Lavoro che qui presentiamo è stato svolto per sostenere l’esame di Restauro Architettonico presso la Facoltà di Architettura dell’università degli Studi di Firenze dalle signorine Roberta Costagli e Maria Patrizia Tamburi. Il lavoro è stato seguito dal Prof. Arch. Giuseppe Cruciaci Fabozzi, docente alla facoltà.
L’assistenza religiosa che oggi viene
chiamata “parrocchia”, corrispondeva anticamente al termine “pieve”, anche se, durante il Medioevo, ben
altre e più importanti valenze territoriali e potestali ebbe questo termine,
valenze che non sono più attinenti il nostro termine moderno. L’edificio della
pieve sorgeva, per lo più, isolato, agli incroci di strade importanti, per
fornire assistenza e rifugio alla gente di passaggio, e per permettere il
controllo da parte della chiesa sulle vie di comunicazione più importanti.
Tale edificio conteneva la chiesa, il battistero e l’ospizio, ed era dedicato generalmente al Salvatore o alla Madonna, o ai Santi Apostoli, ma più spesso a S. Giovanni Battista, come il caso della Pieve di Pomarance. Altre due sono le pievi premillenarie che si incontrano venendo dal San Giovanni di Volterra (pieve cittadina), verso la media Valdicecina, aventi in comune la dedica a San Giovanni: quella di Silano e quella di Querceto, anch’esse in posizione privilegiata, su strade di comunicazione ugualmente importanti. Proseguendo poi da Pomarance si trova Morba, anch’essa dedicata a San Giovanni. La più antica pieve di Pomarance, quella premillenaria, protoromanica, si trovava in una posizione diversa rispetto a quella attuale (che, tra l’altro, aveva il nome di “Ripa Marrancia”). Infatti era situata più a sud rispetto al paese, e si chiamava “Publico”, a ricordo del territorio, espropriato dai Romani del dittatore Siila, e appoderato per i suoi legionari In quei luoghi, oggi detti le “Ripaie”, si trovano ancora i nomi di Pieve Vecchia e Piuvico; e lungo quelle strade, che si incrociano sull’altopiano, chiesette come S. Piero, S. Anna, S. Martino, S. Andrea a Mona e S. Margherita a Lucoli, che formavano il primo spazio di pertinenza della pieve.
L’attuale pieve risale alla fine del XII secolo, anche se dell’impianto originario
è rimasto ben poco, essendo stata, la chiesa, completamente ricostruita
durante il XIX secolo, dopo aver subito già in precedenza rimaneggiamenti e
restauri. Sorge lungo l’asse principale di crinale. Concepita per avere vita
autonoma rispetto agli altri edifici circostanti, con il consolidarsi
dell’edilizia urbana ha perso tale autonomia, infatti durante il corso dei
secoli le sono state addossate abitazioni. C’è chi ipotizza l’esistenza di una
chiesa più piccola entro il perimetro dell’attuale chiesa, che sarebbe stata
dedicata a San Cristoforo, e proprietà dei monaci di Badia a Isola.
Comunque, il prospetto dell’attuale costruzione si
rivela l’unico resto della pieve romanica: probabilmente in esso furono
riutilizzati elementi della parte inferiore della facciata dell’edificio del
XII secolo. Questo presentava caratteri stilistici e impianto di chiara
derivazione pisana: le cinque arcate cieche che scandiscono tutta la facciata
rimasta intatta nella parte inferiore; le basi classiche delle semicolonne
con due tori e due scozie e lo schema generale dei rapporti altimetrici delle
navate.
Sezione trasversale sull’ingresso della Pieve.
La facciata è in arenaria e nella parte
superiore è stata rifatta nel sec. XVIII. Le
cinque snelle archeggiature su semicolonne assai rilevate e poggianti su un alto
basamento denotano che siamo in presenza di una originale pianta basilicale,
una dei pochi esempi tra le chiese della Valdicecina.
Gli archi più distanti dal centro della facciata s’impostano su sodi angolari che invece dei capitelli hanno semplici scorniciature. Nell’arcata centrale si apre il portale, semplicissimo, con l’architrave sormontata da una lunetta. L’archivolto è delimitato da una ghiera composta di un cordone a sezione semicircolare. Alcuni elementi decorativi risentono l’influenza della cultura senese, per esempio i capitelli (a più ordini di fogliette o con figurazioni zoomorfiche). Particolare notevole ed inconsueto, per una architettura di derivazione pisano-lucchese, è il fatto che i cunei delle archeggiature laterali non presentano alcuna incorniciatura. Alle primitive tre navate, furono aggiunte nei secoli scorsi ed in diverse fasi, ulteriori costruzioni, come le cappelle laterali terminali che formano un transetto, e proprio all’inizio del 1500 il Battistero, con la facciata adiacente a quella della chiesa. L’artefice di questa modifica fu il pievano economo don Francesco d’Antonio dei Ghezzi di Pomarance, al quale si devono anche la piccola vetrata dell’Annunciazione ed il miglioramento del Presepe. Le mensole che sorreggono il tetto del Battistero furono tolte, molto probabilmente, dall’originale abside e con i loro motivi geometrizzanti e zoomorfici dimostrano ancora una volta la derivazione dalla cultura pisana di quest’edificio.
Capitello con figura zoomorfa.
Già anteriormente a questa data erano state apportate modifiche all’interno; tra il 1441 ed il 1453 il pievano Ludovico Baldinotti fece costruire l’altare maggiore e ribenedire la chiesa, dopo le scorrerie di re Alfonso di Aragona.
Poi non ci furono notevoli modifiche, fino agli anni tra il
1826 ed il 1843, quando il pievano Anton Nicola Tabarrini pensò di dare alla
chiesa un aspetto in linea con i canoni estetici del tempo. I lavori furono
fatti sotto la guida dell ’arch itetto
Francesco Cinci che dotò la chiesa di volte, eresse la cupola all’incrocio del
transetto con la navata centrale e stuccò tutte le colonne di cui fece
smussare i capitelli. Furono eretti, in questa occasione, anche tutti gli
altari barocchi laterali; la decorazione della chiesa fu affidata al pittore
Luigi Ademollo ed al figlio Giovanni.
L’ultimo lavoro di edificazione (o meglio, in questo caso,
di riedificazione) del quale si ha notizia è il rifacimento del campanile,
avvenuto nel 1898, ad opera dell’architetto Luigi Bellincioni, di Pontedera.
Infatti il vecchio campanile era stato buttato giù, a causa delle gravi
lesioni riportate il 19 novembre 1893, in seguito alla caduta di un fulmine.
Come già accennato, una gran parte del ripristino
ottocentesco toccò al pittore Luigi Ademollo.
Fu sotto l’arcipretura di Anton Nicola Tabarini (durata dal 1826 al 1843) che ebbe luogo il restauro totale della Parrocchia, ampliata con le cappelle della Madonna e di S. Vittore, e completamente affrescata.
Effettuò quelle pitture l’impresa di Luigi Ademollo (1764
-1839) milanese, autore di affreschi in chiese e palazzi, e di acquafòrti di
soggetto storico.
L’archivio parrocchiale conserva sette lettere autografe,
inviate da lui, (che si trovava a Firenze), all’arciprete, tra il 27 aprile
1832 ed il 5 gennaio 1837.
Esse riferiscono che il Cavalier Giuseppe del Rosso fu il tramite della proposta di
affrescare la chiesa di Pomarance. In un secondo tempo l’Ademollo eseguì ad
olio le stazioni della Via Crucis.
Le opere da lui eseguite si possono ammirare tuttora
all’interno della pieve.
Esse sono, cominciando da sopra il portone principale e girando in senso orario, le seguenti: Presentazione di Gesù al Tempio, Fuga in Egitto, Strage degli Innocenti, Tentazioni di Gesù nel deserto. Poi nella cappella della Madonna, Adorazione dei Magi, Gesù tra i dottori e nella volta L’Assunzione. Quindi abbiamo: Resurrezione di Lazzaro, Angeli portanti dei segni della passione, alle vele ed ai pennacchi, sotto e presso la cupola. Nel Coro: Entrata di Gesù a
Gerusalemme, Cena, Agonia nell’orto, EcceHomo, Salita al Calvario, Resurrezione.
Nella navata sinistra: Visita ad Elisabetta, Gesù ed il
centurione; nella cappella di S. Vittore (nella volta) c’è la Trasfigurazione.
Quindi Gesù che predica dalla barca di San Pietro, la Samaritana, le Nozze di
Cana.
In fondo, San Giuseppe col bambino Gesù.
Nella volta a botte della navata di centro, apparizione di
Gesù a Tommaso, Ascensione e discesa dello Spirito Santo.
Non tutte le opere sono policrome, ma molte sono monocrome,
anche se pur sempre molto belle.
Pianta della Pieve con indicazione della pavimentazione
Morto il Tabarrini, ‘‘nel 1853 furono a spese del popolo fatte porre a scagliola le colonne del Tempio per Carlo Martinetti svizzero, ed il pavimento fu costruito di smalto alla veneziana” come ci informa il visitatore Vescovo Targioni.
Cento anni dopo la ristrutturazione del Tabarrini, il degrado dell’edificio e la sorte delle pitture erano precari. Il restauro, la ripulitura ed il ripristino spettarono al proposto successore, al popolo e ad un pittore senese non ancora provetto.
Carlo Balsini di Stefano fu eletto proposto
a Pomarance il 15 marzo 1907. Fu sotto la sua guida che ebbero luogo ulteriori
restauri, che si conclusero nel 1933 (il certificato dei lavori eseguiti a
regola d’arte dall’agosto 1928 al 25 ottobre 1933 porta la firma dell’lng.
Gino Stefanon). Erano stati iniziati nel 1928.
Particolare Mosaico Centrale.
I lavori furono eseguiti dalla ditta Zampini di Siena, con a capo il pittore Gualtiero Anichini coadiuvato dai decoratori Vannucchi, Franci, Biancirdi, Montigiani e Mori.
