”. Attualmente di proprietà comunale ed adibito a sede per l’Ufficio Tecnico e della Comunità Montana della Val di Cecina, fu un tempo la residenza autunnale della nobile famiglia dei De Larderei che lo iniziarono ad opera del “sagace” commerciante Francesco De Larderei su progetto dell’architetto ebanista Magagnini di Livorno. Francesco De Larderei, di origine francese, trapiantatosi a Livorno fin dai primi dell’ottocento, si stabilì nelle nostre zone attorno al 1818 quando fu fondata una società (ved. Chemin – Prat – Lamotte – Larderei) dedita alla estrazione e produzione dell’acido borico contenuto nei “lagoni” di Montecerboli. Lagoni ottenuti a livello dal Comune di Pomarance ed in seguito in concessione perpetua dal Granduca di Toscana. Il “borace”, prodotto richiesto ed esportato in tutto il mondo, permise al conte Francesco, con l’aumento di capitali, di entrare ben presto a far parte della borsa dei Priori del Comune di Pomarance (1833) e di acquistare nel territorio comunale una serie di “unità immobiliari” che, ampliate e ristrutturate, sarebbero andate a formare il grandioso Palazzo – Fattoria De Larderei che ricalca, se pure con un lessico architettonico semplificato, il Palazzo Larderei di Livorno. (1)
L’area in cui doveva essere edificato il fabbricato era stata individuata dal “Conte di Montecerboli”, fin dai primi dell’ottocento, all’inizio del paese, nell’antica contrada di borgo tra la porta Massetana e la Cancelleria comunitativa.
Consultando una mappa catastale del periodo leopoldino (1823) è possibile comprendere quali furono i fabbricati che Francesco De Larderei iniziò a comperare per la realizzazione del grandioso progetto. (fig. 1)
Il primo edificio acquistato fu quello di proprietà del Cav. Giovanni Falconcini, per arroto del 6 aprile 1832, (particella catastale 279 – 281 – 282 – 283) a cui si aggiunse due anni più tardi, per arroto del 18 aprile 1835, l’acquisto della casa di Metani Donato addossata all’antico baluardo di Porta Massetana (part. cat. 284). Sempre nello stesso anno venne acquistata, con arroto del 20 maggio 1835, la casa del Cav. Giuseppe Bardini (part. cat. 282 – 282 bis – 283 bis).
Sei anni dopo fu acquisita anche l’abitazione di Francesco Funaioli per arroto del 25 maggio 1841, (part. cat. 277 – 278 – 280) insieme ad una cantina dai fratelli Michele e Giuseppe Bicocchi (part. cat. 277 – 278) ed un terreno “sodo lavorativo” dal sig. Beliucci Ermogasto, che era quella porzione di suolo al di fuori delle vecchie mura castellane denominate il “Tribbietto” (2) (part. cat. 279 bis).
Negli stessi anni vennero acquistati dal De Larderei anche una serie di poderi che andarono a formare una tenuta di “beni rurali” nel Comune di Pomarance e che permise al Conte Francesco, in base ad un regolamento catastale del 1829, di fare istanza nel 1843 alle Magistrature di Comune per essere sgravato dalle stime imponibili sui fabbricati ad uso rurale: (3) “… con /a volontà del nobil conte Cav. Priore Francesco De Larderei di Livorno, a possedere come appunto possiede, una tenuta di beni rurali nella Comunità di Pomarance, ebbe desiderio insieme di corredarla di necessari comodi per l’agenzia, e di un comodo per abitare nell’autunnali villeggiature. In pertanto che procede all’aggiusto di vari antichi fabbricati quali parte al di fuori, parte al di dentro della porta così detta Massetana della terra di Pomarance, formarano un collegato di muri, capaci insieme, a soddisfare il di sopra espresso suo desiderio.
E dappoiché tali speciali acquisti furono fatti dopo la stima del nuovo catasto, questi sopra dei catastali registri furono in conto, e faccia del prefato sig. Conte De Larderei …per un ammontare totale della rendita imponibile di lire 543,97”. (4) Nell’istanza il conte De Larderei dichiarava che tutti quei fabbricati erano stati utilizzati ad uso di fattoria e “… ridotti in fienili, stalle, rimesse, granai, coppai, tinai, magazzini”, in parte come abitazione dell’agente ed inservienti; in parte ad abitazione propria, ‘‘per tempo della villeggiatura”, con un piccolo giardino annesso, dichiarando inoltre che nessuno dei fabbricati riservò per appigionarli o trarne frutto di locazione alcuno …”. Non ci è dato a sapere se “l’aggiusto” dei fabbricati corrisponda all’inizio dei lavori per la realizzazione di Palazzo De Larderei; certo è che la situazione urbanistica di questa area cambiò radicalmente nel giro di una decina di anni (1852 ca.) (fig. 2)
Venne demolito infatti il baluardo di Porta Massetana e la casa del Melani; occupata la piccola piazzetta detta “Padella”; abbattuti i resti delle mura castellane; ampliato il fabbricato centrale (part. cat. 282) e costruito un giardino al quale si accedeva anche attraverso un vicolo dalla “via di Borgo” (tra part. 277 e 280).(5)
Il lotto centrale del Palazzo che secondo gli ambiziosi progetti del De Larderei avrebbe dovuto ricreare lo stesso imponente prospetto del palazzo di Livorno, già terminato in quegli anni, indusse lo stesso conte Francesco a proporre alle Magistrature nel 1852 la permuta della Cancelleria in cambio della ristrutturazione a sue spese del Palazzo Pretorio creando ambienti idonei per l’Ufficio del Gonfaloniere e del Cancelliere.
