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Descizioni e curiosità sui personaggi storici della zona di Pomarance ed Alta Val di Cecina.
MAURO BETTI
Nel 2015, in occasione della “Giornata della Memoria”, il sindaco R.Martignoni e l’avv. I. Bacci (allora assessore alla cultura) invitarono il sig. Mauro Betti ad una conferenza aperta che si svolse nel Teatro dei Coraggiosi. L’associazione culturale “I Risoluti,la storia continua” registrò l’evento e chi lo desiderasse, adesso può rivederlo qui nel nostro sito web.
Video della sua testimonianza.
A PROPOSITO DEL PITTORE CERCIGNANI
L’ESTIMO DELLA SUA FAMIGLIA, POSTE E PASSAGGI DI PROPRIETÀ
Tra le più famose personalità che si sono distinte nel campo artistico a Pomarance, certamente trova collocazione un pittore vissuto nella seconda metà del cinquecento: Niccolò Cercignani. Meglio conosciuto con lo pseudonimo “Pomarancio il Vecchio”, per distinguerlo dall’altro “Pomarancio”, Cristofano Roncalli che la tradizione vuole come suo allievo, ebbe i suoi natali nell’antico castello di “Ripomarance tra il 1530 – 1535. La sua famiglia originaria di Cercignano (Colle vai d’Elsa) si era stabilita in loco dai primi del XVI secolo e risultava possedere diversi beni nella corte di Ripomarance”. Formatosi artisticamente in ambito fiorentino e collocato in quella corrente pittorica denominata “Manierismo” svolse la sua attività artistica prevalentemente nel Lazio e nell’Umbria; in Toscana lavorò solo negli ultimi anni della sua vita nella città di Volterra anche se a Pomarance gli è attribuita una Pala d’Altare conservata nella Chiesa Parrocchiale ed un pregevole volumetto di Disegni che è stato oggetto di una Mostra nel dicembre 1988.
Ben poco sappiamo sulla vita di questo autore antecedentemente alla sua partenza da Pomarance. Fonti storiche affermano che verso il 1564 il Cercignani lasciò Ripomarance per recarsi in Umbria dove si sposò con Teodora Caterucci di Città della Pieve dalla quale ebbe possessi ed alcuni figli tra i quali Antonio che fu abile pittore come il padre. Prendendovi stabile dimora il 31 luglio dello stesso anno, nominò procuratore, per alcuni possedimenti in Pomarance, il notaio Alberto Lupivecchi. Infatti nonostante il suo trasferimento in Umbria, il Cercignani risultava possedere ancora alcuni beni, già citati da Don Mario Bocci (1), che furono venduti poco prima della sua morte a certo Giusto Cheli di Pomarance. Da uno studio accurato sul documento d’estimo con lo stesso Don Mario Bocci, decifrando l’intricata grafia del Cancelliere del tempo nelle varie annotazioni dei cambiamenti di proprietà, sono scaturiti nuovi elementi che contribuiscono, se non altro, a fare un po’ di luce sul passato di questo nostro artista.
Ben poco sappiamo sulla vita di questo autore antecedentemente alla sua partenza da Pomarance. Fonti storiche affermano che verso il 1564 il Cercignani lasciò Ripomarance per recarsi in Umbria dove si sposò con Teodora Caterucci di Città della Pieve dalla quale ebbe possessi ed alcuni figli tra i quali Antonio che fu abile pittore come il padre. Prendendovi stabile dimora il 31 luglio dello stesso anno, nominò procuratore, per alcuni possedimenti in Pomarance, il notaio Alberto Lupivecchi. Infatti nonostante il suo trasferimento in Umbria, il Cercignani risultava possedere ancora alcuni beni, già citati da Don Mario Bocci (1), che furono venduti poco prima della sua morte a certo Giusto Cheli di Pomarance. Da uno studio accurato sul documento d’estimo con lo stesso Don Mario Bocci, decifrando l’intricata grafia del Cancelliere del tempo nelle varie annotazioni dei cambiamenti di proprietà, sono scaturiti nuovi elementi che contribuiscono, se non altro, a fare un po’ di luce sul passato di questo nostro artista.
Nell’Estimo del 1571 (2) è annotato Niccolò di Antonio Cercignani “dipintor” con gli infrascritti beni:
“Un luogo o vero Podere con casa per il lavoratore con terre lavorative arborate vignate et sode luogo detto il Docciarello a 1° via; 2° Martino di Giovanni di Martino, 3° Batista di Giovanni Antonio Pellegrini, 4° Comune di Ripomaranci et altri confini… tiene a linea dalla Cappella di Sancto Antonio nella Chiesa di San Michele di Volterra… ne paga lire stimato L. 1300. A di Novembre (15)96 levato e posto a Simone di Bartolo a carta 275 per averlo compro per me Bastiano Ghetti Cancelliere… etc… paga lire…
Una vigna d’opere cinque incirca in detta corte luogo detto Cardeta a 1 ° via, 2° Bernardino di Piero Cheli, 3° Meo di Pietro d’Agnolo, 4° Domenico di Marsilio Fantacci stimato L. 100
Tutte queste poste erano sotto la posta del detto Niccolò in questo a 221 e furono levate e poste a Batista Corbolini in questo a 54 per permuta feceno fra di loro et hora si ritornano al detto Niccolò per haverli riavuti per me Bastiano Ghetti Cancelliere…
A di 20 di Gennaio 1596 levata questa posta e messa a Paulo di Giusto Cheli in questo a 135 per haverla compra rogato Ser Andrea Sorbi per me Bastiano Ghetti Cancelliere…
Mentre la proprietà della vigna di Cardeta risulta pervenutagli in eredità dal padre Antonio, assieme ad una casa posta all’interno di Pomarance, il podere del Docciarello (3) fu acquistato posteriormente alla sua partenza da Ripomarance, quando cioè si trovava già a Città della Pieve. Infatti da un Estimo del 1544 il padre di Niccolò Cercignani, chiamato Antonio e suo fratello Pagolo, figli di Niccolaio di Pagolo (Cercignani) possedevano, oltre a diversi appezzamenti di terreno, anche una casa posta in “Piano” confinante con il Cimitero e la Compagnia deila Vergine Maria, ed una vigna posta in Cardeta, che furono nella divisione dei due fratelli assegnati ad Antonio. (4) La parte dei beni spettanti a Pagolo fu venduta il 29 maggio 1559 a Giovanni di Damo. (Data che potrebbe indicare la partenza della famiglia da Pomarance e quindi dello stesso Niccolaio per l’Umbria). Questi due possedimenti, cioè la casa in Piano e la vigna di Cardeta (5) sono annotati anche nell’estimo del 1571 alla carta 221 r. in cui è indicato:
Niccolaio di Antonio di Niccolaio Cercignani con i seguenti beni: una casa in detto Castello alla Pieve a 1 ° via, 2° Gio Piero e Bernardino di Paulo Chaini, 3° Beni della Compagnia di Sancto Giovanni, 4° Beni della Compagnia della Vergine Maria Stimato L. 150
Una vigna di opere cinque incirca in detta corte luogo detto Cardeta confinata a
1° via, 2° Bernardino di Piero Cheli, 3° Meo di Piero d’Agnolo, 4° Domenico di Marsilio Fantacci Stimato L. 100
In fondo alla stessa carta è trascritto anche l’acquisto, da parte del Cercignani, del podere “il Docciarello” il quale risulta essere stato comprato da maestro Ulivieri di maestro Giuliano Contugi il 29 aprile 1586. (6)
Il 3 luglio 1588 tutte queste proprietà passarono nuovamente, per permuta con lo stesso Niccolò Cercignani, a Batista di Michelagnolo Corbolini il quale cedette la casa, dove forse nacque il pittore, alla Compagnia della Misericordia. (7) Questa casa, nell’estimo di Batista Corbolini è segnalata con le medesime confinazioni di cui sopra, ma è indicata specificatamente posta “…in detto castello in Piano alla Pieve…”.
