Archivi categoria: Personaggi

Descizioni e curiosità sui personaggi storici della zona di Pomarance ed Alta Val di Cecina.

MAURO BETTI

Nel 2015, in occasione della “Giornata della Memoria”, il sindaco R.Martignoni e l’avv. I. Bacci (allora assessore alla cultura) invitarono il sig. Mauro Betti ad una conferenza aperta che si svolse nel Teatro dei Coraggiosi. L’associazione culturale “I Risoluti,la storia continua” registrò l’evento e chi lo desiderasse, adesso può rivederlo qui nel nostro sito web.

Video della sua testimonianza.

A PROPOSITO DEL PITTORE CERCIGNANI

L’ESTIMO DELLA SUA FAMIGLIA, POSTE E PASSAGGI DI PROPRIETÀ

Tra le più famose personalità che si so­no distinte nel campo artistico a Poma­rance, certamente trova collocazione un pittore vissuto nella seconda metà del cin­quecento: Niccolò Cercignani. Meglio conosciuto con lo pseudonimo “Pomarancio il Vecchio”, per distinguerlo dall’altro “Pomarancio”, Cristofano Ron­calli che la tradizione vuole come suo al­lievo, ebbe i suoi natali nell’antico castello di “Ripomarance tra il 1530 – 1535. La sua famiglia originaria di Cercignano (Col­le vai d’Elsa) si era stabilita in loco dai pri­mi del XVI secolo e risultava possedere diversi beni nella corte di Ripomarance”. Formatosi artisticamente in ambito fioren­tino e collocato in quella corrente pittori­ca denominata “Manierismo” svolse la sua attività artistica prevalentemente nel Lazio e nell’Umbria; in Toscana lavorò so­lo negli ultimi anni della sua vita nella cit­tà di Volterra anche se a Pomarance gli è attribuita una Pala d’Altare conservata nella Chiesa Parrocchiale ed un pregevo­le volumetto di Disegni che è stato ogget­to di una Mostra nel dicembre 1988.

Ben poco sappiamo sulla vita di questo autore antecedentemente alla sua parten­za da Pomarance. Fonti storiche afferma­no che verso il 1564 il Cercignani lasciò Ripomarance per recarsi in Umbria dove si sposò con Teodora Caterucci di Città della Pieve dalla quale ebbe possessi ed alcuni figli tra i quali Antonio che fu abile pittore come il padre. Prendendovi stabi­le dimora il 31 luglio dello stesso anno, nominò procuratore, per alcuni possedi­menti in Pomarance, il notaio Alberto Lu­pivecchi. Infatti nonostante il suo trasfe­rimento in Umbria, il Cercignani risulta­va possedere ancora alcuni beni, già ci­tati da Don Mario Bocci (1), che furono venduti poco prima della sua morte a cer­to Giusto Cheli di Pomarance. Da uno stu­dio accurato sul documento d’estimo con lo stesso Don Mario Bocci, decifrando l’in­tricata grafia del Cancelliere del tempo nelle varie annotazioni dei cambiamenti di proprietà, sono scaturiti nuovi elementi che contribuiscono, se non altro, a fare un po’ di luce sul passato di questo no­stro artista.

Ben poco sappiamo sulla vita di questo autore antecedentemente alla sua parten­za da Pomarance. Fonti storiche afferma­no che verso il 1564 il Cercignani lasciò Ripomarance per recarsi in Umbria dove si sposò con Teodora Caterucci di Città della Pieve dalla quale ebbe possessi ed alcuni figli tra i quali Antonio che fu abile pittore come il padre. Prendendovi stabi­le dimora il 31 luglio dello stesso anno, nominò procuratore, per alcuni possedi­menti in Pomarance, il notaio Alberto Lu­pivecchi. Infatti nonostante il suo trasfe­rimento in Umbria, il Cercignani risulta­va possedere ancora alcuni beni, già ci­tati da Don Mario Bocci (1), che furono venduti poco prima della sua morte a cer­to Giusto Cheli di Pomarance. Da uno stu­dio accurato sul documento d’estimo con lo stesso Don Mario Bocci, decifrando l’in­tricata grafia del Cancelliere del tempo nelle varie annotazioni dei cambiamenti di proprietà, sono scaturiti nuovi elementi che contribuiscono, se non altro, a fare un po’ di luce sul passato di questo no­stro artista.

Nell’Estimo del 1571 (2) è annotato Nic­colò di Antonio Cercignani “dipintor” con gli infrascritti beni:

“Un luogo o vero Podere con casa per il lavoratore con terre lavorative arborate vi­gnate et sode luogo detto il Docciarello a 1° via; 2° Martino di Giovanni di Marti­no, 3° Batista di Giovanni Antonio Pelle­grini, 4° Comune di Ripomaranci et altri confini… tiene a linea dalla Cappella di Sancto Antonio nella Chiesa di San Mi­chele di Volterra… ne paga lire stimato L. 1300. A di Novembre (15)96 levato e po­sto a Simone di Bartolo a carta 275 per averlo compro per me Bastiano Ghetti Cancelliere… etc… paga lire…

Una vigna d’opere cinque incirca in det­ta corte luogo detto Cardeta a 1 ° via, 2° Bernardino di Piero Cheli, 3° Meo di Pie­tro d’Agnolo, 4° Domenico di Marsilio Fantacci stimato L. 100

Tutte queste poste erano sotto la posta del detto Niccolò in questo a 221 e furo­no levate e poste a Batista Corbolini in questo a 54 per permuta feceno fra di lo­ro et hora si ritornano al detto Niccolò per haverli riavuti per me Bastiano Ghetti Cancelliere…

A di 20 di Gennaio 1596 levata questa po­sta e messa a Paulo di Giusto Cheli in questo a 135 per haverla compra rogato Ser Andrea Sorbi per me Bastiano Ghet­ti Cancelliere…

Mentre la proprietà della vigna di Carde­ta risulta pervenutagli in eredità dal pa­dre Antonio, assieme ad una casa posta all’interno di Pomarance, il podere del Docciarello (3) fu acquistato posterior­mente alla sua partenza da Ripomaran­ce, quando cioè si trovava già a Città della Pieve. Infatti da un Estimo del 1544 il pa­dre di Niccolò Cercignani, chiamato An­tonio e suo fratello Pagolo, figli di Nicco­laio di Pagolo (Cercignani) possedevano, oltre a diversi appezzamenti di terreno, anche una casa posta in “Piano” confi­nante con il Cimitero e la Compagnia dei­la Vergine Maria, ed una vigna posta in Cardeta, che furono nella divisione dei due fratelli assegnati ad Antonio. (4) La parte dei beni spettanti a Pagolo fu venduta il 29 maggio 1559 a Giovanni di Damo. (Data che potrebbe indicare la par­tenza della famiglia da Pomarance e quin­di dello stesso Niccolaio per l’Umbria). Questi due possedimenti, cioè la casa in Piano e la vigna di Cardeta (5) sono an­notati anche nell’estimo del 1571 alla car­ta 221 r. in cui è indicato:

Niccolaio di Antonio di Niccolaio Cerci­gnani con i seguenti beni: una casa in det­to Castello alla Pieve a 1 ° via, 2° Gio Pie­ro e Bernardino di Paulo Chaini, 3° Beni della Compagnia di Sancto Giovanni, 4° Beni della Compagnia della Vergine Ma­ria Stimato L. 150

Una vigna di opere cinque incirca in det­ta corte luogo detto Cardeta confinata a

1° via, 2° Bernardino di Piero Cheli, 3° Meo di Piero d’Agnolo, 4° Domenico di Marsilio Fantacci Stimato L. 100

In fondo alla stessa carta è trascritto an­che l’acquisto, da parte del Cercignani, del podere “il Docciarello” il quale risul­ta essere stato comprato da maestro Ulivieri di maestro Giuliano Contugi il 29 aprile 1586. (6)

Podere “Il Docciarello” (1964).

Il 3 luglio 1588 tutte queste proprietà pas­sarono nuovamente, per permuta con lo stesso Niccolò Cercignani, a Batista di Michelagnolo Corbolini il quale cedette la casa, dove forse nacque il pittore, alla Compagnia della Misericordia. (7) Questa casa, nell’estimo di Batista Cor­bolini è segnalata con le medesime confinazioni di cui sopra, ma è indicata spe­cificatamente posta “…in detto castello in Piano alla Pieve…”.

ROMA. S. STEFANO ROTONDO
Deambulatorio.
(Autoritratto di Nicolò?)