Proposta non molto gradita dai Priori del Comune che avrebbero invece voluto un fabbricato nuovo come risulta da una lettera del 1853 (6):
A di 25 maggio 1853
Pregiatissimo sig. Gonfaloniere sono onorato della pregiatissima sua in data 20 corrente con la quale V.S. illustrissima si compiace di parteciparmi la decisione sulla mia proposizione relativa alla Cancelleria Comunitativa. L’opinione dell’ingegnere nulla mi sorprende, Egli si era già pronunciato da più di un anno e prima di avere esaminato le mie piante, lo compatisco per non dire altro.
Al Gent.mo sig. Gonfaloniere dovrà sempre convenire, che la mia proposizione era vantaggiosissima alla Comune, e che la cattivissima casa della Cancelleria (veniva distrutta fino ai fondamenti) mi sarebbe costato tre volte tanto il suo valore reale.
V.S. si compiace ancora propormi di fare costruire una nuova Cancelleria e di darmi la vecchia per la nuova e mi invita a sottoporre il mio progetto.
Mi rincresce doverli dire che non posso accettare simile proposizione, più particolarmente perchè il progetto qualunque fosse, avrebbe certamente la disgrazia di stare diversi anni nelle mani dell’ingegnere, come ha fatto il primo, sarà adunque assai meglio che io rinunzi al mio progetto per non essere ballottato ingiustamente o capricciosamente, quando tutte le mie mire erano per il vantaggio della Comunità, l’imbellimento del paese, e far lavorare dei disgraziati senza lavori.
Ho l’onore di dichiararmi rispettosamente…
Dev.mo servitore F. De Larderei
Trascorsi due anni dalla prima richiesta di permuta il conte De Larderei faceva nuovamente istanza (1855) al Gonfaloniere di Comune per la cessione della fabbrica di Cancelleria proponendo di pagarla in contanti con l’aumento del 15% sopra le stime, oppure costruendo una nuova Cancelleria uguale a quella vecchia dettando però una condizione che, se fosse stata accettata la seconda proposta egli avrebbe iniziato i lavori nella imminente primavera e, ”… non solito aggiornare i suoi divisimenti…” pregava le magistrature a deliberare e risolvere entro il mese di marzo la sua richiesta “… passato il quale, non sarebbe stato più il caso di mantenerla …”.
La seconda proposta fu ben presto accordata ed i lavori del palazzo proseguirono di pari passo con quelli della nuova Cancelleria costruita tra la via Provinciale Massetana e via dei Boschetti. (7) Purtroppo, la morte del conte Francesco De Larderei non permise di poter vedere ultimato il suo grande desiderio che fu ben proseguito dal figlio Federigo, con l’ampliamento dell’ala del palazzo verso Porta Massetana e nella quale venne creato il bellissimo teatrino privato inaugurato nel 1872.
In quello stesso periodo vennero acquistati dal figlio Federigo anche la casa con orto già di Cammillo Fantacci (Part. cat. 273 – 274 – 275) che furono utilizzate in parte per nuove scuderie (attuale Auditorium). Oggi, percorrendo via Garibaldi, è possibile vedere la facciata principale di Palazzo De Larderei nel suo antico splendore dopo il riuscito restauro effettuato nel 1984 ad opera del Comune di Pomarance e nel quale è evidenziato ancora di più il grande stemma in cotto della famiglia De Larderei collocato all’interno del timpano centrale in cui si legge: “Raffaello Agresti fece all’lmpruneta nel 1871”.
Jader Spinelli
NOTE BIBLIOGRAFICHE
- Il Teatro abbandonato; “Pomarance: teatri storici” di G. Cruciani Fabozzi 1985; Ed. La Casa USHER
- Cfr. “La Porta Orciolina o Massetana” – La Comunità di Pomarance n° 2 e Supplemento al n° 2 1988
- Patrimonio rurale nel marzo 1843 di Francesco De Larderei: Podere S. Enrico, pod. S. Federigo, pod. Santa Paolina, pod. S. Filiberto, pod. Pogio Montino, Pod. Poggiamomi, pod. Luogonuovo, “Una costruzione non ultimata in aggiunta alla casa colonica dell’antico podere detto Palagetto..”.
- Archivio Storico Comunale Pomarance F. 609.
- Il giardino era delimitato da una sontuosa cancellata in ghisa proveniente dalle fonderie di Follonica. Questa fu demolita negli anni quaranta come offerta alla Patria per uso bellico.
- Archivio Storico Comunale Pomarance F. 159.
La Cancelleria era costruita dove attualmente sono i “Giardinetti” e l’edicola dei giornali; permutata dalla famiglia Bicocchi, per la cessione dell’attuale palazzo comunale, fu utilizzata come Ospedale fino al 1935 circa. L’edificio fu minato durante la ritirata delle truppe tedeschenel 1945. (vedi Rievocazioni Storiche di Edmondo Mazzinghi – La Comunità di Pomarance 1974).
Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.
IL PALAZZO “BIONDI-BARTOLINI” A POMARANCE
Il palazzo “Biondi Bartolini’’ situato sulla Piazza De Larderei al numero civico 3, è uno dei più antichi edifici esistenti nel paese di Pomarance.
Ristrutturato nel modo attuale agli inizi dell’ottocento appartenne, fin dai primi anni del XVIII secolo, alla famiglia Biondi che ebbe tra i suoi discendenti Notai, Dottori, Priori e Gonfalonieri nelle Magistrature del Comune delle Pomarance.
Attualmente conosciuto come il palazzo “Biondi Bartolini”, fu denominato come tale solo attorno al 1830, quando un discendente, certo Giuseppe Biondi, sposando Donna Violante Bartolini, aggiunse al proprio cognome quello della moglie.
