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Descrizione di teatri e zone di spettacolo della zona di Pomarance ed Alta Val di Cecina.
TEATRO «ACCADEMIA DEI CORAGGIOSI» DI POMARANCE
Analisi storica a cura di: Dott.sse ROBERTA COSTAGLI e GIANNA BUONAMICI
INTRODUZIONE
Molti teatri, costruiti a cavallo fra la fine del settecento e la prima metà dell’ottocento, conservano ancora la memoria e la bellezza del vecchio teatro “all’italiana”. Infatti, se la parabola storica del loro declinio e dell’abbandono totale si compie nel dopoguerra, non si è esaurita ancora la memoria culturale che essi rappresentavano nel tessuto storico ed urbano: sono il segno dello spettacolo del passato, ma anche il segno concreto del luogo proprio di quella particolare rappresentazione che era la collettività che si riuniva.
Per questo non possono apparire solo come contenitori vuoti ed inagibili, la cui ulteriore ed inevitabile fatiscenza non è che la premessa per la definitiva demolizione, poiché anche in tempi come i nostri (in cui non esiste più un luogo assoluto e privilegiato della rappresentazione) se opportunamente predisposti, possono diventare contenitori specifici per lo spettacolo e la cultura di oggi.
Il problema dei teatri inagibili o comunque da recuperare è un tema per molti versi complesso e stimolante: da un lato, il valore storico – artistico delle strutture e il loro ripristino nell’ambito della politica della rivalutazione dei centri storici, dall’altro la funzione socio – culturale dell’edificio teatrale, inteso come luogo di produzione, di cultura e di crescita civile per la società.
Alla luce di queste considerazioni, peraltro ampiamente discusse in anni precedenti e delle quali è dimostrata la validità con i numerosi restauri già conclusi, abbiamo ritenuto interessante affrontare, come lavoro conclusivo degli studi universitari, il tema del restauro e riuso di un teatro quale è quello dell’ex Accademia dei Coraggiosi. Il teatro in questione è collocato nell’ambito del centro abitato di Pomarance ed ivi sorto a suo tempo, per il manifestarsi di particolari istanze di rinnovamento socio – culturali, con lo scopo, per lo più, di portare spettacoli musicali e di prosa là dove ogni altra forma di svago sarebbe venuta altrimenti a mancare; istanze valide ancora oggi, che un totale ripristino della struttura potrebbe soddisfare.
ACCADEMIA DEI CORAGGIOSI ORGANIZZAZIONE ED ATTIVITÀ
Nel secolo XVIII non vi è cittadina o paese in Italia che non abbia la propria Accademia; a Pomarance esisteva l’Accademia dei Coraggiosi fondata il 31 luglio 1790, che al pari delle altre contemplava nel proprio programma la produzione teatrale. I fondatori dell’Accademia furono: Pietro Biondi, Giuseppe Martini, Giuseppe Marchionneschi, Luigi Gardini, Paolo Cercignani, Gherardo Bardini Mafferi, Pietro Gardini, Niccola Tabarrini, Giulio Cercignani, Michele Bardini, Camillo Fantacci, Isidoro Biondi, Maria Borroni, Bartolino Bartolini, Giovan Battista Biondi, Carlo Incontri, Tommaso Gardini, Filippo Biondi, Marcello Inghirami, Pier Giuseppe Biondi, Ottaviano Falconcini e Giovan
Battista Gardini.
Dietro il nome antico ed illustre di “Accademia” si nascondevano istituzioni non sempre permanenti o con propri regolamenti interni che erano però di sovente l’anima culturale dei centri abitati grandi e piccoli. L’istanza di rinnovamento artistico e sociale è spesso il motore di questi sodalizi che, nel caso dei centri minori rappresentavano la sola opportunità di svago, con la partecipazione ad attività teatrali o l’organizzazione di feste da ballo.
Astrusi, Georgofili, Accalorati, Intronati, Rozzi sono alcuni nomi di accademie esistenti in Toscana; appellativi bislacchi ed ironici, forse per segno di vera o falsa modestia, che sono il frutto del gusto di quei tempi. Le Accademie avevano anche l’usanza di fregiarsi di uno stemma che spesso riportava un motto ispirato dal nome: nello stemma dei Coraggiosi è rappresentato un leone rampante con la scritta “Germoglian frutti ai coraggiosi in seno”.
