“I FALUGI” ARTIGIANI DEL LEGNO

I FALUGI. Falegnami mobilieri a Poma­rance tra ’800 e ’900.

□ Uno dei più antichi mestieri che vengo­no svolti ancora oggi a Pomarance è si­curamente quello di “Falegname”.

Questa attività artigianale, dedicata so­prattutto alla produzione di infissi fatti con l’aiuto di modernissimi macchinari, era nei tempi passati svolta con attrezzi ma­nuali che caratterizzavano le piccole bot­teghe dislocate nel centro storico di Po­marance. Attrezzi come pialle, pialletti, sponderuole, scalpelli, sgorbie od altro erano eseguiti dagli stessi maestri i quali cominciavano l’arte di falegname quasi da bambini stando dietro il “banco” ad eseguire lavori più semplici.

Atività che nella tradizione artigianale ve­niva spesso trasmessa di padre in figlio, come nel caso della famiglia Bonucci di Pomarance, vissuta tra la metà dell’otto­cento e gran parte del nostro secolo. Ancora oggi i vecchi pomarancini ricordano personaggi come Federigo, Vittorio, Lui­gi morti attorno agli anni ’50.

C. Bonucci “II Falugi”

Conosciuti da tutti come i “FALUGI”, questi ereditarono lo pseudonimo dal pa­dre Claudio Bonucci al quale fu attribui­to in memoria di un personaggio volter­rano vissuto nella prima metà dell’otto­cento, il quale amava consigliare la gen­te più umile nei loro problemi od affari senza percepire alcun compenso.

Pare infatti che le origini della famiglia Bo­nucci fossero volterrane e che alcuni membri si fossero stabiliti a Pomarance all’inizio dell’ottocento come falegnami “carrai” al servizio dei signori Bicocchi che possedevano alcune fattorie nella co­munità di Pomarance.

A questi proprietari terrieri infatti furono molto legati da rapporti di lavoro, di sti­ma, di amicizia per intere generazioni e, grazie a loro, alcuni Bonucci ebbero la possibilità di frequentare corsi di studio all’Accademia di Siena e di Firenze.

Le prime notizie della famiglia Bonucci ri­salgono agli ultimi anni del ’700 con cer­to Pellegrino Bonucci che sposando Se­vera Baroncelli dettero luogo a Giusep­pe Bonucci e Luigi Bonucci nato il 4 gen­naio 1803.

Luigi Bonucci si stabilì a Pomarance at­torno al 1830 lavorando come “Carrado­re” presso i Bicocchi nella sua bottega ubicata nei fondi di palazzo Biondi – Mel­lini, accanto alla Porta Orciolina (o al Pe­so) in piazzetta S. Carlo. Sposatosi con Luisa Orzalesi ebbero diversi figli tra cui Claudio Bonucci detto il “Falugi” che nacque il 5 dicembre 1844. Dotato di spic­cata intelligenza fu fatto studiare nelle pri­me classi elementari e contemporanea­mente avviato al mestiere di falegname “carraio” nella bottega di suo padre. Di­plomato ben presto “Fabbricante di Mo­bilio”, come attesta un diploma conser­vato nella sua casa di via Mascagni, que­sti si sposò con la pomarancina Maria Bufalini nel 1864.

Dal loro matrimonio nacquero diversi fi­gli tra cui Carlo nel 1866, Federiga nel 1868, Vittoria nel 1870, Luigi nel 1871, Fe­derigo nel 1873, Vittorio nel 1877, Sofia nel 1879, Anita nel 1882 ed infine Alber­ta Luisa nel 1890.

Negli anni della sua lunga attività artigia­nale Claudio Bonucci “Falugi” realizzò in Pomarance e nelle nostre zone manufat­ti di ottima qualità utilizzando legni loca­li, che sotto le sue abili mani diventava­no robusti infissi, pregiate credenze, ve­trine, mobili da cucina o da camera, che andavano ad arredare sia le case nobi­liari del tempo che le più modeste dei con­tadini.

