a cura di Angelo Marrucci (II parte)
Questo fattore, è ovvio, impose ulteriori costi dovuti alla realizzazione in loco di un impianto di arricchimento a cui va aggiunta la mancanza di adeguate vie di comunicazione in sostituzione dei pochi e malagevoli sentieri che, allora come oggi, si spingevano in questa zona morfologicamente assai impervia. A questi motivi bisogna poi sommare, a quanto sembra, la difficoltà incontrata nell’eduzione delle acque dai livelli più profondi della miniera (impostati, come si è detto, al di sotto del livello del Pavone) e dovuta, pare, alla scarsità e all’inadeguatezzadei macchinari impiegati a tale scopo.(59) In ultimo, ma con effetti forse realmente determinanti, è da menzionare l’inaspettata limitatezza del campo minerario di proprietà della Società proprio dalla parte in cui il giacimento si era mostrato più ricco. La legislazione mineraria allora vigente (emanata con Motu proprio dal Granduca Pietro Leopoldo nel 1788) riconosceva infatti ai proprietari del suolo anche la proprietà del sottosuolo: proprio per tale ragione pare che la cosiddetta Società di Monte Catini non fosse allora in grado di acquistare altri lotti di terreni per allargare la propria concessione data l’esosità e la riottosità a vendere da parte dei proprietari dei suoli confinanti.(60) Tutta questa serie di ostacoli ci può quindi aiutare a comprendere meglio le ragioni della chiusura sappiamo che i fabbricati furono affittati per essere utilizzati come mulini.(61)
Dopo la morte di Sloane, la proprietà della miniera di Montecastelli passò interamente al Conte Boutourline (parte per l’eredità Sloane e parte in affitto)(62) che la mantenne fino al 1879, anno della propria morte. Accadde così che i suoi eredi, desiderosi di ritirarsi in Russia “liquidarono il patrimonio ed esposero in vendita, in via privata la miniera di Montecastelli” che fu acquistata dai fiorentini comm.Vittorio Finzi e cav.Giacomo Pimpinelli “allo scopo di tentare nuovamente l’industria del lavaggio”. (63)
I due nuovi proprietari iniziarono subito animati dalle migliori intenzioni, tant’è che nel 1885 a studiare la situazione geomineraria del giacimento si recò addirittura Bernardino Lotti, uno dei maggiori geologi dell’epoca, che redasse nello stesso anno uno studio geologico dettagliato della zona(64). poi accompagnato e completato da una nuova indagine nel 1890.(65)
Per quanto riguarda l’andamento che ebbero i lavori durante il periodo 1885-1891 sono di prezioso ausilio le Relazioni sul Servizio Minerario^), un periodico che ci permette di seguire di anno in anno la situazione della miniera. Grazie a questo strumento è possibile compilare la seguente cronologia:
- – “venne riaperta la miniera di rame che era chiusa da vari anni’
- – “di ben piccolo momento fu la produzione di Montecastelli”
- – compare tra le minere esplorate “che non diedero produzioni di momento”
- – figura tra le miniere in cui “gli esploratori, ovvero coloro che hanno il diritto di esplorarle e scavarle, accolgono qualche lavorante per pochi giorni con lo scopo di mantenere quel medesimo diritto in conformità dei contratti stipulati coi proprietari del terreno”
- – è compresa tra le miniere produttive “comunque la sua produzione sia insignificante finora”
- – è elencata fra le ricerche di minerali di rame, ma si segnala che “fu sospesa ogni nuova indagine e non si fa ora che mantenere i lavori, in attesa di trovare qualche buona combinazione finanziaria che dia nuovo impulso a quelle ricerche”
- – le ricerche risultano sospese per tutto l’anno.