L’assemblea dell’Accademia dei Coraggiosi, aveva il diritto di veto sull’ammissione di nuovi componenti, pertanto il passaggio da una “panca” da un accademico ad altra persona da lui proposta era sottoposto a votazione. Una volta accettata la proposta, il nuovo accademico era obbligato al pagamento di una quota corrispondente al valore frazionale del teatro e della tassa annua di scudi due. Il numero degli accademici arrivò a venticinque con la costruzione del nuovo teatro, mentre dai rendiconti annuali sappiamo che fino al 1805 erano ventidue e negli anni successivi fino al 1810, ventitré. L’invito alle adunanze avveniva tramite l’invio di un biglietto redatto dal segretario che aveva anche la funzione di redigere l’ordine del giorno. Nell’Accademia erano previste anche le cariche di Presidente, Camarlingo e di cinque consiglieri, tutti eletti per votazione dall’assemblea. Ogni accademico aveva il diritto di esprimersi con un solo voto anche se possedeva più di un “carato”.
I soci si riunivano per decidere sui vari lavori di restauro occorrenti al loro teatro, sull’assunzione del personale di servizio, l’apertura del teatro e per esprimere un giudizio sulle istanze pervenute da compagnie comiche o di musicanti.
Gli accademici, a turno, dovevano fregiarsi della carica di “Deputato d’ispezione al buon ordine” in occasione di rappresentazioni comiche ed ogni sera il nome della persona incaricata veniva scritto su un apposito cartello posto all’ingresso del teatro. Inoltre, tra le altre mansioni spettanti agli accademici c’era quella di fornire olio per i lumi in occasione di feste o rappresentazioni gratuite: all’ingresso dovevano lasciare una “mazzetta d’olio’’ in mano al custode con apposita firma e in caso di maggior consumo supplire con un’altra.
L’Accademia, nel 1829, stabilì alcune regole a cui doveva sottostare la compagnia comica in occasione della stagione teatrale che si svolgeva sempre in autunno: “…un regalo di zecchini dieci a condizione che in essa sala dia venti recite… di ricevere la sala del teatrino e quindi di riconsegnarla a suo rischio, nel medesimo stato detta sala offrirsi, mobili, scenari… far rispettare le panche esistenti a solo comodo dei signori accademici e loro famiglie… che sia a carico della comica compagnia la spesa serale (illuminazione e paga al personale di servizio)… che il regalo di dieci zecchini possa solo ottenersi dalla comica compagnia metà alla metà delle recite e l’altra metà alla fine’’.
Nel 1840 in occasione dell’istanza promossa dalla compagnia comica di Ottaviano Novellucci, fu stabilito, inoltre che ogni compagnia comica ”… presentasse l’elenco all’accademico Nobile Giovanni Novellucci… quale se l’approverà, la concessione si intenda definitivamente fatta, in contrario si riterrà non fatta” e l’anno seguente il prezzo d’ingresso non oltrepassasse Quattro Grazie.
Ogni accademico aveva la facoltà di organizzare feste da ballo purché si investisse della carica di “Deputato di Ispezione” per l’intera serata pubblicando poi il proprio nome sul solito cartello, ma aveva il diritto di nominare un “Maestro di Sala” e di farsi sostituire da un’altro accademico.
Nel 1834 fa il suo ingresso nell’Accademia, al posto del cedente Ferdinando Cercignani, il conte Ferdinando De Larderei “…il quale lo accettava e richiedeva essere surrugato al cedente in detto posto accademico per godere tutti i favori e sopportare tutti gli oneri ricevuti dal posto medesimo”.
L’aspetto economico rappresentava la nota dolente di questa associazione, spesso alcuni accademici sono in ritardo nel pagamento della tassa annuale di due scudi.
Nel 1853, l’Accademia decise di darsi un regolare statuto, a questo proposito fu incaricato l’accademico Venerando Valchierotti di redigere una proposta nel termine di tre mesi, ma di questo statuto, nella documentazione successiva, non viene più fatta menzione.
Con la decisione di costruire il nuovo teatro viene compiuta un’accurata stima di tutti i beni mobili e immobili della società, stabilendo che ”… i soci accademici che non vogliono concorrere alla costruzione del nuovo teatro saranno liquidati i loro diritti sociali e cesseranno cosi di far parte dell’Accademia.
Gli anni che seguirono videro l’Accademia sempre più impegnata e strettamente connessa al teatro e alle manifestazioni che vi si svolgevano. Tra i vari regolamenti pubblicati, c’è quello riguardante le “Stanze Accademiche” grazie al quale è possibile dedurre quanto questa associazione andasse sempre più assomigliando ad un circolo ricreativo per signori benestanti e poco rimanesse dell’attivismo letterario e filosofico che contraddistinse le accademie nei decenni trascorsi. Il regolamento prevedeva due occasioni di incontro: i “trattenimenti ordinari” rappresentati da adunanze o giochi e le “feste da ballo”: A queste stanze erano ammessi anche non accademici stante la previa approvazione dell’assemblea ed era stabilito che fossero aperte “…a trattenimento del giuoco, nel carnevale tre giorni di ciascuna settimana, cioè martedì, giovedì e domenica, nell’autunno, e inverno fino al giovedì della Settimana Santa e la domenica di ciascuna settimana e più le feste di intero precetto”. Mentre chi desiserava giocare doveva pagare “una tenue tassa a forma della tariffa nelle mani del custode…” il quale dava poi il denaro al Camarlingo. Grazie anche a questi incassi serali, la società faceva fronte alle numerose spese necessarie per mantenere in piena efficenza un siffatto edificio.
