IL “CASTRUM DE RIPAMARRANCIA” NEL MEDIOEVO

APPUNTI DA UNA RICERCA IN CORSO a cura di A. Augenti

Nel quadro delle indagini che interes­sano la vallata del Cecina, condotte a partire dal 1987 dalle Università di Pisa e di Roma, lo studio del castello di Po­marance riveste un particolare interes­se, vista l’importanza del centro in tale ambito geografico.

Il ruolo di primo piano svolto da Poma­rance – seconda solo a Volterra per gran­dezza – traspare infatti anche ad un primo esame sia dalle fonti materiali che da quelle scritte finora conosciute. Occorre ricordare ad esempio come il castello figuri al primo posto in entrambe le“lire”del 1288edel 1297,degli elenchi di centri della zona in cui è riportato l’ammontare delle tasse dovute al Co­mune di Volterrani )

Per quanto riguarda il primo aspetto ci­tato, quello materiale, va sottolineato come Pomarance sia uno dei pochi abi­tati della Val di Cecina che conservi ancora alcuni edifici medioevali quasi integri; su questi è in corso una campa­gna di documentazione, che prevede rilievi, campionatura delle strutture mu­rarie e redazione di una pianta archeolo­gica, e che confluirà in un lavoro analiti­co sull’intero castello.

La porta al peso o orcolina (1975)

A proposito invece del secondo settore di ricerca, una ricca serie documentaria che parte dal XV secolo è conservata nell’Archivio di Pomarance, e di questa si è già efficacemente servito Jader Spi­nelli sulle pagine di questa rivista per ricostruire alcuni aspetti della topografia e della storia della città.

Per aggiungere nuove informazioni a quanto è già stato acquisito ed eventual­mente risalire più indietro nel tempo, l’indagine si sta ora indirizzando anche verso altri “bacini” della documentazio­ne storica, principalmente gli archivi di Volterra e Firenze, dove sono conserva­ti numerosi testi che riguardano Poma­rance.

Proprio da queste prime ricognizioni ar­chivistiche provengono alcuni dati, che si è ritenuto utile presentare – in via preliminare – in questa sede. Sono noti­zie che riguardano soprattutto la topo­grafia di Pomarance, e, in misura mino­re, la vita materiale all’interno – e al­l’esterno – del castello tra XIII e XV secolo.

1. La filza S.1 conservata all’Archivio Comunale di Volterra è uno dei più im­portanti testi a nostra disposizione per ricostruire l’assetto e le condizioni dei castelli della Val di Cecina nel corso del Medioevo. Comprende le copie di una serie di documenti che riguardano so­prattutto compravendite di immobili (ma anche altro) nelle quali è coinvolto il Comune di Volterra.

Si tratta di una raccolta di carte molto sfruttata dal grande storico volterrano Enrico Fiumi, che riveste ancora oggi un’enorme importanza per il ricercatore interessato ai problemi di questo territo­rio.

Nella filza sono raccolti alcuni atti rogati a Pomarance.

Uno di questi, in particolare, consente di ampliare la nostra conoscenza su alcuni luoghi del “ castrum de Ripomarancia “. Vediamolo insieme.

Nel 1252 un certo Bonaccorso di Rigepto, assieme ad Inghiramo di Buonaccorso, vende al Comune di Volterra “tria integra spatia posite in castro de Ripo­marancia (sic)”. In uno di questi era posto lo ” edificium domus Franceschi Guercij et est positum nel Petriccio, cui ab uno latere via pubblica, ab alio est domus lunte de Spartacciano, retro est murus castellanus, ante est dicti Fran­ceschi.

Secundum spatium estpositum in Plano castri Ripomarancie super quod est edi­ficium domus Bonacursi Guergij cui ante est via, retro est filiorum quondam Mar­tini Castaldi, ab uno latere est domus lanceti filij Guitti, ab alio est domus Romee quondam Biumchaldi.

Terzium spatium est positum in burgo Sancti Angeli super quod est hedificium domus filiorum quondam Tabnarij, cui ab uno latere est filiorum quondam Poronciacti et filiorum quondam Luchesi ropoli, ab alio est filiorum quondam dicti Luchesi, ante est via pubblica, retro tenent filiorum quondam Stephani Morchecti, et signi alii sunt fines “.(2) Attraverso queste indicazioni veniamo a sapere innanzitutto che il toponimo “Pe­triccio” ( la zona a ridosso della porta Volterrana, compresa nella cinta del XIV secolo), finora noto solamente a partire dal XV secolo (3), è sicuramente più antico, e va dunque retrodatato almeno al XIII .

Altrettanto si può dire per il toponimo “Plano castri”, attestato per la prima vol­ta in questo documento. Se la localizzazione precisa dei posse­dimenti privati menzionati nel documen­to risulta un lavoro estremamente diffici­le, bisogna d’altro canto rilevare un altro elemento che emerge dal testo: l’esi­stenza di un “ burgo Sancti Angeli”. Tale agglomerato era probabilmente posto nella zona est del castello di Pomaran­ce, dove era collocata la “ecclesia S.Angeli Michaelis attestata fin dai primi decenni del XIII secolo (4).

