NEL COMUNE DI POMARANCE a cura di J. Spinelli (I parte)
La coltivazione mineraria in Val di Cecina è stata fin dai tempi più remoti una delle principali risorse economiche della zona che ebbe il suo maggiore sviluppo nel XIX secolo, quando imprese a capitale straniero cominciarono ad interessarsi di quest’area ricca di minerali come il rame, il ferro l’antimonio, il vetriolo, il piombo ed altri.
Nel Comune di Pomarance le tracce e le testimonianze delle attività minerarie sono assai note, in particolare quelle di rame che fu estratto fino ai primi anni del ’900 nella zona di Sant’lppolito e Monterufoli e di cui abbiamo reperti che risalgono al periodo etrusco e romano.
Ma fu soprattutto l’intraprendenza di commercanti francesi, come il “De Larderei”, che determinò in loco una nuova mentalitàper lo sfruttamento del sottosuolo attuando un processo industriale sulle emanazioni “vulcaniche” naturali dei “Lagoni di Montecerboli”, attuando i progetti del pomarancino Paolo Mascagni, che anni prima, non aveva trovato il conforto necessario dalla aristocrazia e borghesia pomarancina. I De Larderei grazie a questo riuscirono a fare la loro fortuna in queste zone che sfruttarono fino ai primi anni del ’900.1 vecchi proprietari terrieri delle antiche casate nobiliari pomarancine e volterrane solo in parte si interessarono allo sfruttamento minerario in Val Di Cecina e furono incoraggiati, soprattutto nell’ottocento, dai notevoli guadagni che gli “imprenditori stranieri” facevano nella zona delle colline metallifere.
Sulla scia infatti di questi nuovi imprenditori, dotati di cospicui capitali, anche a Pomarance si formarono alcune società per l’escavazione e la commercializzazione di un minerale molto richiesto fin dall’antichità: lo “Zolfo”.
Commercializzato fin dal Medioevo, il giacimento più antico e conosciuto fu quel
- che si trovava nel comune di Libbiano, antica roccaforte della famiglia Cavalcanti che possedeva nel suo territorio importanti giacimenti di “Apyron” allo stato naturale e dai quali il Comune di Volterra traeva tasse e gabelle.
Le Cave più antiche descritte dagli storici si trovavano in località “Chiuse di Soppresso”, poco distante dalla villa di Libbiano, e passarono dai Cavalcanti alla famiglia dei Guidi di Volterra. Comunello di Libbiano, esistito giuridicamente fino al 1776, quando fu compreso nella nuova Comunità di Pomarance, estendeva il proprio territorio fino alle macchie di Monterufoli, lungo il corso del torrente Adio e quello della Trossa. In particolare in un pezzo di territorio ubicato sul versante opposto al castello, al di là della Trossa, caratterizzato dalla presenza di giacimenti di zolfo, che sono testimoniati da vari documenti (XIV e XVII secolo) ed alcune relazioni dei “Capitani di Volterra” che cotrollavano il territorio giurisdizionale della Val di Cecina.
La località era, e lo è tutt’oggi, denominata Fonte Bagni. Descritta dal Targioni Tozzetti come “Fonte a Bagni” era l’area in cui si estraeva lo zolfo migliore, più puro denominato zolfo nero che veniva estratto dal sottosuolo e che fu fino all’ottocento una delle risorse primarie del territorio volterrano. Il luogo era stato descritto secoli addietro dall’Alberti, da Frà Giovannelli ed anche da R.Maffei nei “Discorsi sopra i residui d’antichità a Volterra”:
“…Havendo io de sali parlato altra volta restami solamente a dire circa la miniera di zolfo. Di questo se ne trovano di due sorte cioè nero e giallo. Il nero non è punto inferiore al giallo nelle sue qualità et di questo se ne trova assai nel contado di Libbiano et in particolare in una possessione che si chiama Fonta Bagni et si trova in miniera pura che per lo più ha poco bisogno d’essere purgata dal fuoco.Furono queste miniere di zolfo esercitate già dalla famiglia de Guidi di questa citta …i quali ne traevano profitti (1)”.