Nella generale revisione degli statuti che viene promossa alla fine dell’ottocento, c’è la proposta di abrogare due articoli che garantivano l’uguaglianza tra i vari accademici. Questo causò l’indignazione di un vecchio accademico, “unico superstite dei compilatori dello statuto” che fortemente si oppose a questo provvedimento così antidemocratico.
- citati articoli (10 e 15) assegnavano un voto per ogni accademico senza distinzione del numero di palchi posseduto; la proposta riformatrice, al contrario, prevedeva un voto per ogni palco di proprietà, negando così “…l’uguaglianza sociale, dell’amministrazione e del valore del voto deliberativo… cioè il predominio della minoranza…”. La volontà dei proponenti era quella di risolvere il ricorrente problema del mancato numero legale nelle adunanze: un assenteismo che dimostra una già viva disaffezione nei confronti dell’Accademia.
Siamo ormai agli inizi del Novecento ed è tempo di mutamenti sociali, la pressione che viene dagli strati sociali più poveri della popolazione verso l’Accademia si fa sempre più forte, come testimonia una lettera datata 15 settembre 1900 i cui firmatari in rappresentanza della “popolazione meno abbiente, nata e cresciuta a Pomarance”, chiedevano che il teatro fosse aperto a chiunque desideri partecipare…”: Questa possibilità, in futuro, non potè più essere negata infrangendo in parte quell’alone di distinzione culturale e sociale di cui erano investiti gli accademici.
IL VECCHIO TEATRO DEI CORAGGIOSI
- “Dizionario Geografico, fisico, storico della Toscana” del Repetti riferisce dell’esistenza di “…un piccolo teatro di proprietà di Un’Accademia dei Terrazzani che rimonta verso il XIII”. Con molta probabilità si tratta dello stesso teatro divenuto poi nel luglio del 1730, di proprietà dell’Accademia dei Coraggiosi in quanto la prima delibera in ordine cronologico, ancora oggi esistente, del 31 Ottobre 1791, rivela la necessità di alcuni lavori “per ben ridurre la stanza della loro Accademia”. Un ulteriore conferma che la “Stanza” ha svolto in passato funzione di spazio teatrale si ha con la successiva deliberazione del 9 Novembre dello stesso anno, dove in un passo recita: “lo infrascritto, essendo stato onorato dai illustrissimi Soci della Stanza che serviva ad uso di teatro posto nella terra di Pomarance, a voler unirmi con Essi in società, ridurla nuovamente ad uso di teatro e di sala da ballo…”.
La “sala delle comiche” si trovava a fianco del palazzo Pretorio, con ingresso dalla piazzetta del Tribunale, nel centro antico, all’interno delle mura castellane: Posta al primo piano sopra un portico dove si apriva l’ingresso aveva il soffitto a volta affrescato, il palcoscenico, un “salotto” ed una stanza di deposito detta delle “panche”.
Nel 1794 furono realizzate opere di rifacimento e dipinti nuovi scenari da un certo Antonio Niccolini in cambio di una gratifica di venti lire, vennero anche acquistate diciasette panche in funzione di un riutilizzo dell’ambiente come sala da ballo. Inoltre è di questi anni l’apertura di una porta che metteva in comunicazione diretta il teatro col Palazzo Pretorio.
Il trascorrere degli anni, in questo caso tre, tra la fase propositiva e l’attuazione dei lavori di restauro è un tema ricorrente nella vita di questo teatro conseguentemente alla mancanza di risorse finanziarie dell’Accademia.
Per un lungo periodo vi saranno interventi diretti esclusivamente all’interno del teatro, o meglio alla sala, poiché le attenzioni di miglioramento formale ignorano, come dettava la consuetudine interventi all’esterno.
Per “trarre un profitto” fu istituito nel 1798 “… il diritto d’esercitar Bottega d’acqua- cedratosa nel salotto annesso alla sala, in occorrenza di spettacoli teatrali e di feste da ballo…” offrendo l’incarico di tenere questo esercizio al migliore offerente. Inizia così il processo di articolazione del luogo teatro: alla vecchia sala comica si è aggiunto un primitivo bar che ancora mantiene la funzione di foyerguardaroba.