Nel 1590 il pittore Niccolò Cercignani tornò nella sua terra d’origine per circa un triennio dove dipinse a Volterra alcune pale d’Altare, affreschi e dipinti per le più eminenti famiglie del luogo.
Nel marzo di quell’anno infatti le prorpietà di Docciarello e Cardeta furono nuovamente permutate dal Corbolini allo stesso pittore e la sua presenza in Ripomarance è confermata anche qualche tempo dopo, quando il ‘‘Maestro Niccolò di Antonio Cercignani”, fa da padrino a Michelangelo di Pietropaolo Santucci (8 luglio 1580).
Dopo il ritorno definitivo a Città della Pieve, nel 1594, dove ricevette la cittadinanza onoraria, i beni di Pomarance furono venduti a Giusto Cheli nel gennaio 1596 e successivamente acquistati da Simone di Bartolo di Acquaviva. La vendita definitiva delle suddette proprietà coincise da lì a poco, con la morte del grande “Maestro” che avvenne nell’ottobre dello stesso anno.
Jader Spinelli
NOTE:
- Don Mario Bocci – NOTIZIARIO PARROCCHIALE – 1987
- Archivio Storico di Pomarance F. 428 C. 226 r.
- Il nome stesso Docciarello sta ad indicare una sorgente di acqua potabile di limitata portata usata per uso domestico fin dai tempi antichi e che si trovava nei pressi deH’omonimo podere II Docciarello. Questo casolare era ubicato sulla via detta dei Fontini nei pressi dell’attuale Ambulatorio Comunale sul luogo dove è stata edificata l’abitazione del sig. Giovanni Rasoini. Nei pressi, un tempo vi era scavata nella roccia tufacea, una Ghiacciaia che serviva per mantenere durante l’anno il ghiaccio al- l’Ospedale di Pomarance.
- Archivio Storico di Pomarance F. 427 c. 190 r.
- Cardeta è un appezzamento di terreno nei pressi dei poderi Lucoli e Arbiaia.
- Archivio Storico di Pomarance F. 428 c. 301 r.
Archivio Storico di Pomarance F. 428 c. 55 r. L’abitazione del Cercignani doveva essere ubicata vicino all’attuale Battistero in prossimità dell’ex palazzo Burroni dove nacque tra l’altro anche la madre del grande anatomico pomarancino Paolo Mascagni.
Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.
DISEGNI DI NICOLÒ CERCIGNANI
MOSTRA FOTOGRAFICA NEL PALAZZO DELL’EX PRETURA
La mostra del “Cercignani”, che si è svolta nel dicembre u.s., ha destato curiosità, stupore e ammirazione, nei visitatori forestieri più che pomarancini. Molti gli intenditori, i quali si sono soffermati a lungo apprezzando le opere del Cercignani, sia quelle architettoniche che quelle decorative valutando sia quelle in seppia che le altre in colore. Elogiando l’ambiente adatto ed il curato allestimento, iniziando dagli eleganti inviti distribuiti, agli addobbi di tipo robbiano, adattissimi all’occasione, al catalogo illustrato con le dovute presentazioni. Un insieme che era ben intonato sia all’oggetto presentato sia all’epoca risalente al palazzo che la ospitava con il suo elegante stile dei tempi del Vicariato.
Chi poi ha potuto assistere all’apertura preparata presso l’Hotel “IL POMARANCIO” arricchito dalla presenza delle comparse in costume delle rappresentanze rionali, e con la elaborata presentazione officiata dal Prof. Belardinelli, studioso del nostro concittadino, avendo in mano molte riproduzioni fotografiche del pittore ed altrettante notizie sui luoghi dove il Cercignani ha lavorato lasciando le sue tracce di buon pennello. Comunque l’iniziativa, che questa Associazione Turistica “PRO POMARANCE” ha proposto, ha raggiunto lo scopo prefisso mettendo in movimento gli esperti del ramo per l’attribuzione dei particolari di studio di questo pittore del 500, un po’ accantonato, e non molto conosciuto. I risultati si vedranno nel tempo, l’essenziale è che questa schiera di conoscitori tragga da questa mostra un tipo di lavoro che rivalorizzi il Pomarancio. Quest’anno era, potremmo dire, l’anno del Pomarancio, sia per il Cercignani, sia per il suo allievo, il Roncalli. Per il Roncalli la sua presentazione iniziò con l’apertura del complesso alberghiero a Lui intitolato inserito nella via omonima. Poi il PALIO STORICO DELLE CONTRADE, che nel settembre u.s. aveva per tema argomenti di storia locale e che inevitabilmente venne proposto addirittura da due rioni e così ben presentati da far vincere al Rione GELSO il premio in palio trattando “IL NOSTRO POMARANCIO” articolato su dei quadri viventi dove i figuri si posizionavano su dei disegni incompleti sino a formarne l’immagine completa.
La visita dei rappresentanti della Soprintendenza ha esposto i suoi progetti riguardo ad una riproposta di queste riproduzioni fotografiche con la possibilità di affiancarvi anche gli originali, e per dar ancora più risalto e valore alla cosa l’inserimento nello stesso ambiente di due dipinti, sempre del Cercignani, che si trovano momentaneamente presso la Pinacoteca Comunale di Volterra per i restauri di cui abbisognavano.
La curiosità di questi particolari che si trovavano da svariati anni presso l’Archivio Storico Comunale, riposti sin dal lontano 1925, anno in cui il sindaco di allora Sig. Onorato Biondi aveva acquistato ad un’asta di Milano è stata finalmente messa sul piatto d’argento e posta all’attenzione degli studiosi.
Restiamo in attesa di eventuali sviluppi riguardo alla promessa della Soprintendenza ed all’ulteriore apporto della Amministrazione Comunale che si espresse di unanime accordo per questa iniziativa e disposta affinchè tutto potesse rendere onore ad un cittadino illustre. Noi dell’Associazione “PRO POMARANCE’’ saremmo ben lieti e disposti ad adoperarsi in ogni modo perchè questa riproposta venga ancora ampliata e maggiormente divulgata in modo che possa essere iniziato uno studio didattico rimasto incompleto.
Augurandoci che presto si possa rivedere aperta questa ricca presentazione e che si renda possibile trasformarla in mostra permanente con apertura programmata.
Il Consiglio tutto, dopo quanto sopra, si dichiara soddisfatto per la riuscita di questa iniziativa che è stata per l’Associazione Turistica un vero successo. Perchè questa mostra riuscisse nel suo intento era necessario l’apporto esterno, e grazie all’Amministrazione Comunale che si è prodigata mettendoci a disposizione un ambiente creato ad hoc ed offrendoci ospitalità per tutto il mese dell’apertura. Un sentito ringraziamento quindi al Sindaco ed al suo seguito che si sono dimostrati sensibili a tale iniziativa.
Un ringraziamento tutto particolare dobbiamo farlo al Prof. Belardinelli che si è dimostrato disponibile sin dal primo momento per aiutarci in questa impresa di ricerca esterna riguardo al nostro Cercignani, dimostrandoci ancor di più quanto questo cittadino fosse stimato negli ambienti dove operò. Oltre ai ringraziamenti, a questo egregio signore, dobbiamo fargli le più sentite congratulazioni per questa eccellente esposizione.
Giorgio Fanfani
Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.
INTITOLAZIONE DELLA SCUOLA MEDIA DI POMARANCE A PAOLO MASCAGNI
Sabato 5 giugno 1993 nei locali dell’Oratorio di Pomarance, alla presenza delle massime autorità locali è avvenuta l’intitolazione della scuola media di Pomarance che è stata intitolata “ Scuola Media Paolo Mascagni”.