L’edificio, collocato al vigente catasto di Pisa con la particella catastale n° 417, può certamente essere considerato di notevole interesse storico per le sue pregevoli opere pittoriche dipinte sulle pareti e nei soffitti delle sale del “piano nobiliare”. Fin dai primi anni dell’ottocento il palazzo, ancora detto dei “Biondi”, era indicato negli antichi chirografi del tempo “lungo la via di Petriccio” che cominciava all’incirca dalla “Porta alla Pieve” (o Portone di Petriccio) e terminava alla “Porta Volterrana”.
Uno dei più antichi documenti che ci consente l’individuazione del palazzo è una planimetria del “Catasto Generale della Toscana” o “Catasto Leopoldino” relativo a Pomarance. La piantina catastale, conservata nell’Archivio di Stato di Pisa e datata 1823, consente di verificare l’area occupata dall’immobile ed a questa faremo riferimento nella nostra trattazione.(1)
Indicato a quel tempo con la particella catastale n° 316 risultava di proprietà del Sig. Giovan Battista Biondi. Proprietà che fu tramandata, di generazione in generazione, fin dall’acquisto (XVIII secolo) di alcuni beni immobili appartenuti a Cristofano Roncalli, discendente della famiglia Roncalli di Pomarance e pronipote del celebre pittore Crostofano Roncalli detto il “Pomarancio” (1552-1626).
Dall’estimo del Comune di Ripomarance del 1571 risulta che l’immobile, pervenuto in eredità al Dottor Cristofano Roncalli, apparteneva al suo bisnonno, Giovan Antonio di Francesco Roncalli da Bergamo, padre del pittore Cristofano Roncalli. La casa, addossata alle antiche mura castellane del XIII secolo prospicenti la strada di Petriccio, confinava, come ancora oggi, con la Canonica della Chiesa di San Giovanni Battista, l’orto della Chiesa e la porta “alla Pieve”; confinazioni importanti che hanno permesso l’individuazione del fabbricato negli estimi del comune di “Ripomarance” fin dal XV secolo.
Uno dei documenti attestanti l’appartenenza dell’edificio ai Roncalli risale al primo decennio del ’600. Trattasi di un estratto di contratto di vendita immobiliare pubblicato nel 1969 dal Dott. Giovan Battista Biondi su “La Comunità di Pomarance” e conservato nell’Archivio di Stato di Firenze al protocollo n° 19887, carta 45 v., atto 93, nel quale il notaio del tempo, Ser Guasparri del fu Francesco Maffii, certificava, in data 16 maggio 1616, che “… il Cavaliere Cristofano Roncalli delle Pomarance fu Giovan Antonio fece prendere possesso dei suoi beni in Pomarance, relitti morendo, il di lui fratello Donato”. Tra le varie proprietà compariva anche la casa, oggetto della nostra ricerca, posta nel castello di Ripomarance in luogo detto Petriccio confinante: “… a 1° Via, 2° Beni dell’eredi di Bernardino Roncalli mediante il Portone, 3° Casa della Pieve di San Gio:Battista, 4° Orto della Pieve, a 5° la casa di Bartolomeo Cercignani e se altri confini vi fossero, con le stanze e le botteghe sotto detta casa…”. L’edificio, attaccato come ancora oggi al Portone della Pieve e ricostruito ex novo nel 1884, presentava anticamente due stanze sovrapposte che pervennero ai Roncalli probabilmente da un livello enfiteutico dato dal Comune di Ripomarance.
Le stanze erano di necessaria comunicazione con l’altra casa di Giovan Antonio Roncalli posta al di là della Porta alla Pieve in luogo detto “Piazzetta alla Chiesa” (attuale Largo Don Morosini).
La “Lira” o “Estimo” del Comune di Ripomarance del 1630, con arroti fino al 1708, conferma l’esistenza di questa unità immobiliare ereditata dai discendenti Roncalli. (2)
La proprietà in quell’anno risulta infatti alla “posta” di Jacopo, Francesco e Guglielmo figli di Cosimo Roncalli.
Cosimo infatti era fratello del pittore Cristofano e figlio anche esso di Giovan Antonio Roncalli. La proprietà è così indicata: “… Una casa in detto castello con più botteghe confinata a 10 Via, 2° Pieve, 3° Orto della Pieve, 4° Mura, 5° Bartolomeo Cercignani, 6° Via … stimata lire milleduecentoquarantacinque…”.
Alcuni anni più tardi l’appartenenza dell’edificio passò al dottor Guglielmo Roncalli ed al fratello prete Francesco Roncalli. Alla morte di prete Francesco, con testamento del maggio 1683, rogato dal Notaio Gio: Antonio Armaleoni, la proprietà dell’immobile fu ereditata, in data 10 maggio 1696, dal Dottor Cristofano Roncalli, “soldato” (Tenente) Giuseppe Roncalli e prete Lorenzo Roncalli del fu Guglielmo suoi eredi e legittimi nipoti.(3) Nei primi anni del XVIII secolo risulta proprietario deH’immobile confinante con la casa della pieve soltanto il dottor Cristofano Roncalli; suo fratello, il tenente Giuseppe Roncalli, era infatti padrone della casa al di là della “Porta alla Pieve” (eredi attuali della Sig.na Federiga Volpi) così descritta nell’estimo del 1716 (4): “… una casa in Petriccio al portone con pozzo a metà con Teodora Ceccherini, confinata a 1° Via, 2° Via, 3° e 4° detta Teodora Ceccherini, 5° Via, 6° Dottor Cristofano Roncalli sopra il Portone stimata scudi 200…”.