Nel 1590 il pittore Niccolò Cercignani tor­nò nella sua terra d’origine per circa un triennio dove dipinse a Volterra alcune pale d’Altare, affreschi e dipinti per le più eminenti famiglie del luogo.

Nel marzo di quell’anno infatti le prorpietà di Docciarello e Cardeta furono nuova­mente permutate dal Corbolini allo stes­so pittore e la sua presenza in Ripomarance è confermata anche qualche tem­po dopo, quando il ‘‘Maestro Niccolò di Antonio Cercignani”, fa da padrino a Mi­chelangelo di Pietropaolo Santucci (8 lu­glio 1580).

Dopo il ritorno definitivo a Città della Pie­ve, nel 1594, dove ricevette la cittadinan­za onoraria, i beni di Pomarance furono venduti a Giusto Cheli nel gennaio 1596 e successivamente acquistati da Simone di Bartolo di Acquaviva. La vendita defi­nitiva delle suddette proprietà coincise da lì a poco, con la morte del grande “Mae­stro” che avvenne nell’ottobre dello stes­so anno.

Jader Spinelli

NOTE:

  • Don Mario Bocci – NOTIZIARIO PAR­ROCCHIALE – 1987
  • Archivio Storico di Pomarance F. 428 C. 226 r.
  • Il nome stesso Docciarello sta ad indi­care una sorgente di acqua potabile di limitata portata usata per uso domesti­co fin dai tempi antichi e che si trovava nei pressi deH’omonimo podere II Doc­ciarello. Questo casolare era ubicato sulla via detta dei Fontini nei pressi del­l’attuale Ambulatorio Comunale sul luo­go dove è stata edificata l’abitazione del sig. Giovanni Rasoini. Nei pressi, un tempo vi era scavata nella roccia tufa­cea, una Ghiacciaia che serviva per mantenere durante l’anno il ghiaccio al- l’Ospedale di Pomarance.
  • Archivio Storico di Pomarance F. 427 c. 190 r.
  • Cardeta è un appezzamento di terre­no nei pressi dei poderi Lucoli e Arbiaia.
  • Archivio Storico di Pomarance F. 428 c. 301 r.

Archivio Storico di Pomarance F. 428 c. 55 r. L’abitazione del Cercignani do­veva essere ubicata vicino all’attuale Battistero in prossimità dell’ex palazzo Burroni dove nacque tra l’altro anche la madre del grande anatomico pomarancino Paolo Mascagni.

Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.

DISEGNI DI NICOLÒ CERCIGNANI

MOSTRA FOTOGRAFICA NEL PALAZZO DELL’EX PRETURA

La mostra del “Cercignani”, che si è svolta nel dicembre u.s., ha desta­to curiosità, stupore e ammirazione, nei visitatori forestieri più che pomarancini. Molti gli intenditori, i quali si sono soffermati a lungo apprezzando le opere del Cercignani, sia quelle ar­chitettoniche che quelle decorative valutando sia quelle in seppia che le altre in colore. Elogiando l’ambiente adatto ed il cu­rato allestimento, iniziando dagli ele­ganti inviti distribuiti, agli addobbi di tipo robbiano, adattissimi all’occasio­ne, al catalogo illustrato con le dovu­te presentazioni. Un insieme che era ben intonato sia all’oggetto presenta­to sia all’epoca risalente al palazzo che la ospitava con il suo elegante sti­le dei tempi del Vicariato.

Studio di Costume Teatrale

Chi poi ha potuto assistere all’aper­tura preparata presso l’Hotel “IL POMARANCIO” arricchito dalla presen­za delle comparse in costume delle rappresentanze rionali, e con la ela­borata presentazione officiata dal Prof. Belardinelli, studioso del nostro concittadino, avendo in mano molte riproduzioni fotografiche del pittore ed altrettante notizie sui luoghi dove il Cercignani ha lavorato lasciando le sue tracce di buon pennello. Comunque l’iniziativa, che questa As­sociazione Turistica “PRO POMA­RANCE” ha proposto, ha raggiunto lo scopo prefisso mettendo in movi­mento gli esperti del ramo per l’attri­buzione dei particolari di studio di questo pittore del 500, un po’ accan­tonato, e non molto conosciuto. I ri­sultati si vedranno nel tempo, l’essen­ziale è che questa schiera di conosci­tori tragga da questa mostra un tipo di lavoro che rivalorizzi il Pomarancio. Quest’anno era, potremmo dire, l’an­no del Pomarancio, sia per il Cerci­gnani, sia per il suo allievo, il Roncalli. Per il Roncalli la sua presentazione iniziò con l’apertura del complesso al­berghiero a Lui intitolato inserito nel­la via omonima. Poi il PALIO STORI­CO DELLE CONTRADE, che nel set­tembre u.s. aveva per tema argomen­ti di storia locale e che inevitabilmen­te venne proposto addirittura da due rioni e così ben presentati da far vin­cere al Rione GELSO il premio in pa­lio trattando “IL NOSTRO POMARANCIO” articolato su dei quadri vi­venti dove i figuri si posizionavano su dei disegni incompleti sino a formar­ne l’immagine completa.

La visita dei rappresentanti della So­printendenza ha esposto i suoi pro­getti riguardo ad una riproposta di queste riproduzioni fotografiche con la possibilità di affiancarvi anche gli originali, e per dar ancora più risalto e valore alla cosa l’inserimento nello stesso ambiente di due dipinti, sem­pre del Cercignani, che si trovano momentaneamente presso la Pinaco­teca Comunale di Volterra per i re­stauri di cui abbisognavano.

La curiosità di questi particolari che si trovavano da svariati anni presso l’Archivio Storico Comunale, riposti sin dal lontano 1925, anno in cui il sin­daco di allora Sig. Onorato Biondi aveva acquistato ad un’asta di Mila­no è stata finalmente messa sul piat­to d’argento e posta all’attenzione de­gli studiosi.

Restiamo in attesa di eventuali svilup­pi riguardo alla promessa della So­printendenza ed all’ulteriore apporto della Amministrazione Comunale che si espresse di unanime accordo per questa iniziativa e disposta affinchè tutto potesse rendere onore ad un cit­tadino illustre. Noi dell’Associazione “PRO POMARANCE’’ saremmo ben lieti e disposti ad adoperarsi in ogni modo perchè questa riproposta ven­ga ancora ampliata e maggiormente divulgata in modo che possa essere iniziato uno studio didattico rimasto incompleto.

Studio di Calzare

Augurandoci che presto si possa ri­vedere aperta questa ricca presenta­zione e che si renda possibile trasfor­marla in mostra permanente con apertura programmata.

Il Consiglio tutto, dopo quanto sopra, si dichiara soddisfatto per la riuscita di questa iniziativa che è stata per l’Associazione Turistica un vero suc­cesso. Perchè questa mostra riuscis­se nel suo intento era necessario l’ap­porto esterno, e grazie all’Amministrazione Comunale che si è prodiga­ta mettendoci a disposizione un am­biente creato ad hoc ed offrendoci ospitalità per tutto il mese dell’aper­tura. Un sentito ringraziamento quindi al Sindaco ed al suo seguito che si sono dimostrati sensibili a tale inizia­tiva.

Un ringraziamento tutto particolare dobbiamo farlo al Prof. Belardinelli che si è dimostrato disponibile sin dal primo momento per aiutarci in que­sta impresa di ricerca esterna riguar­do al nostro Cercignani, dimostrando­ci ancor di più quanto questo cittadi­no fosse stimato negli ambienti dove operò. Oltre ai ringraziamenti, a que­sto egregio signore, dobbiamo fargli le più sentite congratulazioni per que­sta eccellente esposizione.

Giorgio Fanfani

Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.

INTITOLAZIONE DELLA SCUOLA MEDIA DI POMARANCE A PAOLO MASCAGNI

Sabato 5 giugno 1993 nei locali dell’Oratorio di Pomarance, alla presenza delle massi­me autorità locali è avvenuta l’intitolazione della scuola media di Pomarance che è stata in­titolata “ Scuola Media Paolo Mascagni”.