Nel 1803 viene decisa la costruzione sopra il salotto, di una stanza ad uso dei comici che comporterà l’alzamento del tetto, affidando i lavori agli impresari Razzagli e Bellucci. Le due finistre in facciata (sopra e sotto) fu stabilito essere uguali a quelle adiacenti in costruzione. Si deduce, pertanto, che tali lavori sono contemporanei ad altri che si vanno facendo nel blocco di case a fianco del teatro.
Tre anni dopo, l’Accademia inaugurerà i nuovi lavori con una rappresentazione comica della compagnia Gatteschi di Volterra.
Col 1834 inizia una lunga stagione di tentativi falliti da parte degli accademici di avere un teatro più grande in stile con i tempi nuovi. Il presidente propose di far visitare lo stabile e sala del teatrino a Loreto Magri, aiuto ingegnere della Comunità di Pomarance, dandogli commissione di redigere un progetto d’ampliamento riguardante la sala e il palcoscenico. Se ciò non fosse stato possibile, il suddetto ingegnere doveva progettare un nuovo teatro con ventiquattro palchetti e con il doppio di grandezza della sala attuale per uso di platea. Ma è del 14 Ottobre 1836 una nota di spesa redatta da Giuseppe Bianciardi per un generale restauro del teatro di cui annotiamo ‘‘…riquadratura della nuova sala, del salotto caffè e rifatto il boccascena nuovo…”. Nonostante i lavori di restauro intrapresi l’anno precedente, è sempre forte l’esigenza di costruire un nuovo teatro, come in questi tempi già se ne andavano costruendo nelle città e nei centri minori, come la vicina Volterra, Piombino, Pontedera, e Buti. Del resto la fine del settecento ha segnato la definitiva rottura col passato, una nuova sensibilità architettonica alimenta il dibattito sulla progettazione dei teatri e i venti innovatori che spirano dalle grandi città irretiscono le menti più sensibili anche di terre lontane.
Questo clima aleggiava anche negli ambienti culturali di Pomarance e traspare dai toni enfatici di entusiastica adunanza del 1 ottobre 1837 “…Dietro la vostra ragione e io, tutti rendiamo fatto il teatro, pensare dunque che l’incertezza nega, e la risolutezza afferma che ben ci convenne il nome di Coraggiosi, come ci converrà quello di ben affetti al vostro paese…”. Accantonata l’idea di un nuovo teatro, nel 1842 viene dato incarico all’ingegnier Ricci di preparare un progetto di restauro per l’attuale teatro, ma tale progetto verrà respinto.
Sempre quell’anno viene stabilito di inoltrare una supplica al Regio Trono per la sua approvazione alla costruzione di un nuovo teatro, facendosi promotore dell’iniziativa il conte Francesco De Larderei. Negli anni successivi il vecchio teatro fu ripetutamente sottoposto a restauri e modifiche, ma il Municipio di Pomarance, nell’occasione di dover trattare della riforma delle scuole Comunali, si propose di fare acquisto del teatro di Pomarance e sue stanze annesse, era il 31 dicembre 1860.
Questa iniziativa decretò la fine del vecchio teatro dei Coraggiosi e, finalmente, l’avvio del nuovo, in quanto con la cospicua somma realizzata dalla vendita fu attuato un concreto piano finanziario.
La stima di parte, del teatro, fu affidata all’architetto Magagnini di Livorno, mentre il municipio incaricò l’ingegner Gaetano Niccoli. La relazione del Niccoli documenta lo stato e consistenza del vecchio teatro dei Coraggiosi che dopo secoli di vita, il 25 febbraio 1861 era così composto: ingresso sulla piazzetta del tribunale, scala in pietra che portava alla, “Sala”, a destra del pianerottolo di sbarco la “Stanza delle Panche” trasformata col tempo in salotto guardaroba, la “stanza del caffè” ed infine il palcoscenico con annessa una stanza irregolare dalla quale si accedeva in una soffitta ad uso degli attori per mezzo di una scala. Le stanze accademiche furono acquistate dal Municipio per lire tremilaseicentoquarantacinque e sessanta centesimi.
DELIBERA RIGUARDANTE LA COSTRUZIONE DEL NUOVO TEATRO
La lettera del 31 dicembre 1860 inviata dal municipio di Pomarance all’Accademia dei Coraggiosi fu letta nell’adunanza del 14 gennaio 1861 e in quel giorno venne finalmente deliberata, non solo la costruzione di un nuovo teatro, ma anche le modalità di attuazione del medesimo: due accademici stilarono la bozza di un programma in undici punti comprendente tra gli altri la spesa economica prevista, il denaro che ogni accademico doveva versare, l’assegnazione dei palchetti e la formazione di una commissione incaricata di seguire i lavori di costruzione. Il teatro doveva essere costruito fuori della porta Volterrana davanti alla casa del sig. Fantacci su disegno dell’architetto Ferdinando Magagnini.