Oltre alla ripulitura degli affreschi dell’Ademollo, furono fatte integrazioni nella cappella della Madonna, nel Coro, dipinti medaglioni in San Giovanni, i 4 Evangelisti nella cupola e due figurazioni in San Vittore: Gesù tra i fanciulli e la Moltiplicazione dei pani.
Fu costruita la cappella dei caduti,
furono eseguite vetrate policrome a tutte le finestre e furono costruiti
sedili a spaglierà il noce lungo tutto il perimetro della chiesa.
Furono aggiunte lumiere grandi e piccole,
in fastoso addobbo, per l’illuminazione elettrica.
Sulla base di quanto rilevato attraverso un’accurata analisi dell’edificiodella chiesa di San Giovanni Battista, possiamo dire che attualmente lo stato di conservazione della chiesa è buono, sia per quanto riguarda gli elementi strutturali che gli elementi decorativi. Sarebbe comunque auspicabile una ripulitura degli affreschi e della facciata.
Particolare della monofora.
Contemporaneamente alla pubblicazione di tale lavoro, si
stanno ultimando i lavori di restauro del campanile, e proprio in questi ultimi
giorni, durante la ripulitura della facciata del retro della chiesa, è venuta
alla luce, su di essa, una monofora. Finestre simili a quella scoperta le possiamo
trovare nelle pareti sopra gli archi delle navate laterali, purtroppo non visibili
al visitatore perché con il restauro del 1800 sono state inglobate nello spazio
tra la volta centrale a botte ed il tetto.
Tale rivelazione ha
ridestato curiosità e nuovi interrogativi sull’originaria posizione e
struttura dell’antica chiesa.
Roberta e Maria Patrizia
BIBLIOGRAFIA
Archivio
Storico del Comune di Pomarance, Opera di S. Giovanni Battista, Filze 746 e
749.
Archivio Parrocchiale di Pomarance, Corrispondenza fra
Luigi Ademollo Pictor ed il preposto
Antoniccola Tabarrini, dal 1833 al 1837.
Giovanni
Targioni Tozzetti, Relazione d’alcuni viaggi fatti in diverse parti della
Toscana, Forni editore, Bologna.
L. Moretti,
R. Stoppani, Chiese romaniche della Val di Cecina, Firenze 1970.
Don Mario
Bocci, L’Araldo di Volterra, settimanale della diocesi di Volterra, numero
del 7/2/1971.
Don Mario
Bocci, Storia religiosa di Pomarance, Notiziario Parrocchiale.
Archivio di Stato di Firenze, Commissione per il restauro delle Chiese parrocchiali, Filza 104/8.
23 – 24 – 25 GIUGNO 1989: tre giorni che Pomarance ricorderà per molto tempo. Infatti tutto il paese si è mobilitato per festeggiare il Patrono San Giovanni Battista in occasione del 90° Anniversario della costruzione del Campanile e che è coinciso con la conclusione dei restauri resisi urgenti e necessari. Una festa che ha visto il paese intero stringersi attorno a questo “SEGNO” che, se principalmente di carattere religioso perché richiama con il suono armonioso delle campane i fedeli alla preghiera, è pure il segno ed il simbolo di ogni paese. Il nostro campanile, opera dell’Architetto Luigi Bellincioni di Pontedera, si fa
subito notare a tutti per la sua bellezza (stile Rococò apparso in Francia
alla fine del XVIII secolo, come evoluzione complessa e raffinata del
barocco), e per la sua altezza (42 metri).
La sera del 23 giugno questo simbolo era
ben visibile da ogni parte; una totale illuminazione con fari lo faceva
risaltare, mentre il suono gioioso delle campane si diffondeva ovunque,
arrivando fino alle più lontane famiglie della campagna che nel frattempo
avevano acceso i cosiddetti “Fuochi di San Giovanni”. A far corona al Campanile,
oltre ai fuochi della campagna, vi erano anche quelli accesi dalle Contrade a
Docciarello, a San Sebastiano, all’Aia, ai Collazzi, e la fiaccolata che ha
avuto il suo culmine con l’accensione del tripode sul sagrato della Chiesa.
1898: Lavori per la costruzione del Campanile
Una folla enorme ha fatto ala al passaggio dei tedofori
rivestiti dei colori delle Contrade, arrivati contemporaneamente con le loro
fiaccole accese davanti alla Chiesa.
Le Contrade quella sera si erano date veramente da fare
per una illuminazione folcloristica delle strade ove sarebbero passati i
tedofori con le fiaccole. Uno spettacolo meraviglioso che hanno potuto godere
in modo particolare coloro che quella sera erano saliti sul Campanile.
Una bella serata culminata poi, con un applaudito Concerto
d’Organo del Maestro Attilio Baronti.
Attorno al Campanile ed in unione a San Giovanni le feste
sono continuate. Il giorno 24 giugno, è venuto fra noi il Vescovo Mons.
Bertelli, i Sacerdoti, sono intervenute le Autorità Civili e Militari e si è
ripetuta la Solenne Processione in onore di San Giovanni Battista.
Un grande concorso di fedeli ed una partecipazione straordinaria della gente nell’ornare il tragitto della Processione con drappi alle finestre e soprattutto con ornamenti floreali veramente belli da sembrare tutto un tappeto grande, ove il profumo delle ginestre ed il colore dorato si evidenziavano in modo eccezionale. Una festa religiosa arricchita, nel pomeriggio, dallo spettacolo del Gruppo Musici e Sbandieratori di Pomarance e, dopo cena, dal Concerto del Corpo Filarmonico “G. Puccini”.
Ma ogni festa è sempre un ricordo del passato e del presente. Per questo motivo, la domenica 25 giugno, giornata conclusiva delle feste, dopo la Santa Messa celebrata dal Vicario e cantata dalla Corale Pomarancina, si è svolta, nel pomeriggio, nel vecchio Campo Sportivo del Piazzone, una partita diralcio tra le Vecchie Glorie e l’attuale squadra della U.S. Pomarance. Una occasione che ha fatto ritrovare e giocare insieme gli atleti che avevano militato diversi anni fa nella squadra del Pomarance ed i nostri giovani giocatori; una partita che ha divertito tutti i presenti.
Tre giorni di festa, quindi, tre giorni di gioia e
soprattutto una occasione per stare serenamente insieme attorno al simbolo
del paese, al nostro “BEL CAMPANILE”.
Mi è capitato di definire questa festa “UNA BELLA SINFONIA” dove tutti avete collaborato insieme alla Parrocchia. Ebbene: al termine delle feste, ringraziando l’Associazione Turistica Pro Pomarance, il suo Presidente per la generosa
collaborazione e per l’opportunità concessami di scrivere questo articolo
sulla loro Rivista, esprimo viva riconoscenza a tutto il paese ed in modo
particolare alle Contrade che veramente hanno collaborato in modo encomiabile;
al Comune per l’illuminazione; alla Banda per il Concerto; alla Corale
Pomarancina per i canti eseguiti durante le Sante Messe Solenni; al Gruppo
Musici e Sbandieratori per lo spettacolo; alle Vecchie Glorie ed all’ll.S. Pomarance per la partita di calcio; al Comando della
Forestale per la realizzazione dei fuochi; al Comando dei Carabinieri e dei
Vigili Urbani per il servizio d’ordine; a tutte le Autorità Civili e Militari;
ai bambini delle Terze e Quarte con i loro Insegnanti ed all’artigiano Rossi
Armando che hanno collaborato alla mostra allestita nel Battistero e,
naturalmente, ai Membri dei Consigli Pastorale e degli Affari Economici
Parrocchiali che mi sono stati vicini e a tutti coloro che, in modo anonimo, ma
non meno evidente, mi hanno aiutato al buon svolgimento di tutte le feste.
Il Campanile che ci ha riunito, sia sempre un forte e dolce richiamo ad operare uniti per il bene del nostro paese e della nostra Comunità.
ULTIMI CENTO ANNI DI STORIA E TRASFORMAZIONI APPORTATE ALLA NOSTRA TORRE CAMPANARIA
Agli ultimi giorni del 1888 (cento anni
fa), a seguito di insistenti voci sparse nel paese sulla precarietà del
campanile della Chiesa di S. Giovanni Battista, il sindaco Biondi Bartolini
Bartolino decide, insieme alla Giunta, di chiedere l’intervento di un ingegnere
per scagionare le eventuali conseguenze.
Dall’Archivio Parrocchiale possiamo essere
informati sul sopraluogo effettuato dallìng. G. Guerrieri di Volterra nel quale
si riporta la perizia in cifre elencando dettagliatamente i lavori occorrenti
al risanamento di detta torre. L’ammontare della cifra preventivata è di L.
395 e 58 centesimi all’epoca del dì 30 novembre 1888. Ripristinati i danni
riscontrati, il campanile ritorna a richiamare con i rintocchi delle sue
campane i fedeli presso la Chiesa.
Ma non per molto tempo; cinque anni dopo,
il 19 novembre 1893 alle ore 13:20, durante l’imperversare di un temporale, un
fulmine colpisce la sede campanaria rovinando gravemente tutta la struttura.
Oltre all’abbattimento di due delle quattro campane, uno squarcio di rilevante
misura pone il campanile in precaria stabilità.
Onde evitare supplementari disastri viene deciso l’abbattimento delle parti pericolanti ed il restauro dei tetti adiacenti, danneggiati dai detriti e dalle pietre franate dalla parte disastrata. Il provvedimento preso dal Comune mette subito in moto un gruppo di pomarancini che nel giro di pochi giorni, ad iniziare dal 24 novembre, rende accessibile anche la sacrestia.
IL CAMPANILE disastrato dal Fulmine nel 1893 (Foto DEL FRATE – Coll. Privata GHERARDINI P. Palaia
Il provvedimento preso dal Comune mette subito in moto un gruppo di pomarancini che nel giro di pochi giorni, ad iniziare dal 24 novembre, rende accessibile anche la sacrestia.