La scuola, che ha subito varie ristrutturazione ed ampliamenti durante questi anni, conser­va ancora il nucleo originario costruito nei pri­mi anni del ‘900 ed utilizzato anticamente co­me scuola elementare maschile e femminile.La scuola era originariamente dedicata al gran­de statista pomarancino Marco Tabarrini effi­giato in una scultura bronzea, in alto sulla fac­ciata della scuola, opera di Luigi Bonucci det­to il Falugi. (Oggi nell’ufficio del Sindaco) Negli anni sessanta la scuola elementare fu tra­sferita nei pressi della villa dei Collazzi e la scuola, utilizzata prima quale sede dell’ Istitu­to Tecnico Industriale ed in seguito come Scuo­la Media, era praticamente senza denomina­zione. Dedicata al grande anatomico Paolo Ma­scagni, che fu uno dei primi a scoprire l’acido borico nei Soffioni di Montecerboli, i suoi stu­di furono messi in pratica da Francesco de Lar­derei, fondatore dell’industria Boracifera di Lar­derello, ed al quale è stata di recente intitola­ta la Scuola media di Larderello.

  1. ragazzi della Scuola media di Pomarance hanno allestito nell’occasione uno spettacolo teatrale dedicato a Paolo Mascagni e realiz­zato alcune ricerche storiche che hanno ispi­rato una deliziosa filatrocca ed il soggetto per una storia a fumetti dedicata al grande anato­mista.

Dedicato a Mascagni

Da Aurelio ed Elisabetta in un lontano dì nac­que Mascagni, forse…in un freddo giovedì. Era Gennaio e la neve fioccava, fioccava; ma su Pomarance una stella brillava.

  1. 1735 iniziava il suo cammino e Paolo Masca­gni correva incontro al suo destino.

Papà Aurelio non viveva in grande agiatezza per cui mandò Paolo dall’Abate Casamarte… con fierezza.

L’Abate era probabilmente un pò noioso e mancava di fantasia ma a Paolo interessava­no la Scienza e l’Anatomia.

Dolce era Pomarance sì, ma paese piccolo e sperduto così Siena dette a Paolo, adolescen­te, il benvenuto.

Siena era grande e c’era pure l’università e li Paolo superò gli esami con estrema facilità. A soli venti anni in Medicina sì laureò, ma il suo mestiere mai esercitò.

Sapete a …Paolo non interessavano le belle ragazze.

A 22 anni infatti è dissertore e seziona cada­veri a tutte le ore!!!

Che progressi da quel lontano dì quando lo stu­dio sui testi classici quasi finì!

Era il 1400 quando l’Anatomia iniziava il suo lungo cammino che fu poi brillante illuminato dallo scenziato pomarancino.

Ma a Paolo ritorniam, che dal Granduca Leo­poldo fu chiamato e professore di Scienze e di Anatomia fu nominato!

Il vecchio maestro Tabarrini se ne andò e Pao­lo, il giovane, il nuovo posto occupò.

E il prof. Mascagni iniziò subito i suoi studi sui vasi linfatici non ancora conosciuti.

Certo anche i Francesi detterto un grande aiu­to, ma solo da Paolo un concreto risultato fu ottenuto.

Dissero i Francesi:

‘‘Determiner et demontrer le sistème des vaisseaux lymphatiques”

e Paolo trovò la proposta très chic!

E cominciò a lavorare, lavorare duramente per ottenere un risultato altrettanto eccellente.

Quattro lunghi anni, trecento disserzioni… e fi­nalmente Paolo ha risultati buoni.

Sui vasi linfatici scrive pure un prodromo co­sicché da tutti è considerato un grand’ uomo. È il 1787 e Paolo completa l’opera con gran­de maestria: ‘‘Vasoruma lymphaticorum cor­pus humani historia et iconografia” e, oltre che esperto dissestore, si scopre anche abile di­segnatore: 27 tavole sul corpo umano fa rea­lizzare e l’ammirazione di tutta Europa riesce a catturare.

Grande era di queste il valore artistico e scien­tifico, ma, per gli inesperti, sarebbe stato me­no complicato un geroglifico!

Disse Mascagni: “Il sistema linfatico scorre ovunque nel corpo in un momento e ad esso è legata la funzione dell’assorbimento”.

Nei trenta anni successivi Paolo cominciò i pre­parativi: volle scrivere la “Grande Anatomia” che fu poi eseguita con sublime maestria.

Ciro Santi e Antonio Serantoni lavoravano da Domenica al Lunedi per fare belle tavole su ra­me che piacessero a tutto il reame. Com ’eran belle… in bianco e nero, a colori… facevan gola a tutti i professori!

Ma il nostro Paolo faceva tante altre cose talune anche estrose.

La chimica, la fisica e l’agricoltura non gli fa­cevan di certo paura e la geologia era la sua più folle pazzia.

L’Inferno della futura Larderello a lui piaceva più di un gioiello e tra i fumi ed il vapore egli, imperterrito, studiava a tutte le ore.

Si preoccupò persino di estrarre l’acido borico, la qual cosa in futuro sarebbe stata un evento storico!

Ma i capitali… mai trovò così l’idea abbandonò.

La Rivoluzione fu tumultuosa:

LIBERTÈ, EGALITÈ, FRATERNITÈ… ca irà ed a Mascagni divampano idee di Libertà. Ferdinando III, duca di Lorena, nel 1779 se ne va e Mascagni a Siena aderisce alla nuova Mu­nicipalità,rivelandosi così non solo grande “ar­tista”, ma anche convinto politico attivista.

Ma voi sapete che mutevole è la storia umana e che alcuni eventi capricciosi talvolta emana: come il mese di marzo, come un venticello pri­maverile che ti scompiglia i capelli e poi va a scomparire.

Eh sì!… È proprio il Fato che domina la vita de­gli uomini, delle cose e degli animali, soffocan­do a volte anche le idee più geniali.

La Storia è un eterno fluire e rifluire per anda­re incontro all’avvenire.

Ebbene… i Fancesi, sconfitti, sgomberavan la regione e dei Toscani, fedeli al Granduca, vio­lenta fu la reazione.

Mascagni di “giacobinismo” fu accusato ed il 28 Giugno 1779 a Siena fu arrestato.

Gli intellettuali, morti per i loro pensieri ci in­segnano che le idee fanno la storia di oggi e di ieri.

Tanta fatica hanno durato, ma, grazie a loro, qualcosa è cambiato!

Nel 1800… di nuovo i Francesi tornan sulla sce­na e Mascagni, libero, abbandona Siena.

Dalla Regina Maria Luisa, dopo un anno, a Fi­renze fu inviato e lì proseguì il suo importate operato.

Sssss… in realtà la sovrana a Firenze lo volle portare per farlo elegantemente vigilare!!!

Ma la morte purtroppo arriva per tutti e, come spesso avvien, anche Mascagni non potrò ve­der pubblicati i suoi “frutti”.

Postuma fu pubblicata la “Grande Anatomia, uno dei suoi più egregi lavori, oggetto di am­mirazione e di studio da parte di insigni pro­fessori.

Il 20 Ottobre 1815 a Castelletto Paolo Masca­gni morì, forse pensando ai suoi passati dì. Forse come Roncisvalle Orlando il Mascagni cercò di scampar la morte duellando o forse , avendo manipolato tante “anime morte” Pao­lo capì che la fine della sua vita era ormai alle porte.

Certo la sua mente non perì, ma brillante e de­duttiva, volò verso una nuova prospettiva.

Se le tavole di Mascagni, dal vero, volete am­mirare a Pisa, di corsa, vi dovete recare.

Noi vi diciam ohe sono nel bel mezzo della città alla Facoltà di Medicina dell’università.

Noi l’abbiam viste e vi garantiamo che esse descrivon particolareggiatamente il corpo umano. Si trovan collocate in un lungo corridoio: in ve­rità il luogo è un pò ombreggiato, ma la loro bellezza lo rende artisticamente colorato.

Se ben ci pensiam, Mascagni un messaggio ce l’ha dato;

è quello che già Dante aveva sottolineato: “Fatti non foste a viver come bruti,ma per se­guir virtute e canoscenza”.

Ma… adesso basta con le dotte citazioni, di Ma­scagni certamente ricorderem le grandi azioni! A lui la nostra scuola abbiam intitolato perchè il suo nome, dalle nuove generazioni, sia sem­pre ricordato.

È tardi.

Poniamo fine a questa filastrocca semiseria scritta per star insieme e per raccontare… per comunicare e per scherzare…

per imparare e per divertire…

e tutti insieme gioire.

