Una splendida tela di Nicolò Cercignani è stata ritrovata nella “Collegiata” di Umbertide. Era lì forse da più di un secolo, appesa a 15 metri di altezza, senza che gli archivi ne rilevassero la illustre paternità.
È una vera e propria scoperta del parroco della collegiata. Un’opera che da tempo immemorabile orna il tamburo della cupola della chiesa Umbertidese.
Il fatto è di questi giorni. La tela, raffigurante la trasfigurazione, ad un primo esame, risulta decisamente superiore per fattura all’altra opera del Cercignani esistente ad Umbertide, raffigurante la Vergine ed i Santi, che attualmente si trova nella chiesa di San Francesco. Proprio la presenza di quest’ultima ha incuriosito il parroco della Collegiata Don Vispi. Confortato anche da una vaghissima nota della “BIBBIA” del settore “La storia dell’arte Italiana” del Venturi il parroco si è armato di un potentissimo cannocchiale ed ha individuato nella parte bassa del quadro, posto ad un’altezza pressoché inaccessibile, la firma illustre del Pomarancio e la datazione: 1572. Successive ricerche d’archivio hanno permesso di ricostruire parzialmente la storia del quadro. Esso fu acquistato presso i Monaci dell’Eremo di Montecorona prima della soppressione del loro monastero. In origine, infatti, ornava l’altare maggiore del cenobio dell’eremo. Nessuna notizia circa il committente ed in seguito del compratore. Difficoltose ricerche hanno poi confermato che la trasfigurazione perduta di Montecorona non è altro che quella ritrovata in Collegiata. Ad una prima e superficiale analisi, per impostazione cronologica e fattura compositiva, il quadro sembra essere uno dei migliori lavori del Pomarancio.
Rappresenta in alto la trasfigurazione del Signore secondo lo schema classico, ma con una forte imitazione raffaellesca (Raffaello fu certamente un riferimento per tutta la pittura successiva).
Nella zona inferiore si situa un quartetto di santi nei quali si riconoscono: San Benedetto con in mano la “Regola”; San Romualdo, che sorregge Montecorona (in parallelo con l’evangelico Monte Tabor); San Savino ed un vescovo per ora ignoto. Nella parte bassa due putti sorreggono un calice, simbolo dell’Eucarestia. L’opera è complessivamente in buono stato, anche se sono evidenti i segni del tempo, ed è degna della più assoluta attenzione e valorizzazione; un vero tesoro che si aggiunge al purtroppo trascurato.
Rossi Mario
patrimonio artistico Umbertidese.
Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.