Sotto la guida del muratore capo mastro Calderani Tobia e
dei muratori Mori Michele e Tani Roberto, coadiuvati dai manovali Guiducci
Alessandro, Maggi Giusto, Travaglini Emilio, Gamberucci Eugenio, Pineschi
Abramo, Bargelli Roberto e Mori Gino, nel giro di una settimana di intenso
lavoro anche i tetti sono sistemati. Contemporaneamente viene costruita una
tralicciatura in ferro dal manescalco Pineschi Angelo dove porre le campane e
poterle così suonare alla meno peggio. Il lavoro non mancò nemmeno ai legnaioli
e per questo è Cesare Falcini che si accolla i lavori di restauro delle
finestre e rimettere i vetri sbriciolati dalla folgore. Per tutto ciò abbiamo
l’importo esatto in dettaglio dei lavori:
per mano d’opera pagata al capo mastro Calderani Tobia lire 290 e 80 centesimi.
per l’impalcatura metallica delle campane ed alcune catane di sostegno, ad Angelo Pineschi (fabbro) lire 478.
a Cesare Falcini per restauri alle finestre lire 38.
per tegole, embrici, pianelle, gronde, mattoni e calce forniti dalle fornaci del Biondi Bartolini e dal Baldi Giuseppe lire 322 e 65 centesimi.
per travi e travicelli forniti da Mario Cercignani lire 160 e 98 centesimi.
Tutto viene saldato tramite l’Esattoria Comunale con firma
dell’Esattore Fontanelli Augusto.
Eliminato il pericolo, pagati i debiti, si doveva cominciare a pensare ad un futuro campanile e per distribuire gli incarichi fu formato un Comitato presieduto dal Cav. Bartolino Biondi Bartolini. Venne così deciso di effettuare una raccolta di denaro tra i paesani per affrontare le perizie affidate, questa volta, all ’Architetto BelIincioni Ing. Luigi di Pontedera che presso il suo studio tecnico esegue i disegni. La raccolta delle offerte venne affidata al reverendo Don Giuseppe Bruscolini, Proposto della Parrocchia.
L’elaborazione dei progetti dell’lng. Bellincioni si alternava a sopralluoghi a Pomarance, sia per la constatazione della ubicazione della nuova opera, sia per i saggi al terreno dova si dovevano iniziare i lavori.
A prolungare il lavoro dell’ingegnere si frappose anche il lavoro di consulenza ai danni causati dal terremoto in moltissimi fabbricati della città di Firenze. Ma finalmente in data 29 maggio 1895 questi fa recapitare a Pomarance l’importo di spesa per la demolizione del vecchio campanile con indicato il recupero del pietrame da potersi riutilizzare nella nuova opera. Anche il comitato in questo periodo non si era fermato e, tramite persone di Pomarance residenti altrove, aveva messo in movimento gli uffici competenti per richieste di contributi. Si arrivò, tramite il concittadino Senatore Marco Tabarrini, al Guardasigilli per una istanza per un sussidio di un migliaio di lire, che poi fu accolto. Inoltre contratti e prestiti con distinti signori che si offrivano per questa occasione. proteste e
ricorsi da parte di confinanti per danneggiamenti eventuali. Ciò comportò
intralci e ritardi nonché beghe ed esigenti contropartite.
Dopo aver scorso un certo numero di carte da bollo da 10 centesimi filigranate con lo stemma sabaudo, si arriva alle decisioni sul “posizionamento” del campanile che dovrà essere eretto presso la casa posta nel gioco del pallone. Per questo locale abbattuto viene a pagarsi al sig. Giulio Biondi Bartolini un importo di lire 800, rimessegli tramite il curatore sig. Gallo Galli Tassi Bardini con i denari del fondo raccolto dalla pubblica sottoscrizione.
Risulta inoltre che le cifre si stanno concretizzando e da
molti è accolta la petizione, come da elenchi esistenti.
Anche il Cav. Mario Bardini, già distintosi per la
colossale opera dell’istituto del Sacro Cuore, offre la considerevole somma di
lire 2000.
Riguardo alla demolizione della torre campanaria abbiamo una nota di pagamento stilata dall’esattore Dante Fontanelli, datata 29 giugno 1895, per un importo di lire 1312 e sessantotto centesimi. Finalmente il 29 luglio 1895 l’architetto Bellincioni è a Pomarance per staccare il lavoro sopra alla fondazione precedentemente gettata.
Non mancarono nemmeno discussioni per
L’incarico e la fiducia di Direttore dei lavori viene dato
a Bonucci Carlo che con
gruppo dei lavoranti
affidatogli, ponendo pietra su pietra, cominciano a dar forma al capolavoro.
Il campanile costruito in pietra tufacea tagliata nelle Cave delle Valli
(Trossa) si ergerà per 42 m.
In una lettera inviata al presidente del comitato,
l’ing. Bellincioni allega lo studio in scala 1:1 delle formelle allineate al
quadrante dell’orologio nelle facce dove dovranno essere effigiati gli stemmi
del Comune e della Parrocchia, onde il Bonucci possa riprodurre il lavoro su
pietra. Conseguentemente esiste un’altra lettera dove si dice che sono
continuate le ricerche per una immagine su medaglione della Madonna del Buon
Consiglio e che finalmente viene riprodotto in calco da un lavoro deH’immortale
Donatello, dal quale il Bonucci trarrà copia esatta.
I lavori procedono con evidente celerità e nel novembre del 1898 il direttore dei lavori Bonucci prende accordi con la ditta L. CARDINI di Siena, premiata Fabbrica di Parafulmini, per installare questo nuovo sistema di difesa onde scagionare il pericolo occorso all’altro campanile. Si arriva all’anno 1899, il campanile già si staglia nel cielo ad un’altezza molto più elevata del precedente. Tutti gli artigiani locali hanno incarichi per approntare il tutto in modo che per il 24 giugno, (data prescelta per l’inaugurazione) in occasione della festa di San Giovanni patrono della chiesa, non rimanga niente in sospeso. Una settimana prima dell’avvenimento tutto Pomarance, o meglio tutti i pomarancini, si fanno in quattro perchè i festeggiamenti rimangano memorabili.
Così il 24 giugno, come promesso, con un maestoso doppio
suonato dalle quattro campane, dopo una processione straordinaria, viene
officiata una Messa solenne concelebrata dal Vescovo e da molti sacerdoti
venuti per l’occasione.
Gli operai, che sotto la direzione dell’Assistente Comunale Carlo Bonucci, hanno messo tutto il loro impegno, sono ora additati per il loro operato portato a compimento. I nomi di questi uomini passano per giorni e giorni in evidente nomina: si trattava di Zani Camillo, Cambi Silverio, Carlo Garfagnini, Anton Giuseppe Garfagnini, Antonio Niccolucci, Funaioli, Anichini, Pineschi, Tani, Corbolini ed altri. Nel pomeriggio i festeggiamenti si moltiplicano protraendosi sino a notte alta, che viene resa luminosa dalle migliaia di lampioncini a olio disseminati per tutte le strade.
Bande musicali venute da Volterra, Peccioli, Riparbella ed unite al nostro Corpo Filarmonico (denominato allora L’INDIPENDENTE) si alternano con marce e pezzi vari. Allietano la serata i canti e sonetti dedicati ai componenti il Comitato ed ai convenuti di riguardo.
Addobbi di straordinaria inventiva vengono sistemati
ognidove; sulla piazza centrale, oggi De Larderei, viene issato un ponteggio
che dal terrazzo del Palazzo Gardini passa all’altro del Biondi Onorato allo
scopo di far salire le persone per vedere meglio la mole del nuovo monumento.
Banchetti, brindisi e qualche sbornia salutarono il
campanile che nella sua forma dì tipo rococò destava stupore in tutta la zona.
Non mancarono neppure le batute ironiche e scherzose anche nei giorni a
seguire, come ad esempio si può ricordare quando ai giovani ragazi di bottega,
gli artigiani locali, nelle calde giornate estive, li spedivano da Ruggero
(bottega di generi alimentari ubicata in prossimità della chiesa nell’angolo
della porta) a comperare tre soldi di OMBRA DI CAMPANILE, e questi con astuzia
li rispediva in altra rivendita baffandosi dell’ingenuità del ragazzo, che poi
finiva per rendersi conto del fatto che oltre ad un mestiere il loro
principale gli insegnava anche a farsi furbo.
Anche lo stile architettonico e decorativo apparso in Francia alla fine del XVIII° secolo come evoluzione complessa e raffinata del barocco, e che si diffuse in tutta Europa, destò inizialmente perplessità, ma ben presto, prima che l’opera giungesse a termine, l’opinione aveva già accettato questa graziosa bizzarria. Il suono delle belle campane per anni richiama al paese in occasioni festose e lugubri, per eventi religiosi e civili, tutto il circondario. Arriviamo così all’ottobre del 1966 quando Mosignor Paoletti decide di eliminare le corde elettrificando le campane. Chiamata una ditta specializzata di Firenze, dopo aver calato le campane ed applicati gli ingranaggi ai mozzi di supporto, tramite dei congegni e delle pulsantiere si possono avere i suoni desiderati. Fu in tale occasione che si ebbe la possibilità di leggere le scritte in fusione poste su ogni campana.
Iniziando
dalla GROSSA prospicente Piazza De Larderei:
PER FUSOREM MORENDI FLORENTINUM A.D. MDCCCXU
(per opera del fonditore Carlo Morendi fiorentino. L’anno del Signore 1841) NOTA: Parte del bronzo di questa campana sembra provenire dalle campane della Badia di San Galgano di Chiusdino. Per la mezzana e la piccola vi è una storia a sé che risale all’anno 1788, quando l’Arciprete Giò Batta Tabarrini fa rifondere le tre vecchie campane per farne almeno due con un timbro maggiore e dalle scritte si può appurare questa notizia, sulla Mezzana, visibile da Via Mascagni (così denomunata perchè delle quattro è quella di dimensioni intermedie):
PIO VI P.M. JOSEPHO II AUG. PETRO. LEOP. IA.A ETRM. D + A.D. MDCCLXXXVIII EPO. VOLAT J.B. TABARRINI ARCHIP. D.V.M.T. M.H.DD.GL. PAE. ALOY BONAMICI.