È stato un gioco, una scommessa, una gran vo­glia di fantasia, per salutare tutti con simpatia.Scuola Media di Pomarance Classe Seconda Sez. A. – Anno scolastico ’92-93

MONS. VEZIO DELL’OMO

RICORDO NEL 5° ANNIVERSARIO DELLA MORTE

Da tempo questa rivista “La Comunità di Pomarance” ha preso la bella iniziati­va di ricordare i nostri paesani più signi­ficativi per riproporli a chi li ha conosciuti e per farli conoscere ai nostri ragazzi e giovani che li sentono nominare.

Fra queste persone ha un posto di rilievo la figura di Mons. Vezio Dell’Omo dece­duto il 15 settembre 1984 dopo breve ma­lattia, a seguito di una operazione chirur­gica.

Ma chi era Mons. Vezio? La risposta più scontata e immediata mi sembra questa: era un nostro concittadino, un autentico e vero pomarancino, molto attaccato al paese dove era voluto tornare ad abitare. Mons. Vezio era nato, infatti, a Pomaran­ce il 18 giugno 1910 figlio di Giovanni e di Dei Teresa. A 12 anni era entrato nel Seminario Vescovile di Volterra ove il 17 marzo 1934 fu ordinato sacerdote da Mons. Dante Maria Munerati. Il giorno successivo, domenica 18 marzo 1934, ce­lebrò la sua prima Messa Solenne all’al­tare maggiore della nostra Chiesa Parroc­chiale attorniato da familiari e paesani. Proprio perché molto attaccato alla sua Chiesa ed alle tradizioni, allorché scade­vano i cinquanta anni di vita sacerdotale mi chiese espressamente di poter cele­brare la Santa Messa solenne delle sue NOZZE D’ORO SACERDOTALI proprio all’altare maggiore, nella forma liturgica con la quale l’aveva celebrata in quel pri­mo giorno.

Appena sacerdote, il 23 maggio 1934 fu nominato parroco di Sant’lppolito ove, ol­tre al ministero sacro, svolse la funzione di maestro. Gli anziani di quei luoghi ri­cordano ancora di aver appreso le prime nozioni da questo sacerdote-maestro.

Con Bolla Vescovile del 17 marzo 1942, Mons. Vezio fu trasferito alla Parrocchia di Sasso Pisano ed infine, il 3 aprile 1951, fu nominato Priore di Sant’Agostino a Volterra. In tale Parrocchia è rimasto fino al 1 settembre 1980: il Vescovo aveva ac­cettato le dimissioni a seguito delle sue precarie condizioni di salute. Ma il dover lavorare per il Signore ardeva in lui. Per questo motivo dal 1981, fino al momento della sua morte, prestò servizio come Vi­cario Parrocchiale, nella limitrofa Parroc­chia di Libbiano ove ha profuso tempo, energie e passione per le opere artistiche li presenti che portò a restaurare.

Durante il periodo volterrano. Mons. Vezio fu chiamato a svolgere altri incarichi oltre a quello di parroco. Fu insegnante nel Seminario Diocesano (ricordo di aver ricevuto lezioni da lui nella scuola media); fu assistente diocesano della Gioventù Italiana di Azione Cattolica e degli Uomi­ni di Azione Cattolica. Il 31 luglio 1962 di­venne Direttore dell’ufficio Amministrati­vo Diocesano, un incarico che ha svolto sempre con grande impegno e scrupolo­sità perché, diceva, le cose che ammini­stro non sono mie, ma della Chiesa e quindi dobbiamo non solo conservarle, ma migliorarle.

Per il suo impegno e donazione alla Chie­sa, il 31 ottobre 1958 fu associato al Ca­pitolo della Cattedrale di Volterra con il titolo di Canonico Primicerio e, a seguito della sua rinuncia a Priore di Sant’Ago­stino, fu elevato alla dignità di Canonico Proposto. Con questa onorificenza tornò in mezzo a noi venendo ad abitare con i suoi pa­renti in Via XXV Aprile, dando una mano anche in Parrocchia per le Confessioni e le Sante Messe.

Mons. Vezio che da piccolo era tanto vi­vace, da adulto era divenuto di una pre­cisione e puntualità eccezionali. Si pote­va stare tranquilli che quando diceva una cosa, la portava a termine.

Ma il suo carattere “pomarancino” era ri­masto ben vivo anche sotto la veste tala­re. Infatti, con fare e dire arguti, narrava episodi “di quei tempi” e ricordava i “vec­chi pomarancini” con ilarità e con i so­prannomi che allora, ma anche oggi, si usavano.

Il “suo Pomarance” lo aveva sempre nel cuore e per questo ha voluto ritornarvi e qui è stato sepolto nella Cappella del Ci­mitero accanto al suo Proposto Don Car­lo Balsini e a Mons. Giulio Paoletti.

Sulla tomba, semplice come era di carat­tere, vi è una sua fotografia rivestito dei paramenti sacerdotali e una breve scrit­ta: MONS. VEZIO DELL’OMO, CANONI­CO DELLA CATTEDRALE.
Una vita spesa per la Chiesa Volterrana, un attaccamento alla sua Chiesa Pomarancina.

Pontificale di S.E. Card. Luigi Capello

Desidero terminare questo articolo con un ricordo personale. Appena fui eletto Pro­posto di Pomarance, mentre ancora nes­suno conosceva la mia nomina, mi per­venne una sua lettera con la quale, da Po­marancino, dava il benvenuto al suo nuo­vo Proposto. Quel gesto mi fece impres­sione e piacere.

Ora dal Cielo, con il suo fare arguto e fa­ceto, certamente ci ricorderà tutti, nome per nome e noi desideriamo ricordarlo an­cora. a distanza di cinque anni dalla sua morte, con la gioia sul volto come lo ve­demmo nel giorno delle sue NOZZE D’O­RO SACERDOTALI, mentre, con animo giovanile e lieto salì i gradini dell’altare di San Giovanni Battista che già gli prepa­rava la salita ai gradini della gloria eterna.

Don Piero Burlacchini

Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.

MONS. GIULIO PAOLETTI

10° ANNIVERSARIO DELLA MORTE

Il 15 maggio 1979, Mons. Giulio Pao­letti, Proposto da 26 anni della nostra Par­rocchia San Giovanni Battista in Poma­rance, decedeva presso Albinia in un in­cidente stradale insieme all’autista Spru­gnoli Cassiano.

La notizia del tragico incidente giunse al Comando dei Carabinieri nel primo pome­riggio di quel giorno provocando in tutti i pomarancini dolore e sgomento.

Ma chi era Mons. Giulio Paoletti?

Nato a Casole d’Elsa il 24 marzo 1913, fu ordinato sacerdote il 24 novembre 1935 da S. E. Mons. Dante Maria Munerati. Dapprima parroco di Collalto dal 1936 al

  1. settembre 1937, in tale data fu trasfe­rito a Pignano dove rimase fino al 13 mar­zo 1946. Successivamente andò a Bibbona dove esercitò il suo ministero sacer­dotale fino al 13 maggio 1953, allorché venne a Pomarance come Proposto.

È rimasto tra noi fino al momento dell’in­cidente del 15 maggio 1979, mentre si re­cava all’Argentario a visitare il luogo ove avrebbe desiderato portare i ragazzi con le loro famiglie per la consueta gita par­rocchiale.

Sono trascorsi dieci anni da quel doloro­so evento e credo sia giusto e doveroso ricordare alla Comunità intera questo sa­cerdote che ha dedicato tante energie per

  1. bene di Pomarance.

Mons. Giulio Paoletti: per i nostri bambi­ni più piccoli è una persona che viene lo­ro ricordata da noi grandi come colui che ha costruito l’Oratorio Parrocchiale; per i giovani, adulti e anziani é una persona con la quale si sono condivisi tanti mo­menti lieti, quali battesimi, cresime, pri­me comunioni, matrimoni e momenti tri­sti, quali funerali ed altri eventi dolorosi. Per tutti, Mons. Paoletti è stato un punto di riferimento. Infatti Monsignore ha ama­to Pomarance ed ha dato tutto se stesso per il bene e la crescita di questo paese. Ha vissuto in mezzo a noi con semplicità di vita, senza imporre, ma proponendo a tutti il messaggio evangelico con uno sti­le di vita fatto di cose semplici e piccole. Un richiamo, credo, che valga ancor og­gi per tutti noi.

Ricordare un Sacerdote, il Proposto, Monsignore, come ormai tutti lo chiama­vano, è ricordarlo come prete fedele a Dio, fedele alla Chiesa, fedele al suo po­polo.

A questo popolo ha lasciato la sua testimonianza, ha lasciato come segno tan­gibile l’Oratorio Parrocchiale dedicato al­l’apostolo dei giovani San Giovanni Bo­sco.

