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Descrizione della storia della zona di Libbiano.

UNO SGUARDO SU LIBBIANO

TRA STORIA E PRESENTE

ATra le frazioni del nostro Comune, Lib- biano, una delle più piccole, si distingue per una serie di aspetti che ne fanno una realtà unica, di notevole interesse sia sul piano naturalistico e paesaggistico sia sul piano storico – culturale, di cui le case e le strade costituiscono tuttora vivente e, per molti versi, intatta testimonianza. Libbiano (castrum Liviani) sorse in epo­ca romana, precisamente ai tempi della legge lulia (59 a.C.), con cui Giulio Cesa­re assegnò ai suoi veterani, tra i quali, ap­punto, questo Livius, parte dei territori conquistati (la medesima origine hanno i centri vicini di Micciano, Serrazzano, Lustignano).

LIBBIANO: La Torre

Successivamente divenne un castello che, per la sua posizione strategica e di confine e per le ricchezze minerarie del suo territorio, fu a lungo conteso tra i mo­naci dell’Abbazia di S. Pietro in PalazzoIo (Monteverdi) ed il Vescovo di Volterra. Prevalse alla fine quest’ultimo, ma l’effet­tivo godimento dei diritti feudali da parte dei Vescovi fu ostacolato per molto tem­po dalla potente famiglia dei nobili Caval­canti (talora avversari, talora alleati degli stessi Vescovi).

Sottomesso in modo definitivo a Volterra agli inizi del 1400, Libbiano ne seguì la sorte quando la città di S. Lino fu conqui­stata dai Fiorentini, avidi di quelle ricchez­ze minerarie (allume, zolfo, vetriolo) del­le quali lo stesso territorio libbianese era particolarmente ricco.

Neanche sotto il dominio fiorentino ven­ne meno l’influenza dei Cavalcanti che ri­siedettero a Libbiano praticamente fino al 1776, allorché il paese venne a far parte a tutti gli effetti della comunità di Poma­rance.

La popolazione di Libbiano ammontava nel 1845 a 279 abitanti (più o meno quel­li del 1551:202), mentre nel 1861 era sa­lita a 453, cioè era quasi raddoppiata. Co­me si spiega questo aumento? Con tutta probabilità esso è dovuto allo sviluppo delle attività minerarie (zolfo e vetriolo, ra­me e calcedonio) che, in tale periodo, in­teressò un po’ tutto il Pomaranci no. Que­sta attività si protrasse fino a tempi rela­tivamente vicini (durante la 1° Guerra Mondiale funzionava, vicino a Villetta, una miniera di carbon fossile, i cui dipenden­ti erano esentati dal servizio militare ed il cui prodotto era inviato a Casino di Terra con una ferrovia a carrelli) e consentì di mantenere relativamente stabile la popo­lazione.

La situazione cominciò decisamente a mutare col venir meno dell’attività mine­raria (a parte quella di carbon fossile la chiusura delle miniere risale a fine ’800); a questo punto la popolazione si trovò, in­fatti, davanti a due alternative: o lavora­re a mezzadria dai Conti Guidi di Serra e fare i boscaioli ed i carbonai, oppure cercare lavoro più lontano, ad esempio a Larderello, dove lo sviluppo della primiti­va industria chimica in direzione della pro­duzione di energia elettrica offriva nuove opportunità. Gradualmente il numero di coloro che lavoravano nell’industria bo­racifera (e che andavano e tornavano da Libbiano a Larderello prima a piedi e poi in bicicletta) aumentò e comportò una pri­ma significativa ondata migratoria verso Larderello ed i paesi vicini.

Quando la Larderello S.p.A. concesse fi­nalmente un automezzo per trasportare i lavoratori, sembrò che il fenomeno po­tesse essere arginato. Si trattò di una bre­ve illusione: alla fine degli anni ’50, quan­do fu costruito il villaggio residenziale di Larderello, molti furono i Libbianesi che lasciarono il loro paese, cui pure erano attaccati, per andare ad abitare in un cen­tro che offriva loro troppe più comodità. Cominciò così un esodo sempre più ac­centuato, continuato negli anni recenti, anche se, ultimamente, il centro di attra­zione (non solo per Libbiano) non era più Larderello, ma Pomarance.