(al tempo di
Pio Sesto Sommo Pontefice, di Giuseppe II Imperatore Augusto, di Pietro
Leopoldo I Austriaco Granduca di Toscana, di Luigi Bonamici Vescovo Volterrano,
l’anno del Signore 1788 Giovan Battista Tabarrini, Arciprete, dedicò questo
monumento alla Vergine Madre di Dio come ricordo di gloria e di pace)
Sulla
PICCOLA che guarda il Campo del Piazzone, verso la Rocca Sillana:
VOX TUA DULCIS IN AURIBUS ME IS + JOVANNE ATTAVANTI NOBILI COLLENSI PATRIM ECCLESIASTICI A.D. MDCCLXXXVIII
+ VOLAT. CURATORE
(al tempo di
Giovanni Attavanti nobile Colligiano amministratore del patrimonio ecclesiastico
volterrano l’anno del Signore 1788. La tua voce risuona dolcemente alle mie
orecchie.)
La MISERICORDIA, prospicente la via dei Fossi, verso Berignone:FATTA COLLE OBLAZIONI DEI FRATELLI DELLA MISERICORDIA CAV. ADRIANO DE LARDEREL GOVERNATORE CARLO MORENDI FUSE IN FIRENZE L’AN. MDCCCLI (1851). continua la scrupolosa guida ai lavori di risanamento. Si inizia dall’apice, cioè dalla croce, che è stato necessario sostituire con una nuova costruita dalla ditta Bertoli di Pomarance, poi si procede all’ampliamento della gabbia del parafulmine studiato dall’ing. Barzotti Francesco di Larderello. Ovviamente il lavoro più grosso è affidato all’impresa edile Parenti Mauro & C. che eseguirà i lavori di smontaggio e sostituzione delle parti lesionate ed ammalate completando il tutto con una stuccatura con cementi plastici speciali, suturando le spaccature e collegando tutta la cupola tramite un intersecato perforamento in cui è stato colato questo speciale ritrovato. In seguito la ditta Ml-DA Srl di Guartierotti & Cerrioni, proveniente da Pistoia, appone con uno speciale solvente un trattamento consolidante a tutte le bozze tufacee. Contemporaneamente, sfruttando l’occasione della comodità del ponteggio, vengono sostituiti i mozzi di legno delle campane avendone riscontrato il necessario bisogno in quanto questo è risultato in avanzato deterioramento. Ad eseguire questa operazione straordinaria è stata chiamata la ditta Scarselli di Lastra a Signa specializzata in tali lavori.
Recenti lavori di restauro (Foto S. Donati)
Al momento di andare in macchina, i lavori,
già a buon punto, seguono il loro corso e, salvo intralci atmosferici, nel
giro di pochi giorni andranno atermine.
Le raccomandazioni, le suppliche, e l’incessante stimolo che il Proposto Don Burlacchini rivolge ai parrocchiani si spera che sia ripagato dal buon lavoro e che le cifre raccolte servano ad estinguere le rilevanti spese incontrate per questa straordinaria manutenzione al nostro campanile. Ci auguriamo inoltre che anche i ponteggi possano presto essere tolti e possiamo così risentire il suono delle nostre campane e, con i dovuti festeggiamenti si possa ritornare alla consuetudine per ogni tipo di evento, incluso quello dell’occasione del Palio Storico delle Contrade; quest’anno infatti su richiesta dell’Ass. Turistica e su straordinaria concessione della Amministrazione Comunale è stata suonata la campana della Torre Civica. A nome anche dell’Associazione Turistica e della Redazione di questa rivista, vada il ringraziamento a tutti coloro che hanno contribuito in qualsiasi forma alla conclusione di questi lavori, a cominciare da Don Piero che è stato il primo promotore di tale opera.
BIBLIOGRAFIA
Archivio Parrocchiale Pomarance
La Comunità di
Pomarance – RIEVOCAZIONI STORICHE di E. Mazzinghi – Anno IX n° 1 1976.
Giorgio
Per anni ed anni (90 per l’esattezza),
questo monumento, vanto di Pomarance, si staglia nel cielo. Purtroppo gli
eventi atmosferici cominciano a deteriorare la pietra tufacea per cui, dietro
constatazione di esperti, è stato ritenuto necessario un intervento di
restauro.
Il 30 gennaio 1980 alcuni tecnici della
Sovrintendenza ai Monumenti di Pisa, rilevarono seri danni ai colonnini della
balaustra del terrazzino ed infiltrazioni di acqua piovana alla volta della
sede campanaria. Dalla perizia risultò un evidente sfaldamento di alcune bozze
tufacee all’arco campanario con un allentamento della volta.
Il parroco, Don Piero, preoccupato per
il responso, rende noto alle autorità civili e religiose superiori la
situazione della precarietà. Da questo si mette in movimento l’ingranaggio
della macchinosa strada burocratica per gli aiuti di legge legati a questo tipo
di interventi.
Le cifre stimate vengono rese note in misura di 140 milioni, compreso il montaggio dei ponteggi, ma esclusi gli imprevisti. Infine il 9 giugno presso la Canonica si sono riuniti oltre al Proposto don Piero, il Sig. Gabellieri Rag. Giorgio rappresentante della Sovrintendenza alle Belle Arti di Pisa, l’architetto Gasperini Franco, l’impresario Parenti Mauro, l’architetto Bargelli Florestano che sarà il curatore tecnico dei lavori e si sono accordati per dare inizio ai lavori. Nei primi giorni di luglio si provvede al montaggio dell’impalcatura metallica di ingabbiatura realizzata dalla ditta Gasperini di Bagni di Casciana; il Soprintendente alle Belle Arti, ing. Cecati, coadiuvato dall’architetto Bargelli,
La chiesa Parrocchiale di S. Giovanni Battista di
Pomarance, nella quale si possono ammirare pregevoli opere d’arte, conserva tra
le altre anche un’opera scultorea lignea, di indubbio valore artistico,
raffigurante l’immagine del Gesù Crocifisso collocato attualmente sopra l’Altar
Maggiore. Databile attorno al XIV secolo, anticamente si trovava collocato in
un’altra chiesa denominata “Acquaviva”, compresa nel castello di Acquaviva
detto anche di “Postignano”.
Il castello di ‘Acquaviva”, oggi alquanto diroccato, era un
castelletto posto sulla sinistra del torrente Possera nei pressi di una polla
di acqua naturale (da cui il nome di Acquaviva) a poca distanza dalla attuale
“villa del Bulera”. Nei pressi di questo castello vi erano una fonte pubblica
del comune di Ripomarance (XVI – XVII see.) ed alcune “conce” private situate dove sorge l’attuale
invaso denominato “Lago del Bulera” costruito negli anni ’50 vicino al podere
d’Acquaviva.
Il castello di ‘Acquaviva”, oggi alquanto diroccato, era un
castelletto posto sulla sinistra del torrente Possera nei pressi di una polla
di acqua naturale (da cui il nome di Acquaviva) a poca distanza dalla attuale
“villa del Bulera”. Nei pressi di questo castello vi erano una fonte pubblica
del comune di Ripomarance (XVI – XVII see.) ed alcune “conce” private situate dove sorge l’attuale
invaso denominato “Lago del Bulera” costruito negli anni ’50 vicino al podere
d’Acquaviva.
Del castello, situato a 200 metri ad est
del lago, non rimangono che poche tracce tra una folta boscaglia: resti di mura
franate, parti di tegole, di pavimenti ed una specie di pozzo scavato nel tufo
da dove, secondo il racconto di alcuni contadini che abitavano al Bulera, negli
anni trenta, si vedevano affiorare resti di ossa umane (Manghetti Giulio);
questo a pochi metri di distanza da un profondo precipizio o “grotta” dove vi
sono frequenti e pericolosi crepacci.
Il piccolo promontorio in cui si trovava
il castello è conosciuto volgarmente come “Poggio alla Chiesa” a testimonianza
dell’esistenza della chiesa dedicata a S. Salvatore d’Acquaviva. Questa
possedeva alcune proprietà terriere nella corte del castello essendo già
all’epoca del Sinodo dei Beiforti (1356) filiale della Pieve di San Bartolomeo
a Silano.
La chiesa di Acquaviva con la sua
parrocchia fu possesso del Monastero femminile di San Dalmazio e si ritrovano
notizie di questa anche attorno al 1239 quando il Vescovo Pagano, a corto di
soldi per pagare 5 bovi che occorrevano per lavorare la terra, per 54 libbre di
danari volterrani dava in pegno la corte d’Acquaviva e di San Dalmazio.
Proprietari e Signori del Castello
risultarono essere per alcuni secoli una famiglia molto importante del
volterrano: la Famiglia degli Incontrini detta degli “INCONTRI” che dette
origine a due rami; quello degli Incontri di Volterra e quello omonimo di
Ripomarance o Pomarance. Legata con alcuni rami di parentela con gli Incontri
di Siena, questa ottenne in feudo la Corte di Acquaviva o di “Postignano” da
Carlo Magno dopo la cacciata dei Longobardi dall’Italia.
Uno dei primi signori di Acquaviva di
cui si ha notizia fu Teodorico padre di Villerardo nel 970 d.c., nel 1090 fu
signore del castello Marco Incontri, mentre nel 1250 risulta essere fatta la
vendita per porzioni del castello di Acquaviva, da alcuni rami della stessa
famiglia, al Comune di Volterra. Il definitivo abbandono del castello da parte
degli Incontri si ha sul cadere delle Signorie feudali quando il territorio e
corte di Acquaviva vennero aggiunti a quello del Comune di Ripomarance nel XVI
secolo. Tutto questo coincise con il trasferimento del Monastero delle Monache
di San Dalmazio a Volterra (30 luglio 1511) e la incorporazione dei beni della
chiesa di Acquaviva da parte del Capitolo dei Canonici di Volterra. Con la
soppressione della parrocchia, avvenuta 1’8 maggio 1572, dalla chiesa di San
Salvatore d’Acquaviva fu traslato il grande Crocifisso ligneo nella Pieve di
San Giovanni Battista di Pomarance. Questa sacra immagine fu legata
particolarmente, fin dalla sua
realizzazione, alla famiglia Incontri,
che commissionò probabilmente l’opera, facendone “istituzione benefica’’ alla
chiesa di San Salvatore d’Acquaviva come è rilevabile da un documento redatto
dal Cav. Gio. Andrea Falconcini discendente dell’Alfiere Alamanno Incontri che
era vissuto nella seconda metà del ’600.