La scuola, che ha subito varie ristrutturazione ed ampliamenti durante questi anni, conserva ancora il nucleo originario costruito nei primi anni del ‘900 ed utilizzato anticamente come scuola elementare maschile e femminile.La scuola era originariamente dedicata al grande statista pomarancino Marco Tabarrini effigiato in una scultura bronzea, in alto sulla facciata della scuola, opera di Luigi Bonucci detto il Falugi. (Oggi nell’ufficio del Sindaco) Negli anni sessanta la scuola elementare fu trasferita nei pressi della villa dei Collazzi e la scuola, utilizzata prima quale sede dell’ Istituto Tecnico Industriale ed in seguito come Scuola Media, era praticamente senza denominazione. Dedicata al grande anatomico Paolo Mascagni, che fu uno dei primi a scoprire l’acido borico nei Soffioni di Montecerboli, i suoi studi furono messi in pratica da Francesco de Larderei, fondatore dell’industria Boracifera di Larderello, ed al quale è stata di recente intitolata la Scuola media di Larderello.
- ragazzi della Scuola media di Pomarance hanno allestito nell’occasione uno spettacolo teatrale dedicato a Paolo Mascagni e realizzato alcune ricerche storiche che hanno ispirato una deliziosa filatrocca ed il soggetto per una storia a fumetti dedicata al grande anatomista.
Dedicato a Mascagni
Da Aurelio ed Elisabetta in un lontano dì nacque Mascagni, forse…in un freddo giovedì. Era Gennaio e la neve fioccava, fioccava; ma su Pomarance una stella brillava.
- 1735 iniziava il suo cammino e Paolo Mascagni correva incontro al suo destino.
Papà Aurelio non viveva in grande agiatezza per cui mandò Paolo dall’Abate Casamarte… con fierezza.
L’Abate era probabilmente un pò noioso e mancava di fantasia ma a Paolo interessavano la Scienza e l’Anatomia.
Dolce era Pomarance sì, ma paese piccolo e sperduto così Siena dette a Paolo, adolescente, il benvenuto.
Siena era grande e c’era pure l’università e li Paolo superò gli esami con estrema facilità. A soli venti anni in Medicina sì laureò, ma il suo mestiere mai esercitò.
Sapete a …Paolo non interessavano le belle ragazze.
A 22 anni infatti è dissertore e seziona cadaveri a tutte le ore!!!
Che progressi da quel lontano dì quando lo studio sui testi classici quasi finì!
Era il 1400 quando l’Anatomia iniziava il suo lungo cammino che fu poi brillante illuminato dallo scenziato pomarancino.
Ma a Paolo ritorniam, che dal Granduca Leopoldo fu chiamato e professore di Scienze e di Anatomia fu nominato!
Il vecchio maestro Tabarrini se ne andò e Paolo, il giovane, il nuovo posto occupò.
E il prof. Mascagni iniziò subito i suoi studi sui vasi linfatici non ancora conosciuti.
Certo anche i Francesi detterto un grande aiuto, ma solo da Paolo un concreto risultato fu ottenuto.
Dissero i Francesi:
‘‘Determiner et demontrer le sistème des vaisseaux lymphatiques”
e Paolo trovò la proposta très chic!
E cominciò a lavorare, lavorare duramente per ottenere un risultato altrettanto eccellente.
Quattro lunghi anni, trecento disserzioni… e finalmente Paolo ha risultati buoni.
Sui vasi linfatici scrive pure un prodromo cosicché da tutti è considerato un grand’ uomo. È il 1787 e Paolo completa l’opera con grande maestria: ‘‘Vasoruma lymphaticorum corpus humani historia et iconografia” e, oltre che esperto dissestore, si scopre anche abile disegnatore: 27 tavole sul corpo umano fa realizzare e l’ammirazione di tutta Europa riesce a catturare.
Grande era di queste il valore artistico e scientifico, ma, per gli inesperti, sarebbe stato meno complicato un geroglifico!
Disse Mascagni: “Il sistema linfatico scorre ovunque nel corpo in un momento e ad esso è legata la funzione dell’assorbimento”.
Nei trenta anni successivi Paolo cominciò i preparativi: volle scrivere la “Grande Anatomia” che fu poi eseguita con sublime maestria.
Ciro Santi e Antonio Serantoni lavoravano da Domenica al Lunedi per fare belle tavole su rame che piacessero a tutto il reame. Com ’eran belle… in bianco e nero, a colori… facevan gola a tutti i professori!
Ma il nostro Paolo faceva tante altre cose talune anche estrose.
La chimica, la fisica e l’agricoltura non gli facevan di certo paura e la geologia era la sua più folle pazzia.
L’Inferno della futura Larderello a lui piaceva più di un gioiello e tra i fumi ed il vapore egli, imperterrito, studiava a tutte le ore.
Si preoccupò persino di estrarre l’acido borico, la qual cosa in futuro sarebbe stata un evento storico!
Ma i capitali… mai trovò così l’idea abbandonò.
La Rivoluzione fu tumultuosa:
LIBERTÈ, EGALITÈ, FRATERNITÈ… ca irà ed a Mascagni divampano idee di Libertà. Ferdinando III, duca di Lorena, nel 1779 se ne va e Mascagni a Siena aderisce alla nuova Municipalità,rivelandosi così non solo grande “artista”, ma anche convinto politico attivista.
Ma voi sapete che mutevole è la storia umana e che alcuni eventi capricciosi talvolta emana: come il mese di marzo, come un venticello primaverile che ti scompiglia i capelli e poi va a scomparire.
Eh sì!… È proprio il Fato che domina la vita degli uomini, delle cose e degli animali, soffocando a volte anche le idee più geniali.
La Storia è un eterno fluire e rifluire per andare incontro all’avvenire.
Ebbene… i Fancesi, sconfitti, sgomberavan la regione e dei Toscani, fedeli al Granduca, violenta fu la reazione.
Mascagni di “giacobinismo” fu accusato ed il 28 Giugno 1779 a Siena fu arrestato.
Gli intellettuali, morti per i loro pensieri ci insegnano che le idee fanno la storia di oggi e di ieri.
Tanta fatica hanno durato, ma, grazie a loro, qualcosa è cambiato!
Nel 1800… di nuovo i Francesi tornan sulla scena e Mascagni, libero, abbandona Siena.
Dalla Regina Maria Luisa, dopo un anno, a Firenze fu inviato e lì proseguì il suo importate operato.
Sssss… in realtà la sovrana a Firenze lo volle portare per farlo elegantemente vigilare!!!
Ma la morte purtroppo arriva per tutti e, come spesso avvien, anche Mascagni non potrò veder pubblicati i suoi “frutti”.
Postuma fu pubblicata la “Grande Anatomia, uno dei suoi più egregi lavori, oggetto di ammirazione e di studio da parte di insigni professori.
Il 20 Ottobre 1815 a Castelletto Paolo Mascagni morì, forse pensando ai suoi passati dì. Forse come Roncisvalle Orlando il Mascagni cercò di scampar la morte duellando o forse , avendo manipolato tante “anime morte” Paolo capì che la fine della sua vita era ormai alle porte.
Certo la sua mente non perì, ma brillante e deduttiva, volò verso una nuova prospettiva.
Se le tavole di Mascagni, dal vero, volete ammirare a Pisa, di corsa, vi dovete recare.
Noi vi diciam ohe sono nel bel mezzo della città alla Facoltà di Medicina dell’università.
Noi l’abbiam viste e vi garantiamo che esse descrivon particolareggiatamente il corpo umano. Si trovan collocate in un lungo corridoio: in verità il luogo è un pò ombreggiato, ma la loro bellezza lo rende artisticamente colorato.
Se ben ci pensiam, Mascagni un messaggio ce l’ha dato;
è quello che già Dante aveva sottolineato: “Fatti non foste a viver come bruti,ma per seguir virtute e canoscenza”.
Ma… adesso basta con le dotte citazioni, di Mascagni certamente ricorderem le grandi azioni! A lui la nostra scuola abbiam intitolato perchè il suo nome, dalle nuove generazioni, sia sempre ricordato.
È tardi.
Poniamo fine a questa filastrocca semiseria scritta per star insieme e per raccontare… per comunicare e per scherzare…
per imparare e per divertire…
e tutti insieme gioire.