La Località, conosciuta principalmente per l’estrazione di alabastro, di cui rimangono ancora oggi evidenti tracce, presenta casualmente testimonianze di questa antica manifattura che è confermata soprattutto da innumerevoli documenti tratti dall’archivio Guarnacci di Volterra, da quello Biondi Bartolini di Pomarance e dall’Archivio Storico dello stesso comune. Fonti orali ricordano questa antica estrazone con l’individuazione di pozzi profondi 6 m. ritrovati mentre si escavava l’alabastro. La localizzazione del sito, dove si fabbricavano i famosi “pani di zolfo”, studiando i toponimi locali come ad esempio il “Campo della Ferrira” (sotto il podere San Domenico di Proprietà Ferri) ha reso, durante alcune ricognizioni, frammenti di vasi e cocci in terracotta con tracce di Zolfo (mostratemi alcuni anni fa dal Sig. Silvano Gazzarri, detto “Gattafumma”, vissuto in questa zona da ragazzo) che starebbero ad indicare almeno uno dei luoghi dove veniva lavorato questo minerale.
Questo lembo di territorio appartenuto al comune di Libbiano ed al di là dei suo termini naturali, confinava con la Comunità di Montegemoli, Montecerboli e Pomarance attraverso un confine che seguendo il Botro Cupo (oggi denominato Corbolino), costeggiando la “Villa delle Valle”, raggiungeva un termine di confine in prossimità del podere Nespolo e proseguiva giù lungo il fosso di Caldana fino al fiume Trossa sotto il “Mulino di Fontebagni”. Ed è soprattutto in tale area che le fonti documentarie ricordano questa lavorazione che dava sostentamento a numerosi capifamiglia nonostante che il mestiere non fosse dei più salutari.
L’origine di Fontebagni secondo il Targioni Tozzetti deriverebbe da antiche fonti termali o da un’antica fonte di acqua poco sopra al Poggio di Fontebagni.
La località era denominata in antico anche alle Lillora come testimoniano scritti di Don Socrate Isolani e studi di E. Fiumi (2).
Fontebagni, trasformato in podere fin dal epoche remote ed oggi abitato dalla famiglia Gremigni era l’unica casa colonica lungo la vecchia strada per Libbiano, che si dipartiva dal podere Nespolo fino al fiume Trossa come testimoniano carte leopoldine dell’ottocento. La località dette il nome anche al mulino di Fontebagni di proprietà per secoli della famiglia Fedeli, interessati anch’essi all’estrazione di questo minerale per lungo tempo, e che possedevano gran parte dei terreni del poggio di Fontebagni come certificano gli estimi catastali del XVII e XIX secolo.
L’area interessata dalle cave di zolfo era quella che andava dal fosso di Caldana a quello della Masa. Qui si estraeva il famoso Zolfo nero, così detto per il suo colore cenerino.I terreni erano dati in allogazione o affitto a vari commercianti che provvedevano, a proprie spese, alla estrazione e commercializzazione del prodotto. La presenza dell’attività solfifera era testimoniata anche al di là del botro della Masa nei territori della “Fattoria delle Valle” di proprietà Bardini (già Maffei) dove sono ancora evidenti acune cave nel vallone del fosso. La Famiglia Fedeli risulta aliirata nell’estimo del comune di Libbiano del 1787 dove sono descritte le proprietà di Fedeli Antonio di Francesco e Sabatino suo fratello: …Un podere luogo detto Fontebagni, con casa da lavoratore e stalle per i bestiami di terre lavorative, sode e macchiate con una chiusa, parte d’essa vignata confinata a 1. fiume della Trossa, 2. Botro delle Caldane, 3. Acqua caduta mediante la Commenda di San Lazzaro e Monache di San Dalmazio, 4. salendo alle Quercie Crociate del Poggetto del Nespolo mediante la Commenda di San Lazzero e da detta Quercia va ad una stalletta rovinata sempre a confine colla Commenda, 5. Ser Cavalier Gherardo Bardini scendendo da detta stalletta, fino alla strada delle Valli per in giù a mano sinistra, va al broto della Masa sempre a confino col Sig. Cav. Bardini, 6. detto broto e seguita il medesimo fino a tutta la vigna a confino col Sig. Cav. Bardini e voltando a mano sinistra va alle gore del Mulino delle Valli sempre a confino con detto Bardini, 7. da dette Gore e segue le medesime fino al fiume della Trossa primo termine nominato. Stimato L. 700
Con Voltura n. 78 del 1792 risultano proprietari anche di un mulino (di Fontebagni) stimato L. 400”