In quel periodo il Cav. Andrea
Falconcini erede Incontri, faceva richiesta alle Magistrature del Comune di
Pomarance di poter collocare l’immagine del S.S. Crocifisso sopra l’altare
Maggiore della chiesa, in occasione del restauro da lui stesso finanziato.
Nella stessa istanza veniva descritta l’antica collocazione della scultura nella
chiesa di S. Giovanni Battista e la comprovata certezza della provenienza del
S.S. Crocefisso dal castello di Acquaviva.
Un documento che mi è parso abbastanza
interessante e che ho cercato di trascrivere il più esattamente possibile: l:M:l
Davanti alle Signorie loro Molto
Magnifiche Sig. Gonfaloniere e Signori Priori della Comunità delle Pomarance
Comparisce
Il Cavaliere Gio. Andrea Falconcini, e reverendemente l’espone, come per soddisfare alla pietà e devozione di molti, che più volte li anno fatto istanza di restaurare l’immagine Santissima del nostro Redentor Crocifisso che da lungo tempo in qua è stata collocata sopra la porta interiore della loro chiesa Parrocchiale di San Gio. Battista e che sempre è stata l’immagine di Patronato della
famiglia
dell’Alfiere Alamanno Incontri di cui detto comparente e erede si è già messo
all’impresa per detta restaurazione, ma conoscendo pur cosa più decorosa e di
maggior culto a detta statua immagina ogni qual volta rimanesse collocata all’Aitar
Maggiore di detta chiesa, et in ciò facendo anche riescirebbe di maggior
ornato di detto Altare; per tal motivo prega le Signorie Vostre Molto
Magnifiche a volerli concedere la permissione di poter collocare sopra detto
Altare a sue proprie spese la detta Santa Immagine, dichiarandosi che con detta
collocazione non intende di turbare punto il diritto che ha sopra detto altare
la loro Comunità, et altresì ancora non intende di aggravare la medesima
Comunità nel mantenimento della detta Immagine alla quale vuol sempre pensare
esso medesimo come a suo proprio Patronato premendoli la detta confermazione
non solo come a riflesso della devozione, come vi à sempre avuta la casa
Incontri che conforme si à della antica et immemorabile tradizione se la porta
dal Castello di Acquaviva sua antica Signoria, ma ancora a riflesso dell’opera
il comparente erede di detta famiglia che della grazia etc. etc
Adi 7 giugno 1734
Partecipata
la detta comparsa ai rappresentanti la Comunità delle Pomarance fu accordato
quanto sopra per voti favorevoli 4 . (1)
Jader Spinelli
1) ARCHÌVIO STORICO COMUNALE DI POMARANCE; F. 17, Lettere e Miscellanee di Atti 1729 – 1734, c.l 67,r. e v.
NOTE BIBLIOGRAFICHE:
Don Socrate Isolani, “L’Abbadia di Monteverdi e la Madonna del Frassine” 1937 – XV Tip. Giovannelli – Castelfiorenfino.
C. F. C. ‘
‘Gli Incontri di Volterra ’’ (Biblioteca Guarnacci Volterra).
DON MARIO BOCCI “Notizie della Comunità Parrocchiale di Pomarance” 1987
L’affresco
di Bastianini a Pomarance e la sua burla alla Biennale di Venezia
Quasi centovent’anni or sono nasceva a Monteguidi, in quel di Casole, Augusto Bastianini.
Apprese le prime lezioni di disegno a
Volterra, sotto la direzione del prof. Giuseppe Bessi. Al disegno aveva
disposizione e vinse borse di studio. A Siena vinse l’alunnato Lazzeretti;
vinse in mostre con i più bei nomi post-macchiaioli nell’ambito dei quali oggi
si raffigura.
Allievo di Niccolò Cannicci, che conobbe a Montemiccioli, fu pure amico degli ultimi macchiaioli: da Fattori a Signorini ai fratelli Gioii. Lavorò anche a Pomarance, dove affrescò la cappella Biondi-Bartolini, e nella figura di una virtù teologale ritrasse le sembianze della signorina Verdiani di Volterra.
Amante del bello, di carattere
riservato, gioiva quando si trovava a contatto con la natura. Veniva spesso a
Montemiccioli, per incontrarsi con Cannicci di cui ne risentì l’influenza.
Fece molti ritratti a grandi personalità e ne fece alcuni anche a Volterra; del resto la stampa del tempo fu entusiasta e la critica lo è tuttavia. Bisogna pur dire che il Cannicci ebbe sempre fiducia in Bastianini. Il 23 giugno 1900 gli scriveva perché andasse a suo nome a tenere una lezione a una sua allieva. Il primo gennaio gli scriveva: “Venga subito a trovarmi perché allo studio non vado per salute”. Cannicci stava male; sentiva di essere vicino alla morte e voleva rivedere il suo allievo, prima di morire. Alla Biennale di Venezia il Bastianini fu invitato la prima volta nel 1903. Nel 1907 mise il mondo artistico a rumore: si presentò a venezia con un quadro eseguito con sincerità di intenti e riuscì a far presentare un altro quadro, a firma di un inglese immaginario, eseguito da lui con i più grandi pasticci della tecnica pittorica; ebbene, questo quadro obbrobrioso fu premiato e ne sortì uno scandalo che fece inalberare i luminari della giuria e i diplomatici interessati.
se con argute vignette contro la commissione composta di nomi di fama internazionale. Intanto il tempo passava e la critica sembrava assopita allorché intervenne un fatto nuovo a scuotere il mondo dell’arte. Il 10 ottobre 1907, quando la mostra volgeva al termine, il prof. Bastianini inviò una lettera a “Il Giornale d’Italia” e il corrispondente si precipitò a telefonare a Roma perché, secondo lui, la notizia era ghiotta. BA Infatti Bastianini, dopo aver premesso di dire che scriveva per dare soddisfazione agli esclusi dalla mostra, cosi si lasciava andare: “Dichiaro di aver presentato al giudizio della commissione due quadri, uno col mio nome, eseguito con serenità d’intendimenti; l’altro firmato S. John Brontsen, eseguito con i più grandi pasticci di tecnica, senza nessuno studio di colore né di forma, allo scopo di fare una caricatura della produzione anormale, patologica di certi artisti che si fanno imitatori delle peggiori qualità di quelli. Risultato: il quadro fatto sul serio fu scartato; l’altro, di soggetto volgare ma firmato Brontsen, fatto con una strana accozzaglia di qualità negative, di dilettantismo, e di plagio, fu accettato alla unanimità”.
Dette la storia il giornale “Sior Tonin Bonagrazia” di Venezia con questo trafiletto: “Per la critica seria, sta esposizion xe un osso ma per nualtri la xe proprio roba da rider… No gavemo un’idea precisa de l’alta scola me ne par vederghene qualche sagio nella sala IV… Se trata in do casi de quele signore in aguato che, avicinae, ne dà un efeto de ciaro-scuro piutosto ciaro”.
“LUIGI ADEMOLLI MILANESE: 1833’’: è
questa la frase che è possibile leggere ai piedi del tavolo dell’ultima Cena
pitturata nella parete di fondo del Coro nella nostra chiesa Parrocchiale.
Una data e firma molto importanti perchè
ci riportano ad un momento storico quanto mai significativo nella
ristrutturazione muraria e decorativa della Parrocchiale. Infatti, costruita
nel XII secolo, in stile romanico, si legge, nei documenti che si conservano
nell’archivio, che la Chiesa si trovava in una situazione fatiscente per cui
ANTON NICOLA TABARRINI, Arciprete di Pomarance dal 1826 al 1843, decise di
iniziare dei grandiosi lavori di restauro con l’ampliamento, in quella occasione,
delle Cappelle laterali dedicate alla Madonna del Buon Consiglio e al Martire
San Vittore.
Per la ristrutturazione muraria il Tabarrini si servì dell’opera dell’architetto Francesco Cinci che fece una dettagliata perizia stimativa, in data 22 Giugno 1831, corrispondente a L. 13.016.
Luigi Ademollo: Via Crucis – Particolare
Una cifra enorme per quei tempi che I’Arciprete
Tabarrini affrontò in buona parte con i suoi mezzi e le sue risorse familiari,
ma pure con l’aiuto della popolazione. In conseguenza di questi lavori si pensò
pure aH’omamento pittorico. A tale scopo fu chiamato il pittore LUIGI ADEMOLLO
(1764-1838) milanese,autore di affreschi in Chiese e palazzi e d’acqueforti di
soggetto storico.
Nell’archivio parrocchiale si conservano ben sette lettere
autografe, spedite dalla città di Firenze daH’Ademollo all’Arciprete tra il 27
Aprile 1832 e il 5 Gennaio 1837. Esse riferiscono che il Cavalier
Giuseppe Del Rosso fu l’intermediario della
proposta di affrescare la Chiesa, nel periodo in cui l’Ademollo dipingeva la
Chiesa di Sant’Ambrogio in Firenze.
La spesa totale delle pitture fu stimata in L. 3000.
Tra queste lettere la più
importante è la sesta, datata 1833,a 9 Maggio-Firenze. È interessante
trascriverla per intero perchè da questa appare come il progetto iniziale sia
stato seguito quasi totalmente, salvo piccoli cambiamenti dovuti anche ai
successivi restauri avvenuti negli anni 1928-1931.
Ecco il testo:
Reverendissimo Signore
O’ piacere che le composizioni inviateli siano di sua
satisfazione e quando vedrà (se Dio ce lo concede) eseguite alla sua grandezza
col stile e metodo da me praticato per tutto, spero che gliene tornerà
maggiore.
Per chiarezza converrà dichiarare le cose da me da
eseguirsi.
Primo dipingerò a vero buon fresco tre quadri nel Coro da
destinarsi; la Volta del medesimo con ornato e soggetto in figure.
