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Descrizione delle attività produttive della zona di Larderello.

LARDERELLO: RICCHEZZA DI CASA NOSTRA

PREMESSA

Nel mondo esistono numerose aree in cui si verificano manifestazioni geotermi­che, cioè dove avvengono naturali fuoriu­scite di vapore dal suolo. Quelle più note si trovano in Italia, in Islanda, in Giappone, nel Messico, in Nuova Zelanda, nelle Filip­pine, in Indonesia e nel Tibet. In Italia si trovano in varie località, ma l’area princi­pale è quella che della zona di Orvieto, passando per il Monte Amiata, si estende fino a Larderello e Radicondoli, interes­sando così parte delle province di Terni, Grosseto, Pisa e Siena.

Centrali di Larderello (1970).

Il viaggiatore che percorra la tortuosa e panoramica strada che da Volterra condu­ce a Larderello, avvertirà nell’aria un pro­gressivo aumentare di un inconfondibile odore di uova marce: è l’idrogeno solforato che emana dalle viscere della terra insie­me al vapore acqueo dei soffioni di questa dimenticata parte della Toscana. Vedrà un sempre più esteso diramarsi di grosse tubazioni che, attraverso la campagna, convogliano, dai pozzi perforati profonda­mente, il vapore naturale, alle centrali elet­triche.

CENNO STORICO

Emanazioni di vapore e sorgenti di acque calde sono sempre esistite in questa zona; infatti in una mappa risaliente al III secolo d.C., i Romani indicavano quest’area col termine di “acquae volaterranae”. Una ri­produzione di detta carta si può vedere nel museo storico di Larderello. Oggi, in tutta questa zona, esistono soltanto due o tre punti in cui si verifica dal suolo emanazio­ne superficiale spontanea di vapore, in quanto detto fluido si trova generalmente nelle profondità del terreno.

Poiché detto vapore, oltre a varie sostanze chimiche, contiene anche una buona per­centuale di acido borico, nel secolo scorso veniva usato esclusivamente per estrarvi tale prodotto. Le emanazioni di vapore venivano fatte gorgogliare in grandi pozze, le cui acque fangose venivano tenute in ebollizione violenta dal vapore stesso. Era­no i cosiddetti “Lagoni” le acque dei quali venivano pertanto ad arricchirsi di acido borico. La concentrazione di esso veniva effettuata in modo rudimentale con delle semplici caldaie scaldate a legna.

Per ovviare alle numerose difficoltà e ren­dere più economica la produzione, detti bacini furono coperti con una cupola in muratura in modo da raccogliere il vapore che aveva depositato l’acido borico nel­l’acqua e poterlo convogliare, tramite tu­bazioni di terra cotta, sotto alle caldaie ed impiegare così, per la concentrazione del­le acque boriche, il vapore anziché la le­gna. Questa struttura veniva chiamata “la­gone coperto”. Lo sfruttamento a carattere industriale fu iniziato nel 1818 da un certo Francesco De Larderei (dal quale poi la località prese il nome) che fondò una so­cietà alla quale nel 1913 se ne aggiunsero altre che successivamente si fusero in un’unica azienda.

Attualmente, dal punto di vista economico, non è conveniente utilizzare il vapore na­turale per estrarvi prodotti chimici, pertan­to esso viene impiegato principalmente per la produzione di energia elettrica. Il primo esperimento di questo genere, fu effettuato nel 1904, mettendo in azione un piccolo generatore che si trova esposto nel sopramenzionato museo di Larderello. E’ interessante segnalare che al tempo dei Romani, ma anche nel secolo scorso, le sorgenti termali della nostra zona veniva­no frequentate per la cura dei dolori reu­matici, delle affezioni della pelle e delle vie digerenti. Lo stesso Granduca di Toscana, per curarsi la gotta, era solito recarsi con la sua corte, alle terme de “La Perla”, od a quelle di Bagno al Morbo. Oggi dette salu­tari sorgenti sono pressoché ignorate.