ESCURSUS STOIRICO DELLE VICENDE COSTRUTTIVE
La costruzione del nuovo teatro prese l’avvio il primo marzo 1861 su terreno di proprietà in parte dell’accademico Giuseppe Bicocchi e in parte dell’accademico Carlo Tabarrini; i quali poi vendettero all’Accademia: il primo braccia quadre millecentosettantasette ossiano ari quattro e deciari ottantaquattro, il secondo braccia quadre ottocentodieci, ossiano ari
due, centiari settantacinque e deciari novanta.
Il permesso del Comune per la costruzione di detto teatro è datato 26 settembre 1861, mentre la richiesta del medesimo risale solo al 9 giugno 1861: appare evidente che si trattava di pura formalità, non solo perché i lavori erano già iniziati da diversi mesi, ma anche per gli accordi già stipulati tra il Comune e l’Accademia in seguito alla vendita del suo vecchio teatro.
Il finanziamento dei lavori di costruzione avvenne anche tramite alcuni prestiti contratti con persone benestanti della zona, in quanto il ricavato della suddetta vendita era insufficiente e fu liquidato in più anni.
Il “Giornale dei lavori” in particolare ed altra documentazione ancora oggi disponibile, costituiscono l’ossatura portante di questa analisi sulle vicende costruttive inerenti l’edificazione del nuovo teatro dei Coraggiosi.
Il giornale prende avvio col Marzo 1861 documentando le fasi iniziali fatte di piccone, mine, calcina, carrette con materiale di risulta e di tante giornate di lavoro per preparare le fondamenta.
Il teatro poggia su un banco di roccia tufacea che fu spianata sia facendo brillare mine che utilizzando dei “ferri per battere il masso”.
Fino agli inizi di Luglio si continuò a lavorare sul “masso” per preparare gli sbancamenti necessari su cui poggiare i muri portanti. Dopodiché si iniziarono a tirare su i muri e come nella logica dei tempi, i materiali da costruzione vennero reperiti sul mercato locale, in luoghi nelle vicinanze di Pomarance. I mattoni, mattoncini e quadricci provenivano dalla vicina fornace del Gabbro, mentre a Poggiamonti era situata la cava da cui provenivano le bozze grandi per le “cantonate” e le piccole per la muratura mista delle pareti esterne.
Al 14 Luglio risale il primo pagamento per la fornitura di scalini di pietra, in questo caso dodici, da parte di una persona del luogo, un certo Garfagnini Luigi e con cadenza di circa venti giorni verrà effettuato il saldo di altre forniture: la prima ancora di dodici e le altre di ventiquattro. Considerando che per la buona gestione di un cantiere il materiale viene fatto arrivare in un periodo di poco precedente al suo utilizzo, il saldo degli scalini di pietra fa supporre il tempo occorso per la realizzazione delle strutture verticali e dei solai dei tre ordini.
I solai hanno struttura portante in legno, composta di travi e travicelli reperiti sul mercato di diverse località: Lajatico, Gabbro, Castelnuovo e Livorno. Due fatture della ditta di legname “Aghib e Rocah” di Livorno documentano che ne inviarono un grosso quantitativo a Pomarance, ordinato da Ferdinando Magagnini e pagato dal conte Federigo De Larderei, il quale fu successivamente rimborsato dal Camarlingo Carlo Tabarrini. In quel tempo per la fornitura di legname eccedente i cinque metri, era uso ricorrere al mercato esterno e la scelta di Livorno è da attribuire al progettista, appunto livornese e forse anche, per la comodità nei pagamenti, alla presenza in detta città di un accademico illustre come il De Larderei. Sempre in questo periodo e precisamente l’undici agosto, iniziarono i lavori di costruzione della facciata ripulendo lo scasso fatto nel “masso” e ponendo poi nelle fondamenta “una memoria scritta in carta pecora, con custodia in piombo ed una moneta d’oro Romana”.
Con la costruzione delle strutture verticali, dei solai e delle volte prese l’avvio l’opera di copertura della fabbrica che fu probabilmente ultimata verso la fine di novembre, poiché è registrato il pagamento di una merenda con la quale si festeggia, “come è di costruirne” questa occasione.
Conclusa questa fase ne iniziò una altrettanto lunga, quella di completamento e rifinitura. Il 16 marzo 1862 venne stilata una perizia sui lavori ancora mancanti e di conseguenza una stima del denaro necessario per portare a compimento l’opera.