Secondo dipingerò la Volta della Navata di Mezo con lo
sfondo e sia quadro grande del Ascenzione del Signore; due gran tondi in basso
rilievo che uno S. Tommaso convinto dal Signore di sua verace Resurrezione,
l’altro la Venuta dello Spirito Santo. Questo tondo fa come il Fine dei
Soggetti Rapresentati.
Terzo dipingerò nelle Due Cappelle laterali nelle facciate laterali due quadri a buon fresco a Volta ornata con sfondo di figure, cioè NELLA CAPPELLA DELLA SANTISSIMA VERGINE DEL BUONCONSIGLIO:
1. Adorazione dè Magi, 2. Gesù trovato nel Tempio.Sfondo o
quadro nella Volta la Presentazione al Tempio fra le braccia del vecchio
Simeone.
NELLA CAPPELLA DOVE TENGONO IL CORPO DEL S(ANTO) MARTIRE, da un lato 1. La Multiplicazione dè Pani, 2. Resurezione(del Figlio) della Vedova di Nairn. Sofondo il Centurione à piedi di Cristo. La Cupolina di mezo divisa in quattro parti con quattro soggetti in bassorilievo cioè finta scultura.
E siccome mi parto dal Coro dove dipingo Fatti della Passione di Cristo e nella Volta del medesimo la Resurrezione, Co
sì seguendo l’ordine dei fatti nei quattro quadri della
Cupola, faccio
1. le Donne al Sepolcro, la visione del Angiolo che le
Annunzia la resurrezione del Signore, 2. la Madelena col Noli me tangere, 3. i
Discepoli in Emaus, 4. i giudei che ofrono denari alle guardie fugitive
perchè nascondino il visto da loro.
SI VIENE DALLA DETTA CUPOLA E SI TROVA NELLA VOLTA DI MEZO
il S. Tommaso convinto;segue il gran quadro della
Ascenzione al cielo; finisce la volta con la Venuta dello spirito Santo. E
così si procede con ordine.
LE PICCOLE NAVATE avranno nella volta Un’Ordinata elegante
e semplice.Nei tramezzi locali che sono fra le cappelle Nichie coi SS. Apostoli
ed Evangelisti perchè nel fondo in faccia si farà S. Pietro e S. Paolo.
Occorreranno delle Ornative attorno i Quadri d’Altare.
Lei dia un picolo, ma picol prezzo ai pezzi sopraindicati
e troverà quanto mai sia picolo ciò che le ò proposto per riconoscimento del
nostro lavoro.
Il restauratore Gianni Trapani al lavoro
LEI propone di ripulire Quadri, farne due nella cappella
del Santissimo e Via Crucis, e tinteggiare la Canonica.
Tutto quello che le posso dire si è che mai si dato che io
abbia auto litigii per mercede del lavoro; e poero io non guarderò a fatica, a
V(ostra) S(ignoria) Reverendissima non guarderà a qual riconoscimento.
Circa la Canonica sicome si tratta d’affare assai comune
di poche lire se la intenderà coi miei aiuti.
QUANTO A VIA CRUCIS non so se intenda farne una nuova, o
ritoccare la vecchia: Se intende farla Nuova io lo farei assai più grande per
rendere visibile le pene del Salvatore.
La vista d’una bene espressa Stazione serve a molti di meditazione;
così pensava Monsignor Albergotti a cui ne ò dipinte due Grandi, una per la
Cattredale di Arezzo, l’altra per la principal Chiesa di Castiglion Fiorentino.
Dunque Quattordici Quadri non sono cosa così corsiva da
incorporarla nelle Tremine Lire; ma non tema, perchè con me non vi è
questione, sapendo che se viene un riconoscimento, lo gradirò,ma non pretendo.
Posso dire con tutta verità eh e, nei tempi andati, avrei
appena fatto salotto per simile somma;ma il Mondo è cambiato; e poi si lavora
per la Chiesa, e così voglio sperare qualche cosa dalla Misericordia di Dio.
Le bacio la sacra mano e sono con profondo rispetto
Di V. (ostra) S. (signoria) Reverendissima Servo Umilissimo
Luigi Ademolli
L’Ademollo in questo grandioso lavoro fu coadiuvato dal figlio Giovanni con molti ornatisti. Per visitare interamente la Chiesa nella sua attuale programmazione occorre iniziare da
sopra il portone, girando in senso orario.Si possono
vedere opere monocrome cioè con un solo colore e policrome cioè con più
colori.
Queste pitture, come del resto tutta la chiesa, hanno
bisogno di un restauro e di totale ripulitura dovuta al tempo che deteriora
ogni cosa.
Ecco perchè lo scorso anno, in occasione della festa di
San Vittore,fu annunciato l’inizio dei lavori partendo proprio dal Coro per
continuare poi nelle altre parti della Chiesa.
Nel coro sono state restaurate le due raffigurazioni monocrome e precisamnete “Gesù nell’orto di Getsemani’’ e l’“Ecce Homo’’ e le quattro grandi raffigurazioni policrome e cioè “L’entrata di Gesù in Gerusalemme”, (che purtroppo è stata deteriorata dal successivo rifacimento da parte dell’Anichini), “L’Ultima Cena”, “La Salita al Calvario”, e la “Resurrezione”. Queste pitture sono state restaurate dal Signor Fausto Giannitrapani e dal figlio Luca, con la collaborazione delle decoratrici Mara e Paola.
Le operazioni di restauro eseguite sono state:
pulitura del colore
fissaggio del colore e
dell’intonaco
stuccatura delle parti
mancanti
integrazione pittorica
Pure i 14 quadri della Via Crucis,sempre opera
deH’Ademollo, avevano urgente necessità di un restauro che è stato eseguito
dal Sig. Antonio Guarino. Un restauro che ha preso tutti di sorpresa perchè
nessuno si immaginava cosa si nascondesse sotto la patina di sporco.
Questi lavori sono stati realizzati sotto la Direzione
della Soprintendenza di Pisa e naturalmente con la generosa collaborazione dei
Parrocchiani che hanno sentito il problema del recupero e della conservazione
dei beni artistici e religiosi che si conservano nella chiesa.
In quest’opera non possiamo tacere il notevole contributo
ricevuto dalla Cassa di Risparmio di Volterra che ha stanziato la somma di 25
milioni.
L’Ademollo, che aveva una grande facilità pittorica, nelle
sue opere si è sempre ispirato a soggetti classici. Quello che colpisce sono i
suoi numerosi personaggi che riusciva a mettere insieme e che,appunto,sono
venuti fuori a seguito della pulitura.
Un particolare da mettere in risalto è la grande
espressività del volto sofferente del Cristo mentre porta la Croce.
Il restauro iniziato ha bisogno di essere continuato perchè
sarebbe un vero peccato perdere delle opere d’arte che custodiamo e che i
nostri antenati ci hanno lasciato.
Continuare per conservare e
migliorare, per poter con gioia e anche, con un pò di orgoglio, ammirare e far
ammirare ai visitatori la nostra bella Chiesa Parrocchiale .
Il castello di Pomarance, anticamente detto Ripomarance, sin dal XVI secolo si presentava racchiuso da un’ampia cerchia muraria che, dalla torre delle “Rocche” fino alla porta Orciolina (o Massetana) arrivando alla porta Volterrana e proseguendo oltre la porta a Casolle, aveva racchiuso dentro di sè le altre cinte murarie, secoli XI e XIII dette di “Cassero” (Palazzo ex Pretura e Casalini) e di “Piano”, che fiancheggiando la “via di Borgo” (oggi via Roncalli) e proseguendo oltre la porta “alla Pieve” arrivavano fino al torrino detto “dei Biondi Bartolini”. La cinta muraria era protetta da “Baluardi” (1600) che davano la possibilità di accedere all’interno del castello tramite tre porte “esterne” e quattro “interne”.
Ricostruzione Ipotetica della PORTA VOLTERRANA di J. SPINELLI
Le porte esterne erano: la Porta Volterrana,
la Porta Orciolina o Massetana e la Porta di Piazza (detta a Casolle); quelle
“interne” invece erano: la Porta alla Pieve, la Porta Nuova, la Porta al Peso
e probabilmente la Porta di Piano.
Di queste ne rimangono visibili oggi solamente
tre: la Porta a Casolle o di Piazza del Vicariato, la Porta al Peso (indicata
come porta Orcolina) e la Porta alla Pieve che fu ricostruita ex novo negli
ultimi anni dell’ottocento.
Delle altre non rimangono generalmente
che ampie aperture di cui è rimasto solo il nome iscritto talvolta su lapidi in
tufo o porcellana come nel caso della Porta Nuova di cui è rimasta solo la
nomenclatura (Via della Porta Nuova).
Queste porte erano di proprietà del comune di Ripomarance che doveva provvedere alla loro manutenzione ed anche alla conservazione della cinta muraria. Fin dal medioevo le porte erano soggette alla continua sorveglianza fatta da uomini (anticamente detti “Clavares”) scelti dai Priori del comune i quali venivano indennizzati per questo tipo di incarico con pagamenti giornalieri o mensili, come risulta dai “saldi” del comune per tale scopo. Ad essi venivano consegnate le chiavi dei portali di legno che dovevano essere obbligatoriamente chiusi ed aperti ad orari prefissati: aperti al “suon dell’Avemmaria dell’alba” e serrati un’ora dopo l’Avemmaria della sera (o l’or di notte)(1) consegnando le chiavi ai Priori, come risulta da una deliberazione comunale del 1514 in cui viene stabilito che le chiavi del castello di Ripomarance stiano appresso ai Priori del luogo (2).
Con il passare dei secoli e la conseguente stabilità politica del Granducato di Toscana e degli altri stati italiani, le porte del castello persero gradatamente la loro funzione di “difesa”. Infatti nel 1782 alcuni rottami di queste furono immagazzinati in una stanza sotto il Palazzo Pretorio (3) e successivamente alcune strutture murarie vennero abbattute perchè non consentivano un agevole passaggio dei “Carriaggi” che transitavano sulla “strada Massetana” all’interno del castello delle Ripomarance lungo le vie di “Borgo” e di “Petriccio”.