La casa del Dottor Cristofano Roncalli fu oggetto di compravendita in data 13 gennaio 1728 (ab Incarnazione 1729). Lo scritto è riportato nell’articolo del Dottor Biondi Giovan Battista già citato.
Il Contratto conservato all’Archivio di Stato di Firenze (Protocollo n° 23922 pag. 169) certifica che il suddetto Dottor Cristofano Roncalli aveva lasciato dopo la sua morte molti debiti e che i suoi creditori erano riusciti a mandare all’asta pubblica tutti i suoi beni.
Il 10 giugno 1727 (1728) i detti beni furono acquistati all’incanto dall’unico offerente, Michele di Cerbone di Michelangelo Vadorini. Dal rogito si apprende che Pietro o Pier Francesco Biondi (1691-1730), figlio di Giovan Antonio Biondi e Costanza di Domenico di Sebastiano del Capitano Pietro Paolo Santucci, diretto antenato dei Biondi (e quindi degli attuali Biondi Bartolini) acquistò dallo stesso Vadorini la casa oggetto della nostra ricerca e cioè: “… Una casa dai fondamenti a tetto, luogo detto Petriccio confinata a 1 ° Via, 2° Sig. Luogotenente Giuseppe Roncalli, 3° la Chiesa arcipretale di San Gio:Battista di detta terra, 4° eredi del quondam Bartolomeo Cercignani et altri….”.
La parte dispositiva del contratto si chiudeva con la seguente clausola: “… il medesimo sig. Pietro Francesco Biondi ha promesso e si è obbligato di lasciar godere e possedere al sig. Luogotenente Giuseppe Roncalli le due stanze di detta casa che sono poste sopra le camere contigue al Portone (di Petriccio), sua vita durante…”.(5)
Nell’estimo del 1716, con arroti fino al 1805 e conservato nell’Archivio della Biblioteca Guarnacci di Volterra, la suddetta proprietà è così indicata: “… Una casa in Petriccio a 1 ° Via, 2° Tenente Giuseppe Roncalli, 3° Casa ed orto della Chiesa, 4° Pasquino Borghetti, 5° Via … stimata scudi 150…”.(6)
In calce è riportata la seguente annotazione: “…a di. 22 giugno 1729; viene detta casa dalla posta di Michele di Cerbone Vadorini, in questo a carta 346, per compra fattane dal sig. Biondi Pietro Francesco per medesimo prezzo di scudi 100; per rogito di Giovan Pietro Biondi (notaio) del di 13 giugno 1728; visto e reso accomodato dal sig. Cancelliere Torquato Mannaioni…”.
La casa aveva un nuovo confinante, Pasquino Borghetti, che altro non era che il marito di Maria Cammilla Cercignani figlia del “quondam” Bartolomeo. Questi infatti possedeva una casa con più stanze con cantina e telaio sotto, in Petriccio confinata a 1° Via, 2° dott. Cristofano Roncalli, 3° orto della Chiesa, 4° mura castellane, 5° e 6° Simone Cercignani del valore di 50 scudi…”.(7)
Dal 22 giugno 1729 i Biondi furono gli unici proprietari di questo immobile. La suddetta famiglia, che è annotata nell’estimo del Comune di Pomarance fin dal XVII secolo, risultava proprietaria di diversi beni nella corte di Ripomarance. Secondo lo storico Don Socrate Isolani pare che essa provenisse dal “Castello della Pietra” nei pressi di San Gimignano e che alcuni suoi membri si fossero stabiliti attorno al XVI secolo nel piccolo castello di San Dalmazio. Giovanni di Giovan Pietro Biondi (1604-1697), annotato nell’estimo del Comune di Pomarance risulta proveniente infatti da San Dalmazio.(8)
Questi aveva comprato, in data 6 ottobre 1675, a Pomarance tutti i beni appartenuti ad Agnolo Sorbi ed a suo fratello Bastiano tra cui una casa posta in Petriccio confinante con lo “Spedale” di San Giovanni. Le proprietà risultano successivamente essere poste a carico di suo figlio Giovanni Antonio (1670-1730).
Il di lui figlio, Pietro Francesco Biondi (1671-1730) fu l’autore dell’acquisto dell’antico palazzo appartenuto ai Roncalli che, come già descritto, fu comprato all’asta dai Vadorini e poi successivamente rivenduto al Biondi nel 1728 (1729).
Il dottor Pietro Francesco Biondi sposandosi con … dette la nascita a tre figli: Pompeo, Francesco (Michelangelo) e Giuseppe (Maria). Rimasti orfani in tenera età, per la precoce morte del padre, ereditarono tutti i beni del nonno Giovan Antonio per atto di testamento datato 22 agosto
1734; alla presenza del sig. Tenente Pier Giuseppe Biondi, uno dei tutori e provveditori. Tra i vari possedimenti risulta anche la casa confinante con la Chiesa, oggetto della nostra indagine. In data 13 agosto 1743 venne cancellato dalla “posta” dei beni dei fratelli Biondi il sig. Pompeo “… stante la divisione e cessione fatta a detti fratelli, come appare per contratto rogato dal Notaio Antonio Nicola Tabarrini…”.(9)
I due fratelli, Francesco e Giuseppe, rimasti unici proprietari della casa posta lungo la via di Petriccio accanto alla porta “alla Pieve”, nel 1760 ricomprarono una piccola stanza “posta nello stasso palazzo di loro dimora”, che era stata venduta molti anni prima a certo Giovan Maria Funaioli per scudi 10.
