Negli ultimi anni di guerra, forse era il 1944, in un giorno d’inverno abbastanza freddo, io, che abitavo a La Spezia mi recai a Pomarance, da certi parenti in cerca di pasta e farina, che non si aveva in casa, malgrado la tessera annonaria.
Mia madre, mi diede un bel cavolo da portare a questi parenti, poiché a La Spezia il clima abbastanza mite favoriva la crescita delle verdure. Mentre mio padre mi diede un paio di stivali di gomma.
– Faranno comodo a qualche contadino – Mi disse!
A quei tempi il viaggio in treno era lungo. Prima di Pisa, a S. Rossore, il treno finiva la sua corsa per riprenderla oltrepassata la stazione al cosiddetto “collo d’oca” cioè un bel pezzo a piedi in mezzo ai binari distrutti dai bombardamenti.
Quando era buio alla stazione di Saline, ci fu un posto di blocco di militari fascisti, che vollero controllare i bagagli di ciascuno dei viaggiatori giunti col treno.
Alla domanda di cosa avessi nella valigia risposi candidamente:
“Un cavolo e degli stivali!” Il resto della valigia era vuoto. Ero andato apposta per caricare un pò di mangiare. Questi si offesero parecchio e credendo ad una battuta messa li, mi dissero di fare meno lo spiritoso, che aprissi subito, al che quando li accontentai, ci rimasero assai male, tanto che uno di quelli, mi disse se avevo uno scontrino relativo all’acquisto degli stivali.
lo veramente non sapevo che da queste parti fosse in vigore la ricevuta fiscale, anticipando di circa quaranta anni i tempi, per cui rimasi alquanto perplesso, dissi che non l’avevo, che a La Spezia le cose si compravano e basta, le uniche ricevute erano quelle dell’affitto e della luce. Ci rimase male e mi disse di andare.
Geom. GIUSEPPE PINESCHI
Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.