La lavorazione artistica dei mobili fu in se­guito coadiuvata anche dai suoi figli ma­schi Carlo, Luigi, Federigo e Vittorio ai quali era dato il compito di intagliare le parti decorative dei mobili che necessita­vano di figure animali o floreali e che era­no applicate a specchiere, toilette, arma­di, cassettoni, ecc. Molti di questi model­li in gesso sono ancora conservati nella “Casa dei Falugi” a testimoniare l’ottima qualità dei mobili che venivano eseguiti. La vecchia falegnameria di piazzetta S. Carlo fu, negli ultimi anni dell’800, trasfe­rita in via Mascagni al n° 54 dove negli appartamenti soprastanti andò ad abita­re anche la numerosa famiglia dei Bo­nucci.(1)

La bottega fu corredata di macchinari, al­l’avanguardia per quei tempi, che contri­buirono ad alleviare le notevoli fatiche per piallare o segare grossi tronchi di le­gname.

La sega a nastro, la toupie, la pialla a fi­lo, il tornio ed altri macchinari erano azio­nati prima dell’installazione della corren­te elettrica, da una macchina a vapore che trasmetteva il moto rotatorio alle mac­chine utensili attraverso cinghie di tra­smissione e pulegge collocate sopra un contro solaio in legno che proteggeva e nascondeva tutti i meccanismi dei rinvìi atti ad azionare o meno le macchine uten­sili. Con l’impianto della corrente elettri­ca a pomarance nel 1914 al posto della macchina a vapore fu collocato un moto­re elettrico che, con lo stesso principio azionava le varie macchine utensili. Que­ste macchine operatrici innovative per quei tempi, quando ancora la maggior parte dei falegnami lavorava a mano, era­no spesso utilizzate anche da altri colleghi pomarancini che si facevano segare e portare a misura il legname che in se­guito avrebbero terminato di lavorare nel­le proprie botteghe.

La Famiglia Bonucci

Uno dei primi figli che frequentò la botte­ga di Claudio Bonucci fu Carlo. Dotato di notevole talento artistico, fu fin da ragaz­zo inviato all’Accademia di Belle Arti a Siena per imparare scultura e disegno. Molto scarse sono le notizie storiche di questo valente professionista che, secon­do fonti orali, fu il migliore dei figli del “Fa­lugi” e che, per motivi a noi sconosciuti, lasciò Pomarance nel 1909 per andare ad abitare a Rosignano Marittimo. Tra i suoi più importanti lavori vi è certamente l’in­
carico, da parte del Comune di Pomaran­ce, di assistente ai lavori nella costruzio­ne del campanile parrocchiale (progetta­to dal Bellincioni di Pontedera) nel quale realizzò alcune sculture in tufo.

In una pubblicazione stampata in occa­sione dell’inaugurazione del campanile nel 1898 e curata dal Maestro Angelo Lessi veniva fatto un elogio particolare a Carlo Bonucci il quale “… oltre ad assi­stere ai lavori scolpì lo stemma di Poma­rance, il San Giovanni e la Madonna del Buon Consiglio che si vedono sotto i ter­razzi balaustrati del campanile …”.

La Banda con Federigo Bonucci al centro in bianco.

In questo lavoro furono coinvolti anche gli altri fratelli Bonucci Luigi, Federigo e Vit­torio che “…. lasciata la pialla e preso lo scalpello eseguirono con generale soddi­sfazione i lavori più complicati e difficili…” (2)

Tra i suoi lavori a noi conosciuti è certa­mente il progetto del campanile nuovo at­taccato alla Chiesa di San Cerbone nel Castello di Montecerboli finito di realizza­re nel 1909. Ne è testimonianza una la­pide collocata alla base dello stesso cam­panile che riporta la seguente dicitura: ‘‘Il 15 maggio 1902 fu cominciata la costru­zione di questo campanile che col dena­ro della Compagnia di Conte e l’opera della popolazione di Montecerboli fu fati­cosamente compiuto e inaugurato il 19 di­cembre 1909. Carlo Bonucci di Pomaran­ce disegnò e Luigi Micheletti di Larderello diresse i lavori”.