“Il Marzocco” (1978).

Inoltre a conferma ed integrazione di quanto detto fin qui, un altro atto riporta la vendita di “duam petia terre seu casalinum seu casalinum cum cellario posito super dicto chasalino positum in castro Ripomarancie in Petriccio”. Tra i confini della proprietà, sul primo lato, è la “ via pubblica sive cursus maiori”. Veniamo così a conoscenza del nome della stra­da principale di Pomarance nel XIII se­colo (5).

2. Alcuni statuti di Pomarance sono con­servati invece all’archivio di Stato di Firen­ze, e fanno parte del fondo Statuti comu­nità “autonome e soggette”(6).

Il volume è composto di più quaderni con rilegatura moderna in cartone; mis; 31 (h) x 23,5 (I). I quaderni sono tutti in carta tranne l’ultimo, scritto a pergamena.

La prima redazione risale al 1476 ed è seguita da numerose conferme che la rendono valida fino al 1492; esiste poi una redazione del 1474, con conferme e aggiornamenti fino al 1507, ed una del 1482, aggiornata fino al 1322. La raccol­ta è chiusa dalla redazione del 1475, la migliore, in pergamena con rubriche in rosso ed alcune iniziali miniate. Tutte le redazioni sono divise in tre libri,ognuno articolato in più rubriche. Il volume in tutto è composto di 243 fogli.

Vediamo innanzitutto una rubrica conte­nuta nel Libro I, XXXI:

‘‘Come si intendino i terzi di Ripomarancio”

“Item providono et ordinorono decti sta­tutari] che e terzierij del castello di Ripomarancio s’intendino in questo modo cioè’ el terzo di Petriccio s’intenda cosi’ dalla porta volterrana in fino al chiasso di Piero del Buza avento del castello et nel borgho infino al chiasso della castella del gelso in verso alla porta volterrana s’intenda el terzo di Petriccio. El terzo del piano d’intenda dal dicto chiasso di Piero del Buza et chiasso della castella del gelso in la come tiene la piaza et la via che va dalla piaza alla porta al peso et nel borgo in fino a dieta porta s’intenda el terzo del Piano.

El terzo del borgho sia come tiene la casa del vicario inverso el cassero et la porta del peso in verso la chiesa del sancto tutto s’intenda nel terzo di borgho “(7).

Come si noterà, a parte i caposaldi la cui localizzazione è ancora ignota (chiasso di Pietro del Buza, chiasso della castella del Gelso), la divisione corrisponde alla ricostruzione proposta su questa rivista da J. Spinelli, sulla quale non ritorno per motivi di spazio (8).

Altrove è poi nominato un “ palagio dove si raduna il consiglio”, ovvero il Palazzo Comunale (9). E ancora: “Che non sia nessuna persona (…) che aderisca ov­vero presumma andare in sul tetto della casa del comune, ne alchuna altra casa o bottega d’alcheduna privata persona senza licentiadel padrone o signore”(10).

Per quanto riguarda invece alcuni aspetti dell’economia del castello nel corso del XV secolo, è particolarmente interessante la rubrica “Della pana di chi desse danno con bestie e oche”, che ci mostra quali animali erano allevati nella corte del ca­stello: porci, pecore, asini, capre, buoi, bufali. Nello stesso statuto sono elencate anche le principali colture del contado: grano, biada, zafferano (11), vite; non manca un accenno anche alle ghiande (12).

Sempre a proposito delle restrizioni per chi possedeva bestiame si segnala il capitolo “ Della pena di chi mena bestie a bere o guazare nel pelagho della for­nace”, dove si stabilisce che nessuno può portare bestie di nessuna grandez­za “nelli pelaghi o alchuni dessi della fornace dove si fanno e mattoni ettegholi”.(13)

Va inoltre sottolineato come anche a Pomarance – come in altri castelli della zona, tra cui Montecerboli, Montecastelli, Sillano – è ricompensato chi prende lupi nella corte del castello: “Considera­to gli infiniti danni che fanno i lupi in questi paesi”. (14)

Circa l’agricoltura, il Comune favorisce inoltre la coltivazione di alberi da frutto, sottoponendo a sanzioni chi non ne pianti 4 ogni anno (libro III, rubrica 14 ).

Gli abitanti del castello hanno poi l’obbli­go di macinare il grano presso i mulini di proprietà del Comune, pena sanzioni pecunarie.(15).

Da alcune rubriche contenute negli sta­tuti veniamo poi a contatto con una indu­stria molto attiva a Pomarance nel corso del Medioevo; quella della manifattura tessile. È il caso del capitolo “Della pena di chi tende panni o secca fichi o altro in sulle mura castellane”, con cui si dispo­ne “Che non sia alchuna persona (…) che aderisca o presuma tendere in sulle mura del castello de Ripomarancia al­chuna generatione di panni ne lini ne lani ne altre chose ne porre fichi o altre frutta asecchire” (16).O ancora :”Della pena di chi fa pannicelli et altri panni di colore di mancho di 24 paiuole e panni albagi di 21 paiuole et non si possano fare con­cintoli di lana”,(III, 35). (17)

Nel castello si possono quindi produrre panni, ma il minimo permesso è di 24 paiuole nel caso di panni colorati e 21 nel caso di panni albagi; sono menzio­nati maestri orditori e tessitori, ai quali viene commiata una pena differente nel caso che contravvengano alle disposi­zioni (rispettivamente 2 e 3 lire).