È stato un gioco, una scommessa, una gran voglia di fantasia, per salutare tutti con simpatia.Scuola Media di Pomarance Classe Seconda Sez. A. – Anno scolastico ’92-93
MONS. VEZIO DELL’OMO
RICORDO NEL 5° ANNIVERSARIO DELLA MORTE
Da tempo questa rivista “La Comunità di Pomarance” ha preso la bella iniziativa di ricordare i nostri paesani più significativi per riproporli a chi li ha conosciuti e per farli conoscere ai nostri ragazzi e giovani che li sentono nominare.
Fra queste persone ha un posto di rilievo la figura di Mons. Vezio Dell’Omo deceduto il 15 settembre 1984 dopo breve malattia, a seguito di una operazione chirurgica.
Ma chi era Mons. Vezio? La risposta più scontata e immediata mi sembra questa: era un nostro concittadino, un autentico e vero pomarancino, molto attaccato al paese dove era voluto tornare ad abitare. Mons. Vezio era nato, infatti, a Pomarance il 18 giugno 1910 figlio di Giovanni e di Dei Teresa. A 12 anni era entrato nel Seminario Vescovile di Volterra ove il 17 marzo 1934 fu ordinato sacerdote da Mons. Dante Maria Munerati. Il giorno successivo, domenica 18 marzo 1934, celebrò la sua prima Messa Solenne all’altare maggiore della nostra Chiesa Parrocchiale attorniato da familiari e paesani. Proprio perché molto attaccato alla sua Chiesa ed alle tradizioni, allorché scadevano i cinquanta anni di vita sacerdotale mi chiese espressamente di poter celebrare la Santa Messa solenne delle sue NOZZE D’ORO SACERDOTALI proprio all’altare maggiore, nella forma liturgica con la quale l’aveva celebrata in quel primo giorno.
Appena sacerdote, il 23 maggio 1934 fu nominato parroco di Sant’lppolito ove, oltre al ministero sacro, svolse la funzione di maestro. Gli anziani di quei luoghi ricordano ancora di aver appreso le prime nozioni da questo sacerdote-maestro.
Con Bolla Vescovile del 17 marzo 1942, Mons. Vezio fu trasferito alla Parrocchia di Sasso Pisano ed infine, il 3 aprile 1951, fu nominato Priore di Sant’Agostino a Volterra. In tale Parrocchia è rimasto fino al 1 settembre 1980: il Vescovo aveva accettato le dimissioni a seguito delle sue precarie condizioni di salute. Ma il dover lavorare per il Signore ardeva in lui. Per questo motivo dal 1981, fino al momento della sua morte, prestò servizio come Vicario Parrocchiale, nella limitrofa Parrocchia di Libbiano ove ha profuso tempo, energie e passione per le opere artistiche li presenti che portò a restaurare.
Durante il periodo volterrano. Mons. Vezio fu chiamato a svolgere altri incarichi oltre a quello di parroco. Fu insegnante nel Seminario Diocesano (ricordo di aver ricevuto lezioni da lui nella scuola media); fu assistente diocesano della Gioventù Italiana di Azione Cattolica e degli Uomini di Azione Cattolica. Il 31 luglio 1962 divenne Direttore dell’ufficio Amministrativo Diocesano, un incarico che ha svolto sempre con grande impegno e scrupolosità perché, diceva, le cose che amministro non sono mie, ma della Chiesa e quindi dobbiamo non solo conservarle, ma migliorarle.
Per il suo impegno e donazione alla Chiesa, il 31 ottobre 1958 fu associato al Capitolo della Cattedrale di Volterra con il titolo di Canonico Primicerio e, a seguito della sua rinuncia a Priore di Sant’Agostino, fu elevato alla dignità di Canonico Proposto. Con questa onorificenza tornò in mezzo a noi venendo ad abitare con i suoi parenti in Via XXV Aprile, dando una mano anche in Parrocchia per le Confessioni e le Sante Messe.
Mons. Vezio che da piccolo era tanto vivace, da adulto era divenuto di una precisione e puntualità eccezionali. Si poteva stare tranquilli che quando diceva una cosa, la portava a termine.
Ma il suo carattere “pomarancino” era rimasto ben vivo anche sotto la veste talare. Infatti, con fare e dire arguti, narrava episodi “di quei tempi” e ricordava i “vecchi pomarancini” con ilarità e con i soprannomi che allora, ma anche oggi, si usavano.
Il “suo Pomarance” lo aveva sempre nel cuore e per questo ha voluto ritornarvi e qui è stato sepolto nella Cappella del Cimitero accanto al suo Proposto Don Carlo Balsini e a Mons. Giulio Paoletti.
Sulla tomba, semplice come era di carattere, vi è una sua fotografia rivestito dei paramenti sacerdotali e una breve scritta: MONS. VEZIO DELL’OMO, CANONICO DELLA CATTEDRALE.
Una vita spesa per la Chiesa Volterrana, un attaccamento alla sua Chiesa Pomarancina.
Desidero terminare questo articolo con un ricordo personale. Appena fui eletto Proposto di Pomarance, mentre ancora nessuno conosceva la mia nomina, mi pervenne una sua lettera con la quale, da Pomarancino, dava il benvenuto al suo nuovo Proposto. Quel gesto mi fece impressione e piacere.
Ora dal Cielo, con il suo fare arguto e faceto, certamente ci ricorderà tutti, nome per nome e noi desideriamo ricordarlo ancora. a distanza di cinque anni dalla sua morte, con la gioia sul volto come lo vedemmo nel giorno delle sue NOZZE D’ORO SACERDOTALI, mentre, con animo giovanile e lieto salì i gradini dell’altare di San Giovanni Battista che già gli preparava la salita ai gradini della gloria eterna.
Don Piero Burlacchini
Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.
MONS. GIULIO PAOLETTI
10° ANNIVERSARIO DELLA MORTE
Il 15 maggio 1979, Mons. Giulio Paoletti, Proposto da 26 anni della nostra Parrocchia San Giovanni Battista in Pomarance, decedeva presso Albinia in un incidente stradale insieme all’autista Sprugnoli Cassiano.
La notizia del tragico incidente giunse al Comando dei Carabinieri nel primo pomeriggio di quel giorno provocando in tutti i pomarancini dolore e sgomento.
Ma chi era Mons. Giulio Paoletti?
Nato a Casole d’Elsa il 24 marzo 1913, fu ordinato sacerdote il 24 novembre 1935 da S. E. Mons. Dante Maria Munerati. Dapprima parroco di Collalto dal 1936 al
- settembre 1937, in tale data fu trasferito a Pignano dove rimase fino al 13 marzo 1946. Successivamente andò a Bibbona dove esercitò il suo ministero sacerdotale fino al 13 maggio 1953, allorché venne a Pomarance come Proposto.
È rimasto tra noi fino al momento dell’incidente del 15 maggio 1979, mentre si recava all’Argentario a visitare il luogo ove avrebbe desiderato portare i ragazzi con le loro famiglie per la consueta gita parrocchiale.
Sono trascorsi dieci anni da quel doloroso evento e credo sia giusto e doveroso ricordare alla Comunità intera questo sacerdote che ha dedicato tante energie per
- bene di Pomarance.
Mons. Giulio Paoletti: per i nostri bambini più piccoli è una persona che viene loro ricordata da noi grandi come colui che ha costruito l’Oratorio Parrocchiale; per i giovani, adulti e anziani é una persona con la quale si sono condivisi tanti momenti lieti, quali battesimi, cresime, prime comunioni, matrimoni e momenti tristi, quali funerali ed altri eventi dolorosi. Per tutti, Mons. Paoletti è stato un punto di riferimento. Infatti Monsignore ha amato Pomarance ed ha dato tutto se stesso per il bene e la crescita di questo paese. Ha vissuto in mezzo a noi con semplicità di vita, senza imporre, ma proponendo a tutti il messaggio evangelico con uno stile di vita fatto di cose semplici e piccole. Un richiamo, credo, che valga ancor oggi per tutti noi.
