L’ARCHEOLOGIA è la scienza che ricerca, raccoglie e studia i prodotti e le manifestazioni concrete dell’antichità, al fine di documentare e ricostruire storicamente il passato.
A partire dalle prime forme di vita, le azioni umane si sono intrecciate e sovrapposte continuamente lasciando tracce riconoscibili nel terreno.
Come la vita si trasformi per l’abbandono e finisca sotto terra è una delle curiosità principali dell’archeologo. Le costruzioni sono fatte di apporti e sottrazioni di materiali che si succedono periodicamente nel tempo, interferendo gli uni con gli altri entro una stessa porzione di spazio.
Le costruzioni poi vengono sepolte e immobilizzate nel terreno. A volte finiscono sotto terra quasi intatte (come Pompei dopo l’eruzione) altre volte subiscono gradi diversi di sconvolgimento, fino a divenire difficilmente comprensibili o anche a perdersi del tutto. Ciò accade quando l’edificio viene abbandonato e esposto all’atmosfera. Qui avviene la transizione dalla fase di costruzione a quella di deposizione.
Le costruzioni poi vengono sepolte e immobilizzate nel terreno. A volte finiscono sotto terra quasi intatte (come Pompei dopo l’eruzione) altre volte subiscono gradi diversi di sconvolgimento, fino a divenire difficilmenté comprensibili o anche a perdersi del tutto. Ciò accade quando l’edificio viene abbandonato e esposto all’atmosfera. Qui avviene la transizione dalla fase di costruzione a quella di deposizione.
Primo compito dello scavatore è quello di stabilire la SEQUENZA DELLE AZIONI E DELLE ATTIVITÀ NATURALI E UMANE, accumulatesi nella STRATIFICAZIONE entro un determinato spazio e tempo, prima singolarmente distinte, poi messe in relazione tra loro. Saranno poi i REPERTI contenuti negli strati a permettere di passare dal tempo RELATIVO al tempo ASSOLUTO. Due strati uno sopra l’altro implicano che quello superiore si sia formato dopo quello sottostante, e ciò permane vero anche se la ceramica in essi contenuta indicasse il contrario. Chiarita e periodizzata la SEQUENZA STRATIGRAFICA possono finalmente emergere gli AVVENIMENTI, e così la STORIA.
L’indagine archeologica deve procedere quindi applicando il METODO DI SCAVO STRATIGRAFICO. Andranno cioè riconosciute tutte le AZIONI MINIME riscontrabili (Muri, fosse, strati di terra o comunque di andamento orizzontale) e rimosse una dopo l’altra nell’ordine esattamente inverso a quello che ne ha provocato l’accumulo. Queste azioni sono chiamate UNITÀ STRATIGRAFICHE.
Dopo aver identificato e numerato le unità stratigrafiche e averne stabilito le
relazioni reciproche occorre descriverle. La descrizione è accolta in SCHEDE prestabilite in cui sono previsti i lemmi da riempire e poi da completare e controllare, dopo aver documentato graficamente l’unità con una PIANTA QUOTATA (OVERLAY) e dopo averla scavata.
Tutte le unità riconosciute e documentate nel corso dell’indagine stratigrafica vanno poi ricomposte in un modello che restituisca il senso dell’unità originaria. Senza ricostruzioni ci si perderebbe nella miriade delle unità stratigrafiche. La rappresentazione globale della stratigrafia viene allora realizzata grazie al DIAGRAMMA STRATIGRAFICO (MATRIX).
Nel diagramma figurano tutte le unità stratigrafiche ridotte in numeri e le relazioni essenziali che esse stabiliscono fra loro sono rese nella forma delle linee di collegamento fra i numeri. Tale diagramma assomiglia a un albero genealogico in cui le dimensioni reali sono ridotte ai semplici RAPPORTI CRONOLOGICI del “prima e del poi”.
Gli insediamenti “minori” Problematiche storiche e impostazione della ricerca
Il colle volterrano risulta stabilmente abitato almeno dal IX secolo a.C.
Fin da questo momento Volterra si trova a controllare una vastissima zona, più grande di qualsiasi altro territorio amministrato dagli altri centri villanoviani e etruschi a noi noti, esteso tra la costa tirrenica, la valle del fiume Cornia, l’alta valle del Cecina, la valle dell’Elsa, l’alta valle dell’Era e il bacino del fiume Fine.