SFRUTTAMENTO ATTUALE

Ai nostri giorni, in tutta la vasta area di cui abbiamo parlato, che è la più estesa e la più importante del mondo di questo gene­re, vi sono installate numerose centrali elettriche che producono annualmente, senza interruzioni, circa 3 miliardi di chi­lowattora di energia elettrica ad un costo molto basso. Poiché per produrre elettrici­tà, non tutto il vapore naturale è adatto, in quanto, se non possiede le dovute caratte­ristiche di temperatura, di pressione, ecc., non è utilizzabile per tale scopo, avviene pertanto che una parte di esso non venga inviato nelle centrali, perciò risulta preferi­bile sfruttarlo per altri usi, come teleriscal­damento per le abitazioni di Larderello e Castelnuovo, nonché per serre in varie zone, tra le quali, oltre a quelle tradizionali di Castelnuovo, S.Dalmazio e Larderello, anche quella dell’Amiata dove sono state costruite serre con una superficie coperta di 23 ettari.

CONCLUSIONE

Da quanto abbiamo succintamente espo­sto, risulta evidente che la nostra zona racchiuderebbe una grossa fonte di lavo­ro, una inesauribile sorgente di energia economica, pulita, non pericolosa, quindi migliore, preferibile ed assai più affidabile del metano, il cui prezzo e la cui distribu­zione rimarranno sempre soggetti e condi­zionati da imprevedibili eventi politici inter­nazionali. Se gli organi competenti, invece di restarsene chiusi nel loro piccolo guscio incrostato di scorie secolari, aprissero gli occhi almeno quanto una talpa miope, si accorgerebbero di avere a disposizione risorse immense quasi gratuite, il dono di una inesauribile miniera d’oro che potreb­be produrre ricchezza sempre crescente a tutto il comprensorio.

Quindi, se venissero prese delle iniziative pubbliche appropiate o venissero facilitati i privati che volessero prenderle, si verifi­cherebbe un proliferare di posti di lavoro e di guadagno che darebbero a questa zona grandi possibilità di sviluppo economico da fare invidia anche all’estero.

In altre parole, se Larderello dovesse ri­dursi, con poche decine di dipendenti, a produrre soltanto energia elettrica, non sfruttando completamente le potenzialità che la natura ci ha elargito abbondante­mente, la nostra comunità ne soffrirebbe, in quanto gli insediamenti urbani, sia pic­coli che grandi, da Volterra fino a Massa Marittima, si spopolerebbero sempre più, estinguendo così la vita nel nostro amato, grande territorio.

Romano Santini

BIBLIOGRAFIA (opere consultate)

R. Nasini -1 soffioni ed i lagoni della Toscana e l’industria boracifera – Tipografia editrice Italia – Roma 1930.

R. Nasini – I soffioni boraciferi toscani e l’industria dell’acido borico – Tipografia della R. Accademia dei Lincei – Roma 1906.

A. Mazzoni – L’utilizzazione del calore terre­stre – La Scuola Editrice – Brescia.

A. Mazzoni – I soffioni boraciferi toscani e gli impianti della “Larderello S.p.a.” – Anonime Arti grafiche – Bologna 1948.

ENEL – Larderello: energia elettrica del va­pore endogeno. Il Tirreno – La provincia di Pisa comune per comune – 1993.

Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.

ENERGIA GEOTERMICA

ALCUNE APPLICAZIONI A COLTURE PROTETTE

P.D. BURGASSI: ENEL DPT Vice Direzione Attività Geotermiche Centro Dimostrativo per gli usi non elettrici dell’energia geotermica. Castelnuovo V.C.

Nella regione geotermica toscana le aree interessate da manifestazioni natu­rali sono state utilizzate in passato per la coltivazione di primizie. Infatti, l’alta tem­peratura del terreno favoriva la crescita di prodotti orticoli fuori stagione e le emis­sioni di vapori e gas formavano una sor­ta di cappa di protezione nei confronti di neve e gelo.