Ricordare un Sacerdote, il Proposto, Monsignore, come ormai tutti lo chiamavano, è ricordarlo come prete fedele a Dio, fedele alla Chiesa, fedele al suo popolo.
A questo popolo ha lasciato la sua testimonianza, ha lasciato come segno tangibile l’Oratorio Parrocchiale dedicato all’apostolo dei giovani San Giovanni Bosco.
Già, i giovani. Di lì sono passati e passano ancor oggi i nostri bambini, ragazzi e giovani. Mons. Paoletti, confidando nell’aiuto di Dio, nel maggio 1958 vi pose la prima Pietro. Cinque anni di lunghe fatiche, di preoccupazioni, ma finalmente nel 1963 l’Oratorio Parrocchiale fu pronto e spalancò le porte ai nostri giovani.
Da 26 anni in questo luogo, la gente di Pomarance si ritrova per le più svariate ragioni: da quelle pastorali ed educative, a quelle formative e di divertimento. Mons. Paoletti godrà certamente nel vedere che la sua opera continua a portare il frutto.
Molte altre cose si potrebbero dire di Monsignore: la cura dei malati, l’attenzione alle realtà del paese, le A.C.L.I., il desiderio di riunire tutti ecc., ma credo che egli preferisca ancora una volta passare in mezzo a noi con il suo modo fatto di dialogo e di semplicità.
È rimasto fra noi con le sue spoglie mortali nella cappella del Cimitero. Sacerdote zelante da vivo, è ancora fra noi con la preghiera e con il bene che ha seminato.
Ricordarlo nel Decimo anniversario della sua morte significa ringraziare Dio di avercelo donato ed impegnarci a far sì che quello che Lui ha intrapreso e portato avanti con impegno e fatica, insieme possiamo continuarlo e migliorarlo a fare a favore di tutti e soprattutto per i nostri giovani perchè possano crescere percorrendo la via della rettitudine, dell’onestà e del bene.
Don Piero Burlacchini
Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.
MICHELE MARULLO: SOLDATO POETA DEL RINASCIMENTO
A Pomarance siamo orgogliosi di avere la Chiesa Parrocchiale molto bella, che racchiude fra le sue mura opere d’arte famose dei secoli passati. Ma credo di non sbagliare se affermo che pochi pomarancini sono a conoscenza che si conserva pure la tomba di un famoso soldato e poeta del Rinascimento e cioè la tomba di Michele Marullo.
È collocata sulla parete interna della facciata, sul lato sinistro appena si entra. Le domande che vengono spontanee sono due: chi era Michele Marullo? Perché le sue ceneri si trovano a Pomarance? Marullo, nato a Costantinopoli nel 1453 da nobile famiglia greca, era un buon poeta, un uomo coraggioso e molto importante nel periodo del Rinascimento quando ogni persona istruita leggeva la lingua latina. San Tommaso Moro lodava le sue poesie e Ronsard, in Francia, faceva altrettanto.
Nella dedica alle poesie di Lorenzo di Pierfrancesco, Marullo afferma che, quando deponeva la spada, prendeva i libri ed era contento di leggere e studiare il latino.
Marullo, quindi, soldato e poeta, ha scritto molti e bei versi in lingua latina.
Proprio per questa sua indole di studioso, nell’aprile del 1500, venne a Volterra e fu ospite del sacerdote erudito Raffaele Maffei, chiamato il Volterrano, che aveva scritto dei libri su Omero, Aristotele, Senofonte e aveva tradotto Giovanni di Damasco e Procopio dal greco in latino. Raffaele Maffei aveva invitato il poeta Marullo come dotto greco, perché lo aiutasse nelle sue traduzioni. Poco tempo dopo la Pasqua del 1500, Marullo, malgrado una forte pioggia e l’esortazione del suo ospite a rimanere, decide di lasciare Volterra passando dalla Porta Etrusca per dirigersi verso Sud. Il poeta probabilmente era diretto verso Piombino che si trovava ancora nelle mani del suo vecchio amico Jacopo IV Appiano, ma che era minacciato allora da Cesare Borgia.
Ad otto chilometri a Sud di Volterra la strada era sbarrata dal fiume Cecina rigonfio dalle molte acque.
Paolo Cortese, amico del Marullo, afferma che il poeta fu consigliato dai contadini del luogo a non attraversare il fiume perché pericoloso. Ma il poeta non volle ascoltare i loro consigli. Quindi, spronato il cavallo verso il fiume in piena, l’animale inciampò, cadde addosso al poeta impedendogli di liberarsi morendo così travolto dalle acque minacciose del fiume. Per ordine di Raffaele Maffei, il poeta fu sepolto nella nostra Chiesa Parrocchiale.
La lapide originaria della tomba non esiste più. Quella attuale fu dettata dall’Arciprete Anton Nicola Tabarrini nel 1833 allorché la Chiesa Parrocchiale subì un totale restauro. In questa lapide fu aggiunta una particolare notizia e cioè che Marullo aveva l’intenzione di visitare Pomarance per “relaxando animo” cioè per riposarsi. Non sappiamo di preciso quale fosse il motivo della sua venuta. Su questo poeta ‘‘scrittore di elegantissimi versi latini”, lo scorso anno è stata scritta una bella biografia della signora CAROL KIDWELL che è docente universitaria in Inghilterra. Un libro di ben 323 pagine pubblicato il 23 marzo 1989.
La signora, con squisitezza di animo, ha inviato in Parrocchia una copia del libro affermando “che la sua Chiesa doveva avere una copia di questa biografia”. Infatti, oltre ad alcune pagine nelle quali parla espressamente di questo episodio della morte del poeta, vi sono stampate ben tre foto della facciata e della tomba del poeta.
L’autrice venne a Pomarance nel 1983 ed in questi anni ha steso questa biografia scritta naturalmente in lingua inglese.
Questo ci fa comprendere come Marullo fosse grande e stimato poeta tanto da meritare la pubblicazione di un libro.
Lo scrittore Ronsard scrisse un epitaffio su Marullo che così conclude:
“che sempre leggera sia la terra alle tue ossa, e su questa tomba che rinserra uno spirito sì bello sempre rampichi la verde edera’’ Motivo di vanto il custodire questa tomba, motivo per essere più attenti a ciò che di bello ed importante abbiamo, motivo per leggere e per possedere, almeno nella Biblioteca Comunale e nelle scuole, questo volume.
Un grazie di riconoscenza all’autrice signora CAROL KIDWELL per averci fatto conoscere questo illustre poeta e scrittore che dona vanto anche al nostro paese.
Don Piero Burlacchini
NOTE BIBLIOGRAFICHE
CAROL KIDWELL – Marullus: Soldier Poet of the Renaissance.
CAROL KIDWELL Sanderstead House Rectory Park Sanderstead Surrey CR2 9JR INGHILTERRA.
Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.
MARIO BARDINI: “FACCIAMOGLI TANTO DI CAPPELLO”
IL CAVALIERE MARIO BARDINI FONDATORE DELL’ISTITUTO DEL SACRO CUORE DI POMARANCE
Il Cav. Mario BARDINI, figlio del Cav. Giuseppe, facoltoso volterrano, e della Sig.ra Enrichetta dei Marchesi BALLATI NERLI, senese, nacque a Volterra nell’anno 1818. Residente a Pomarance come ricco proprietario terriero e consigliere del nostro Comune, ebbe in sposa la Sig.ra TETTI Antonietta di ricca famiglia borghese. Insieme alle sorelle, Antonietta maritata al Conte Galli – Tassi e Francesca (Fannj) sposa del Cav. Tito Cangini, ereditò una vistosa fortuna. In accordo con la consorte, il Cav. Mario decise di devolvere questa parte di eredità alla costruzione di un Istituto, che poi intitolò al “Sacro Cuore”, per l’istruzione e l’educazione del popolo. Mise a disposizione un rilevante appezzamento di terreno di sua proprietà, sito in via dei Mandorli, affidando all’Architetto Prof. PASQUALE FALDI di Peccioli la direzione dei lavori e la soprintendenza a tutti gli incarichi. Fu così che nell’anno 1884 ebbe inizio l’opera. Un enorme sbancamento nella zona tufacea servì alla preparazione di profondi pozzi per la raccolta dell’acqua piovana che in seguito fu usata per il fabbisogno della fabbrica. La pietra ricavata da questo lavoro fu utilizzata insieme a molta altra all’edificazione del maestoso complesso edilizio. I suddetti pozzi dettero in seguito ricchezza all’edificio fornendo acqua buona a tutti i servizi. I lavori volgevano a termine, l’opera dell’Architetto stava per concludersi. L’edificio era imponente, ben strutturato sotto ogni aspetto e capace di ospitare un rilevante numero di educande, ma per i coniugi Bardini sorgeva un grosso problema: a chi affidare l’incarico di dirigere un’opera di tale importanza?