L’altro figlio secondogenito del Falugi fu Luigi Bonucci che per il suo temperamen­to estroverso fu il solo a lasciare ben pre­sto la bottega del padre per fare lo scul­tore professionista a Firenze. A questo personaggio pomarancino, morto nel 1954, è stata dedicata una monografia nel n° 4 della rivista ‘‘La Comunità di Poma­rance” del 1989 insieme ad una mostra antologica delle sue opere esposte nel Palazzo ex Pretura di Pomarance (Dicem­bre 1989).

Vissuto a Firenze per molti anni e ricono­sciuto come artista fiorentino nelle mostre nazionali, ha lasciato molte sue opere an­che a Pomarance come il Busto del Tabarrini (1911), quello del Dottor Cercignani (1934), i decori in bronzo del Monumen­to ai caduti del Parco della Rimembran­za. Tornato ad abitare a Pomarance nel­la casa paterna di via Mascagni nel 1929, collaborò alla conduzione della falegna­meria eseguendo e scolpendo parti di mo­bili realizzati dai suoi fratelli Federigo e Vittorio, che particolarmente ereditarono lo pseudonimo del padre Claudio quan­do morì nel 1919.

I due fratelli Federigo e Vittorio infatti con­tinuarono il mestiere del padre realizzan­do una infinità di manufatti che ancor og­gi, a distanza di 50 o 70 anni, vengono indicati con lo stesso pseudonimo di ‘‘Fa­lugi”. È il caso di una poltrona conserva­ta a Milano dai signori Frediani che vie­ne ancora oggi chiamata la ‘‘poltrona dei Falugi”.

Tra i vari lavori eseguiti da questi artigia­ni a nostra conoscenza sono certo da ri­cordare il portone del Municipio di Poma­rance oppure quello della Chiesa Parroc­chiale nel quale sono scolpiti il San Gio­vanni e la Madonna. AH’interno della stes­sa chiesa furono eseguite anche le pan­che laterali e la balaustra dell’Altare Mag­giore.

Di pregevole valore sono le scrivanie del Sindaco e del Segretario Comunale rea­lizzate nel periodo fascista e nelle quali si denotano pregevoli intagli. Del 1925 è sicuramente un tavolo in noce eseguito per la famiglia Bicocchi e custodito nel­l’omonimo palazzo di via Roncalli. Di que­sto esemplare è conservata fra i docu­menti dei Bonucci una fotografia del ta­volo in cui sono intagliati gli stemmi di fa­miglia dei Bicocchi. La committenza del lavoro è certificata anche da una ricevu­ta di pagamento conservata nel costituen­do ‘‘Museo Bicocchi” firmata Vittorio Bo­nucci Falugi.

Per l’avviamento della caldaia a vapore, che serviva per azionare le macchine utensili della falegnameria prima dell’in­stallazione del motore elettrico, necessi­tava la patente di caldaista che detene­va solamente Federigo Bonucci il quale durante i periodi estivi partecipava anche alle campagne di trebbiatura del grano conducendo le grosse ‘‘Caldaie a vapo­re” costruite dall’artigiano locale Angio­lo Pineschi.(3)

Sempre pronto all’iniziativa imprenditoria­le attorno al 1925 formò una società per la produzione e vendita di gesso con il Po­destà del tempo Onorato Biondi.

Fin dal 1891 i due fratelli Vittorio e Fede­rigo alternarono il loro mestiere di fale­gname con quello di Fotografi Dilettanti, fotografando immagini di Pomarance, personaggi e vedute panoramiche dei monumenti più importanti della zona che riproducevano in cartoline postali. Ne è testimonianza una cartolina datata 28 lu­glio 1900 in cui è fotografata la Rocca di Sillano di quel periodo ed in cui è impres­so il marchio di fabbrica ‘‘Fratelli Bonuc­ci Fotografi Dilettanti”.(4) Questi utilizza­rono per questa attività due macchine a soffietto con il sistema di impressionatura a lastra di vetro; una corredata di ca­valletto in legno, l’altra portatile e databi­le intorno al 1902.

Grandi appassionati di musica fin da gio­vani fecero parte della Società Filarmo­nica di Pomarance denominata l’indipen­dente, diretta per molti anni dal maestro Giovanni Chimera di Crema.