Nello stesso estimo del XVIII secolo è annotato anche il più facoltoso possidente Bardini che attraverso le confinazioni delle proprietà ci permette di individuare esattamente il territorio comunale di Libbiano sul versante di Pomarance: ‘‘Bardini Sig. Cav. Gherardo del Cav. Mario … Una Villa luogo detto le Valli per uso del padrone con due orti e cisterne annessi a detta Villa, Casa per il lavoratore con stalle e chiostre per i bestiami ed un infrangitoio da olio, con terre lavorate vignate pomate di staia settecentocinquanta, con in più un mulino vicino al fiume trossa ad un palmento con casa ed altre stanze per il mugnaio, con più una fornace da lavoro quadro al qual tenimento di terre
confina: 1. con un termine murato divisorio fra la Comunità di Pomarance e Comunità di Libbiano posto circa dieci braccia distante dalla strada che delle Valle conduce alle Pomarance dove sono alcuni Gelsi, qual termine tira in giù nel broto del Nespolo; 2. Botro del Nespolo e seguita detto Botro per in giù fino al Botro delle piagge Buie e seguita per il medesimo…
La fonte più autorevole nella descrizione del luogo è quella fatta nel XVIII secolo dal Targioni Tozzetti che descrisse questi luoghi con le cave di zolfo di Libbiano e di Fontebagni:
‘‘Lo zolfo usuale si cava da due sorti di matrici; cioè da zolloni minerali nascosti nel seno della terra, per lo più fra l’alabastro, da crostoni, vale a dire aggrumamenti d’esalazioni di Bulicami o di Mofete. Da ambedue queste matrici si ha lo zolfo di due sorti, cioè vergine, e colato. Lo zolfo vergine o vivo, che gli antichi chiamavano APYRON, a distinzione del PEPY- ROMENON, o fuso, o colato, di cava è molto raro, poiché difficilmnte se ne trova del puro e bello, senza miscuglio di terra, o d’altra sostanza…; Lo solfo di cava costa più di manipolazione, che quello di crostone (sotto Libbiano-Chiuse di Soppresso-) perchè bisogna fare dei pozzi o mine per averlo, e sovente armarli di legname, affinché non franino; dato che il crostone si trova a fior di terra.
Lo zolfo di cava, fuso che sia ricompensa la spesa, perché rende più zolfo, ed assai più bello che quello di crostone; anzi gli appaltatori mescolano un tanto per cento dello zolfo di cava con quello di crostone per dargli un bel colore e farlo crescere di prezzo…
Quando gli zolfai hanno estratto il materiale “…lo mettono a cuocere in certi vasi di terra cotta come pentole, dentro a certi fornelli fatti di terra a uso di casse bislunghe… ”
(omissis) “…Lo zolfo ridotto dal fuoco, sale nel cappello della terra posto sopra alle pentole, e dai beccucci di due cappelli va in un terzo, donde poi si cola e getta in un vaso di quella figura che si vuol dare; specialmente zolfo di canna, si chiama quello gettato dentro cannelli di canna…
Nella fusione di zolfo si consumano poche legna, le quali sono somministrate da circon vicini boschi. La fabbrica del forno costa poche lire, e si fa nella campagna aperta in tempi non piovosi…
Nei cappelli delle campane restano bellissimi fiori di zolfo, i quali sono disprezzati dai rozzi operai, ma potrebbero mettersi in uso per la medicina, senza farli venir fuori dello Stato. Si potrebbe anche ottenere con pochissima spesa l’olio di zolfo per uso della Medicina…”
Dalla descrizione del Targioni Tozzetti si ha la certezza di quante cave esistessero in questa località:
“…Salii di poi verso le Pomarance, per il poggio di Fonte a Bagni, ne so perché, non avendo io inteso che vi si trovino bagni presentemente, dai quali possa aver presa la denominazione, e quante acque vi trovai erano tutte insipide.
Per questo poggio sono da cinquanta cave di zolfo nero, cioè pozzi profondi da 7 in 8 braccia (circa m. 5,40), che tanto ci vuole per trovare lo zolfo a questa profondità tra grossissimi massi di alabastro bianco e venato, si trova in gran copia il minerale dello zolfo …che si rompe col piccone e si mette in pezzetti a bollire dentro alle pentole.
Quivi nel bollire fa gran schiuma, deposita pochi ribolliticci, e ne cola uno zolfo buonissimo, di color pallido, quale per altro si chiama Zolfo nero… e nella piazza di Livorno si paga bello e condotto, due pezze il cento libbre: gli appaltatori per lo più se ne servono per condire lo zolfo , che si fabbrica nel senese verso Orbetello.