Nei secoli l’insediamento umano si è concentrato lungo il corso del Cecina e dei suoi affluenti, naturali vie di penetrazione dalla costa verso l’interno, nei pressi dei giacimenti metalliferi e nei luoghi contraddistinti da un sottosuolo fertile e stabile.
Ma di questo capillare tessuto insediativo che doveva caratterizzare l’intero territorio volterrano, e in particolare la Val di Cecina, conosciamo in maniera più approfondita quasi esclusivamente le necropoli. Quasi sempre fortuitamente, sono state rinvenute tombe che coprono l’intero arco della storia volterrana dall’epoca villanoviana, alla romanizzazione compiuta nel corso del I secolo a.C., fino all’epoca imperiale. Raramente però da questo tipo di siti è possibile ricavare l’esatta collocazione e le caratteristiche principali delle aree abitate.
Quale era l’attività economica in esso praticata (agricoltura?, sfruttamento minerario?, attività commerciali?) e quale il livello sociale degli abitanti della campagna?
È possibile riconoscere particolari soluzioni di continuità nell’occupazione e nello sfruttamento di questi territori nell’antichità, oppure con il passare dei secoli e con l’assorbimento dell’Etruria nell’orbita romana la situazione nelle campagne non è sostanzialmente mutata?
Per rispondere a questa serie di interrogativi abbiamo scelto, tra i siti rinvenuti nel corso della ricognizione topografica, quello che corrispondesse ai seguenti requisiti: Per la raccolta dei dati riguardo un insediamento antico è fondamentale una buona conservazione del “Deposito Archeologico”. Arature non profonde e un terreno stabile, non soggetto a fenomeni erosivi di qualsiasi tipo sono fattori determinanti nella scelta del contesto da indagare.
Maggiori saranno poi le informazioni se la fraquentazione umana nello stesso luogo si è protratta per molto tempo. Una sequenza stratigrafica permette infatti di ricostruire una storia tanto più lunga e complessa quanti più periodi siano in essa rappresentati.
Abbiamo così scelto il sito che, sulla base dei materiali raccolti in superficie, sembrava caratterizzato da un’OCCUPAZIONE STABILE iniziata almeno nel periodo ellenistico (IV see. a.C.) e durata fino alla tarda età imperiale (IV-V secolo d.C.). Ma il motivo di maggiore interesse riguardo il nostro sito risiede nel fatto che esso presenta caratteristiche comuni ad una numerosa serie di altri insediamenti, tutti concentrati sulle antiche terrazze fluviali, disposte lungo i corsi d’acqua principali. La storia del Podere S. Mario potrebbe così rappresentare un episodio di un più vasto fenomeno di occupazione, stabile e selezionata, diffusa nel territorio volterrano tra la città antica e il mare, di cui non si aveva fino ad oggi notizia.
PODERE S. MARIO
Un insediamento rurale nel territorio di Volterra
Podere San Mario si trova sulla sponda sinistra del Cecina, presso il ponte lungo la strada provinciale che unisce Pomarance con Saline di Volterra.
Le prime ricognizioni, compiute nell’autunno del 1988, portarono alla scoperta delle tracce di una diffusa occupazione del pianoro, rappresentate da diverse concentrazioni di materiale edilizio e ceramico (le Unità Topografiche). Al fine di realizzare il primo sondaggio in un settore del sito dove fosse ipotizzabile la presenza di un numero considerevole di evidenze monumentali e stratigrafiche, l’indagine è stata preceduta da una serie di operazioni che consentissero una migliore comprensione e interpretazione dei dati emersi nel corso della ricognizione topografica.
- Una serie di CAROTAGGI MANUALI hanno permesso di ricostruire due sezioni con andamento NESO che illustrassero la stratificazione presente sull’antica terrazza fluviale interessata dall’insediamento: un cospicuo deposito archeologico che raggiunge lo spessore di ca.m. 1,10 si trova al di sotto di uno strato disturbato dalle arature periodiche spesso ca.m. 0,50.
- Su tutta l’area (mq. 2140 ca.) della più estesa delle tre Unità Topografiche che rappresentano i resti visibili dell’insediamento è stata realizzata una quadrettatura con quadrati di m. 2,5 di lato. Tutti i reperti presenti in ogni quadrato sono stati raccolti per determinare l’ESATTA DENSITÀ DEL MATERIALE SUL TERRENO, espressa attraverso il peso delle singole classi – materiali edilizi, ceramica, dolii, anfore – in rapporto alla superficie occupata. I risultati sono stato diversi a seconda delle classi prese in esame: più rappresentati, con valori massimi concentrati lungo il limite settentrionale e in una fascia centrale ma con valori massimi coincidenti con quelli dei laterizi; meno rappresentati invece DOLII e anfore, concentrati in due insiemi principali al centro dell’area e in prossimità del limite Nord.