Intaglio per Specchiera.

Federigo suonava il “Genis” mentre Vit­torio il Trombone. Spesso partecipavano insieme al collega falegname Pini Ranieri (maestro di musica e costruttore di man­dolini) all’accompagnamento musicale del cinema muto che veniva proietato a Pomarance fin dal 1914 nei fondi della ca­sa di Baldeschi Ernesto in via Roncalli (At­tuale casa di Aroldo Pineschi).

Da fonti orali riportatemi dal novantenne Aroldo Pineschi, sembra che i due fratel­li Bonucci, amanti della fotografia e del cinema fossero stati i promotori nel con­vincere gli accademici del Teatro dei Co­raggiosi ad impiantarvi la macchina da proiezione per il cinema muto. Negli an­ni venti infatti iniziarono le proiezioni che furono affidate all’esperto Federigo Bo­nucci.

Una iniziativa certamente conveniente per l’Accademia dei Coraggiosi che vide aumentare considerevolmente il numero degli spettatori domenicali a discapito del­l’altro cinema del Baldeschi che, da buon burlone, lo aveva denominato: “CINEMA, VITA BREVE, MORTE SICURA”.(6) Federigo Bonucci rimase celibe e morì il 23 settembre 1945. Suo fratello Vittorio, sposato con Maria Molesti di Peccioli, do­po la morte del fratello assunse come ap­prendista il sedicenne Paolo Bocci al qua­le insegnò gran parte delle sue esperien­ze di falegname sino al 1953 quando si spense all’età di 76 anni.

Erede del patrimonio Bonucci rimase la sorella Alberta Luisa Bonucci sposata con il falegname carraio Carlo Pineschi. La fa­legnameria fu data in affitto dal 1954 al­l’artigiano falegname Unitario Garfagnini detto la “Gatta” che la tenne aperta fi­no alla sua morte avvenuta nel 1987.(7)

Jader Spinelli

NOTE

  1. Fonti orali affermano che la “Casa dei Falugi” di via Mascagni insieme alla bottega fos­se stata ceduta dai Bicocchi in cambio di la­vori di falegnameria che gli stessi Bonucci ave­vano eseguito per le Fattorie Bicocchi. La ca­sa infatti era pervenuta ad Emilio Bicocchi in dote a sua moglie Paolina Ghilli il cui padre era proprietario della Fattoria di Lanciaia ed anche del Palazzo ex Ricci.
  2. Festeggiamento e Inaugurazione del Cam­panile di Pomarance 1898.
  3. Le caldaie a vapore costruite dall’artigiano Angiolo Pineschi erano realizzate nella sua of­ficina in via della Cella (attuale Via Bardini) sot­to la casa di proprietà di Umberto Buzzichelli.
  4. La cartolina è conservata nella collezione privata di Umberto Rossi a Montecerboli.
  5. Le macchine fotografiche sono attualmen­te di proprietà di Bartoli Gerardo che le acqui­stò dagli eredi Bonucci nel 1956.
  6. Un ringraziamento sincero vada a Giovan­ni Danzini, Aroldo Pineschi e Paolo Bocci per le notizie orali fornitemi sui Falugi. Una espres­sione di gratitudine vada inoltre a Giovanni Ba­roni che mi è stato vicino nella consultazione dei documenti Bonucci e nella esecuzione di riproduzioni fotografiche.
  7. Dopo la morte di Alberta Luisa Bonucci la casa dei Falugi fu ereditata da sua sorella So­fia che si era sposata a Milano nel 1910 con certo Prato Alfredo. Alla morte di questi il pa­trimonio Bonucci passò alla loro figlia Gianni­na Prato sposata nel 1940 con lo scrittore e critico d’arte Giuseppe Zanella. Alla morte di questi la proprietà è pervenuta al loro figlio, l’in­gegnere Marco Zanella, sposato con M.G. Moschini da cui sono nati Daniele ed Andrea ai quali va il mio più sincero ringraziamento per avermi dato la possibilità di consultare i docu­menti di famiglia in modo da poter lasciare ai posteri una traccia sulla attività artigianale di questa importante famiglia pomarancina.

Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.

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