La costruzione del plafone (che copre la platea) fu affidata, a nota, a maestranze già operanti come il falegname Ferdinando Funaioli e il capo muratore Giovanni Mazzinghi. La progettazione del meccanismo degli scenari venne chiesto inizialmente al macchinista del teatro La Pergola di Firenze,ingegnere Cenovitti che però fu scartato, in quanto ritenuto troppo costoso. Così anche questo incarico venne affidato al falegname Funaioli, il quale aveva “in altro teatro attentamente esaminato tali meccanismi”. Nel mese di agosto 1862 sono annotati diversi pagamenti per l’acquisto di doccioni, ma anche l’ultima fornitura di pianelle, mezzane e tegole per completare il pavimento e la copertura della soffitta, stavolta provenienti dalla fornace Larderei di Lucoli; dopodiché sono i piccoli lavori di rifinitura e d’arredo a comparire sempre più frequentemente, del resto il giorno dell’inaugurazione era ormai prossimo.
Con il 12 ottobre 1862, giorno dell’inaugurazione, non si concluse il ciclo dei lavori ed acquisti per il nuovo teatro; il “giornale” tra gli altri, riporterà ancora: l’acquisto di alcune porte, di gran parte dell’arredo, la posa in opera dell’infissi in legno, la scala in legno che porta alla graticciata, la lucidatura dello stucco della sala, la riquadratura dei palchetti ed altri piccoli lavori di rifinitura.
La pittura dell’interno dei palchetti fu stabilito di realizzarla con “colore andante” e semplice riquadratura realizzata da entrambi i pittori pisani chiamati ad operare in questo teatro, Riccardo Torricini e Giuseppe Martini; il trattamento a stucco lucido fu realizzato dal solo Martini, che era appunto “maestro di stucco lucido”, in cinque giornate di lavoro. Il pittore Torricini ebbe un ruolo più importante, di mano sua sono le pitture del foyer, dell’atrio d’ingresso, delle stanze accademiche e il riattamento degli scenari del vecchio teatro; in quanto alla pittura della volta della sala non è sicura l’attribuzione al Torricini, in quanto l’uso di determinati colori farebbe supporre una sua più tarda realizzazione.
Il penultimo pagamento, il 31 gennaio 1868, riguarda il “casotto del Bigliettinaio” costruito da Ferdinando Funaioli già incaricato di tutti i lavori di falegnameria del nuovo teatro.
Il giorno 18 ottobre 1868 il “giornale dei lavori” chiude i valori totali di alcuni materiali e denaro impiegati nella costruzione del Teatro dei Coraggiosi. La chiusura del giornale, non significò ovviamente, la fine dei lavori all’edificio teatrale, sia per la complessità del medesimo che impone continue riparazioni, sia per gli adattamenti e le trasformazioni conseguenti il pratico utilizzo o l’evoluzione tecnologica che si impone col trascorrere degli anni.
Se i lavori di costruzione si possono considerare conclusi, così non è stato per gli arredi e gli abbellimenti che sono proseguiti ancora per lunghi anni. Nelle nicchie poste nell’atrio d’ingresso solo con l’inizio del 1884 vi trovarono collocazione i primi busti di marmo e questo anche grazie all’iniziativa di un giovane studente dell’Accademia di Belle Arti di Firenze, Ezio Ceccarelli di Campiglia Marittima che si prestò più per gloria che per denaro.
Il 23 settembre del 1886 un professionista di Volterra
Luigi Guarnieri, stilò una “relazione sullo stato del teatro di Pomarance”
dichiarando, dopo una breve descrizione dell’edificio riguardante in particolare
le strutture portanti ed il “sistema antincendio”, che “l’insieme del teatro è
in perfetta regola e nulla vi è da temere in rapporto alla statica” e proseguendo
poi con alcuni suggerimenti per “l’ordine e la sicurezza pubblica”. Se dal
punto di vista statico il teatro non presentava irregolarità, diversamente era
per gli
infissi e per le superfici esterne dei vari ambienti che presentavano altresì
un degrado già avanzato. Pertanto, l’anno dopo, fu deciso un grande restauro
di cui rimane a testimonianza il “rendiconto delle spese e delle entrate” per
restauri occorsi al teatro di Pomarance l’anno 1888. In occasione di tali
lavori l’accademico Florestano De Larderei, il 4 ottobre, chiese ed ottenne
dal corpo accademico “di far rimuovere con tutte le cautele opportune, la
parete di divisione” tra i due palchi di sua proprietà (il n° 11 e 12 del primo
ordine).
Negli anni che seguirono si registrarono solo lavori di manutenzione ordinaria fino ad arrivare al 1914, anno in cui furono realizzate alcune opere per improvvisare un cinema. I lavori per l’impianto del cinematografo riguardarono soprattutto il palco reale che fu adattato a cabina di proiezione, smontando l’apparato decorativo e foderando la porta di banda stagnata.