Quando nella seconda metà del secolo passato iniziò, attraverso l’uso di tubi in ferro chiodati, il trasporto a distanza dei fluidi naturali (questi sin dal 1827 veniva­no utilizzati come fluido di processo per l’estrazione dalle acque geotermiche dei sali di boro) lungo questi primi vapordot­ti, non coibentati, nacquero le prime strut­ture protette, in muratura, legno e vetro, destinate ad ospitare colture orticole.

A partire dal 1900 quando il vapore natu­rale cominciò ad essere impiegato per il riscaldamento di tutte le abitazioni di Lar- derello e dei villaggi sorti in corrisponden­za dei vari stabilimenti per l’estrazione dei sali di boro dalle acque geotermiche, au­mentò il numero di queste utilizzazioni in orticultura che venivano curate a livello familiare.

Negli anni ’30, furono costruite le prime serre, di una certa dimensione, in legno e vetro, riscaldate con vapore geotermi­co circolante attraverso tubi alettati, al servizio delle foresterie e delle mense aziendali dei vari stabilimenti della Socie­tà Boracifera di Larderello.

Nel 1950 quando, dalla Larderello S.p.a., furono costruiti i grandi impianti serricoli di Castelnuovo e Lago Boracifero l’azien­da agricola della Società si trasformò da fornitrice per le necessità aziendali in pro­duttrice e venditrice di prodotti orticoli sui normali mercati.

TIPO DI FLUIDO

Come indicato i primi impianti utilizzavano il calore disperso da vapordotti che traspor­tavano fluido dai pozzi agli impianti indu­striali e alle utenze civili, successivamente cominciò ad essere impiegato vapore con caratteristiche termodinamiche inferiori e quindi meno adatto alla produzione di ener­gia elettrica, questo fluido veniva fatto cir­colare direttamente nelle serre utilizzando tubi alettati come corpi scaldanti.

Oggi, di norma, si utilizza come fluido di trasporto del calore per il riscaldamento di serre acqua trattata a temperature che variano, a seconda delle caratteristiche del fluido geotermico che viene sfruttato. In qualche caso in impianti di vecchia co­struzione viene ancora utilizzato come fluido di riscaldamento vapore naturale, che circola all’interno delle serre utilizzan­do ancora, come una volta, tubi alettati come corpi scaldanti, ma con questo si­stema, anche se è possibile risparmiare l’energia necessaria per il pompaggio, si verifica uno sfruttamento incompleto del potenziale energetico del fluido.

SISTEMI DI RISCALDAMENTO

Sulla base delle temperature del fluido geotermico ed in relazione alla coltura che si intende impiantare cambia la tipo­logia dei sistemi di riscaldamento che possono essere:

  • A circolazione naturale di aria calda, me­diante l’impiego di tubi che possono es­sere lisci od alettati e posti a terra lungo le pareti delle serre. Questo sistema, adatto per la circolazione di fluidi la cui temperatura si aggira intorno a 90°C, pre­senta di n’orma piccole differenze di tem­peratura tra ingresso ed uscita dell’acqua e quindi mal si presta ad uno sfruttamento razionale e completo della fonte.
  • Con riscaldamento del suolo, mediante tubi in materiale plastico, interrati, nei quali viene fatta circolare aria calda.

Questo sistema, pur essendo in grado di mantenere una temperatura uniforme nel­la serra, è strettamente legato al tipo di coltivazione ed alle temperature ottimali cui deve essere sottoposto l’apparato ra­dicale delle piante, comunque il riscalda­mento del suolo si trova sempre abbina­to ad un altro sistema. Il primo impiego del riscaldamento del suolo in geotermia fu realizzato nel 1969 dall’E.N.E.L., in col­laborazione con l’istituto Internazionale per le Ricerche Geotermiche del C.N.R., presso l’attuale Centro Dimostrativo di Castelnuovo di Val di Cecina in una pic­cola serra pilota (circa 200 mq.) che po­teva utilizzare acqua a temperature com­prese tra 30 e 70°C. (Fig. 1).