Come mandata dalla Provvidenza, venne a passare da Pomarance per recarsi a Volterra una suora, e saputo questo fatto si presentò ai coniugi dicendo di avere costituito nel 1868 una congregazione detta delle “Sorelle dei poveri di Santa Caterina”. Questa suora era Madre SAVINA PETRILLI, nata a Siena il 29 agosto 1851, figlia di Matilde Vetturini e di Celso Petrilli, di poca costituzione ma di tanta volontà. Era riuscita in pochi anni, tutti dedicati alla carità, a realizzare costruendo Case Pie in varie località, prima fra tutte a Firenze, poi a Montespertoli, Celle sul Rigo, Volterra e Roma.
I coniugi Bardini furono ammirati e manifestarono immediata fiducia a questa suora sino a pregarla con le lacrime agli occhi, perchè aggiungesse alle altre anche questa opera di Pomarance.
Convinta dalla cordialità e dall’accoglienza dimostratale, Madre Savina non indugiò ad accettare una simile occasione. Così quando nel febbraio 1889 avviene la fastosa inaugurazione del grande complesso, Madre Savina è pronta a tenerne la direzione ed insieme ad altre consorelle dello stesso ordine inizia il suo lavoro. Nell’anno 1893, sempre per volere di madre Savina, viene commissionato all’artista pittore Alessandro Franchi il dipinto del Sacro Cuore a cui è dedicato il convitto di Pomarance. Il dipinto si trova tutt’oggi presso la Chiesina dell’istituto. Proprio quest’anno il 24 aprile a Roma, con udienza particolare, il Papa ha accolto le suore di questo ordine per assistere alla Beatificazione di Madre Savina.
Credo che un’opera come ci ha lasciato il Cav. Mario Bardini non abbia bisogno di presentazione, perchè tutti noi paesani abbiamo avuto l’occasione e la possibilità di apprezzarne i requisiti, lo personalmente ricordo ancora quando negli anni trenta frequentavo l’Asilo Infantile e “Suor Raffaella”, maestra d’asilo, nelle giornate piovose, ci intratteneva nella sala giochi e lì si cantava, si giocava e si facevano i primi segni sul quaderno a quadretti, le cosiddette “aste”, i primi tentativi per imparare a tenere la penna in mano e a stare sul rigo. Poi, alla fatidica ora del pasto, ci mettevamo in fila ed al canto di:
- andiamo a tavola
- compagni cari
- che questa è l’ora
- del desinare
- tutto è buonissimo
- tutto ci piace
- andiamo a tavola
- in santa pace
si arrivava ai famosi tavoli metallici con il ripiano in marmo bianco; ogni tavolo aveva sei buchette rotonde per inserirvi le ciotole in alluminio allo scopo di non rovesciarne il contenuto.
Che profumo quel minestrone, tutto particolare, con la prevalenza dei fagioli fra gli altri legumi! Era una leccornia (25 anni dopo ho risentito lo stesso odore quando vi ho accompagnato mio figlio Mauro). Non mancava il rituale “Discorsino” per le feste tradizionali, tanta trepidazione e divertimento. Poi il cortile, la passeggiata in fila alla statua della Madonna posta in una grotticella che sembrava tanto lontana in fondo ad una stradina. Quando infuriava il temporale, c’era chi aveva paura, ed allora tutti compunti e devoti ci portavano nella chiesina del Sacro Cuore e mentre ad ogni lampo la suora, ripeteva “Santa Barbara benedetta liberaci dal tuono e dalla saetta”, le interne, come per incanto, dall’alto delle grate poste alle spalle di chi pregava, intonavano con le loro voci angeliche laudi alla Madonna che servivano a distrarre i piccoli impauriti. L’istituto era sicuro per questi temporali perchè era munito di parafulmini, ma questa sicurezza serviva solo alle mamme, e sino a tal punto che una volta che ci fu addirittura una piccola scossa tellurica una di queste disse: “meno male il bimbo è all’asilo, almeno lì ci sono i parafulmini ed è al sicuro”.
Tra i tanti ricordi c’è anche quello di “GENESIA”, una donna atta alle fatiche più pesanti come la lavatura dei panni, e ripagata con l’inserimento nel numero dei conviviali; era vecchia, malmessa, camminava male, trascicava i piedi gonfi dai geloni, racchiusi in un paio di pantofole sgangherate che portava estate ed inverno, sempre quelle. Spesso noi bambini che si giocava sotto i loggiati del piazzale rialzato, ci avvicinavamo ad una pompa con una grossa ruota che serviva a bilanciare le forze di chi girava per tirar su l’acqua ai lavatoi, ma se per caso Genesia ci vedeva ci scacciava urlando; quel luogo era il suo regno. A quell’epoca si andava alle scuole elementari anche a sette anni, e di asilo se ne faceva.
Per oltre mezzo secolo l’istituto del Sacro Cuore ha adempiuto degnamente la volontà del suo fondatore: nei suoi locali, sotto la guida delle suore, hanno trovato sicuro rifugio tante bambine verso le quali la sorte non era stata benevola; l’asilo, allora il solo nel paese, ha accolto la maggior parte di noi nella prima infanzia; la Scuola Elementare femminile è stata aperta fino a circa trent’anni fa, poi l’Ambulatorio Comunale che vi fu trasferito dopo la distruzione del precedente ubicato sull’angolo di Via Camillo Serafini, e fatto saltare dalle truppe tedesche in ritirata per ostacolare l’ingresso in paese agli americani in arrivo. Tra quelle mura si sono svolte altre attività, che possiamo definire marginali, e che non ritengo di elencare, ma ricordo soltanto che l’istituto è sempre stato aperto a recepire e soddisfare ciò che la cittadinanza gli ha domandato. Oggi l’istituto ospita persone anziane, ma anche con questa nuova destinazione non è venuto meno al suo ruolo di essere utile alla comunità. I nostri uomini di comune con delibera del 18 maggio 1898 vollero onorare questo insigne signore ribattezzando col suo nome la via che conduce all’istituto da lui fondato e che fino ad allora era conosciuta come via dei Mandorli.
Con questa breve rievocazione anche noi oggi vogliamo rendere omaggio a Mario Bardini per la sua generosità e benevolenza verso la popolazione del nostro paese.
Giorgio
BIBLIOGRAFIA:
Savina Petrilli – “Come pane spezzato” – Ed. MESSAGGERO Padova 1987 “Rievocazioni Storiche” di Edmondo Mazzinghi-LA COMUNITÀ DI POMARANCE anno Vili n° 3 – 4 maggio agosto 1975
Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.
LUIGI BONUCCI
SCULTORE
LUIGI BONUCCI è uno scultore pomarancino che ha lasciato nella sua città numerose testimonianze della sua attività.
A Pomarance per onor del vero, vi ritornò in tarda età, dopo aver percorso il suo itinerario stilistico in Firenze ove ottenne premi e riconoscimenti anche importanti.
Il BONUCCI è uno scultore semplice nel linguaggio tipicamente ottocentesco come dimostrano i busti, i ritratti dei personaggi con le uniformi decorate e con gli enormi baffi che decoravano i volti di allora.