Già, i giovani. Di lì sono passati e passa­no ancor oggi i nostri bambini, ragazzi e giovani. Mons. Paoletti, confidando nell’aiuto di Dio, nel maggio 1958 vi pose la prima Pie­tro. Cinque anni di lunghe fatiche, di preoccupazioni, ma finalmente nel 1963 l’Oratorio Parrocchiale fu pronto e spalan­cò le porte ai nostri giovani.

Posa della prima pietra Oratorio Don Bosco 11/5/958 sono riconoscibili Biondi Dr. Pietro, Bellini Francesco, Mons. Paoletti e Mons. Bergonzini Vescovo di Volterra

Da 26 anni in questo luogo, la gente di Pomarance si ritrova per le più svariate ragioni: da quelle pastorali ed educative, a quelle formative e di divertimento. Mons. Paoletti godrà certamente nel ve­dere che la sua opera continua a portare il frutto.

Molte altre cose si potrebbero dire di Mon­signore: la cura dei malati, l’attenzione al­le realtà del paese, le A.C.L.I., il deside­rio di riunire tutti ecc., ma credo che egli preferisca ancora una volta passare in mezzo a noi con il suo modo fatto di dia­logo e di semplicità.

È rimasto fra noi con le sue spoglie mor­tali nella cappella del Cimitero. Sacerdo­te zelante da vivo, è ancora fra noi con la preghiera e con il bene che ha semi­nato.

Ricordarlo nel Decimo anniversario del­la sua morte significa ringraziare Dio di avercelo donato ed impegnarci a far sì che quello che Lui ha intrapreso e porta­to avanti con impegno e fatica, insieme possiamo continuarlo e migliorarlo a fa­re a favore di tutti e soprattutto per i no­stri giovani perchè possano crescere per­correndo la via della rettitudine, dell’one­stà e del bene.

Don Piero Burlacchini

Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.

MICHELE MARULLO: SOLDATO POETA DEL RINASCIMENTO

A Pomarance siamo orgogliosi di ave­re la Chiesa Parrocchiale molto bella, che racchiude fra le sue mura opere d’arte fa­mose dei secoli passati. Ma credo di non sbagliare se affermo che pochi pomarancini sono a conoscenza che si conserva pure la tomba di un fa­moso soldato e poeta del Rinascimento e cioè la tomba di Michele Marullo.

Marullo dipinto del Botticelli (Uffizzi Firenze).

È collocata sulla parete interna della fac­ciata, sul lato sinistro appena si entra. Le domande che vengono spontanee so­no due: chi era Michele Marullo? Perché le sue ceneri si trovano a Pomarance? Marullo, nato a Costantinopoli nel 1453 da nobile famiglia greca, era un buon poeta, un uomo coraggioso e molto im­portante nel periodo del Rinascimento quando ogni persona istruita leggeva la lingua latina. San Tommaso Moro loda­va le sue poesie e Ronsard, in Francia, faceva altrettanto.

Nella dedica alle poesie di Lorenzo di Pierfrancesco, Marullo afferma che, quando deponeva la spada, prendeva i li­bri ed era contento di leggere e studiare il latino.

Marullo, quindi, soldato e poeta, ha scritto molti e bei versi in lingua latina.

Proprio per questa sua indole di studio­so, nell’aprile del 1500, venne a Volterra e fu ospite del sacerdote erudito Raffae­le Maffei, chiamato il Volterrano, che ave­va scritto dei libri su Omero, Aristotele, Senofonte e aveva tradotto Giovanni di Damasco e Procopio dal greco in latino. Raffaele Maffei aveva invitato il poeta Marullo come dotto greco, perché lo aiutas­se nelle sue traduzioni. Poco tempo do­po la Pasqua del 1500, Marullo, malgra­do una forte pioggia e l’esortazione del suo ospite a rimanere, decide di lasciare Volterra passando dalla Porta Etrusca per dirigersi verso Sud. Il poeta probabilmen­te era diretto verso Piombino che si tro­vava ancora nelle mani del suo vecchio amico Jacopo IV Appiano, ma che era mi­nacciato allora da Cesare Borgia.

Ad otto chilometri a Sud di Volterra la stra­da era sbarrata dal fiume Cecina rigon­fio dalle molte acque.

Paolo Cortese, amico del Marullo, affer­ma che il poeta fu consigliato dai conta­dini del luogo a non attraversare il fiume perché pericoloso. Ma il poeta non volle ascoltare i loro consigli. Quindi, sprona­to il cavallo verso il fiume in piena, l’ani­male inciampò, cadde addosso al poeta impedendogli di liberarsi morendo così travolto dalle acque minacciose del fiume. Per ordine di Raffaele Maffei, il poeta fu sepolto nella nostra Chiesa Parrocchia­le.

La lapide originaria della tomba non esiste più. Quella attuale fu dettata dall’Arciprete Anton Nicola Tabarrini nel 1833 allorché la Chiesa Parrocchiale su­bì un totale restauro. In questa lapide fu aggiunta una particolare notizia e cioè che Marullo aveva l’intenzione di visitare Pomarance per “relaxando animo” cioè per riposarsi. Non sappiamo di preciso quale fosse il motivo della sua venuta. Su questo poeta ‘‘scrittore di elegantis­simi versi latini”, lo scorso anno è stata scritta una bella biografia della signora CAROL KIDWELL che è docente univer­sitaria in Inghilterra. Un libro di ben 323 pagine pubblicato il 23 marzo 1989.

Copertina del volume

La signora, con squisitezza di animo, ha inviato in Parrocchia una copia del libro affermando “che la sua Chiesa doveva avere una copia di questa biografia”. In­fatti, oltre ad alcune pagine nelle quali parla espressamente di questo episodio della morte del poeta, vi sono stampate ben tre foto della facciata e della tomba del poeta.

L’autrice venne a Pomarance nel 1983 ed in questi anni ha steso questa biografia scritta naturalmente in lingua inglese.

Questo ci fa comprendere come Marullo fosse grande e stimato poeta tanto da me­ritare la pubblicazione di un libro.

Lo scrittore Ronsard scrisse un epitaffio su Marullo che così conclude:

“che sempre leggera sia la terra alle tue ossa, e su questa tomba che rinserra uno spirito sì bello sempre rampichi la verde edera’’ Motivo di vanto il custodire questa tomba, motivo per essere più attenti a ciò che di bello ed importante abbiamo, motivo per leggere e per possedere, almeno nella Bi­blioteca Comunale e nelle scuole, questo volume.

Un grazie di riconoscenza all’autrice si­gnora CAROL KIDWELL per averci fatto conoscere questo illustre poeta e scritto­re che dona vanto anche al nostro paese.

Don Piero Burlacchini

NOTE BIBLIOGRAFICHE

CAROL KIDWELL – Marullus: Soldier Poet of the Renaissance.

CAROL KIDWELL Sanderstead House Rectory Park Sanderstead Surrey CR2 9JR INGHILTERRA.

Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.

MARIO BARDINI: “FACCIAMOGLI TANTO DI CAPPELLO”

IL CAVALIERE MARIO BARDINI FONDATORE DELL’ISTITUTO DEL SACRO CUORE DI POMARANCE

Il Cav. Mario BARDINI, figlio del Cav. Giuseppe, facoltoso volterrano, e della Sig.ra Enrichetta dei Marchesi BALLATI NERLI, senese, nacque a Volterra nel­l’anno 1818. Residente a Pomarance come ricco pro­prietario terriero e consigliere del nostro Comune, ebbe in sposa la Sig.ra TETTI Antonietta di ricca famiglia borghese. Insieme alle sorelle, Antonietta maritata al Conte Galli – Tassi e Francesca (Fannj) sposa del Cav. Tito Cangini, ereditò una vistosa fortuna. In accordo con la consor­te, il Cav. Mario decise di devolvere que­sta parte di eredità alla costruzione di un Istituto, che poi intitolò al “Sacro Cuore”, per l’istruzione e l’educazione del popo­lo. Mise a disposizione un rilevante ap­pezzamento di terreno di sua proprietà, sito in via dei Mandorli, affidando all’Architetto Prof. PASQUALE FALDI di Peccioli la direzione dei lavori e la soprinten­denza a tutti gli incarichi. Fu così che nel­l’anno 1884 ebbe inizio l’opera. Un enor­me sbancamento nella zona tufacea ser­vì alla preparazione di profondi pozzi per la raccolta dell’acqua piovana che in se­guito fu usata per il fabbisogno della fab­brica. La pietra ricavata da questo lavo­ro fu utilizzata insieme a molta altra all’e­dificazione del maestoso complesso edi­lizio. I suddetti pozzi dettero in seguito ric­chezza all’edificio fornendo acqua buona a tutti i servizi. I lavori volgevano a termi­ne, l’opera dell’Architetto stava per con­cludersi. L’edificio era imponente, ben strutturato sotto ogni aspetto e capace di ospitare un rilevante numero di educan­de, ma per i coniugi Bardini sorgeva un grosso problema: a chi affidare l’incari­co di dirigere un’opera di tale impor­tanza?