La riacquisizione della suddetta stanza ad opera di Giuseppe e Francesco Biondi è confermata oltre che nell’estimo del XVIII secolo, anche da un contratto conservato nell’archivio privato della famiglia Biondi Bartolini.(IO) Dal rogito si apprende quanto segue: “…adì 30 maggio 1760 … Qualmente dal già Sig. Pietro Francesco Biondi delle Pomarance fu venduta una stanza a terreno a Francesco e Andrea, fratelli e figli del già Giovan Maria Funaioli di detto luogo … qual stanza è contigua alla casa di proprietà di abitazione di detto signor venditore; luogo detto Petriccio, confinante a 1° Via, 2° Signori Biondi, 3° Portone detto di Petriccio … come per contratto rogato dal Dott. Bernardino Cercignani … ed avendo adesso convenuto e stabilito che il detto padrone di detta stanza, rilasci e conceda la suddetta stanza alli Signori Francesco e Giuseppe Biondi del prefato Sig. Pietro Francesco Biondi…”.
In un documento successivo del 1779, tratto daH’Archivio Storico di Pomarance, la suddetta casa viene citata come appartenente allo stesso Giuseppe Biondi, gonfaloniere in quegli anni nel Comune delle Pomarance. In una descrizione di “Strade e Fabbriche della Comunità di Pomarance” dello stesso anno infatti, si annotava che dalla via di Petriccio si staccava una piccola via denominata “Dietro il canto”, la quale iniziava: “dalla cantonata del Sig. Giuseppe Biondi a mano dritta, et a sinistra dalla casa del Sig. Cancelliere Incontri, con direzione levante…”.(11)
Nello stesso anno i due fratelli Biondi facevano istanza al Comune delle Pomarance per poter sbassare una torre delle vecchie mura castellane che impediva luce necessaria alla loro abitazione: “… di poi letta un’istanza dei Sig.ri Dottori Giuseppe e fratello (Francesco) Biondi colla quale domandano di poter sbassare alcune parti di braccia della torre esistente lungo le mura castellane, luogo detto il Tavone, per acquistare l’aria della casa di loro abitazione… Deliberarono perciò di quanto spetta, ed è facoltà del Magistrato loro, accordarsi il mandato stesso… ‘>(12)
È ipotizzabile che la suddetta torre posta in località Tavone, altro non fosse che la torre circolare (attualmente conosciuta come “dei Biondi Bartolini”) ubicata nel giardino degli stessi Biondi Bartolini dietro Via dei Fossi.
Un’altra notizia storica del palazzo risale al 1783, quando il sig. Giuseppe Biondi faceva domanda al comune delle Pomarance che: “… gli fosse accordata licenza di fare tre paloni per l’ingresso ad una bottega da esso fatta ai pié della casa di sua abitazione, quale rimane troppo alta dal piano della strada…”.(13)
Attorno al 1785 il fratello Francesco Biondi lasciava la casa paterna per formarne una propria. Il 15 settembre infatti faceva domanda alle Magistrature del Comune di Pomarance “… di assere ammesso al godimento dei Priori della Comunità così come ha goduto e gode la sua casa paterna del Gonfalonierato, e Operaio per formare distinta famiglia dagli altri suoi fratelli (Giuseppe e Pompeo)”.(14) Francesco Biondi si stabilì con la propria famiglia nel palazzo posto sulla via di “Borgo” (oggi Roncalli) nel palazzo attualmente conosciuto come “dei Ricci”. Nella divisione patrimoniale dei tre fratelli anche il “prete” Pompeo fu liquidato con una retta annuale sul capitale di famiglia; rimase unico possessore dell’immobile il Dottor Giuseppe che morì nell’anno 1799. Con voltura n° 11 e n° 30 dello stesso anno ed una voltura (n° 9) del 1803 la proprietà della casa posta “in Petriccio” e confinante con la casa ed orto della chiesa, fu ereditata dai suoi tre figli; Dottor Giovan Battista (1756-1826), Tommaso ed Isidoro.(15)
La tutela del patrimonio fu affidata al fratello maggiore Giovan Battista Biondi che fu anche il promotore della ristrutturazione del palazzo “Biondi”, così come ci è pervenuto oggi.
La notizia è del 24 maggio 1800; trattasi di una istanza presentata al Comune delle Pomarance dal Dottor Capitano Giovan Battista Biondi ”… colla quale domanda accordarseli la facoltà di poter porre l’antenne (paloni per impalcature) o quanto altro occorra nella necessità in cui si trova di dover rifondare le muraglie di sua abitazione posta in Petriccio e domanda di poter occupare lungo le muraglie di essa casa un terzo di suolo di strada e piazzetta di Petriccio col pagare alla comunità l’occorrente…”.(16)
La conferma di questa ristrutturazione agli albori dell’ottocento è data anche da un documento conservato nell’archivio Biondi Bartolini che tratta di una ricevuta di pagamento ad una “maestranza” originaria di Firenze e lavorante in Pomarance: “… Adì 9 settembre 1802… lo Pasquale Bitossi ho ricevuto dal Sig. Capitano Giovan Battista Biondi la somma di lire 80 tanti sono per opere fatte in sua casa, e mi chiamo contento e soddisfatto in tutto per lire ottanta…”.