Sconosciute al grande pubblico le piccole sculture di chiara ispirazione naturalistica come i pastori con greggi, gli animali solitari, costituiscono gli esempi più belli nel panorama scultorio del BONUCCI. Anche il Re se ne accorse acquistando un gruppo nel lontano 1907.
Numerosi i bassorilievi, i medaglioni così diversi nell’impostazione concettuale rispetto ai grandi monumenti rievocativi.
Una Mostra interessante, senz’altro da vedere, un’occasione da non perdere per conoscere una personalità di questa ricca comunità pomarancina.
Renato Frosali
Tra i personaggi più o meno famosi che si sono distinti nelle arti figurative a Pomarance fin dai primi anni del ’900, meritano una rivalutazione la figura e l’opera dello scultore “professionista” Luigi Bonucci.
Appartenuto ad una delle più accreditate e prestigiose generazioni di falegnami mobilieri meglio conosciuti come i “FALUGI”, svolse la propria carriera artistica prevalentemente a Firenze dove, frequentando gli ambienti artistici della città, partecipò a mostre e concorsi nazionali.
Nato a Pomarance il 9 aprile 1871 da Claudio Bonucci, detto il Falugi, e da Maria Bufalini, fu il secondogenito di quattro figli e l’unico che per fare l’artista non intraprese il mestiere del padre.
Gli altri fratelli Carlo, Vittorio e Federigo perseguirono l’attività artigianale di falegnami sino alla metà degli anni ’50. Avviato ben presto alla bottega del “Falugi” e scopertagli una certa predisposizione al disegno ed alle materie artistiche, fu inviato a studiare all’Accademia delle Belle Arti di Firenze dove, per un certo periodo, fu ospitato nella casa fiorentina del Sig. Emilio Bococchi, grande amico di suo padre, e da questi mantenuto agli studi.
Alcuni diverbi con dei professori di Accademia, gli comportarono l’espulsione dalla scuola. Conseguentemente si iscrisse all’istituto Professionale di Belle Arti dove conseguì attestati ed importanti riconoscimenti artistici.
Dalla scarsa documentazione non è stato possibile datare la sua partenza da Pomarance, certo è che nel 1888 era a Firenze. Nel 1889, a soli 17 anni, si innamorò e sposò una certa Galletti Annunziata (vedova Sorri) alla quale rimase legato per tutta la vita. Ella possedeva a Brozzi, in quel di Sesto Fiorentino, un negozio ed una casa dove lo stesso Bonucci impiantò un suo studio artistico di scultura.
Dell’autore sono rimaste soltanto alcune opere in gesso ed altri disegni conservati nella casa paterna dei “Falugi” di Via Mascagni (attualmente degli eredi Zanella). Trattasi per lo più di piccoli bozzetti, bassorilievi in terracotta, studi a matita, ad acquarello ed a china, realizzati tra i primi del 900 e gli ultimi anni del 1950. Alcuni suoi bronzi si possono osservare presso il Monumento dei Caduti, (’Ambulatorio Comunale, nell’ufficio del Sindaco ed anche nella nostra Chiesa Parrocchiale.
Gran parte delle altre sue sculture, disperse chi sa dove dopo il passaggio dell’ultima guerra, furono pubblicate da importanti riviste culturali ed artistiche dell’epoca come l’ARTISTA MODERNO di Torino. In questo periodico, stampato dai primi del ’900 fino al 1926, furono pubblicate fotografie riguardanti alcuni suoi bozzetti esposti nelle più prestigiose gallerie d’arte contemporanea, tra cui quelle di una scultura acquistata in seguito da S. M. il Re d’Italia.
La stessa rivista artistica lo annoverava tra i migliori artisti fiorentini del primo novecento insieme a pittori come Bastianini ed altri. Molte foto dei suoi lavori furono raccolte dallo stesso autore in un catalogo dove sono annotati titoli di varie opere, i relativi premi conseguiti nonché gli anni della loro esposizione.
Dei suoi anni di Accademia sono conservati solo alcuni disegni, studi di figure e di opere architettoniche che denotano la formazione classica di stampo ottocentesco.
Nel 1901 conseguì presso la Scuola di Arti Decorative di Firenze l’attestato e Medaglia di Bronzo come Intagliatore di legno; l’anno successivo ricevette la Medaglia d’Argento come Modellatore, che conseguì anche l’anno dopo (1903).
Nel 1904 partecipò ad un concorso per un Medaglione organizzato dalla Camera di Commercio di Pisa classificandosi al secondo posto. La notizia fu riportata su di un articolo del CORAZZIERE di Volterra nel quale l’autore venne plagiato per aver donato due busti in gesso che adornavano la Sala del Consiglio Direttivo della Società Liberale Monarchica di Pomarance: …un nostro socio e compaesano, il giovane Luigi Bonucci, allievo della Scuola d’Arte Decorativa di Santa Croce a Firenze, ha modellato ed ha condotti a termine in creta, i due busti, del Be Liberatore e di Vittorio Emanuele III, con raro discernio artistico, e li ha regalati ai consoci come ricordo…Queste due opere attualmente dovrebbero trovarsi nelle soffitte del Palazzo ex Pretura.
Attorno al 1905 ricevette ancora una borsa di studio per un bozzetto, acquistato dal Ministero della Pubblica Istruzione nella Esposizione Annuale di Belle Arti di Firenze, intitolato “Stornelli Toscani”.
Il maggior successo artistico di Luigi Bonucci si ebbe attorno al 1907 quando conseguì un importante riconoscimento artistico del Re d’Italia e contemporaneamente ricevette alcune commissioni di opere commemorative di alcuni personaggi illustri.
Nello stesso anno presentò all’annuale Esposizione Artistica di Firenze un bronzo intitolato “Riposo alla Fonte” che fu acquistato da Sua Maestà il Re d’Italia. La notizia fu riportata da varie riviste artistiche, da giornali nazionali e locali che così si esprimevano: … e noi che abbiamo veduto il lavoro in creta ed in gesso possiamo affermare che tanto il pastore come le sue pecore, sono modellate con sicurezza, con sincerità: è un lavoro riuscito.
È interessante un biglietto della
Società delle Belle Arti indirizzato allo stesso Bonucci per riscuotere i
soldi della sua opera: … La prego passare domani mattina (venerdì) da
questo ufficio per riscuotere i danari per la vendita del suo bronzo a S. M. il
Re d’Italia. Sono all’ufficio dalle 9 alle 11,30 e dalle 2 alle 6 …
In una sua Biografia pubblicata su L’ARTISTA MODERNO di Torino l’anno successivo veniva menzionato come allievo del Prof. Rossi di Firenze e veniva così espresso un giudizio critico sull’autore: “… / suoi bronzi hanno un’efficacia espressiva notevolissima e dimostrano una mano ferma e maestra. Molte furono le mostre che accolsero le sue sculture ed in tutte egli ebbe ammiratori e plausi. Questa rivista ospitò diversi suoi lavori ed è lieta di poterlo annoverare fra i suoi collaboratori più attivi”. Un altro bozzetto di successo fu quello del 1908 intitolato “In bocca al lupo” raffigurante un cacciatore con una muta di cani al guinzaglio acquistato dal Marchese Bartolini Salimbeni. La rivista LO SCULTORE E IL MARMO di Milano descrivendo l’opera asseriva: ‘‘Un solido lavoro di Luigi Bonucci, molto interessante per la fattura corretta e di abbastanza efficacia espressiva, che è una premessa assai lusinghiera per il suo avvenire”
Visti i successi del Bonucci, il Comune di Pomarance, attorno al 1908, commissionò allo scultore stesso il busto commemorativo del Senatore Marco Tabarrini, per essere collocato sull’edificio scolastico a lui dedicato in Via Bardini. Il busto del Tabarrini, attualmente posto nell’ufficio del Sindaco di Pomarance, fu modellato attorno al 1909; nello stesso anno il calco in gesso fu portato alla fonderia fiorentina di Gismondo Vignoli per la fusione in bronzo. Esiste infatti una fattura del 2 ottobre 1909 inviata dal Bonucci al Comune di Pomarance contenente una spesa di lire 499 per essere stato in fonderia a ritoccare il calco in cera prima della fusione.