Lo Zolfo sembra essere stato colato qui dall’Autore Sapientissimo della Natura, distribuito a suoli o filoni inclinati, che contribuiscono a formare l’ossatura della pendice di questo monte…
lo mi credo che il descritto zolfo minerale si chiami nero, perché nella di lui matrice predomina il colore cenerino, o piombato e non il bianco o il giallognolo, come nello zolfo dei crostoni…
Quando io fui sul luogo, non si faceva escavazione, e perciò non potei avere di quello zolfo, ma ne ebbi doppo diverse mostre…
Solamente presi sul luogo certe loppe, o schiume ai piè d’una fornacetta, dove fu fatta già la fusione di questo zolfo nero, e sono in forma di pezzi di pietra color cenerino scuro, tutta spugnosa e sparsa di cavernette più o meno grandi, perchè il fuoco aveva fatto volare in alto quel che vi era dentro di zolfo…
…convien d’avvertire, che in queste miniere di zolfo di Fonte a Bagni, non vi sono altre caverne, se non quelle fatte dagli uomini per estrarre la vena dello zolfo…
Proseguendo verso le Pomarance, osservai che sopra alla pendice della Fonte a Bagni, dove si trova l’alabastro collo zolfo nero, è depositato il sedimento orizzontale del mattaione delle colline, quale si trova per qualche tratto della salita…”.
Il procedimento per la fabbricazione dello Zolfo nero a Fontebagni fu probabilmente lo stesso che ritroviamo nei primi anni dell’ottocento. La distribuzione avveniva prevalentemente verso il porto di Livorno, dove era possibile smerciare il prodotto e dove in quegli anni comparivano vari personaggi di origine francese che, interessati al territorio di Pomarance, formarono varie società, come la Fossi, Chemin, Prat, Lamotte, Larderei, che iniziarono lo sfruttamento dei “Lagoni di Montecerboli”.
Altri, come il Greumard e Franchini, ottenenero la privativa di escavazione sulle cave di Zolfo di Fontebagni dai proprietari Bardini e Fedeli.
Questi due personaggi, Franchini e Greumard, facevano parte della Società Tastoni-Fossi-Franchini-Greumard costituita a Monterotondo nel 1818 per realizzare acido borico dai Bulicami di Monterotondo, acquistando il brevetto di invenzione dall’anatomico pomarancino Paolo Mascagni. Quando i due avessero iniziato lo sfruttamento dei filoni di Fontebagni non è dato a sapere. I preziosi documenti conservati a Pomarance e Volterra ci dicono che in data 9 Aprile 1814 essi cedettero i loro diritti di escavazione ad un’altra società di “pomarancini” formata dal Notaio Isidoro Biondi e dal Sig. Marco Bicocchi, possidenti e commercianti, a cui si aggiunse in seguito anche il Sig. Bardini: “L’anno milleottocentoquattordici, a questo di nove del mese di aprile per il presente atto privato, sotto pugnatura privata apparisca e sia noto qualmente i Sig.ri Pietro Greumard e Francesco Franchini, ambi di professione mercanti, domiciliati nella città di Volterra, capoluogo del Circondario del Mediterraneo, di loro piena e libera volontà diedero vendono, cosi come danno e vendono, ai Sig.ri Isidoro Biondi e Marco Bicocchi, il primo di professione possidente e legale, ed il secondo, possidente e mercante, ambi domiciliati nella terra delle Pomarance, cantone del medesimo nome, la somma e guantità di libbre settecentomila di zolfo, e tutto quanto sarà realizzato sopra le loro cave di questo genere, conosciute sotto i nomi di Fontebagni e Valle, situate nel comune e cantone di Pomarance …con gli infrascritti patti e che cioè: …Che fino da questo giorno tutto lo zolfo, che sarà scavato e fabbricato deve passare nelle mani dei Sig.ri compratori Bicocchi e Biondi, e così a seguitare di giorno in giorno in avvenire, fino a che non sarà fatto completo le rammentate libbre settecentomila, antico peso toscano colla modificazione cioè che: …nel tempo che detti Signori compratori Biondi e Bicocchi fanno del loro proprio da questo presente giorno in avvenire tutto lo zolfo, che sarà fabbricato sopra le dette due cave, fino alla convenienza di libbre 700.000, devino ogni giorno sul quantitativo dello zolfo scavato e fabbricato, rilasciare ai sig. venditori Greumard e Franchini la somma e quantità di libbre quattromila senza alcuna somma e così gratis, e in loro pieno diritto…