La riedificazione comportò anche l’ampliamento dell’edificio al di là delle vecchie mura castellane, sul versante dell’orto della chiesa di Pomarance. “Suolo canonicale” concesso a livello enfiteutico alla famiglia Biondi, dal parroco Saverio Pandolfini che consentì l’allineamento dell’edificio stesso verso la proprietà dell’orto della famiglia Biondi. Questa notizia è certificata da un atto di divisione patrimoniale del 1804 tra i fratelli Biondi e conservato nell’archivio di famiglia: “… essendo che fino dall’anno 1804 l’illustrissimo Vicario, Dottor Tommaso Biondi del già sig. Giuseppe (Antonio) Biondi di Pomarance, entrasse in determinazione di provvedere alla divisione
del patrimonio sostante e i beni che riteneva in comune gli III.mi signori, Capitano Giovan Battista e Isidoro di detto già Sig. Giuseppe Antonio Biondi di detto luogo, di lui fratelli, ad essi pervenuti in eredità paterna e materna, quanto per eredità del defunto Sig. Dottor Francesco Biondi comune zio…”.
Nella descrizione dei beni in divisione è annotata anche: “… la casa di abitazione di loro stessi dividendi, posta in detta terra di Pomarance nella contrada di Petriccio, assieme colla nuova aggiunta eretta sul suolo ortale della chiesa di detto luogo con tutte le sue adiacenze e pertinenze…”.(17)
Anche se non sono stati ritrovati documenti concernenti il contratto di livello enfiteutico per l’occupazione del suolo ortale della chiesa, la stessa concessione enfiteutica è testimoniata in una relazione della metà del XIX secolo sulle proprietà dei Biondi Bartolini nel quale l’edificio è descritto: ”… composto di tre piani da terra a tetto il tutto per la più gran parte di libera proprietà, ma per piccola parte “livello” della Propositura di Pomarance
In quegli anni vennero dipinte e decorate le stanze ed i soffitti del “piano nobiliare” in cui furono raffigurati, in stile Imperiale, vedute paesaggistiche di notevoli dimensioni tra le quali è di notevole interesse un paesaggio del castello di Pomarance (fine XVIII secolo) visto dalla zona di Piuvico o Cappella di San Carlino.(18) Giovan Battista ed Isidoro, rimasti unici proprietari del patrimonio di famiglia, in data 30 novembre 1813 addivennero ad una nuova divisione dei loro beni tra cui figuravano alcuni possedimenti ereditati dallo zio paterno, Francesco Biondi.
Nell’atto notarile conservato tra i documenti di famiglia Biondi Bartolini è indicata anche “… la metà della casa di abitazione degli antedetti condividendi posta nella terra di Pomarance, contrada di Petriccio, confinata a 10 strada pubblica, 2° Bartolomeo Fedeli, 3° casa canonicale, 4° orto annesso a detta casa canonicale, 5° stanze dell’Opera, 6° Annibaie Vadorini con orto e casa e torna a detta via, dentro qual confini restano compresi il terrazzo ed orto uniti a detta casa dei condividendi che vien formata dalle fabbriche urbane descritte in faccia dei medesimi condividendi a carta 198 e 296 di detto estimo di Pomarance, stimata scudi 1000; qui per metà scudi 500…”.
Successivamente la casa pervenne al Capitano Giovan Battista Biondi che morì nel 1826. Questi lasciò eredi dei propri possedimenti i suoi tre figli: Giuseppe, Pietro e Jacopo che risultano proprietari, al Catasto Generale della Toscana (1830), deH’immobile posto in Petriccio e descritto alla particella catastale n° 316 e 315 (cioè abitazione e orto).
In una successiva divisione patrimoniale tra gli stessi fratelli Biondi, figli di Giovan Battista, le proprietà pervennero (30 aprile 1837) al fratello maggiore Giuseppe; gli altri, Jacopo e Pietro furono liquidati con una cospicua somma di danaro (8000 scudi ciascuno) ed una rendita annuale sui fruttati di interesse sul capitale di famiglia. Jacopo si trasferì a Montalcino dedicandosi alla sua tenuta vinicola e producendo il famoso “Brunello di Montalcino”.
L’avvocato Pietro sposando Domira Vadolini dette luogo al ramo dei Biondi da cui discendono il dottor P.G. Biondi ed i suoi figli, Notaio Giovan Battista e Andrea Biondi della Sdriscia.
Il dottor Giuseppe Biondi sposando nel 1830 Donna Violante Bartolini, del Gonfaloniere Bartolino Bartolini e Guglielma Tabarrini, con decreto del 26 febbraio 1830, aggiunse al proprio cognome quello della moglie dal quale è derivata l’attuale famiglia “Biondi Bartolini”, proprietari ancora oggi dell’ornonimo palazzo situato in Piazza de Larderei.
Alla morte del dottor Giuseppe Biondi Bartolini, avvenuta nel 1863, gli succedettero nella tenuta del patrimonio immobiliare i suoi figli Bartolino e Giovanni.