LA PORTA VOLTERRANA (I PARTE)
La Porta Volterrana, o per meglio dire
quello che di essa ne rimane, era una delle porte appartenenti alla cinta
muraria esterna che fin dal 1325 aveva racchiuso l’antico “terziere” di
“Petriccio” nel castello di Ripomarance.
Disposta a “tramontana” prese il suo nome
dalla strada che di lì si dipartiva in direzione di Volterra. Di questa porta
attualmente non rimane che il nome ed un’ampia apertura tra il Palazzo ex
Gardini e la Casa detta dei “Biondi di Porta Volterrana” (attuale casa comm.
Santoli), fra Piazza S. Anna e Piazza de Larderei.
Della
demolizione, avvenuta nella metà ottocento, si sono salvate solamente una croce
scolpita ed una lapide con iscrizione gotica datata 1325 recante la dicitura:
(4)
ANNI.D: M:CCCXXV
Al DI:VI DI MAG.IO.AL TEM
PO DI JOHANNI INTENDI
GUIDO CURSI DE VULTERRE
DE SELICE SOVRASTANTE A CIÒ
Già il Targioni Tozzetti ricordandola
nei suoi viaggi (1751) diceva di aver letto in una iscrizione corrosa la data
1325 ed il nome di Guido con la croce d’arme dei Vescovi di Volterra.
Consultando una piantina catastale del
periodo Leopoldino (1830 circa) conservata presso l’ufficio tecnico comunale
di Pomarance è possibile verificare la sua esatta ubicazione e le sue probabili
dimensioni.
Questa porta all’interno presentava un archivolto con due rientranze laterali, larghe un metro e profonde circa ottanta centimetri. Sopra la porta Volterrana vi erano anche due stanze sovrapposte: la prima con probabilità, era munita di due feritoie balestriere ed archibugiere, e sicuramente di una finestra sul versante interno della contrada di “Petriccio” (attuale Piazza de Larderei). Sopra questa prima stanza esisteva un altro ambiente detto “stanza a tetto” o “torre” utilizzata come “piombatoia” da dove veniva bersagliato a piombo l’assediante che iniziava la scalata.
La porta Volterrana all’esterno era protetta da due torrioni laterali (6) e da una “anteportam” come è rilevabile dal pagamento stanziato nel 1494 dal Comune di Ripomaranci ad “..Agnolo da Colle per una tavola di noce che servì per le spranghe dell’antiporta..(7).
L’anteporta era un corpo
avanzato in muratura a protezione di quella principale, costituito da un
portale in legno, chiuso, oltre che da normali serrature anche da spranghe
trasversali e corredata ai lati da feritoie balestriere e archibugiere. Probabilmente
questo corpo avanzato fu demolito attorno al XVII secolo con il conseguente
spianamento del fossato di guerra che circondava tutto il castello.
“Leo super porta Volaterranam”
Il Leone sopra la
Porta Volterrana
Il castello di Ripomarance, conteso tra il Vescovo di
Volterra ed il Comune di Volterra per tutto il 1200, nel 1323 era in pacifico
possesso della Comunità di Volterra. Nel secolo successivo, dopo essere stato
messo a ferro e fuoco da Niccolò Piccinino nel 1431 e dal Re Alfonso di Aragona
nel 1447, nel 1472 venne a far parte della Repubblica Fiorentina dopo la
conquista di Volterra ad opera delle milizie del Duca di Montefeltro. Ripomarance,
che fino all’anno prima era annoverata come una delle 12 castella appartenenti
alla giurisdizione di Volterra, favorì in un certo senso la conquista del contado
volterrano non opponendo resistenza alle milizie fiorentine dandosi spontaneamente
alla Repubblica Fiorentina. Questo fatto gli valse non pochi vantaggi: in
primo luogo la liberazione da Volterra che pretendeva tasse e gabelle, in
secondo luogo la proclamazione a sede del Vicariato di Val di Cecina con
Potesteria giuridica e civile.
In conseguenza di ciò vennero innalzate le insegne in onore
di Firenze con la “dipintura del Marzocco” come simbolo di potere e
dominazione. (8)
Questa immagine di leone in posizione seduta recante in una zampa lo stemma con lo scudo gigliato, fu dipinta sulla piazza principale di Pomarance (attuale Piazza ex Pretura o Piazza Cavour) e sopra le porte d’ingresso del castello come è rilevabile anche da una deliberazione del 1472 del comune di Ripomarance e riportata dal concittadino E. Mazzinghi:
“…Considerata essere cosa necessaria e di pregio avere
preso alle porte et alla piazza le degnissime insegne del Comune di Firenze
sotto il comando del quale il comune di Ripomarance venne molto volentieri….
elessero et nominarono l’infrascritto Andrea che abbia l’autorità e balia di
cercare con zelo uno capace e adatto pittore che abbia a dipingere il Lione e
le altre insegne nei luoghi opportuni del castello di Ripomaranci per mettere
in buona luce il signor Vicario di detto luogo…. ”(9).
Che l’immagine del leone fosse pitturata anche sopra la Porta Volterrana ne abbiamo notizia da Giuseppe Pilastri (10) attraverso la citazione di un fascicolo del concittadino Alessandro Funaioli (11) in cui viene fatto sapere che il Consiglio nell’adunanza del 18 ottobre 1472 stanziò “lire 16 soldi 10 a Bernardo del Nese dipintore per suo salario e mercede di dipingere il Lione della Porta Volterrana e i Lioni della Piazza…’’
L’autore ritiene che detto pittore: Bernardo del Nese sia invece Bernardo del Lese, fratello di Benozzo Gozzoli quel “Magister Bernardus olim Sandri de Florentia, pictor, habitator in castri Ripomarancj..” della cui presenza e permanenza nel castello (1486 -1496) scrisse il Battistini in “Memorie storiche, Volterra, Carnieri, 1922, p.p. 97 – 98’’.
Dell’immagine del leone sopra la Porta Volterrana se ne ha notizia anche nel luglio 1497 in una deliberazione comunale in cui venne stabilito che venisse “.. riacconciato nel medesimo luogo l’immagine del leone extinta (12)”: leone che era già stato ridipinto l’anno prima (1496) come rilevasi dal pagamento “.. a Màffio dipintore per Marzocco fece sopra alla porta Volaterrana; lire 6 soldi 10.” (13)
(CONTINUA)
Iader Spinelli
NOTE
Archivio Storico Comunale di Pomarance, F. 119 c. 163 v.
Biblioteca Guarnacci Volterra, scaffale L, F. n° 40 c.16 r.
Archivio Storico Comunale Pomarance F.119 c.163 v.
Decifrazione di don Mario Bocci.
Gìov. Targioni Tozzetti: Relazioni di alcuni viaggi fatti in diverse località della Toscana, Firenze, Stamperia Granducale 1751-54, Tomo II, p.325
Il primo a sinistra detto dei “Biondi di Porta Volterrana” ancora parzialmente visibile e restaurato negli anni cinquanta; il secondo a destra detto “Torre del Cardini” posto dove si trova Fattuale Pizzeria BLASI
Archivio Storico Comunale Pomarance F.108 c.105 v.
Nello stesso periodo venne innalzata anche l’immagine del “Marzocco” in pietra che fu collocata nel “cassero” sotto la torre campanaria del comune al “canto della Costarella ‘ La scultura eseguita in pietra arenaria, poggiante su una colonna a forma poligonale alta circa m. 2, fu distrutta durante l’ultimo conflitto da un carro armato tedesco che urtò il leone riducendolo in frantumi. L’effigie del leone che è visibile attualmente è una riproduzione dello scultore volterrano Mino Trafeli eseguita nel dopoguerra. Dell’originale rimane solamente la colonna che trovasi collocata sotto le logge restaurate della ex Pretura e che veniva utilizzata anticamente per l’affissione dei pubblici bandi.
E. Mazzinghi Rievocazioni storiche’^ La Comunità di Pomarance anno II Nov. Die. 1969
Giuseppe Pilastri, “Istituzione del Mercato e Fiera in Pomarance ‘ ‘ Rassegna Volterrana, anno III, Fase. II p. 50 anno 1926
Alessandro Funaioli, “Memorie storiche dell’Archivio Municipale di Pomarance, 1866
Archivio Storico Comunale Pomarance F. 108 c. 104 r.
Ìbidem F. 632 c. 24 r.
LA PORTA VOLTERRANA (II PARTE)
Così come le altre porte principali del castello, questa veniva
costantemente sorvegliata da uomini incaricati dal comune di Ripomarance, che
su relativo compenso, intensificavano le guardie nei periodi più turbolenti
delle guerre o in casi di epidemie.
L’esempio è confermato dal pagamento ad Antonio di Domenico “portinaro di corpo” alla Volterrana soldi 15 nel 1454 (13) oppure il pagamento a Menico di Lamberto nel 1496 ‘‘per fare la guardia” 10 dì alla Volterrana (14); ed anche durante la peste che si propagò nella Val di Cecina tra il 1522 ed il 1528, in cui venne stanziato nel 1524 il pagamento a Giovanni del Chiaia ‘‘di guardia alla Volterrana per causa della peste di Montecastelli” lire 1 (15). Quanto importante fosse la sorveglianza delle porte esterne viene confermato da una deliberazione del 1549 in cui il comune di Ripomarance stabiliva che, per garantire sicurezza ai propri abitanti, i Priori del luogo dovessero obbligatoriamente cercare casa per casa dei “custodes pro costudiendo ad portas Platee, Volterrana et Orciolina”(16).
LE ALLOGAGIONI
DELLE STANZE SOPRA LA PORTA VOLTERRANA.
Con la stabilità politica dello stato Mediceo,
assicurato fin dal 1537 da Cosimo l° de Medici, l’ambiente che si trovava immediatamente
sopra la Porta Volterrana non venne ad essere più utilizzato come guardiola, ma
ad uso di abitazione, dal quale il comune di Ripomarance traeva entrate di
danari per il suo affitto. Fino al 1537, infatti, le entrate del comune erano
basate essenzialmente sui proventi che questo traeva dall’affitto dei frantoi
di Petriccio e di Piano, dalle Beccherie, dai forni di Piano e di Petriccio,
dai mulini di Terra Rossa e di Presso ed altri; mai prima del 1537 risultavano
entrate nel bilancio comunale per l’affitto delle ‘‘stanza sopra la
Volterrana”.