I dati qui di seguito riportati illustrano be­ne l’entità e l’andamento del fenomeno: anno 1961 abitanti 232 anno 1971 abitanti 137 anno 1981 abitanti 101 31/12/1988 abitanti 80

Attualmente gli abitanti di Libbiano han­no un’età media che supera i 60 anni. I bambini sono solo poche unità e scarso è il numero degli adulti che non hanno raggiunto l’età pensionabile: mancano in­fatti intere generazioni, quelle dell’età di mezzo. Questo può far supporre un pae­se quasi addormentato ed immobile, ma la realtà non è tale: è anzi sorprendente vedere come i Libbianesi, anche quelli che hanno superato gli ottanta, riescano a condurre una vita sufficientemente at­tiva ed autonoma, a non stare con le ma­ni in mano e a non aspettare l’aiuto altrui, sicché chi non conosce certi personaggi prova incredulità quando viene a sapere che sono nati agli albori del secolo XX. Del resto Libbiano non è quel paesino sonnolento che ci si potrebbe aspettare anche per altri motivi.

La sua dislocazione decentrata, il suo es­sere fuori dal mondo (cioè lontano dai centri e dalle principali vie di comunica­zione), se per un verso è stato il motivo della sua decadenza, dall’altro lato ne fa un angolo, come dicevo all’inizio, unico, dove l’orologio della storia sembra essersi fermato a tempi più su misura umana e dove il rapporto armonico tra uomo e na­tura non è un’utopia ma una realtà vis­suta e quotidiana.

Il discorso vale, in primo luogo, per quel­lo che riguarda le case che, ad eccezio­ne del Circolo A.R.C.A.L. (inaugurato nel 1969), sono tutte vecchie di secoli, anche se poi gli interni, grazie alla solerzia de­gli abitanti, sia di quelli a tempo pieno che di quelli che a Libbiano tornano ogni tan­to, sono stati ristrutturati con criteri mo­derni.

Certo, proprio per questo, qualcosa è an­dato perduto: dai pavimenti in cotto ai sof­fitti con travi e travicelli, ai grandi focarili, teatro di lunghe veglie invernali al canto del fuoco. All’esterno, però, tutto è rima­sto come una volta: le mura delle case, senza intonaco, fatte di mattoni o delle ca­ratteristiche pietre bianche, i numerosi ar­chi ciechi, le due stradine lastricate che portano alla torre, i muretti intorno al pae­se, affacciandosi ai quali si può spaziare da un lato sull’ampio panorama della valle del Trossa e, più oltre, di Volterra e delle sue colline, dall’altro su un succedersi di alture coperte di boschi foltissimi e degra­danti verso la foresta di Monterufoli.

Sono queste qualità, unitamente alla na­turale simpatia umana degli abitanti, a far sì che Libbiano, sia in estate, quando la campagna assume un aspetto quasi ma­gico, sia nelle altre stagioni, specie in tempo di caccia o di funghi, continui ad essere meta di non poca gente. Gente

che ci abitava e che, quasi mai, lascia passare troppo tempo senza tornarci a far una visita o, magari, gente di fuori, gen­te di città lontane, che a Libbiano ci capi­ta una volta per caso e ci si innamora, la­sciandosi prendere dall’incanto del silen­zio, dell’antico, imparando ad amare le ci­cale che friniscono e l’ombra degli alberi sulla piccola piazza.

Laura Longinotti

NOTE BIBLIOGRAFICHE:

  1. Giovanni Targioni Tozzetti – Relazione d’alcuni viaggi fatti in diverse parti della Toscana – FORNI Editori Bologna
  2. Don Mario Bocci – L’Araldo di Volterra – Settima­nale della diocesi di Volterra – 9/4/1972
  3. La Comunità di Pomarance
  4. Repetti – Dizionario geografico, fisico storico della Toscana – 1835 – 1845

Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.