Infine gli ultimi due passi che si presen­tano riguardano la topografia delle im­mediate vicinanze del castello di Poma­rance. Dalla rubrica “ Dell’ufficio de vaiai et loro autorità “ veniamo a conoscere le strade che servono il castello e la sua corte: “ due (uomini) per la via Volterrana et per la via di Chatarello, due per la via di Doccia et per la via di San Piero, due per laviadella Leccia et la via de Poggiargli, due per la via del Piano delle Lame et via di Percussoio, et due per la via Dell’erbaia et via della Petraia.”(18)

Castello delle “Ripomarance” nel XVI secolo

LEGENDA

1 …… Porta Volterrana.
2 …… Porta Massetana o Orciolina.
3 …… Porta a Cassolle.
4 …… Porta alla Pieve.
5 …… Porta Nuova.
6 …… Porta al Peso.
7 …… Pieve di S.Giovanni Battista.
8 …… Cancelleria.
9 …… Chiesa e ospedale di S.Michele.
10 …. Bargello.
11 …. Podesteria.
12 …. Carceri.

Interessanti informazioni sono quindi offerte nel capitolo “De confini della ban­dita di comune e delle pene delle bestie che entreranno in epsa bandita, excepto quelle de beccai”(cioè i macellai). In questa parte vengono delineati i confini della bandita: “Incominciando inprima all’apparita di monte Orsi dove sono le forche per dirictura alla fonte a Ciena (19). Et da decta fonte a Ciena a dirittura al poggio al Brieve. Et dal poggio al Brieve come va la via in sino alla fonte di San Piero, et dalla fonte di San Piero adirittura alla casa di madonna Giovan­na di Rasinello. Et da dieta casa di Ma­donna Giovanna di Rasinello a dirictura al ghuado a Peghola. Et dal guado a Pegola diritto al poggio alle Ripaie ritto alla sancta Maria al piano delle Lame. Et dalla sancta Maria al piano delle Lame come va la via al poggio di Chard età ritto alla casa dei poveri per dirittura insino alla fonte Alucholi. Et dalla fonte Allucholi ritto al mulinacelo dell’Albiaia insi­no al ghuado a Catarello et dal ghuado a Cattarello a dirittura insino all’apparita del poggio di Montorsi. Et questi si inten­di no essere e confini della bandita di detto comune”.

Rilievo della “Porta a Casolle”. Autori: A. Augenti, Laura Ruggieri, Giuseppe Roma­gnoli

Si tratta quindi di un testo ricco di topo­nimi interessanti, ed è in corso proprio a questo proposito un riscontro sulla topo­nomastica d’età moderna. Ma il dossier sulle zone circostanti il castello deve essere ancora integrato con ulteriori fonti archivistiche e nuovi dati archeologici, nel tentativo di ricostruire l’assetto e le vicende di uno dei castelli più importanti della Val di Cecina.

Andrea Augenti

  • I vi ,c 23. Il documento risale al gennaio del 1247.
  • ASF. Statuti delle comunità’ autonome e soggette (1162-1779),n. 718.
  • lvi,f.19,r.
  • J.SPINELLI, Le porte … cit. ,p.ll.
  • ASF. Statuti cit. ,f.2O6 (Statuti del 1475)
  • Ivi, II. 27 ;f.34. v.
  • ) Lo zafferano era una delle voci più im­portanti dell’economia del volterrano e della vicina Val d’Elsa; cif. E.FIUMI, VolterraeSan Gimignano nel Medioevo, San Gimignano 1938, p.114
  • ASF, Statuti . cit. Ili, 5;ff.28-29,r.
  • Ivi, III, 30; f.35,r.
  • lvi,l, 27;ff.16 v.-17
  • Ivi,111,15. Non è specificato il numero dei mulini comunali, ma in una redazione piu’ tarda (1502) ne è menzionato uno solo, assieme ad una frantoio
  • Ivi, III, 10 ;f.31.v.
  • La “paiuola” equivaleva a 40 fila : cfr.C.CUCINI.Radicondoli. Storia e Archeo­logia di un comune senese, Roma 1990,p. 317.
  • ASF, Statuti cit. , I.9; f.10.r.
  • Ivi, III, 6; ff.29 v.-30,r.

Il toponimo Ciena è sicuramente più antico: si ritrova in un inventario dei beni scritto da Filippo Beiforti nel 1340: “item uno pezzo di terra posto ne confini di Ripomarancia del distrecto di Volterra in luogo decto a Ciena”. (BGV.ms 8469,c.2)

Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.

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