- è stata infine compiuta un’indagine di resistività al fine di rilevare possibili anomalie derivanti da concentrazioni di materiali edilizi, o addirittura resti di strutture. Queste si addensavano tutte lungo il limite settentrionale in prossimità della macchia che delimita a Nord il podere. Dopo un primo sondaggio (mq. 29 ca.) realizzato nell’autunno del 1991 sulla base delle indicazioni ricavate dalle operazioni precedentemente descritte, è iniziato lo scorso anno lo scavo in estenzione.
La prima campagna di lavori appena conclusa, ha consentito di individuare i resti di un edificio, alcune piccole strutture a caratte precario situate, probabilmente all’aperto, attorno all’edificio principale, e alcuni livelli che attestano la frequentazione del sito anche dopo la distruzione dell’edificio principale.
I resti più antichi relativi probabilmente alla prima fase di vita dell’insediamento sono rappresentati da un solo muro. La muratura è realizzata con pietre di fiume, messe in posa senza nessun legante, conservate per un’altezza di circa tre filari sovrapposti.
Lo scavo non ha ancora raggiunto gli strati più profondi relativi alla fondazione, e la sua cronologia non può ancora essere stabilita con certezza. Ma i reperti più antichi raccolti negli strati superiori (bucchero, frammenti di impasto) testimoniano una frequentazione dell’area a partire almeno dall’inizio del V secolo a.C.
Tra la fine del I secolo a.C. e la prima metà del I secolo d.C., l’edificio subisce una profonda ristrutturazione. Sono riconoscibili ora almeno tre ambienti rettangolari allineati lungo i loro lati lunghi, con orientamento N-S.
A questo periodo vanno attribuite la costruzione di un piccolo forno e di una piccola struttura circolare (una capanna? una ulteriore zona da fuoco?) Le pareti, di cui sono conservate le fondazioni sempre in ciottoli di fiume, erano realizzate in argilla cruda e pressata, che disfacendosi con il passare del tempo, hanno formato degli spessi strati argillosi che riempono gli ambienti. Non abbiamo finora rinvenuto frammenti di intonaco, ne di particolari tipi di pavimentazioni.
Il tetto era costituito da grandi tegole rettangolari con i bordi rialzati, a cui venivano sovrapposti degli embrici, sorrette da una intelaiatura lignea, di cui però non è rimasta traccia.
Tra la ceramica colpisce la quantità di classi grezze. Alta la percentuale di IMPASTO, CERAMICA COMUNE, DOLII e ANFORE. Non manca comunque la ceramica fine, rappresentata in questa epoca dalla caratteristica SIGILLATA ALICA, e oggetti in bronzo dalla buona qualità.
In epoca imperiale avanzata un’ulteriore ristrutturazione interessa il nostro edificio. Trovandosi ad una profondità minore rispetto agli altri, i muri di questa fase risultano danneggiati dall’azione dell’aratro. ‘
La pianta dell’edificio non dovrebbe essere sostanzialmente mutata, visto che le nuove pareti sembrano rispettare gli orientamenti e, in un caso almeno, il percorso dei muri più antichi. Anche in questa fase non sembrerebbe essere stato usato intonaco per decorare l’elevato dei muri, mentre negli strati che segnano l’abbandono dell’edificio, sono state recuperate delle tessere di pietra, lavorate e lisciate, che costituivano parte del pavimento degli ambienti. Nell’uso della ceramica non si registrano importanti cambiamenti. Continuano tutte le classi grezze e comuni, mentre la ceramica fine è ora rappresentata dalla Sigillata Chiara, una ceramica dalla vernice arancione, prodotta principalmente nelle officine africane dell’impero.
Dopo l’abbandono dell’edificio (non sono stati finora rilevati segni di distruzione violenta) la frequentazione del sito non cessa comunque del tutto.
Una serie di colluvi di matrice argillosa, provenienti dalle colline che delimitano ad Ovest la terrazza fluviale ricoprono gradualmente tutte le strutture precedentemente esistite. Tra i reperti provenienti da questi livelli sono da segnalare parti di brocche databili tra il periodo longobardo e l’età basso medioevale.
Dott. Paolo Carata
Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.