In realtà gli entusiasmi iniziali di Finzi e Pimpinelli si raffreddarono assai presto: Lotti stesso nel 1890 ricorda la “costanza senza pari’ e i “notevoli sacrifizi’ con cui i due proprietari proseguivano i lavori da cinque anni, anche se solo allora il filone cuprifero, pur sempre interessantissimo sotto l’aspetto scientifico, sembrava mostrare finalmente “una certa importanza anche dal lato industriale”.(67)
In questo periodo, abbandonati definitivamente i lavori intrapresi precedentemente ai livelli più bassi della miniera, fu riaperta interamente la Galleria Isabella; quindi, una volta intercettato il filone nel cuore del monte, fu seguito con una nuova galleria, detta Galleria Rodolfo, che raggiunse il limite orientale del filone.(68) Le esplorazioni condotte in quest’area videro poi l’apertura di due nuovi livelli superiori di gallerie da cui furono spinte varie traverse di ricerca. Le esplorazioni sotterranee ripresero anche nell’area di più antica coltivazione di Grotta Mugnaioli, dove la galleria principale fu spinta fino a 90 m. e dove la Galleria Vittorio, situata 13 m. più in alto rispetto alla precedente, avanzò per circa 40 metri. Poco più in alto ancora fu spinta una nuova galleria che incontrò “vene bellissime d’erubescite compattai’(Q9) e fu inoltre eseguita tutta una serie di saggi superficiali lungo l’affioramento del filone “che mostrossi dovunque più o meno mineralizzato”.(70) Di queste ricerche le più interessanti furono senza dubbio quella impostate nel Botro di Fungaiola, poco più a Sud della Grotta Mugnaioli(71 ) e al Pianetto, ovvero a una distanza orizzontale di circa 700 m. dalla Grotta Mugnaioli e circa 200 m. più in alto, dove il minerale (prevalentemente calcopirite) fu rinvenuto in noduli da 3 ad 8 cm. di diametro.(72) Tuttavia, nonostante tutti questi lavori avessero fornito localmente risultati di qualche interesse, le ricerche si dimostrararono complessivamente scoraggianti, tanto da far apparire l’iniziativa intrapresa come assolutamente antieconomica.
Dopo il 1891 i riferimenti alla miniera di Montecastelli nella pubblicistica ufficiale scompaiono e gli affari dei due imprenditori fiorentini presero una piega talmente negativa che da parte loro non vi fu più certo il modo, la possibilità o l’interesse di riprendere in considerazione le esplorazioni minerarie a Montecastelli.

Nel primo decennio del Novecento la miniera risulta dunque completamente abbandonata finché il 20 agosto 1914, in seguito al fallimento di Finzi e Pimpinelli, essa fu acquistata dal conte francese Carlo De Germiny, già proprietario della tenuta del Palagetto nei pressi di Pomarance. Tuttavia, una volta aggiudicatosi la proprietà del suolo e del sottosuolo dell’area minerariadi Montecastelli, il De Germiny non provvide a far intraprendere lavori di alcun genere. Si giunse così al 1927, quando entrò in vigore la nuova legislazione mineraria (R.D. 1443 del 29/7/1927) che avocava allo Stato il diritto di concedere l’esercizio delle attività estrattive a singoli privati o società. In