Questa serra presentava un doppio siste­ma di riscaldamento, con aerotermi fun­zionanti con acqua a temperature di 70°C e con tubi in polietilene interrati a 25 cm. di profondità, nei quali circolava acqua a 25-30°C.

  • Riscaldamento con tubi appesi alla strut­tura portante della serra, appoggiati al pa­vimento o addirittura sospesi sotto i ban­cali o sopra i bancali stessi mediante tu­bi alveolari.

Nella progettazione di impianti di serricol- tura alimentati da fonte geotermica è ne­cessario prima di tutto ottimizzare il siste­ma cercando di integrare le caratteristiche della fonte con le esigenze dell’utenza. È opportuno anche aumentare al massimo il coefficiente di utilizzazione cercando nel­lo stesso tempo di realizzare usi in casca­ta e così abbassare il più possibile la tem­peratura finale, tenendo presente che escluse situazioni particolarmente favore­voli il fluido geotermico, alla fine del ciclo, deve essere reiniettato perché questo è ricco di sali disciolti. Questa ricchezza di sali disciolti rende necessario prevedere come fluido vettore del calore all’interno della serra, acqua trattata in ciclo chiuso.

SITUAZIONE ATTUALE IN ITALIA

Analizzando i fluidi geotermici attualmen­te utilizzati nella serricoltura in Italia si può vedere dalla tabella 1 che, per alcune ser­re (in Italia circa 5 ettari) viene impiegato come fonte di riscaldamento vapore con temperatura intorno a 120°C (ovviamen­te il fluido che circola nel circuito secon­dario ha una temperatura di circa 90°C). Per altre serre vengono utilizzate acque provenienti da sorgenti o pozzi a tempe­rature variabili tra 40 e 97°C.

A questo proposito è molto interessante il caso di Piancastagnaio dove il fluido geotermico (vapore surriscaldato con una percentuale abbastanza elevata di gas) viene utilizzato per produrre energia elet­trica in una turbina a scarico libero; il flui­do scaricato passa in uno scambiatore a miscela a pressione atmosferica da cui esce acqua a 97°C che viene inviata in scambiatori a piastre dove riscalda a 90°C l’acqua trattata del circuito secon­dario di un impianto di serricoltura, prima di essere inviata alla reiniezione. Tra gli scambiatori a piastre e le serre esiste un notevole dislivello per cui è necessario far passare l’acqua del circuito secondario attraverso scambiatori a fascio tubiero po­sti alla stessa quota delle serre. Di qui, dove esistono anche grandi serbatoi per l’accumulo di calore, parte il circuito (ter­ziario) che, in ciclo chiuso, va ad alimen­tare gli impianti di produzione (Fig. 2) Un altro caso di utilizzazione integrata dell’energia geotermica, di grande inte­resse, è il progetto Bulera fino ad oggi realizzato solo parzialmente dove, parten­do da fluido a 120°C, dovrebbe essere prodotta energia elettrica, dovrebbero es­sere riscaldati 2 ettari di serre, tunnels per olticoltura e funghicoltura, vasche per al­levamenti ittici e campi. (Fig. 3)

CONSIDERAZIONI TECNICO ECONOMICHE

Occorre rilevare, come quella geotermi­ca presenti, rispetto alle fonti di energia convenzionali, un basso impatto ambien­tale, purché siano rispettate ovviamente alcune regole fondamentali quale quella della reiniezione di reflui inquinanti.