In quell’anno infatti, e precisamente il 22 maggio, fu stilata una relazione dettagliata del “patrimonio” Biondi Bartolini, dell’Ing. Lorenzo Chiostri che è ben conservata nell’archivio di famiglia. Nel manoscritto di stima dei beni Biondi Bartolini è descritto con minuzia il “palazzo nobiliare” dai fondi al tetto, il valore degli arredi che adornavano le varie stanze: “… Patrimonio lasciato dal Nobil Uomo dott. Giuseppe Biondi Bartolini al 22 maggio 1863… Un palazzo con orto annesso situato in comunità di Pomarance eprecisamente nel paese di tal nome in corrispondenza della nuova Piazza de Larderei, e della via maestra che ne fa, seguito procedendo verso il centro del paese, composto di tre piani da terra a tetto, il tutto per la più gran parte di libera proprietà, ma per piccola parte livello della propositura di Pomarance; di superficie tutto compreso orto e palazzo, braccia 1457 equivalente a mq. 496 e così confinato: a 1 ° Piazza de Lardarel, 2° Via, un tempo detta di Petriccio, 3° Via Mascagni, 4°, 5°, 6°, 7°, 8°, Propositura di Pomarance con fabbricato ed orto, 9°, 10°, 11°, 12°, 13°, Sig. Vadorini Giuseppe con orto e casa. Annesso a detto palazzo sta una terrazza a livello del terzo piano, costruita sopra un’antica porta del paese, il cui arco da un lato appoggia al palazzo Biondi Bartolini e dall’altro alla casa dei fratelli Bongi… Il piano terreno del suddetto palazzo è composto, come appresso: una piccola bottega con unico ingresso dall’esterno, un corridoio corrispondente alla porta principale di ingresso… Il descritto palazzo offre stabilità nelle sue mura, comodità nelle sue stanze ed eleganza specialmente in quelle del primo piano… Fra queste meritano speciale considerazione la sala ed il salotto da ricevere per le belle pittura che adornano le pareti; ma il pavimento a smalto lustrato e figurato a disegno con pietra di vari colori che presenta la sala, accrescono alla sala stessa un pregio, che la parifica alle sale dei palazzi signorili delle città… Le finestre del piano terreno sono guarnite di inferriate esternamente e di serramento a due imposte di cristalli e scurini internamente. Quelle del piano superiore sono provvedute d’imposte a cristalli e scurini e di persiane; quelle del primo piano a tetto hanno semplicemente le imposte a cristalli e scurini… Al piantario del nuovo estimo della Comunità di Pomarance il suddetto palazzo con orto è figurato dalle particelle n° 315 e 316 della sezione C accese a conto di Biondi Bartolini Bartolino e Giovanni del dottor Giuseppe…”.
Nella relazione dettagliata è annotato che manca il documento del livello corrisposto alla Canonica per l’occupazione del suolo destinato alTampliamento dell’edificio avvenuto agli inizi dell’ottocento e che comportava una spesa annua di lire 45,20.
Nel periodo tra il 1863 ed il 1868 Bartolino e Giovanni ampliarono i possedimenti immobiliari nelle immediate adiacenze della loro abitazione. Infatti in una relazione sul “patrimonio attivo e passivo” dei fratelli Bartolini e Giovanni del 22 maggio 1863, confrontato con quello del 10 novembre 1868 risulta, nella voce “acquisti di immobili” un pagamento a Giuseppe Vadorini per “vitalizio di lui casa”, di lire 552. Egli infatti cedette i propri possedimenti (particelle 315 e 314 del Catasto Leopoldino) in cambio di una rendita vitalizia. Nell’acquisto come si può osservare dalla planimetria catastale (1823-1898) era compresa anche la torre cilindrica o “baluardo” detta del “Tavo- ne” ed un appezzamento di terreno lungo la via “dei Fossi”.(19)
Dopo la morte del cavalier Bartolino Biondi Bartolini avvenuta il 28 giugno 1900 le proprietà rurali nonché la casa paterna pervennero, con testamento registrato a Volterra il 20 dicembre 1900, al fratello Giovanni Biondi Bartolini (1838-1904). Da questi, per discendenza diretta fu ereditata dal di lui figlio Giulio (1877-1918) dal quale sono pervenute all’attuale Giovanni Biondi Bartolini.
Jader Spinelli
NOTE:
- Archivio di Stato di Pisa; Planimetria catastale della Toscana (Catasto Leopoldino); Ufficio fiumi e fossi: Comunità di Pomarance Sez. C n° 2; Scala 1: 1250; 6 maggio 1823.
- Archivio Storico Comunale di Pomarance F. 430 (estimo 1630) c. 115 r.
- Archivio Storico Comunale di Pomarance F. 430 (estimo 1630) c. 289 v.
- Archivio Storico Comunale di Pomarance F. 432 (estimo 1716) c. 2 r.
- Dott. Giovan Battista Biondi: “La famiglia Roncalli a Pomarance” in La Comunità di Pomarance 1969.
- Biblioteca Guarnacci Volterra, estimo 1716 c. 198 r.
- Biblioteca Guarnacci Volterra, estimo 1716 c. 206 r.
- Archivio Storico Comunale Pomarance F. 378.
- Biblioteca Guarnacci Volterra; estimo 1716 c. 195 r., v.
- Archivio Biondi Bartolini (non catalogato)
- Archivio Storico Comunale di Pomarance F. 378. Il vicolo “Dietro il Canto”, come è possibile osservare dalla piantina catastale del 1823, lambiva il palazzo Biondi (attuale Biondi Bartolini) indicato alla particella catastale 316 e il palazzo del Can.re Incontri (part. 448); poi del Panicacci, che era quel grande edificio posto nel centro dell’attuale Piazza de Lardarel. Edificio distrutto a carico e spese del Conte de Larderei nel 1860 al quale fu dedicata l’omonima piazza.
- Archivio Storico Comunale di Pomarance F. 126 c. 123 v.
- Archivio Storico Comunale di Pomarance F.127 c. 30 v.
- Archivio Storico Comunale di Pomarance F.127 c. 97 r.
- Biblioteca Guarnacci Volterra, estimo 1716 c. 195 r.
- Archivio Storico Comunale di Pomarance F. 130 c. 13 (1800).
- Archivio Biondi Bartolini. Da alcune notizie orali del Sovrintendente ai monumenti P.G. Biondi, riportatimi dallo storico Don Mario Bocci, pare che durante i lavori di ristrutturazione dell’edificio, fossero state rinvenute diverse tombe etrusche anche del periodo arcaico. Ne è testimonianza nelle vicinanze una tomba a quattro celle sotto la Canonica databile attorno al IV secolo A.C.