Come mandata dalla Provvidenza, ven­ne a passare da Pomarance per recarsi a Volterra una suora, e saputo questo fat­to si presentò ai coniugi dicendo di ave­re costituito nel 1868 una congregazione detta delle “Sorelle dei poveri di Santa Caterina”. Questa suora era Madre SA­VINA PETRILLI, nata a Siena il 29 ago­sto 1851, figlia di Matilde Vetturini e di Celso Petrilli, di poca costituzione ma di tanta volontà. Era riuscita in pochi anni, tutti dedicati alla carità, a realizzare co­struendo Case Pie in varie località, prima fra tutte a Firenze, poi a Montespertoli, Celle sul Rigo, Volterra e Roma.

I coniugi Bardini furono ammirati e mani­festarono immediata fiducia a questa suo­ra sino a pregarla con le lacrime agli oc­chi, perchè aggiungesse alle altre anche questa opera di Pomarance.

Convinta dalla cordialità e dall’accoglien­za dimostratale, Madre Savina non indu­giò ad accettare una simile occasione. Così quando nel febbraio 1889 avviene la fastosa inaugurazione del grande com­plesso, Madre Savina è pronta a tenerne la direzione ed insieme ad altre consorelle dello stesso ordine inizia il suo lavoro. Nell’anno 1893, sempre per volere di ma­dre Savina, viene commissionato all’arti­sta pittore Alessandro Franchi il dipinto del Sacro Cuore a cui è dedicato il con­vitto di Pomarance. Il dipinto si trova tutt’oggi presso la Chiesina dell’istituto. Proprio quest’anno il 24 aprile a Roma, con udienza particolare, il Papa ha accol­to le suore di questo ordine per assistere alla Beatificazione di Madre Savina.

Credo che un’opera come ci ha lasciato il Cav. Mario Bardini non abbia bisogno di presentazione, perchè tutti noi paesa­ni abbiamo avuto l’occasione e la possi­bilità di apprezzarne i requisiti, lo perso­nalmente ricordo ancora quando negli an­ni trenta frequentavo l’Asilo Infantile e “Suor Raffaella”, maestra d’asilo, nelle giornate piovose, ci intratteneva nella sala giochi e lì si cantava, si giocava e si fa­cevano i primi segni sul quaderno a qua­dretti, le cosiddette “aste”, i primi tenta­tivi per imparare a tenere la penna in ma­no e a stare sul rigo. Poi, alla fatidica ora del pasto, ci mettevamo in fila ed al can­to di:

  • andiamo a tavola
  • compagni cari
  • che questa è l’ora
  • del desinare
  • tutto è buonissimo
  • tutto ci piace
  • andiamo a tavola
  • in santa pace
Beata Madre Savina Petrilli fondatrice della Congregazione delle Sorelle dei Poveri di S. Caterina da Siena rettrice dell’istituto Sacro Cuore.

si arrivava ai famosi tavoli metallici con il ripiano in marmo bianco; ogni tavolo aveva sei buchette rotonde per inserirvi le ciotole in alluminio allo scopo di non ro­vesciarne il contenuto.

Che profumo quel minestrone, tutto par­ticolare, con la prevalenza dei fagioli fra gli altri legumi! Era una leccornia (25 an­ni dopo ho risentito lo stesso odore quan­do vi ho accompagnato mio figlio Mauro). Non mancava il rituale “Discorsino” per le feste tradizionali, tanta trepidazione e divertimento. Poi il cortile, la passeggia­ta in fila alla statua della Madonna posta in una grotticella che sembrava tanto lon­tana in fondo ad una stradina. Quando in­furiava il temporale, c’era chi aveva pau­ra, ed allora tutti compunti e devoti ci por­tavano nella chiesina del Sacro Cuore e mentre ad ogni lampo la suora, ripeteva “Santa Barbara benedetta liberaci dal tuono e dalla saetta”, le interne, come per incanto, dall’alto delle grate poste alle spalle di chi pregava, intonavano con le loro voci angeliche laudi alla Madonna che servivano a distrarre i piccoli impau­riti. L’istituto era sicuro per questi tempo­rali perchè era munito di parafulmini, ma questa sicurezza serviva solo alle mam­me, e sino a tal punto che una volta che ci fu addirittura una piccola scossa tellu­rica una di queste disse: “meno male il bimbo è all’asilo, almeno lì ci sono i pa­rafulmini ed è al sicuro”.

Foto di interne ai primi anni del ’900.
Foto ricordo del folto gruppo dei bambini dell’Asilo infantile – 26 maggio 1938

Tra i tanti ricordi c’è anche quello di “GENESIA”, una donna atta alle fatiche più pesanti come la lavatura dei panni, e ri­pagata con l’inserimento nel numero dei conviviali; era vecchia, malmessa, cam­minava male, trascicava i piedi gonfi dai geloni, racchiusi in un paio di pantofole sgangherate che portava estate ed inver­no, sempre quelle. Spesso noi bambini che si giocava sotto i loggiati del piazza­le rialzato, ci avvicinavamo ad una pom­pa con una grossa ruota che serviva a bi­lanciare le forze di chi girava per tirar su l’acqua ai lavatoi, ma se per caso Genesia ci vedeva ci scacciava urlando; quel luogo era il suo regno. A quell’epoca si andava alle scuole ele­mentari anche a sette anni, e di asilo se ne faceva.

Cappella dell’istituto; sopra l’altare è visibile il dipinto del Sacro Cuore (foto S. Donati)

Per oltre mezzo secolo l’istituto del Sa­cro Cuore ha adempiuto degnamente la volontà del suo fondatore: nei suoi loca­li, sotto la guida delle suore, hanno tro­vato sicuro rifugio tante bambine verso le quali la sorte non era stata benevola; l’a­silo, allora il solo nel paese, ha accolto la maggior parte di noi nella prima infanzia; la Scuola Elementare femminile è stata aperta fino a circa trent’anni fa, poi l’Ambulatorio Comunale che vi fu trasferito do­po la distruzione del precedente ubicato sull’angolo di Via Camillo Serafini, e fat­to saltare dalle truppe tedesche in ritirata per ostacolare l’ingresso in paese agli americani in arrivo. Tra quelle mura si so­no svolte altre attività, che possiamo de­finire marginali, e che non ritengo di elen­care, ma ricordo soltanto che l’istituto è sempre stato aperto a recepire e soddi­sfare ciò che la cittadinanza gli ha doman­dato. Oggi l’istituto ospita persone anzia­ne, ma anche con questa nuova destina­zione non è venuto meno al suo ruolo di essere utile alla comunità. I nostri uomi­ni di comune con delibera del 18 maggio 1898 vollero onorare questo insigne si­gnore ribattezzando col suo nome la via che conduce all’istituto da lui fondato e che fino ad allora era conosciuta come via dei Mandorli.

Cimitero di Pomarance – Tomba di M. Bardini – Cappelle gentilizie.

Con questa breve rievocazione anche noi oggi vogliamo rendere omaggio a Mario Bardini per la sua generosità e benevo­lenza verso la popolazione del nostro paese.

Giorgio

BIBLIOGRAFIA:

Savina Petrilli – “Come pane spezzato” – Ed. MESSAGGERO Padova 1987 “Rievocazioni Storiche” di Edmondo Mazzinghi-LA COMUNITÀ DI POMARAN­CE anno Vili n° 3 – 4 maggio agosto 1975

Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.

LUIGI BONUCCI

SCULTORE

LUIGI BONUCCI è uno scultore pomarancino che ha lasciato nel­la sua città numerose testimonianze della sua attività.

A Pomarance per onor del vero, vi ritornò in tarda età, dopo aver percorso il suo itinerario stilistico in Firenze ove ottenne premi e ri­conoscimenti anche importanti.