L’anno seguente fu installata l’illuminazione elettrica in sostituzione di quella a petrolio, limitatamente agli spazi ad uso pubblico, con un’unica eccezione del “salotto accademico”.
Gli interventi successivi saranno incentrati per la trasformazione del teatro in cinema, soprattutto dettati da ragioni di “Botteghino” visti i buoni incassi di quegli ultimi anni. Così il 4 aprile 1959, per aumentare il numero dei posti a sedere, fu deciso l’arretramento dello schermo e l’abbattimento del palcoscenico con i suoi camerini sottostanti ormai inutilizzati da lungo tempo.
Il mese successivo iniziarono i lavori di ampliamento della platea affidati alla ditta Moretti di Pomarance, su progetto dell’ing. arch. Beliucci di Ponsacco.
DESCRIZIONE DEL NUOVO TEATRO
Il teatro sorge fuori della porta Volterrana, sulla via provinciale, lungo la direttrice di crescita del paese.
All’esterno l’edificio è abbellito da una facciata in pietra tufacea, articolata in due parti: la parte inferiore “a bugnato” con le tre porte d’accesso sormontate da un doppio cornicione, mentre quella superiore, coronata da un cornicione più “importante”, ha un ordine di tre finestroni e si distingue per un diverso trattamento dell’apparato murario.
Il teatro, al suo interno, è strutturato in quarantaquattro palchi divisi in tre ordini, distribuiti lungo una pianta a ferro di cavallo.
Dalla porta centrale di facciata si accede ad un atrio di ingresso, ampiamente decorato. In questo spazio, dal lato sinistro si può accedere al caffè, che è a contatto diretto con la strada, infatti per molti anni svolse la sua funzione anche nei giorni di chiusura del teatro. La biglietteria è posta alla destra dell’atrio d’ingresso, anch’essa ha l’accesso diretto dalla strada. Dall’atrio si passa successivamente al foyer e da questo superati pochi scalini, si entra nella platea.
Due vani scala, simmetricamente disposti alle due estremità del foyer, distribuiscono il pubblico ai tre ordini dei palchi. Al secondo ordine sono collocate le stanze accademiche, sono stanze ampie e molto luminose grazie ai grandi finestroni che si aprono sulla facciata principale del teatro.
Sostanzialmente il teatro riflette l’immagine di allora e risulta facile immaginare i giorni luminosi dei primi anni di attività, l’eleganza del pubblico e il rumoroso chiacchericcio che precede sempre una rappresentazione teatrale, magari con un tono più alto per il clima di entusiastica scoperta di un pubblico non ancora avvezzo a simili occasioni di ritrovo, lo stesso che forse ancora oggi si respira in occasione delle grandi prime.
SPETTACOLI E MANIFESTAZIONI AL TEATRO DEI CORAGGIOSI
L’attività del Teatro dei Coraggiosi è suddivisa in due periodi: il primo prende avvio con la stagione inaugurale di prosa dell’autunno 1862 per concludersi con i bombardamenti tedeschi del 1944, che segnano anche l’inizio del secondo periodo caratterizzato dal lento declinio delle attività del teatro.
La prima stagione teatrale aprì con rappresentazioni della “Compagnia comica Gagliardi e Antinori”, e per la sera d’inaugurazione del teatro portarono in scena la commedia “Suor Teresa”.
Il contratto con le varie Compagnie avveniva per mezzo di istanze presentate dalle stesse all’Accademia, oppure attraverso l’agente teatrale o su sollecitudine di qualche amico di accademici che aveva assistito alle rappresentazioni di una certa compagnia. Comunque la scelta ricadeva sempre su compagnie conosciute o per le quali qualche personalità stimata garantiva per loro.
NOTE BIBLIOGRAFICHE
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«Spazio e Società», n° 50/1990, pp. 67-80.
FONTI DI ARCHIVIO
ARCHIVIO STORICO COMUNALE DI POMARANCE:
- Miscellanea Anni 1839-1866 filza n° 397.
- Atti Magistrati 1860-1861 filza n° 199.
ARCHIVIO DELL’ACCADEMIA DEI CORAGGIOSI
(non ordinato)
Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.
TEATRO DEI CORAGGIOSI
ACQUISTATO LO STORICO IMMOBILE
È stato acquistato dal Comune di Pomarance lo storico Teatro dei Coraggiosi. Così, con questa operazione, i due teatri presenti nel centro urbano (Teatro De Larderei – Teatro dei Coraggiosi) appartengono al patrimonio pubblico. In verità esistevano nel territorio comunale tre organismi teatrali, di cui uno purtroppo non più esistente. Sorti dopo la metà del XIX0 secolo nel Comune di Pomarance, risulta organicamente connessa, come gran parte del rinnovo urbano del capoluogo e dello sviluppo insediativo ed infrastrutturale del territorio, all’affermarsi dello sfruttamento industriale dei “lagoni” e dei “soffioni” del comprensorio boracifero e, con esso, alle fortune imprenditoriali della famiglia De Larderei.