quello stesso periodo il regime di autarchia economica vigente nel paese aveva imposto una riconsiderazione complessiva delle risorse minerarie nazionali spingendo all’esplorazione e allo sfruttamento di nuovi giacimenti o, quando possibile, alla riattivazione di vecchie miniere abbandonate. Nel contesto di una più ampia ricognizione dei depositi cupriferi italiani, nel 1927 si recò pertanto sul posto l ing.Emilio Cortese che, trovato il sito completamente abbandonato, la Galleria Isabella di fatto impraticabile, dopo aver eseguito vari saggi (uno dei quali presso il Pod. la Casina) e analizzato infine un campione di minerale (da cui fu rilevato un tenore in rame del 46,5%, cioè eccezionalmente ricco), dichiarò esplicitamente e con grande detrminazione “l’alta convenienza” e l’assoluta necessità di riaprire quanto prima la miniera: “…/ sottosuoli appartengono ad un conte francese che, opportunamente consigliato da un parente italiano, dicesi abbia dichiarato a tempo di volervi lavorare. Ma altrettanto fondato è il supposto che non vi abbia fatto alcun lavoro in tempo utile. Pertanto, se questo proprietario del sottosuolo, entro il periodo fissato dalla nuova legge mineraria (art.59) non avrà dichiarato di voler lavorare seriamente e dopo tale dichiarazione non vi lavorerà intensamente, sarà il caso di togliergli ogni diritto e spingere altri a riaprire questa promettentissima miniera” .(73)
Spronato da tale minaccia, nel 1928 il De Germiny si decise a inoltrare domanda per ottenere il rilascio della necessaria concessione di ricerca al Corpo dell Minieredi Firenze che nel 1929 inviò sul posto ring.Attilio Monticelo per verificare l’effettiva proprietà mineraria denunciata dal richiedente e per constatare lo stato della miniera. In quell’occasione la galleria di scolo fu rinvenuta impraticabile, mentre a Grotta Mugnaioli non fu riscontrata traccia del filone e la galleria d’accesso ai lavori sotterranei fu trovata murata; in uno dei fabbricati (probabilmente un magazzino) fu infine rinvenuta circa una tonnellata di minerale di rame (soprattutto calcopirite e bornite) in noduli, già classificato e concentrato per il lavaggio e non utilizzato per l’estrema difficoltà del trasporto.(74). La concessione per l’area posta sulla destra del Pavone fu comunque accordata al De Germiny che la mantenne perii periodo 1928-1932. Intanto, nel corso del 1928, Caterina Serafini e il marito Alessandro Rosini, residenti a S.Miniato, ottennero il permesso di ricerca per l’area antistante la vecchia miniera di Montecastelli, ovvero per la zona situata sulla sinistra del Pavone, convenzionalmente denominata “Rocca Sillana”.(75) Il corso del Pavone rappresentava il confine con la concessione affidata a De Germiny.
I due assegnatari intendevano esplorare la prosecuzione del filone di gabbro cuprifero che, affiorante con grande potenza nella Grotta Mugnaioli, attraversava poi il Pavone e risaliva oltre la sponda sinistra del torrente perdendosi su per le pendici del rilievo di Rocca Sillana per riapparire infine (messo in luce da una frana prrovocata da un terremoto) sull’altro lato dello stesso monte che declina verso il T.Possera, ovvero presso il Pod.Gorghe, tra Querciatella e Barbiano, lungo la strada per S.Dalmazio, raggiungendo così la lunghezza complessiva di oltre 1.700 metri.(76)
L’area antistante la Grotta Mugnaioli era stata parzialmente esplorata a partire dal 1850(77), ma con lavori di scarso rilievo e saggi di breve sviluppo. Nel 1929 la Serafini (intestataria del permesso) fece pertanto aprire sul luogo una galleria ad un’altezza di circa 2,50 m. sul letto del Pavone in magra che fu diretta verso Ovest. Questo nuovo saggio dopo circa 80 m. di sviluppo, incontrò una vecchia galleria di ricerca che fu seguita per circa 12 m. constatando la presenza di ciottoli di bornite.(78) Nel 1930 fu poi attaccata un’altra galleria con ingresso adiacente alla prima: essa fu diretta verso Sud incontrando vene di calcopirite e di bornite spesse fino a un decimetro. Alla fine del 1930 i lavori avevano prodotto circa 1001.

