ANDAR PER FARRO

UNA RICETTA A CURA DI CRISTINA BLASI INSEGNANTE ALLA SCUOLA “CORDON BLEU” DI FIRENZE.

Vorrei parlare questa volta di un ingre­diente molto poco conosciuto, ma molto adatto a preparare piatti invernali, zuppe e, perché no, anche gustosissime insa­late estive: il Farro.

Questo cereale smarrito nei secoli è il ca­postipite di tutti i frumenti ed è stato per oltre 2000 anni l’alimento principale di in­tere popolazioni mediterranee e asiatiche. Riscoperto in Alta Savoia per zuppe di verdura e di leguminose è oggi diffuso in tutta la Toscana (soprattutto in Garfagnana) e un po’ conosciuto in tutta l’Italia. La sua riscoperta non è dovuta soltanto al rinnovato interesse per le vecchie tra­dizioni. Si può dire, scherzando, infatti che la popolazione garfagnina è cono­sciuta come la più sessualmente longe­va d’Italia (senza dimostrazione scienti­fica, sia chiaro!), popolazione che ha sem­pre fatto grande consumo di questo ce­reale.

A parte gli scherzi, il farro ha anche pro­prietà nutrizionali abbastanza importan­ti; è infatti ricco di vitamine, sali minerali, proteine (svolge quindi azione ricostituen­te). Come cereale povero comunque è im­portante perché contiene acido litico il quale, secondo studiosi, inibisce certe os­sidazioni dei grassi coinvolte nello svilup­po del cancro del colon.

Il farro, far latino, è una varietà di grano (TRITICUM DICOCCUM) ed appartiene alla famiglia delle graminacee. È facile trovare sul mercato il farricello o spelta con il nome di “gran farro”, il quale in cot­tura non ha la stessa resa del farro: il ve­ro farro non si impasta dopo la cottura, ma mantiene l’anima leggermente dura. Il farro è stato fin dal V secolo A.C. l’uni­co grano dei Romani a differenza dei Gre­ci noti consumatori di orzo.

Dal farro deriva la parola farina; dal farro prende il nome il più antico matrimonio rituale, la CONARRATIO, durante il qua­le gli sposi offrivano a Giove una focac­cia di farro.

Il farro era quindi tenuto molto in consi­derazione dai Romani; lo dimostra il fat­to che veniva dato sotto forma di ricom­pensa ai soldati vittoriosi. Ancora con i chicchi di farro tostato e macinato con la mola ruotante, con aggiunta di sale, le Ve­stali preparavano una polvere rituale (la MOLA SALSA) con la quale cospargeva­no la testa della vittima da sacrificare. Cosa facevano inoltre i Romani con il far­ro? Una famosa polenta: la Puls, che era la base della loro alimentazione e soprat­tutto la forza dei soldati e dei contadini.

Ancora oggi con questo prezioso ingre­diente si prepara il piatto nazionale in Libano, Libia e in quasi tutto il Medio Orien­te (Kibbè).

Ma veniamo a noi! Dove si compra il Gran Farro o Grano Farro? Dai “Civainali” o in qualsiasi negozio di alimentari ben forni­to. Se andiamo in Garfagnana (perché è qui e sull’Amiata che si coltiva) non è dif­ficile trovarlo ovunque.

Generalmente è pulito, ma è meglio la­varlo per togliere eventuali impurità. Do­po che è stato lavato, consiglio di tenerlo in bagno in acqua fredda per circa un’o­ra. Dopo la scottatura il farro, comunque, manterrà la sua consistenza gommosa; è molto adatto quindi per insalate estive in sostituzione di riso e orzo così come nelle minestre di verdura, e di fagioli. Il farro si presta ad essere usato anche co­me contorno per esempio con le carote, con le lenticchie e con i peperoni, cotto magari con meno liquido di una minestra e con un pò di pancetta.

Come dicevo prima, con il farro si posso­no preparare ottime insalate variando con gli ingredienti. Lo potete cuocere, dopo ammollo in acqua fredda, portandolo len­tamente ad ebollizione, salarlo e raffred­darlo. A questo punto conditelo come una panzanella semplice, con olio, sale, pe­pe, pomodoro, cipolla e poco aceto.

Polenta di farro

Se si vuole preparare una minestra di far­ro, quella che comunemente si mangia in alcune tipiche trattorie toscane, consiglio di cuocere lentamente dei fagioli barlotti (o cannellini o anche lenticchie); prepara­te poi una base di cipolla, sedano, carote e abbondante rosmarino tritati; cuocete in olio extravergine di oliva per circa 15 mi­nuti, dopodiché aggiungete un ciuffo di salvia, due spicchi di aglio schiacciati e due pomodori passati. Passati 10 minuti aggiungete anche 1/2 di fagioli passati con un po’ della loro acqua di cottura; fate bol­lire per 20 minuti circa, poi buttate il farro che dovrà cuocere per circa 40-50 minuti. Quasi a fine cottura si aggiunge il resto dei fagioli interi. Si spenge e si lascia riposa­re la minestra affinché il farro si “gonfi” un po’. La minestra va servita con pepe nero macinato al momento e olio di oliva extra­vergine toscano. È ottima anche dieci gior­ni dopo!

Cristina Blasi

Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.

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