Che i Sig.ri compratori, viceversa siano nella facoltà nonostante qualsiasi domanda fatta dai Sig.ri venditori, di acquistare lo zolfo scavato e fabbricato a Lire 3 soldi dodici, antica moneta toscana, venderlo a qualunque altro prezzo senza essere tenuti ad avere alcun riguardo ai venditori medesimi dal dì sedici al trentuno dì del prossmo mese, come dal dì sedici dal trenta del prossimo mese di maggio, come dal dì sedici al trenta del prossimo giugno e dal dì sedici a tutto il trentuno del successivo mese di Luglio e col medesimo sistema sempre nei giorni successivi dì poi il dì quindici di ciascun mese prossimo futuro e avvenire fino a tanto che non saranno scavata e fabbricate sopra le due cave le anzi dette libbre settecentomila di zolfo, al netto di libbre quattromila, da considerarsi ogni giorno gratis ai sig.ri venditori…
Che i sig.ri compratori da questo presente giorno fino a che non sarà passata nelle loro mani la quantità delle libbre settecentomila di zolfo scavato e fabbricato… devino continuare a somministrare come per il passato dalla loro dispensa, i generi agli uomini e lavoratori sopre le predette cave, per essere loro abbuonate a dette loro somministrazioni dai Sig.ri Pietro Greumard e Francesco Franchini nei loro conti correnti… ”.
Inoltre i Sig.ri compratori con il suddetto acquisto promettevano a Graumard e Franchini di non infierire in nessuna molestia per avere le somme dovute quanto di impedire o reprimere qualunque causa contro i suddetti venditori, che potessero promuovere la Società Grilli di Volterra, quanto il Sig. Michele Santini di Porta a Borgo, circondario di Pistoia, che probabilmente erano già interessati all’acquisto della cave.
Oltre al Notaio Biondi e Marco Bicocchi era in compartecipazione societaria Giuseppe Bardini figlio del Cav. Gherado, come traspare da un documento dell’8 Giugno 1814, per lo smercio dello Zolfo sulla piazza di Livorno ad un mercante anch’esso di origine francese:
LIVORNO a dì otto di Giugno 1814
Per la presente scrittura da valere e tenere come se fosse fatta per mano di Notaio Regio, apparisca e sia noto qualmente i Sig.ri Cavalier Giuseppe Bardini e per esso assente, Antonio Funaioli suo agente, Marco Bicocchi ed Isidoro Biondi, tutti possidenti domiciliati alle Pomarance, vendono ed obbligano al Sig. Brunel Giuliano domiciliato in Livorno, tutti li zolfi delle fabbriche delle Valle e di Fontebagni che saranno spediti alla Cecina a tutto di 31 Agosto prossimo futuro e da consegnarsi detti zolfi alla Cecina condotti a spese di detti venditori fino alla spiaggia. Il Sig. Brunel si obbliga a spedire i bastimenti occorrenti per la caricazione di detti zolfi che dovranno da esso riceversi a la detta spiaggia nel modo e nei tempi che apresso;…
I Sig.ri venditori dichiarano che esistono già alla detta spiaggia di Cecina, di loro conto libbre quattrocento mila di zolfo che il sig. Brunel si obbliga a ricevere subito, tempo permettendo, mandando colà i bastimenti senza dilazione, i quali dovranno essere pronti a ricevere dette quantità al piu tardi il 22 del corrente mese.
- Sig.ri venditori continueranno a spedire alla Cecina fino a tutto il 31 Agosto prossimo futuro il resto dello zolfo già fabbricato e da fabbricarsi e subito che vedranno alla spiaggia una quantità di libbre centocinquantamila circa, ne daranno avviso di mano in mano al Sig. Brunel il quale sarà in obbligo di spedire i bastimenti a caricare subito, in modo che siano pronti a ricevere, al più tardi venti giorni dopo l’avviso ricevuto per cosi’continuare fino alla totale consegna delti zolfi, e s’intende che ci dovrà essere almeno sei giorni di intervallo da un avviso all’altro a continuare dal suddetto giorno 22 corrente;
Si conviene che il detto zolfo da consegnarsi come sopra deve essere di buona qualità in pani e rottami, giallo come suol lavorarsi a dette fabbriche escluso verdastro ed esenti da qualunque corpo estraneo.