L’opera fu inaugurata due anni più tardi in occasione della apertura delle scuole maschile e femminile del comune di Pomarance dedicata al grande Senatore Pomarancino.
La scultura in bronzo venne portata a Pomarance il 25 ottobre 1909. Il comune in quella data stanziò a Luigi Bonucci lire 7,80 per alcune spese occorse per l’imballaggio ed il trasporto da Firenze a Pomarance.
Il Corazziere di Volterra del 22 ottobre 1911 (data dell’inaugurazione della scuola) elogiava l’artista dedicandogli un articolo: ‘‘Termino con un caldo elogio all’amico Luigi Bonucci, autore magnifico del Busto, augurandogli una carriera splendida nell’arte cui con amore dedica tutta la sua volontà ed il suo promettente impegno”.
È del 1911 un bassorilievo pubblicato sulla rivista L’Artista Moderno intitolato “Il Progresso” di cui furono fatte anche una serie di cartoline edite da Vittorio e Federigo Bonucci Fotografi. L’opera fu inviata al Concorso Nazionale della Società Internazionale della Pace a Roma e sembra che a causa della guerra Italo Turca l’esposizione non fosse stata allestita. Non potendo essere ritirati dagli autori i lavori rimasero a Roma dove furono acquistati dal Principe Reza che, con la scusa di fare una esposizione a Nizza, li imbarcò trasportandoli in Persia.
Alcuni dei suoi lavori furono acquistati attorno al 1916 dal sig. Emilio Bicocchi ed attualmente si trovano inventariati tra molti altri oggetti nel costituendo Museo Bicocchi di Via Roncalli a Pomarance. Sono due bozzetti in gesso raffiguranti uno un cane da caccia (datato 1914) e l’altro un pastorello ed una capretta intitolato “La preferita”.
Nel 1915 partecipò ad un concorso per un francobollo indetto dalla rivista L’Artista Moderno di Torino.
È del 1917 un bel bozzetto intitolato “In cerca del proprio capezzolo” raffigurante “una scrofa” con i maialini intenti a succhiare.
Dopo la fine della prima guerra mondiale l’autore realizzò diversi modelli di lapidi per commemorare i caduti di quella guerra.
L’era fascista, che prediligeva tutto ciò che riportava al grande impero romano, influenzò certamente il cinquantunenne Luigi Bonucci. I suoi lavori, anche quelli di carattere religioso furono accompagnati da elementi inneggianti il fascismo come ad esempio i Fasci Littori. Questi elementi gli consentirono di lavorare, scolpire ed avere commissioni.
Nel periodo tra il 1922 ed il 1925 realizzò un medaglione raffigurante l’immagine di Mussolini di cui rimane solamente una piccola foto nell’archivio Zanella; dello stesso periodo è anche l’immagine di un Medaglione intitolato Natalis Urbis (Natali di Roma).
In quegli anni scolpi un San Giovanni Battista in terracotta che fu collocato nella pila del Battistero della Chiesa Parrocchiale di Pomarance. Eseguì inoltre una lampada votiva dedicata ai caduti della l° Guerra Mondiale collocata nelTomonima cappella della chiesa Propositura. Datato 1925 è invece un bassorilievo in terracotta collocato sopra la porta della canonica nel quale sono raffigurati al centro il Monogramma di San Bernardino da Siena (IHS) attorniato da un tralcio di frutti sorretto da tre angioletti.
Lo scultore ritornò a Pomarance insieme alla moglie Annunziata il 2 settembre 1927 all’età di 66 anni. Lasciata la casa di Sesto Fiorentino, lo scultore Luigi Bonucci venne incaricato dall’Associazione Combattenti e Reduci di Pomarance di eseguire l’aquila imperiale sopra il Monumento ai Caduti ’15 – ’18 nel parco della Rimembranza e di adornare con tre bassorilievi la parte bassa del monumento stesso. Alcuni modelli di questi sono conservati nella casa paterna ed erano stati ideati con gli stessi simboli dell’era fascista. Questi raffigurano uno scudo effigiato da un elmo della l° Guerra Mondiale, una Croce di Guerra ed un Fascio Littorio. Il tutto contornato da una corona con foglie di alloro e da due spade laterali la cui impugnatura presenta alla sommità la testa di un’aquila. Con la caduta del fascismo lo scudo con il fascio littorio fu asportato mutilando così un’opera che faceva parte della nostra storia.
Attorno al 1929 eseguì alcuni bozzetti per medaglie, nello stesso anno realizzò una serie di Madonne con Bambino in terracotta dipinta di cui alcuni esemplari possono essere visti uno lungo la via di S. Ippolito in un tabernacolo, ed un’altro murato sulla facciata della sua casa paterna di Via Mascagni. Anche in questo bassorilievo sono predominanti gli elementi inneggianti il regime come i fasci littori che avvolgendo il grano fanno quasi da cornice all’immagine sacra. Questa opera è datata 29 ottobre 1929.
L’anno dopo il Podestà di Pomarance lo incaricò di eseguire lo stemma del Comune di Pomarance che attualmente si trova presso l’ufficio Tecnico comunale. Due anni più tardi fu incaricato, sempre dal Comune di Pomarance, di eseguire una medaglia ricordo per la figura del Dottor Cercignani di Pomarance. Due anni dopo il Podestà gli affidò l’esecuzione di un busto alla memoria dello stesso dottore che venne collocato nel vecchio Ospedale di Pomarance. L’opera in bronzo attualmente posta presso [’Ambulatorio Comunale di Pomarance reca la data 1934. Interessanti sono alcuni disegni a china, 1936, nei quali sono disegnati alcuni scorci del vecchio paese come ad esempio i “Casalini”.
Nonostante l’età avanzata continuò a tenersi in esercizio dimostrando doti di grande temperamento artistico aiutando a i suoi fratelli nei loro lavori di intaglio di parti di mobili. Nel 1942 firmò un basso-rilievo raffigurante il battesimo di Cristo con il San Giovanni Battista.
Il passaggio della guerra, la fame, le difficoltà finanziarie costrinsero lo stesso Luigi Bonucci a vendere o regalare molte delle sue sculture o disegni in cambio di generi di prima necessità.
Nonostante le difficoltà di quel periodo e la scomparsa della moglie Annunziata, il settantaseienne Luigi Bonucci continuò a scolpire e modellare. È del dopoguerra lo stemma del Comune di Pomarance scolpito nel tufo e posto sopra la porta dell’edificio comunale, così come è del 1947 un leone in terracotta raffigurante il “Marzocco” (un leone seduto con la zampa sopra uno scudo raffigurante l’Arme del Comune di Pomarance). Sembra che questo fosse stato il modello per sostituire il vecchio Marzocco cinquecentesco distrutto da un carro armato tedesco nell’ultimo conflitto mondiale.
È in mio possesso una delle sue ultime sculture, datata 1949, recuperata in una discarica abusiva nei pressi di Pomarance.
A 78 anni, nel 1950, partecipò ad alcuni concorsi per dei manifesti di arte sacra a Pistoia e a Roma. Un particolare interessante di questi disegni a china è la scritta “RIPA D’ARANCIO” a testimoniare la sua origine pomarancina ed il suo attaccamento al paese d’origine.
Luigi Bonucci morì quattro anni più tardi (28/1/1954) all’età di 83 anni lasciando erede universale sua sorella Luisa Bonucci maritata Pineschi.
Jader Spinelli
Un ringraziamento doveroso per queste ricerche vada airing. Marco Zanella che ha consentito la visione delle opere e dei documenti privati conservati nella propria casa, così come un ringraziamento sincero vada ai Sig. Giovanni Baroni per la disponibilità nel documentare fotograficamente le opere dello scultore Bonucci.
COMUNITÀ MONTANA VAL DI CECINA
ASS. TURISTICA PRO POMARANCE
COMUNE DI POMARANCE
Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.