La caratteristica principale è data dall’al­ta efficienza energetica dell’energia geo­termica, in particolare per i fluidi a bassa temperatura. Il rapporto tra lavoro prodot­to e energia termica che è possibile otte­nere dai fluidi geotermici, a partire dalle loro condizioni iniziali, sino alla tempera­tura ambiente, può raggiungere il 90% contro il 70-80% che può essere ottenu­to con i combustibili fossili. D’altra parte il calore geotermico ha un costo decisa­mente inferiore rispetto a quello ottenuto da carbone, petrolio e gas naturale percui è opportuno scegliere colture molto “energivore”, cioè piante che necessita­no per il loro sviluppo di alte temperatu­re e quindi di una forte quantità di ener­gia termica. Il mercato italiano oggi sem­bra incoraggiare in particolare produzio­ne floricola florovivaistica, fiori e piante or­namentali, tra queste: aeschynanthus, ci­clamino, croton dieffenbachia, euphorbia- pulcherrima (poinsettia), ficus, nephrole- pis, ortensia scheffleria, scindapsus (pho­tos), spathiphyllum, syngonium philoden- drom, anche se non sono da disprezza­re colture orticole specializzate (basilico ecc.).

Fig. 2 SCHEMA SEMPLIFICATO DELL’IMPIANTO PER RISCALDAMENTO SERRE DI PIANCASTAGNAIO
FIG. 3 SCHEMA SEMPLIFICATO DEL “PROCETTO BULERA”.

Occorre tener presente però che l’inci­denza delle spese di riscaldamento, uti­lizzando combustibili convenzionali, si ag­gira intorno al 15-20% del valore del pro­dotto venduto e pertanto è possibile ren­dere competitive le serre in località colli­nari dove sono ubicate di solito le risorse geotermiche (quindi a minor temperatu­ra media esterna): queste sono talora lon­tane da grandi centri di utilizzazione del prodotto, per cui sul costo finale vengo­no ad avere forte incidenza, come già ac­cennato le spese di trasporto.

PROSPETTIVE FUTURE

Come riportato nella tabella 1 in Italia gli impianti terricoli che utilizzano energia geotermica sono 9. Sono in corso di rea­lizzazione alcune iniziative di grande in­teresse, sia per le dimensioni dei nuovi impianti, che per le innovazioni tecnolo­giche che vengono proposte.

Ad esempio a Castelnuovo di Val di Ce­cina è in costruzione una serra di circa 2000 mq. destinata alla produzione di ba­silico nella quale sarà utilizzato il doppio sistema di riscaldamento con aerotermi (utilizzanti acqua a 65°C) e con riscalda­mento del suolo attraverso tubi corrugati in materiale plastico, a 40 cm di profon­dità nei quali circolerà l’acqua provenien­te dagli aerotermi a 35°C.

Una particolarità significativa di questa serra è che la fonte geotermica è rappre­sentata dall’acqua di scarico del teleri­scaldamento del vicino paese. Questo, una volta attivato, sarà un esempio di uso combinato del fluido geotermico con un elevato fattore di utilizzazione, anche per­ché serre e teleriscaldamento presenta­no approssimativamente lo stesso anda­mento del diagramma di carico termico. Altre iniziative sono in corso di realizza­zione a Castelgiorgio in provincia di Ter­ni e a Latera in provincia di Viterbo.

A Castelgiorgio con il fluido prodotto da uno dei pozzi a suo tempo perforati dal- l’E.N.E.L. (acqua a 120°C) verrà aziona­to un gruppo a circuito binario da 1000 KW a valle del quale l’acqua a 90°C, at­traverso scambiatori a piastre, riscalde­rà il fluido di un circuito secondario de­stinato ad una iniziativa agroindustriale e a 2 ettari di serre, prima di essere reiniet­tata in un altro pozzo. A Latera invece un fluido bifase (acqua e vapore a 200°C) alimenterà una cen­trale elettrica a doppio flash e, a valle l’ac­qua di scarico andrà ad alimentare l’im­pianto di riscaldamento di quindici ettari di serre.

Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.