di minerale cuprifero in ganga serpentinosa (201. dalla prima galleria, 801. dalla seconda), con un tenore approssimativo del 12% in rame, che giaceva inutilizzato nei pressi delle gallerie non essendo ancora stato trasferito via per mancanza di mezzi di trasporto e di vie di comunicazione idonee, non esistendo che sentieri praticabili da bestie da soma(79); i detriti estratti venivano invece scaricati direttamente nel letto del Pavone. In tutto questo periodo i lavori furono svolti unicamente da due operai coadiuvati dal sorvegliante Luigi Gazzarri.(80) Nonostante questi limiti oggettivi, i lavori in questo permesso proseguirono fino all’estate del 1931 per poi cessare del tutto, probabilmente per l’impoverirsi della mineralizzazione. Ciò nondimeno, anche se durante la stessa estate la coppia Serafini- Rosini provvide a far trasportare via a basto quasi tutte le 1001. di minerale estratto fino ad allora(81) e ad abbandonare completamente la ricerca, essa rinnovò il permesso relativo all’area di Rocca Sillana fino al 1940.
L’inizio degli anni Trenta non vide così altre esplorazioni nella zona, in quanto anche il De Germiny nel 1932 rinunciò al suo permesso non avendo assolutamente intrapreso lavori di alcun genere nella sua concessione. Fu tuttavia una sospensione di breve durata in quanto la crescente necessità di minerale della nazione connessa al peso e agli obblighi imposti da una prolungata fase di autarchia economica spinse altri gruppi di imprenditori e di società a valutare di nuovo le potenzialità minerarie dei dintorni di Montecastelli. Dal 1936 cominciarono dunque a susseguirsi nuove richieste di permessi di ricerca: tra le varie iniziative di questa fase la più significativa e importante resta quella intrapresa, a partire inizialmente dal 1936 e poi ufficialmente dal 1940, dalla ditta rag.Giuseppe Boldi & C. di Goito (Mn) con la denominazione “Cerbaiola”.(82) Il tecnico incaricato dall’assegnatario per le ricerche nella zona fu l’ing.Federico Federici che nel luglio 1941 redasse una relazione geologico-mineraria sul giacimento e sulle esplorazioni eseguite di grande accuratezza e precisione, descrivendo analiticamente l’esatta disposizione e lo stato attuale di tutti i lavori più antichi riconosciuti sul terreno e indicando esattamente i lavori di ricerca già eseguiti o progettati.(83) La relazione tecnica era inoltre accompagnata da una planimetria in scala 1:5.000 dell’area esplorata e da una pianta in scala 1:1.000 di tutti i lavori sotterranei eseguiti in prossimità del Pavone (“vecchia miniera di Montecastelli” e “Rocca Sillana”). Ebbene, da questi documenti si evince chiaramente che oltre ai lavori già noti (e precedentemente menzionati) era stata eseguita in passato tutta una serie di saggi minori; infatti:
- nel Vallone di Pietralloro, a Sud-Est dei fabbricati della miniera e a quota 310, fu riaperta una galleria (Z) profonda 30 metri;
- a quota 540 fu rinvenuto ostruito lo scavo in discenderia del Pianetto, ma furono riscontrate tracce di minerale nelle discariche circostanti;
- sul versante Est del monte, seguendo il filone, a quota 530 in località Pietre Bianche tu rilevata l’esistenza di un altro scavo in discenderia (C);
- una galleria fu riconosciuta a quota 450 presso le case’Galleri” e altre due gallerie furono rilevate a circa quota 500 sulla strada fra Cerbaiola e Montecastelli, in località “Manfarda”.
A queste esplorazioni bisogna aggiungere inoltre la presenza di un’ulteriore galleria posta quasi a mezza costa nel fosso del Pod. le Òapanne(84) e la notizia che a Est di Montecastelli, presso la Casina “fu fatto un pozzo, non molto profondo”, che attraversando lo spessore dei gabbri; arrivò alle formazioni sedimentarie (marne e calcari) trovando “del ricco minerale di rame’.(85)

Alla relazione tecnica di Federici fu allegata anche una carta geoelettrico-mineraria alla scala 1:2.000 in cui comparivano i risultati di un apposito rilevamento eseguito in data 5 novembre 1936 dal Servizio Ricerche geofisiche ing.A.Zabelli di Roma che confermava sostanzialmente la corretta ubicazione dei vecchi lavori. Successivamente, a ulteriore dimostrazione delle notevoli prospettive di successo dell’iniziativa di Boldi, al Corpo delle Miniere di Firenze fu inoltrata addirittura una relazione compilata dal rabdomante veronese Ettore Olivieri (che faceva parte dell’associazione di Boldi) basata sui rilevamenti da lui eseguiti nell’area di ricerca dal 21 marzo al 4 aprile 1941 .(86) Concordemente, poi, a quanto già sostenuto da altri in passato(87) fu prospettata anche la realizzazione di una teleferica lunga circa 2.300 m. che, dopo aver risalito i rilievi sulla sinistra del Pavone, avrebbe dovuto trasportare il minerale (già arricchito in loco in un apposito impianto di flottazione) sulla strada per S.Dalmazio.(88) Ma purtroppo anche il programma di ricerca e di riattivazione della ditta Boldi, ostacolato tra l’altro dagli eventi bellici e dalle difficoltà economiche di un paese stremato dalla guerra, naufragò e nel 1944 la concessione fu abbandonata.
Nell’Immediato dopoguerra fu la volta della S.A.R.E.M. (Soc. Anonima Ricerche Escavazioni Minerarie) con sede in Livorno che già nel 1941 si era mostrata interessata alla zona e che il 22/1/1947 chiese e ottenne il permesso di ricerca per minerali di rame e lignite nell’area convenzionalmente denominata “Montecastelli”. Esaurito però il biennio disponibile anche questa società non fece seguire alcuna domanda di rinnovo del permesso: scarsi i mezzi impiegati, poco fruttuose le ricerche, troppo impegnativa un’eventuale riattivazione.(89)
Dopo questo breve interludio la zona in esame divenne dal 1958 al 1960 oggetto di ricerche per minerali di rame e solfuri misti da parte dell’I.M.S.A. (Industria Mineraria Società per Azioni) con sede a Roma che mise in programma un nuovo studio geominerario di dettaglio e la riapertura di tutte le gallerie e i pozzi onde ispezionare il giacimento messo in vista dai vecchi lavori al fine di poter stabilire l’eventuale strategia mineraria e la politica economica da adottare.(90) Anche in questo caso l’esito fu deludente e allo scadere del consueto biennio di concessione il permesso non fu rinnovato.
Per i dieci anni successivi nessuno s’interessò più della miniera di Montecastelli finché a partire dal 1972(91) la zona rientrò in un ampio programma di ricerca intrapreso dalla SOLMINE s.p.a. (appartenente alla Montecatini-Edison s.p.a.) e finalizzato allo studio sistematico delle ofioliti e delle mineralizzazioni ad esse associate in base alle ultime teorie sulla genesi delle “rocce verdi” che limitavano l’interesse minerario alle formazioni diabasiche utilizzando i diaspri come rocce-guida; l’associazione diabase-diaspri infatti avrebbe dovuto indicare le condizioni ambientali originarie favorevoli alla messa in posto di convogli mineralizzati (mineralizzazioni primarie) a solfuri misti.
La SOLMINE mantenne i diritti di ricerca fino al 5 settembre 1979, quando fece pervenire un’esplicita istanza di rinuncia motivata da “un aftievolimento dell’interesse minerario del comprensorio di Montecastelli”.(92) Nel periodo di vigenza del permesso la zona fu comunque oggetto di un’indagine geostatica sulle formazioni ofiolitiche e sulle mineralizzazioni associate nonché di studi sulle possibilità di recupero di alcuni metalli dalle stesse rocce mediante processi idrometallurgici in sito.(93)
Dopo questo lungo viaggio attraverso tre millenni di storia mineraria siamo così giunti ai giorni nostri, ovvero a un’epoca in cui conoscenze geologioche più approfondite e tecniche d’indagine geomineraria più raffinate, hanno purtroppo condotto (unitamente alla mutate condizioni economiche della nazione e congiuntamente alla sua diversa politica mineraria) all’amara conclusione che “le speranze di trovare nei terreni ofiolitici della Toscana un deposito cuprifero d’indiscutibile valore industriale devono considerarsi del tutto perdute”(94), determinando così per questa miniera, come per tutti gli altri analoghi giacimenti toscani, il definitivo abbandono.