- detto Sig. Brunel si obbliga a pagare il detto zolfo a pronti contanti in Livorno al prezzo fissato e stabilito in lire quattro ogni libbre cento toscane delle solite tare d’uso , e ciò dietro l’esibizione a consegna, delle rispettive polize di carico ed a proporzione che le medesime saranno rilasciate pertita per partita al detto Sig. Brunel.
Subito che la caricazione sarà effettuata, tutti i risici saranno a carico del Sig. Brunel il quale si intende ricevere la detta merce alla spiaggia di Cecina come sopra convenuto. Sarà in facoltà del Sig. Brunel di incaricarsi alle medesime condizioni che sopra di tutti li zolfi che resteranno sulle cave, che non si saranno potute trasportare alla Cecina a tutto il 31 Agosto suddetto alla quale epoca il Sig. Brunel, dovrà significare le sue intenzioni per lettera ai venditori i quali dal canto loro si obbligano di non vendere, impegnare o consegnare sotto qualsiasi titolo e convenzione, ad alcuno, la benché minima quantità di zolfo già fabbricato e da fabbricarsi come sopra a tutto agosto prossimo, eccettuata la quantità di libbre trecentosettemila da fabbricarsi nel termine che sopra, che restano eccettuate dalla presente convenzione perchè riservate a favore dei Sig. Greumard e Franchini di Volterra. Così convenuto daccordo sotto il rispettivo obligo dei contraenti i quali promettono di osservare esattamente la presente convenzione.
Fatto, duplicato e consegnato un esemplare al Sig. Brunel ed uno al Sig. Isidoro Biondi per interesse dei Sig. Venditori. Antonio Funaioli agente del Sig. Giuseppe Bardini – Marco Bicocchi – Isidoro Biondi Pietro Brunel
A distanza di un mese dal contratto con il Brunel iniziarono i trasporti del minerale di zolfo verso Livorno. Varie infatti sono le ricevute di pagamenti e di carico merci dei battelli che da Cecina salpavano verso Livorno. In data 1 luglio 1814 risultano infatti varie ricevute di trasporto per alcune migliaa di libbre di zolfo:
“A di 1 di Luglio 1814 in Cecina
ha caricato col nome di Dio, e di buon salvamento una volta tanto in questa spiaggia, il Sig. Marco Bicocchi per con il rischio di cui aspetta sopra il navicello nominato la Sacra Famiglia; padrone Vittorio del Vivo toscano per condurre e consegnare in questo suo presente viaggio in Livorno all’ordine del Sig. Giuliano Brunel, /’appiè nominate mercanzie, asciutte, intiere e ben condizionate segnate come di contro , e così promette detto padrone al suo salvo arrivo… 57460 libbre di Zolfo in pani e pezzi… ”
Da una ricevuta del 18 Giugno 1814 traspare che essi avevano già consegnato 334.647 libbre per un valore di lire 13.385, 17 cosi come il 12 Agosto 1814, per li zolfi venduti e trasportati, incassarono una somma di di lire 29.226. Le spedizioni continuarono anche a tutto settembre con la vendita di 9.968 libbre di zolfo.
La presenza del Bardini nella società è testimoniata anche da alcuni quaderni contabili di acconti che furono passati dalla società Greumard-Franchini ai signori Bicocchi, Biondi e Bardini.
Agente o fattore del Bardini per la società pomarancina era uno dei Fedeli di Fontebagni, socio anch’egli per aver affittato i suoi terreni nella estrazione dello zolfo. Il passagio della società è esplicito anche tramite i pagamenti che venivano fatti agli operai con alcune ricevute di pagamento:
“Luigi Possi, lavorante alle zolfaie per la Società Greumard e Franchini è restatato debitore di Lire 35 soldi 11 danari 8, la qual somma li sarà pagata dal Sig. Bardini a di 5 Agosto 1814 II Ministro Lenzi
“Il sottoscritto ha ricevuto dal Sig. Desidoro
Biondi il saldo del presente mandato’’.
A di 7 Agosto 1814
lo Domenico Vollani lavoratore alle zolfaie per la società Greumard e Franchini è restato creditore di lire Duegento sedici, la qual somma li sarà pagata dal Sig. Bardini. Buono di lire 216
Il ministro Lenzi
Alcuni dati forniti attraverso i libri contabili a tutto il 19 Maggio 1814 consentono di apprendere l’impiego in questa lavorazione di ben 146 lavoratori che comportarono una spesa di lire 2.998 soldi 4 pagati in Settembre.
Jader Spinelli
Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.