Lapide della Porta Volterrana
ANNI. D: M: CCCXXV
Al DI: VI DI MAG. IO. AL TEM
PO DI JOHANNI INTENDI
GUIDO CURSI DE VULTERRE
DE SELICE SOVRASTANTE A CIÒ
Questo sito, così come le altre
proprietà comunali, era posto all’incanto dagli uomini di comune dopo aver
messo i soliti bandi di preavviso della gara d’asta. Se
aggiudicava chi tra i contendenti offriva più denari. L’affitto della stanza sopra la “Volterrana”, a differenza di altre entrate, durava solo un anno ed allo scadere di questo si riproponeva la gara d’asta che veniva generalmente eseguita sotto le logge della piazza del Vicariato o nei pressi della porta Orciolina.
“locatario” che si aggiudicava la “stanza” doveva provvedere al mantenimento di questa fino al momento della riconsegna, come nel caso di Giovanni del Chiaia al quale nel 1538 venne assegnata la stanza ad “una pensione di lire 2 consegnando al detto locatario, chiave, toppa e uscio” (17). Il periodo di affitto del sito iniziava generalmente nel mese di Aprile, come risulta da una deliberazione del 1559 in cui questa venne indicata specificatamente come: “Habitazione, o vero stanza sopra la Volterrana da un per un anno da incominciarsi il 1° di Aprile proximo futuro” (18). L’accesso a questa abitazione era dato tramite una scala in muratura dalla parte interna della Porta Volterrana “a sinistra all’uscire di essa”(19) e dalla quale probabilmente si accedeva anche sulla “Piombatoia” e sul ballatoio lungo la cinta muraria.
A causa forse della mancata igienicità della abitazione questa, alcuni anni più tardi, risultava utilizzata come “pagliaiola” per il Cancelliere nel 1582 (20). Dal 1584 anche la stanza detta “piombatoia” venne a costituire fonte di entrata per il comune; risultava infatti affittata a Giovan Domenico Fiaschi “conduttore della stanza a tetto” sopra la porta Volterrana per il canone di lire 10 (21).
È in questo periodo che viene indicata anche come “stanza sopra la porta Volterrana, cioè la torre”(22) il che fa presupporre che l’intera struttura muraria fosse notevolmente elevata e risultava allogata verso il 1585 a Domenico Fiasco nel pagamento della prima rata di canone a ragione di lire 10 l’anno.
Piantina Catasto Leopoldino (1860 circa) nel 1830. La Piazza era occupata dal Palazzo Panicacci (U.T. Com.le)
L’affitto di questi due siti è durato all’incirca fino al suo definitivo abbattimento. Nel 1701 questi risultavano allogati a Giovanni Canti come rilevasi da una deliberazione di consegna delle chiavi della stanza “sopra la torre” e della stanza adibita a pagliaiola: “….si consegnò al sig. Giovan Gragorio Canti, conduttore della stanza sopra la torre, la chiave medesime rotto il manico, avuta da Piero Faini conduttore vecchio per restituirla a suo tempo alla fine della condotta” : “…si consegnò dalli provveditori al sig. Giovan Gregorio Canti le chiavi con la toppa servita all’uscio della pagliaiola sopra la porta Volterrana …. per restituirla alla fine della condotta..” (23). Nel XVIII secolo, durante il Granducato di Pietro Leopoldo, le due stanze vennero poste a “livello” dal Comune, cioè cedute in godimento perpetuo fino alla terza linea mascolina, con l’obbligo di pagare un annuo canone. Il 1° agosto del 1777, queste risultarono allivellate al sig. Lorenzo Pandolfini che pagava un annuo canone di lire nove da pagarsi 1’8 maggio di ciaschedun anno (24). Nel 1793, però, il sig. Lorenzo Pandolfini affrancava il suddetto livello, con accordo del Magistrato comunitativo di Pomarance (11 marzo 1793), a favore dei signori Antonio, Gardino ed altri fratelli Gardini che possedevano le loro case a confine della Porta Volterrana per un affitto di scudi 52 (25).
LA DEMOLIZIONE
L’imponente
struttura della Porta Volterrana costantemente restaurata durante i secoli,
cominciò a dare i primi sintomi di cedimento nel 1786 in conseguenza delle
infiltrazioni di acqua dalle stanze sovrapposte; causa che indusse le Magistrature
di comune ad ordinare alcune perizie tecniche, per la determinazione del
restauro o dell’abbattimento, ad alcuni maestri muratori come ad esempio quella
di Giovanni dello Sbarba del dì 10 luglio 1786:
“lo Giovanni dello Sbarba, perito muratore per ordine e commissione di Lorenzo Pandolfini come livellario delle due stanze che vi esistono sopra la Porta Volterrana delle Pomarance e avendo visitato il posto, si trova che la porta minaccia rovina e per resarcirla e renderla in bono stato è necessario rifare due cantonate fabbricate dallo scalpellino e resarcire l’altra cantonata della porta laterale con altra qualità di sassi e resarcire il detto pilastro che rovina: e tuto il marcimento che esiste dalla parte di fori sia fabbricato con carcina forte e rena di fiume e Giovanni dello Sbarba si obbliga a pigliare detto lavoro per il prezo di scudi 450; e per la assicurazione delle Signorie Loro sarà mallevadore per cinque anni dal suo mantenimento con la condizione che le travi che sono della comunità facciano finezza di prestarle per puntellare, il detto lavoro; pare che non si possa fare a meno prezzo per essere lavoro laborioso e di fatica; a tutte queste condizioni prendo l’impegno..” (26). La porta infatti aveva avuto uno “sfiancamento … dalla parte interna a sinistra all’uscire di essa e dalla parte della scala, con pericolo di rovina…” (27) come affermava anche il mastro muratore Bartolomeo Cappiati dicendo che il miglior modo per togliere il pericolo sarebbe stato “il demolire e poi resarcire per non incorrere in disgrazia” (28). Dello stesso parere fu anche mastro Luigi Manetti che faceva ascendere la spesa per tale lavoro a scudi 400.
Nella delibera però del 24 gennaio 1786
fu indetto dalle Magistrature “il riattamento della Porta Volterrana con
stabilità, avuto riguardo mantenere le due stanze che sono sopra di essa (29) e
che davano un notevole introito nelle casse del Comune.
Con lo sviluppo dell’industria boracifera del conte Francesco de Larderei, iniziata nel 1818 circa, questa porta così come l’altra detta Orciolina o Massetana, erano frequentemente transitate dai carri che trasportavano sai borace verso Livorno per la distribuzione. Da qui infatti passava ormai da decenni la strada detta Massetana che traversava internamente Pomarance lungo la via di Petriccio e quella di Borgo creando non pochi problemi nel transito dei “Carriaggi” per la propria ristrettezza. Il trasporto di questo materiale prezioso indusse le autorità a ristrutturare alcuni tratti di strada Massetana; ed è attorno al 1826 che troviamo la richiesta di Giuseppe Martellaci di allogare un sito posto sotto la Porta Volterrana (30) che però non venne concesso perchè si pensava già di “allargare la porta Volterrana per comodo dei carriaggi” . Dell’allargamento e quindi della sua demolizione fu discusso anche nel 1833 come rilevasi da una Delibera del 28 marzo 1833 in cui venne proposto l’allargamento della Porta Volterrana:
‘… sentito la proposizione fatta dal Sig. aiuto Ingegnere del Circondario di Campiglia, e contenuta nel suo rapporto del dì 20 marzo cadente; di allargare la Porta Volterrana onde ovviare agli inconvenienti che continuamente accadono per la ristrettezza nel transito dei barrocci specialmente nel tempo di notte. Considerato che questo lavoro si rende indispensabile per contentare la popolazione che da gran tempo la reclama, e richiede incessantamente Veduta la detta relazione, che la spesa occorrente per tale allargamento ammonta alla somma di lire 600 …. venne dato l’inizio delle pratiche di accollo dei lavori da farsi…” . La spesa che in un primo tempo sembrava conveniente, fu ritrattata poco dopo; infatti il 23 luglio 1833 vi fu la sospensione della delibera per i suddetti lavori: “…. fatte le migliori riflessioni ed esami al precedente partito emesso dal Magistrato Loro nella seduta del 28 marzo 1833 … considerato che per fare un lavoro decente come si richiederebbe per allontanare i danni ed il pericolo di rovina delle case limitrofe a detta porta …. La Comunità loro entrerebbe in una spesa non indifferente e molto superiore alle presagite lire 600 …. convennero quindi di sospendere per ora il proposto allargamento …. riservandosi di trattarne allorché la Comunità loro sarà in circostanze di poter supplire senza sconcerto economico alla ulteriore spesa…” (32). La fine della Porta era ormai segnata; infatti il suo definitivo abbattimento avvenne circa 27 anni dopo come risulta da una deliberazione del 12 luglio 1860 in cui si apprende che:
… sentita un’istanza avanzata dal sig. Gardino Gardini, nella quale istanza si propone la demolizione della Porta Volterrana che dà ingresso al nostro paese, nonché delle stanze sovrapposte in modo che restino ai lati alcuni torrini lunghi circa 80 centimetri, chiudendo il vuoto che vi andrebbe a accostare con un muro per l’altezza di tre metri; sentito pur tal proposizione si assumerebbe l’onere della esecuzione del lavoro a proprio carico mediante l’indennità di lire italiane 840 pagabili in due rate, e cioè una nel prossimo anno 1861 e l’altra nel prossimo anno 1862 senza aver diritto a interesse … Considerato che già da molto tempo questa popolazione lamentava l’angustia del passo, ove non si poteva entrare con carichi di fieno ed altro;… Considerato che non solo per la detta ragione ma più particolarmente per essere quel sito mal sicuro di notte ove può facilmente nascondersi qualche male intenzionato, e compromettere l’altrui sicurezza; per tali motivi i Signori adunati convengono pienamente a quanto propone il sig. Gardino Gardini, ed approvano il lavoro da eseguirsi….” (33).
Pomarance (1920 ca.) – Via V. