IL CAVALIERE MARIO BARDINI FONDATORE DELL’ISTITUTO DEL SACRO CUORE DI POMARANCE
Il Cav. Mario BARDINI, figlio del Cav. Giuseppe, facoltoso volterrano, e della Sig.ra Enrichetta dei Marchesi BALLATI NERLI, senese, nacque a Volterra nell’anno 1818. Residente a Pomarance come ricco proprietario terriero e consigliere del nostro Comune, ebbe in sposa la Sig.ra TETTI Antonietta di ricca famiglia borghese. Insieme alle sorelle, Antonietta maritata al Conte Galli – Tassi e Francesca (Fannj) sposa del Cav. Tito Cangini, ereditò una vistosa fortuna. In accordo con la consorte, il Cav. Mario decise di devolvere questa parte di eredità alla costruzione di un Istituto, che poi intitolò al “Sacro Cuore”, per l’istruzione e l’educazione del popolo. Mise a disposizione un rilevante appezzamento di terreno di sua proprietà, sito in via dei Mandorli, affidando all’Architetto Prof. PASQUALE FALDI di Peccioli la direzione dei lavori e la soprintendenza a tutti gli incarichi. Fu così che nell’anno 1884 ebbe inizio l’opera. Un enorme sbancamento nella zona tufacea servì alla preparazione di profondi pozzi per la raccolta dell’acqua piovana che in seguito fu usata per il fabbisogno della fabbrica. La pietra ricavata da questo lavoro fu utilizzata insieme a molta altra all’edificazione del maestoso complesso edilizio. I suddetti pozzi dettero in seguito ricchezza all’edificio fornendo acqua buona a tutti i servizi. I lavori volgevano a termine, l’opera dell’Architetto stava per concludersi. L’edificio era imponente, ben strutturato sotto ogni aspetto e capace di ospitare un rilevante numero di educande, ma per i coniugi Bardini sorgeva un grosso problema: a chi affidare l’incarico di dirigere un’opera di tale importanza?

Come mandata dalla Provvidenza, venne a passare da Pomarance per recarsi a Volterra una suora, e saputo questo fatto si presentò ai coniugi dicendo di avere costituito nel 1868 una congregazione detta delle “Sorelle dei poveri di Santa Caterina”. Questa suora era Madre SAVINA PETRILLI, nata a Siena il 29 agosto 1851, figlia di Matilde Vetturini e di Celso Petrilli, di poca costituzione ma di tanta volontà. Era riuscita in pochi anni, tutti dedicati alla carità, a realizzare costruendo Case Pie in varie località, prima fra tutte a Firenze, poi a Montespertoli, Celle sul Rigo, Volterra e Roma.
I coniugi Bardini furono ammirati e manifestarono immediata fiducia a questa suora sino a pregarla con le lacrime agli occhi, perchè aggiungesse alle altre anche questa opera di Pomarance.
Convinta dalla cordialità e dall’accoglienza dimostratale, Madre Savina non indugiò ad accettare una simile occasione. Così quando nel febbraio 1889 avviene la fastosa inaugurazione del grande complesso, Madre Savina è pronta a tenerne la direzione ed insieme ad altre consorelle dello stesso ordine inizia il suo lavoro. Nell’anno 1893, sempre per volere di madre Savina, viene commissionato all’artista pittore Alessandro Franchi il dipinto del Sacro Cuore a cui è dedicato il convitto di Pomarance. Il dipinto si trova tutt’oggi presso la Chiesina dell’istituto. Proprio quest’anno il 24 aprile a Roma, con udienza particolare, il Papa ha accolto le suore di questo ordine per assistere alla Beatificazione di Madre Savina.
Credo che un’opera come ci ha lasciato il Cav. Mario Bardini non abbia bisogno di presentazione, perchè tutti noi paesani abbiamo avuto l’occasione e la possibilità di apprezzarne i requisiti, lo personalmente ricordo ancora quando negli anni trenta frequentavo l’Asilo Infantile e “Suor Raffaella”, maestra d’asilo, nelle giornate piovose, ci intratteneva nella sala giochi e lì si cantava, si giocava e si facevano i primi segni sul quaderno a quadretti, le cosiddette “aste”, i primi tentativi per imparare a tenere la penna in mano e a stare sul rigo. Poi, alla fatidica ora del pasto, ci mettevamo in fila ed al canto di:
- andiamo a tavola
- compagni cari
- che questa è l’ora
- del desinare
- tutto è buonissimo
- tutto ci piace
- andiamo a tavola
- in santa pace

si arrivava ai famosi tavoli metallici con il ripiano in marmo bianco; ogni tavolo aveva sei buchette rotonde per inserirvi le ciotole in alluminio allo scopo di non rovesciarne il contenuto.
Che profumo quel minestrone, tutto particolare, con la prevalenza dei fagioli fra gli altri legumi! Era una leccornia (25 anni dopo ho risentito lo stesso odore quando vi ho accompagnato mio figlio Mauro). Non mancava il rituale “Discorsino” per le feste tradizionali, tanta trepidazione e divertimento. Poi il cortile, la passeggiata in fila alla statua della Madonna posta in una grotticella che sembrava tanto lontana in fondo ad una stradina. Quando infuriava il temporale, c’era chi aveva paura, ed allora tutti compunti e devoti ci portavano nella chiesina del Sacro Cuore e mentre ad ogni lampo la suora, ripeteva “Santa Barbara benedetta liberaci dal tuono e dalla saetta”, le interne, come per incanto, dall’alto delle grate poste alle spalle di chi pregava, intonavano con le loro voci angeliche laudi alla Madonna che servivano a distrarre i piccoli impauriti. L’istituto era sicuro per questi temporali perchè era munito di parafulmini, ma questa sicurezza serviva solo alle mamme, e sino a tal punto che una volta che ci fu addirittura una piccola scossa tellurica una di queste disse: “meno male il bimbo è all’asilo, almeno lì ci sono i parafulmini ed è al sicuro”.


Tra i tanti ricordi c’è anche quello di “GENESIA”, una donna atta alle fatiche più pesanti come la lavatura dei panni, e ripagata con l’inserimento nel numero dei conviviali; era vecchia, malmessa, camminava male, trascicava i piedi gonfi dai geloni, racchiusi in un paio di pantofole sgangherate che portava estate ed inverno, sempre quelle. Spesso noi bambini che si giocava sotto i loggiati del piazzale rialzato, ci avvicinavamo ad una pompa con una grossa ruota che serviva a bilanciare le forze di chi girava per tirar su l’acqua ai lavatoi, ma se per caso Genesia ci vedeva ci scacciava urlando; quel luogo era il suo regno. A quell’epoca si andava alle scuole elementari anche a sette anni, e di asilo se ne faceva.

Per oltre mezzo secolo l’istituto del Sacro Cuore ha adempiuto degnamente la volontà del suo fondatore: nei suoi locali, sotto la guida delle suore, hanno trovato sicuro rifugio tante bambine verso le quali la sorte non era stata benevola; l’asilo, allora il solo nel paese, ha accolto la maggior parte di noi nella prima infanzia; la Scuola Elementare femminile è stata aperta fino a circa trent’anni fa, poi l’Ambulatorio Comunale che vi fu trasferito dopo la distruzione del precedente ubicato sull’angolo di Via Camillo Serafini, e fatto saltare dalle truppe tedesche in ritirata per ostacolare l’ingresso in paese agli americani in arrivo. Tra quelle mura si sono svolte altre attività, che possiamo definire marginali, e che non ritengo di elencare, ma ricordo soltanto che l’istituto è sempre stato aperto a recepire e soddisfare ciò che la cittadinanza gli ha domandato. Oggi l’istituto ospita persone anziane, ma anche con questa nuova destinazione non è venuto meno al suo ruolo di essere utile alla comunità. I nostri uomini di comune con delibera del 18 maggio 1898 vollero onorare questo insigne signore ribattezzando col suo nome la via che conduce all’istituto da lui fondato e che fino ad allora era conosciuta come via dei Mandorli.

Con questa breve rievocazione anche noi oggi vogliamo rendere omaggio a Mario Bardini per la sua generosità e benevolenza verso la popolazione del nostro paese.
Giorgio
BIBLIOGRAFIA:
Savina Petrilli – “Come pane spezzato” – Ed. MESSAGGERO Padova 1987 “Rievocazioni Storiche” di Edmondo Mazzinghi-LA COMUNITÀ DI POMARANCE anno Vili n° 3 – 4 maggio agosto 1975
Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.