- Gli affreschi che si trovano dipinti sui soffitti delle stanze nobiliari e soprattutto le grandi pitture murali delle sale da ricevimento sono molto simili, per tecnica e soggetto, a quelle dell’ex Palazzo Ricci, già dei Biondi nel 1800. La parentela che esisteva tra i proprietari dei due palazzi favorì certamente una commissione agli stessi decoratori e pittori per gli abbellimenti interni. Il Palazzo ex Ricci, attualmente di proprietà comunale, fu di proprietà di Francesco Biondi, fratello di Giuseppe che vi andò ad abitare dopo il 1785 quando formò un proprio nucleo familiare. Attorno al 1826 questo immobile era assegnato ai fratelli Giovan Carlo e Luigi Biondi del fu Francesco Biondi. In una delle sale affrescate di questo palazzo, utilizzata impropriamente come ambulatorio U.S.L., è impressa una data molto importante per datare l’esecuzione di questi affreschi e quelli conservati in palazzo Biondi Bartolini. Questa è scritta in numeri romani sopra un caminetto incassato nel muro e riporta l’anno 1810.
- Con la costruzione della nuova Piazza de Larderei nel 1860, l’immobile dei Biondi Bartolini accatastato con la particella 316 aveva l’entrata principale indicata al numero civico 44; secondo il “Registro dei possessori di fabbricati” del 1878 e del 1889 il suo valore era di lire 168, 75.
Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.
VINCENZO TAMAGNI A POMARANCE
UNA MADONNA CON BAMBINO NELLA SALA DELLA EX PRETURA
Nell’ex Palazzo della Pretura di Pomarance, situato nel centro storico di Pomarance in Piazza Cavour, sono conservati dei pregevoli affreschi cinquecenteschi tra i quali desta l’ammirazione l’immagine della Vergine con il Bambino.
Dipinta su una parete dell’ antica sala consiliare, già del vicariato di Val di Cecina, è il soggetto centrale di tre raffigurazioni racchiuse in altrettante lunette sottovolta rappresentanti da una parte San Giovanni Battista e dall’altra un Santo Vescovo di una città di fiume( forse San Zenobi di Firenze) restaurate per conto del Comune di Pomarance nel luglio del 1976 da Walter Benelli di Pisa (delibera Com.le N. 125 del 25 Giugno 1976.
L’opera è del pittore di San Gimignano, Vincenzo Tamagni che lavorò per alcuni anni a Pomarance tra il 1524 ed il 1528 realizzando una serie di opere ; alcune delle quali conservate nella chiesa Parrocchiale di Pomarance.
Le tre lunette affrescate sono corredate al di sotto da una iscrizione in versi latini che è atto di consacrazione del popolo verso la Madonna: “A te questi pegni di amore devoto pone questo popolo. Proteggi o vergine da tutti i mali, sii luce nei suoi consigli e in tutte le cose, guida e difesa” (traduzione di Don Mario BOCCI). È probabile, infatti, che l’effige di Maria e dei Santi fosse stata commissionata in seguito ad un voto fatto nell’ epoca della peste che imperversò in Val di Cecina nel 1522-24-26-28. Vincenzo Tamagni, nato il 10 aprile 1492, definito “ragazzo prodigio” del ’500, nel 1510 firmava un ciclo di affreschi mariani a Montalcino nella chiesa di San Francesco. Lavorò a Roma nelle Logge Vaticane come aiuto di Raffaello da Urbino e pur avendo avuto influenze pittoriche del Peruzzi, del Ghirlandaio, di Filippo Lippi e del Sodoma rimase un autore di ripetizioni un pò meccaniche che sono indizio di un “Raffaellismo superficiale“(Nicole Dacos Crifo) e di una singolare “arcaicità11 di ipostazione (Antonio Caleca).
Nel 1524 dipingeva un affresco nell’Oratorio della Annunziata( attuale Battistero) della chiesa di San Giovanni Battista di Pomarance dove è raffigurato I’ Eterno Padre con angeli musicanti, scene dell’ Annunciazione e della Visitazione come ornamento del presepe in terracotta attribuito a Zaccaria Zacchi da Volterra. Queste figurazioni dovevano servire a completare il racconto evangelico della Notte Santa, di cui lo scultore volterrano aveva già colto, nelle sue sculture policrome il momento più alto.Sul fondale il pittore ha accostato in un’unica composizione l’annuncio dei pastori e la fantasiosa cavalcata dei Magi preceduti dai loro scudieri. Nel sottarco è dipinto l’Eterno Padre contorato da serafini e angeli musicanti, che accompagnano coi loro strumenti il canto della “Gloria”.
L’anno successivo, 1525, eseguiva una tavola ad olio rffigurante la Madonna e i Santi, collocata attualmente nella cappella di San Giovanni Battista (Don Mario Bocci, Notizie della Comunità Parrocchiale di Pomarance; 1991).
Pochi anni prima della sua morte, avvenuta dopo il 1529, eseguì anche una tavola ad olio raffigurante San Giuseppe che gli fu commissionata dal Comune di Ripomarance per Cappella di “San Joset” come attestano alcuni pagamenti del quadro nell’anno 1528: ‘‘A Vincendo Tamagni pictor pella tavola di Sancto Joseph Lire 35;
Al comune e per lui al dipintor per conto della tavola di Sancto Joseph…”. (Arch. Stor. Com.le Pomarance F.632; c.386 r.). È probabile che questa opera sia quella collocata nel Palazzo Barberini di Roma, trafugata nel secolo scorso, venne ceduta al monte di Pietà di Roma che la rivendette nel 1875.
Jader Spinelli
Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.