Ciò tuttavia non riduce in alcun modo il notevole ruolo svolto nella storia economica e sociale di Montecastelli dall’esistenza di importanti mineralizzazioni metallifere nei suoi immediati dintorni: una presenzacostante che ha accompaganato, talora condizionandola, la vita di questa piccola comunità della Maremma volterrana dalle sue origini ad oggi tanto da rappresentare a buon diritto la caratteristica principale del luogo e tale da alimentare a più riprese nel corso dei secoli le più illusorie ed ottimistiche prospettive di un’autentica ricchezza di metallo. Illusioni e speranze mai sopite a cui il nome di Montecastelli resterà sempre indissolubilmente legato.
NOTE BIBLIOGRAFICHE
- Corpo delle Miniere, Distretto di Firenze, Permessi e concessioni, Prov. di Pisa – permessi non accordati: G.PEROTTO – Relazione geologico-mineraria sull’area domandata in permissione denominata “Monte Castelli” e programma dei lavori che s’intendono svolgere. Dattiloscritto inedito non datato, p.3;
- Ibidem
- B.LOTTI – Sul giacimento ofiolitico di Rocca Sillana. in: “Boll. R. Com. Geol. It.”, voi.7, 1876, p.292;
- A.SCHNEIDER – La miniera cuprifera di Montecatini (Val di Cecina). Firenze, Tip. G.Barbèra, 1890, p. 15;
- B.LOTTI – Sul giacimento cuprifero cit., p.84;
- cfr. nota 49;
- B.LOTTI – Ulteriori notizie sul giacimento cuprifero di Montecastelli in provincia di Pisa, in: “Boll. R. Com. Geol. It.”, XXI, 1890, pp. 15-17;
- Relazioni (già Rivista) del Servizio Minerario e statistica delle industrie estrattive. Roma. Corpo delle Miniere, dal 1878;
- B.LOTTI – Ulteriori notizie cit., p. 15;
- Ibidem;
- Idem, p.17:
- Ibidem;
- cfr. B.LOTTI – Geologia della Toscana, cit., p. 258;
- B. LOTTI – Ulteriori notizie cit., p.17;
- E.CORTESE ■ Giacimenti cupriferi italiani, in: ‘Nuovi annali dell’agricoltura del Ministero dell’Economia Nazionale”, 1927, p. 483;
Corpo dell Miniere, cit., Pisa III 59 – “Montecastelli”: A.MONTICOLO – Verbale di sopraluogo alla miniera cuprifera di Montecastelli. dattiloscritto inedito datato 16 marzo 1929:
- Corpo dell Miniere, cit., Pisa II 8, “Rocca Sillana – Barbiano”;
- cfr. B.LOTTI – I depositi dei minerali metalliferi. Roma, ediz. de “L’Industria Mineraria”, 1928, p.67:
- cfr. nota 51 p 65:
- Relazioni sul Servizio Minerario cit., 1929, p.130:
- cfr. nota 75: A.MONTICOLO – Rapporto sulla ricerca di rame “Rocca Sillana’’. Visita del 23 ottobre 1930, mano scritto inedito:
- Ibidem;
- Idem, A.MONTICOLO – Rapporto sulla visita del 3 ottobre 1931 alla ricerca “Rocca Sillana”, manoscritto inedito:
- Corpo dell Miniere, cit., Pisa 45/25 “Cerbaiola”: permesso accordato in data 5/10/1940;
- Idem. F.FEDERICI – Relazione geologico mineraria sul giacimento cuprifero di Montecastelli Pisano e sui lavori di esplorazione eseguiti, dattiloscritto datato 1 luglio 1941,6
- cfr. U GELLI & G.GIORGI – La miniera de!pavone cit., p.26.