Il primo, in ordine di tempo, di tali teatri, inaugurato 1’8 settembre 1856 con una festa solenne e con un banchetto imbandito a duecento conviviali, venne realizzato nella corte del palazzo padronale di Larderello come vera e propria attrezzatura ricreativa aziendale, prevalentemente destinata alle rappresentazioni sceniche ed alle esecuzioni musicali dei dipendenti dello stabilimento. L’allestimento di questo spazio teatrale, come la progettazione di quasi tutti gli interventi edilizi commissionati da Francesco de Larderei fra il 1845 e la data di morte (1858), va ascritta all’ebanista ed architetto livornese Ferdinando Magagnini. La frequente presenza del versatile operatore al servizio dei De Larderei nel territorio di Pomarance doveva di lì a poco invogliare i membri dell’Accademia dei Coraggiosi ad affidargli l’incarico di redigere il progetto di un nuovo edificio teatrale in sostituzione della sala già esistente nell’abitato. Il nuovo Teatro dei Coraggiosi, verrà inaugurato il 12 ottobre 1862: sotto la lunetta dell’atrio, di fronte a chi entra, figura ancora una epigrafe gratulatoria nei riguardi dell’architetto fatta apporre per la circostanza dagli accademici.
Il fabbricato, che presenta sul fronte stradale una sobria facciatina in pietra tufacea a tre assi di aperture, rileva al suo interno, nella contratta sequenza dei vani che precedono la sala assicurando il necessario sviluppo distributivo per accedere ai diversi ordini di posti, un gustoso contrappunto di effeti spaziali, sottolineato dalla decorazione geometrica delle superaci, che accompagnano il fruitore fino alla soglia dell’invaso teatrale, dall’impianto lievemente a campana, a tre ordini di palchi, sovrastato dalla appena accennata concavità del soffitto dipinto la cui complessa armatura lignea emerge come il dorso di una testuggine nel locale sottotetto. La trasformazione postbellica del teatro in cinematografo ha comportato, assieme al tamponamento del palco di mezzo per adibirlo a cabina di proiezione, il deturpamento del proscenio in conseguenza dell’installazione dello schermo.
Con l’emanazione delle nuove normative in materia di sicurezza, il Teatro dei Coraggiosi venne definitivamente chiuso ed abbandonato perdendo così l’originaria funzione culturale e sociale. Inizia così lo storico declino e l’abbandono totale che avrebbe certamente portato alla definitiva demolizione quale percorso oggetivo che caratterizza la maggioranza dei teatri italiani costruiti tra la fine del settecento e la prima metà dell’ottocento.
Nasce da questa amara constatazione il processo necessario di recupero di queste vecchie strutture e la necessità di progettare una destinazione d’uso coerente con la loro storia e con le esigenze culturali della realtà contemporanea. È proprio attraverso queste sollecitazioni determinate dalle Amministrazioni Locali che nasce il progetto F.I.O., progetto integrato per la tutela monumentale, la ristrutturazione e l’uso infrastrutturale dell’edilizia teatrale in Toscana. Con l’approvazione da parte dello Stato del progetto presentato dalla Regione Toscana per una spesa complessiva di 41 miliardi che consente l’intervento e la ristrutturazione di trenta strutture di proprietà pubblica tra le quali figura il Comune di Pomarance con le due strutture teatrali del Teatro De Larderei e Teatro dei Coraggiosi. Senza l’inserimento nel progetto F.I.O. con l’accesso ai finanziamenti previsti dal piano, sarebbe stato impensabile per il Comune pensare ad una operazione del genere. Ora inizieranno i lavori di progettazione e di recupero nell’ambito della politica della rivalutazione dei centri storici e della loro “vivibilità” secondo un nuovo concetto dell’arredo urbano e come momento di aggregazione sociale onde contrastare i segnali di decadimento culturale in atto in tutti i centri urbani e nelle aree matropolitane. Si tratta insomma di far usufruire ai cittadini che vivono lontani dai centri momenti di vita culturali che sono indispensabili per la tenuta complessiva di un territorio in particolar modo per le zone montane.
NOTE BIBLIOGRAFICHE
Giuseppe Cruciani Fabozzi – I TEATRI ABBANDONATI – Tip. Casa USHER.
Marco Mayer – I TEATRI ABBANDONATI – Tip. Casa USHER
Paolo Pierazzini – I TEATRI ABBANDONATI – Tip. Casa USHER
Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.