Il BONUCCI è uno scultore semplice nel linguaggio tipicamente ottocentesco come dimostrano i busti, i ritratti dei personaggi con le uniformi decorate e con gli enormi baffi che decoravano i volti di allora.

Sconosciute al grande pubblico le piccole sculture di chiara ispi­razione naturalistica come i pastori con greggi, gli animali solitari, costituiscono gli esempi più belli nel panorama scultorio del BONUC­CI. Anche il Re se ne accorse acquistando un gruppo nel lontano 1907.

Numerosi i bassorilievi, i medaglioni così diversi nell’impostazio­ne concettuale rispetto ai grandi monumenti rievocativi.

Una Mostra interessante, senz’altro da vedere, un’occasione da non perdere per conoscere una personalità di questa ricca comuni­tà pomarancina.

Renato Frosali

Tra i personaggi più o meno famosi che si sono distinti nelle arti figurative a Po­marance fin dai primi anni del ’900, me­ritano una rivalutazione la figura e l’ope­ra dello scultore “professionista” Luigi Bonucci.

Appartenuto ad una delle più accredita­te e prestigiose generazioni di falegnami mobilieri meglio conosciuti come i “FALUGI”, svolse la propria carriera artisti­ca prevalentemente a Firenze dove, fre­quentando gli ambienti artistici della cit­tà, partecipò a mostre e concorsi nazio­nali.

Nato a Pomarance il 9 aprile 1871 da Claudio Bonucci, detto il Falugi, e da Ma­ria Bufalini, fu il secondogenito di quat­tro figli e l’unico che per fare l’artista non intraprese il mestiere del padre.

Gli altri fratelli Carlo, Vittorio e Federigo perseguirono l’attività artigianale di fale­gnami sino alla metà degli anni ’50. Avviato ben presto alla bottega del “Fa­lugi” e scopertagli una certa predisposi­zione al disegno ed alle materie artistiche, fu inviato a studiare all’Accademia delle Belle Arti di Firenze dove, per un certo pe­riodo, fu ospitato nella casa fiorentina del Sig. Emilio Bococchi, grande amico di suo padre, e da questi mantenuto agli studi.

Alcuni diverbi con dei professori di Acca­demia, gli comportarono l’espulsione dal­la scuola. Conseguentemente si iscrisse all’istituto Professionale di Belle Arti do­ve conseguì attestati ed importanti rico­noscimenti artistici.

Dalla scarsa documentazione non è sta­to possibile datare la sua partenza da Po­marance, certo è che nel 1888 era a Fi­renze. Nel 1889, a soli 17 anni, si inna­morò e sposò una certa Galletti Annun­ziata (vedova Sorri) alla quale rimase le­gato per tutta la vita. Ella possedeva a Brozzi, in quel di Sesto Fiorentino, un ne­gozio ed una casa dove lo stesso Bonuc­ci impiantò un suo studio artistico di scul­tura.

Dell’autore sono rimaste soltanto alcune opere in gesso ed altri disegni conserva­ti nella casa paterna dei “Falugi” di Via Mascagni (attualmente degli eredi Zanel­la). Trattasi per lo più di piccoli bozzetti, bassorilievi in terracotta, studi a matita, ad acquarello ed a china, realizzati tra i primi del 900 e gli ultimi anni del 1950. Alcuni suoi bronzi si possono osservare presso il Monumento dei Caduti, (’Ambu­latorio Comunale, nell’ufficio del Sinda­co ed anche nella nostra Chiesa Parroc­chiale.

Gran parte delle altre sue sculture, disper­se chi sa dove dopo il passaggio dell’ul­tima guerra, furono pubblicate da impor­tanti riviste culturali ed artistiche dell’e­poca come l’ARTISTA MODERNO di To­rino. In questo periodico, stampato dai pri­mi del ’900 fino al 1926, furono pubblica­te fotografie riguardanti alcuni suoi boz­zetti esposti nelle più prestigiose gallerie d’arte contemporanea, tra cui quelle di una scultura acquistata in seguito da S. M. il Re d’Italia.

La stessa rivista artistica lo annoverava tra i migliori artisti fiorentini del primo no­vecento insieme a pittori come Bastianini ed altri. Molte foto dei suoi lavori furo­no raccolte dallo stesso autore in un ca­talogo dove sono annotati titoli di varie opere, i relativi premi conseguiti nonché gli anni della loro esposizione.

Dei suoi anni di Accademia sono conser­vati solo alcuni disegni, studi di figure e di opere architettoniche che denotano la formazione classica di stampo ottocente­sco.

Nel 1901 conseguì presso la Scuola di Ar­ti Decorative di Firenze l’attestato e Me­daglia di Bronzo come Intagliatore di le­gno; l’anno successivo ricevette la Meda­glia d’Argento come Modellatore, che conseguì anche l’anno dopo (1903).

Nel 1904 partecipò ad un concorso per un Medaglione organizzato dalla Came­ra di Commercio di Pisa classificandosi al secondo posto. La notizia fu riportata su di un articolo del CORAZZIERE di Vol­terra nel quale l’autore venne plagiato per aver donato due busti in gesso che ador­navano la Sala del Consiglio Direttivo del­la Società Liberale Monarchica di Poma­rance: …un nostro socio e compaesano, il giovane Luigi Bonucci, allievo della Scuola d’Arte Decorativa di Santa Croce a Firenze, ha modellato ed ha condotti a termine in creta, i due busti, del Be Libe­ratore e di Vittorio Emanuele III, con raro discernio artistico, e li ha regalati ai con­soci come ricordo…Queste due opere at­tualmente dovrebbero trovarsi nelle sof­fitte del Palazzo ex Pretura.

Attorno al 1905 ricevette ancora una bor­sa di studio per un bozzetto, acquistato dal Ministero della Pubblica Istruzione nella Esposizione Annuale di Belle Arti di Firenze, intitolato “Stornelli Toscani”.

Il maggior successo artistico di Luigi Bo­nucci si ebbe attorno al 1907 quando con­seguì un importante riconoscimento arti­stico del Re d’Italia e contemporanea­mente ricevette alcune commissioni di opere commemorative di alcuni perso­naggi illustri.

Nello stesso anno presentò all’annuale Esposizione Artistica di Firenze un bron­zo intitolato “Riposo alla Fonte” che fu acquistato da Sua Maestà il Re d’Italia. La notizia fu riportata da varie riviste arti­stiche, da giornali nazionali e locali che così si esprimevano: … e noi che abbia­mo veduto il lavoro in creta ed in gesso possiamo affermare che tanto il pastore come le sue pecore, sono modellate con sicurezza, con sincerità: è un lavoro riu­scito.

È interessante un biglietto della Società delle Belle Arti indirizzato allo stesso Bo­nucci per riscuotere i soldi della sua ope­ra: … La prego passare domani mattina (venerdì) da questo ufficio per riscuotere i danari per la vendita del suo bronzo a S. M. il Re d’Italia. Sono all’ufficio dalle 9 alle 11,30 e dalle 2 alle 6 …

In una sua Biografia pubblicata su L’AR­TISTA MODERNO di Torino l’anno suc­cessivo veniva menzionato come allievo del Prof. Rossi di Firenze e veniva così espresso un giudizio critico sull’autore: “… / suoi bronzi hanno un’efficacia espressiva notevolissima e dimostrano una mano ferma e maestra. Molte furo­no le mostre che accolsero le sue scultu­re ed in tutte egli ebbe ammiratori e plau­si. Questa rivista ospitò diversi suoi lavo­ri ed è lieta di poterlo annoverare fra i suoi collaboratori più attivi”. Un altro bozzet­to di successo fu quello del 1908 intitola­to “In bocca al lupo” raffigurante un cac­ciatore con una muta di cani al guinza­glio acquistato dal Marchese Bartolini Salimbeni. La rivista LO SCULTORE E IL MARMO di Milano descrivendo l’opera asseriva: ‘‘Un solido lavoro di Luigi Bonucci, molto interessante per la fattura corretta e di abbastanza efficacia espres­siva, che è una premessa assai lusinghie­ra per il suo avvenire”

Visti i successi del Bonucci, il Comune di Pomarance, attorno al 1908, commissio­nò allo scultore stesso il busto commemo­rativo del Senatore Marco Tabarrini, per essere collocato sull’edificio scolastico a lui dedicato in Via Bardini. Il busto del Ta­barrini, attualmente posto nell’ufficio del Sindaco di Pomarance, fu modellato at­torno al 1909; nello stesso anno il calco in gesso fu portato alla fonderia fiorenti­na di Gismondo Vignoli per la fusione in bronzo. Esiste infatti una fattura del 2 ot­tobre 1909 inviata dal Bonucci al Comu­ne di Pomarance contenente una spesa di lire 499 per essere stato in fonderia a ritoccare il calco in cera prima della fu­sione.