- E.CORTESE – Giacimenti cupriferi cit., p.482;
- cfr. nota 82;
- Cfr. A.MONTICOLO alle note 74 e 81: cfr. inoltre L.GERBELLA ■ Il problema del rame cit., p.287;
- cfr. nota 83. p.5:
- Corpo delle Miniere, cit., Pisa 45/104 “Montecastelli”;
- Corpo dell Miniere, cit., Pisa 45/146 “Montecastelli”;
- Corpo dell Miniere, cit., Pisa 45/192 “Monte Castelli”:
- Ibidem;
- Ibidem:
- G.CAROBBI & F.RODOLICO ■ I minerali della Toscana. Saggio di mineralogia regionale. Firenze, Olschki. 1976, p.46.
ERRATA CORRIGE
Nella prima parte di questo articolo sono state omesse o ridotte alcune note. Scusandocene coi lettori provvediamo a riprodurle nella loro completezza.
- cfr. P.FABBRI – Montecastelli: un comune medioevale della maremma volterrana, in: “Volterra”, a. X, n. 7 8, luglio- agosto 1971, p.16; per un esame completo degli aspetti socioeconomici della zona durante questo periodo si veda comunque P.FABBRI – Vita e società di un Comune rurale della Maremma volterrana nella prima metà del XV secolo: Monte- castelli. Tesi di laurea. Univ. degli Studi di Firenze, Facoltà di Magistero, a.a. 1969-70, 2 voli, e G.PAMPALÓNI – Vita, società e organizzazione di tre castelli della Maremma volterrana alla fine de! Trecento e nei primi decenni del successivo Quattrocento, in: Studi in onore di Eugenio Duprè Theseider, Roma, Bulzoni, 1974, pp. 747-783, in cui sono studiati i comuni rurali di Sillano, Montecastelli e Canneto:
- cfr. L. ALBERTI – Descrittione di tutta Italia. In Bologna, per Anseimo Giaccarelli, 1550. cc. 47-52;
- cfr. B.G.V.. ms. 8467 (LXII.7.16): Descrizione dell’antica e nobile città di Volterra fatta da Giovanni Rondinelli Capitano l’anno 1580, c. 5r. La trascrizione integrale del documento si può leggere oggi in: A.MARRUCCI – Imago Mundi. Opere geografiche e cartografiche della Biblioteca Guarnacci. Volterra, Consorzio di Gestione del Museo e Biblioteca Guarnacci, 1992, pp. 125-136:
- Azione della miniera di Montecastelli.
- cfr. C.PERAZZI – Intorno ai giacimenti cupriferi contenuti nei monti serpentinosi dell’Italia Centrale. Torino, Stamperia Reale, 1864, pp.20-21. L’ingresso di Boutourline nella Società fu senza dubbio decisivo sotto l’aspetto della gestione finanziaria. Infatti due anni dopo le sue adesioni alla cosiddetta Società di Monte Catini fu creata appositamente per la miniera di Montecastelli una nuova società in accomandita denominata Société Anonyme de Montecastelli, registrata a Marsiglia con atto del 26 ottobre 1843. La Società nacque con un fondo
- sociale (o capitale effettivo) di 100.000 franchi rappresentato da 100 azioni di fondazione ognuna delle quali dava diritto a 1/ 200 sui benefici netti e a 1/200 sulla proprietà materiale della Società. Oltre ai signori Crenin e Cohen spicca tra i fondatori il nome del Conte de Larderei che evidentemente intendeva perseguire anche in questo modo la sua personale e fortunata strategia economica rivolta allo sfruttamento di ogni possibile risorsa mineraria presente nella regione boracifera o nei terreni che divenivano progressivamente di sua proprietà.
Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.