L’opera fu inaugurata due anni più tardi in occasione della apertura delle scuole maschile e femminile del comune di Po­marance dedicata al grande Senatore Pomarancino.

La scultura in bronzo venne portata a Po­marance il 25 ottobre 1909. Il comune in quella data stanziò a Luigi Bonucci lire 7,80 per alcune spese occorse per l’im­ballaggio ed il trasporto da Firenze a Po­marance.

Il Corazziere di Volterra del 22 ottobre 1911 (data dell’inaugurazione della scuo­la) elogiava l’artista dedicandogli un arti­colo: ‘‘Termino con un caldo elogio all’a­mico Luigi Bonucci, autore magnifico del Busto, augurandogli una carriera splen­dida nell’arte cui con amore dedica tutta la sua volontà ed il suo promettente im­pegno”.

È del 1911 un bassorilievo pubblicato sul­la rivista L’Artista Moderno intitolato “Il Progresso” di cui furono fatte anche una serie di cartoline edite da Vittorio e Fe­derigo Bonucci Fotografi. L’opera fu in­viata al Concorso Nazionale della Socie­tà Internazionale della Pace a Roma e sembra che a causa della guerra Italo Turca l’esposizione non fosse stata alle­stita. Non potendo essere ritirati dagli au­tori i lavori rimasero a Roma dove furono acquistati dal Principe Reza che, con la scusa di fare una esposizione a Nizza, li imbarcò trasportandoli in Persia.

Alcuni dei suoi lavori furono acquistati at­torno al 1916 dal sig. Emilio Bicocchi ed attualmente si trovano inventariati tra mol­ti altri oggetti nel costituendo Museo Bi­cocchi di Via Roncalli a Pomarance. So­no due bozzetti in gesso raffiguranti uno un cane da caccia (datato 1914) e l’altro un pastorello ed una capretta intitolato “La preferita”.

Nel 1915 partecipò ad un concorso per un francobollo indetto dalla rivista L’Arti­sta Moderno di Torino.

È del 1917 un bel bozzetto intitolato “In cerca del proprio capezzolo” raffiguran­te “una scrofa” con i maialini intenti a succhiare.

Dopo la fine della prima guerra mondiale l’autore realizzò diversi modelli di lapidi per commemorare i caduti di quella guerra.

L’era fascista, che prediligeva tutto ciò che riportava al grande impero romano, influenzò certamente il cinquantunenne Luigi Bonucci. I suoi lavori, anche quelli di carattere religioso furono accompagna­ti da elementi inneggianti il fascismo co­me ad esempio i Fasci Littori. Questi ele­menti gli consentirono di lavorare, scol­pire ed avere commissioni.

Nel periodo tra il 1922 ed il 1925 realizzò un medaglione raffigurante l’immagine di Mussolini di cui rimane solamente una piccola foto nell’archivio Zanella; dello stesso periodo è anche l’immagine di un Medaglione intitolato Natalis Urbis (Natali di Roma).

In quegli anni scolpi un San Giovanni Bat­tista in terracotta che fu collocato nella pi­la del Battistero della Chiesa Parrocchiale di Pomarance. Eseguì inoltre una lampa­da votiva dedicata ai caduti della l° Guer­ra Mondiale collocata nelTomonima cap­pella della chiesa Propositura. Datato 1925 è invece un bassorilievo in terracotta collocato sopra la porta della canonica nel quale sono raffigurati al centro il Mono­gramma di San Bernardino da Siena (IHS) attorniato da un tralcio di frutti sor­retto da tre angioletti.

Lo scultore ritornò a Pomarance insieme alla moglie Annunziata il 2 settembre 1927 all’età di 66 anni. Lasciata la casa di Sesto Fiorentino, lo scultore Luigi Bo­nucci venne incaricato dall’Associazione Combattenti e Reduci di Pomarance di eseguire l’aquila imperiale sopra il Monu­mento ai Caduti ’15 – ’18 nel parco della Rimembranza e di adornare con tre bas­sorilievi la parte bassa del monumento stesso. Alcuni modelli di questi sono con­servati nella casa paterna ed erano stati ideati con gli stessi simboli dell’era fasci­sta. Questi raffigurano uno scudo effigiato da un elmo della l° Guerra Mondiale, una Croce di Guerra ed un Fascio Littorio. Il tutto contornato da una corona con foglie di alloro e da due spade laterali la cui im­pugnatura presenta alla sommità la testa di un’aquila. Con la caduta del fascismo lo scudo con il fascio littorio fu asportato mutilando così un’opera che faceva par­te della nostra storia.

Attorno al 1929 eseguì alcuni bozzetti per medaglie, nello stesso anno realizzò una serie di Madonne con Bambino in terra­cotta dipinta di cui alcuni esemplari pos­sono essere visti uno lungo la via di S. Ip­polito in un tabernacolo, ed un’altro mu­rato sulla facciata della sua casa pater­na di Via Mascagni. Anche in questo bas­sorilievo sono predominanti gli elementi inneggianti il regime come i fasci littori che avvolgendo il grano fanno quasi da cornice all’immagine sacra. Questa ope­ra è datata 29 ottobre 1929.

L’anno dopo il Podestà di Pomarance lo incaricò di eseguire lo stemma del Comu­ne di Pomarance che attualmente si tro­va presso l’ufficio Tecnico comunale. Due anni più tardi fu incaricato, sempre dal Comune di Pomarance, di eseguire una medaglia ricordo per la figura del Dot­tor Cercignani di Pomarance. Due anni dopo il Podestà gli affidò l’esecuzione di un busto alla memoria dello stesso dot­tore che venne collocato nel vecchio Ospedale di Pomarance. L’opera in bron­zo attualmente posta presso [’Ambulato­rio Comunale di Pomarance reca la data 1934. Interessanti sono alcuni disegni a china, 1936, nei quali sono disegnati al­cuni scorci del vecchio paese come ad esempio i “Casalini”.

Nonostante l’età avanzata continuò a te­nersi in esercizio dimostrando doti di grande temperamento artistico aiutando a i suoi fratelli nei loro lavori di intaglio di parti di mobili. Nel 1942 firmò un basso-rilievo raffigurante il battesimo di Cristo con il San Giovanni Battista.

Il passaggio della guerra, la fame, le dif­ficoltà finanziarie costrinsero lo stesso Luigi Bonucci a vendere o regalare mol­te delle sue sculture o disegni in cambio di generi di prima necessità.

Nonostante le difficoltà di quel periodo e la scomparsa della moglie Annunziata, il settantaseienne Luigi Bonucci continuò a scolpire e modellare. È del dopoguerra lo stemma del Comune di Pomarance scol­pito nel tufo e posto sopra la porta dell’e­dificio comunale, così come è del 1947 un leone in terracotta raffigurante il “Marzoc­co” (un leone seduto con la zampa so­pra uno scudo raffigurante l’Arme del Co­mune di Pomarance). Sembra che que­sto fosse stato il modello per sostituire il vecchio Marzocco cinquecentesco di­strutto da un carro armato tedesco nel­l’ultimo conflitto mondiale.

È in mio possesso una delle sue ultime sculture, datata 1949, recuperata in una discarica abusiva nei pressi di Poma­rance.

A 78 anni, nel 1950, partecipò ad alcuni concorsi per dei manifesti di arte sacra a Pistoia e a Roma. Un particolare interes­sante di questi disegni a china è la scrit­ta “RIPA D’ARANCIO” a testimoniare la sua origine pomarancina ed il suo attac­camento al paese d’origine.

Luigi Bonucci morì quattro anni più tardi (28/1/1954) all’età di 83 anni lasciando erede universale sua sorella Luisa Bonuc­ci maritata Pineschi.

Jader Spinelli

Un ringraziamento doveroso per queste ri­cerche vada airing. Marco Zanella che ha consentito la visione delle opere e dei do­cumenti privati conservati nella propria ca­sa, così come un ringraziamento sincero va­da ai Sig. Giovanni Baroni per la disponi­bilità nel documentare fotograficamente le opere dello scultore Bonucci.

Riposo alla Fonte

COMUNITÀ MONTANA VAL DI CECINA

ASS. TURISTICA PRO POMARANCE

COMUNE DI POMARANCE

Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.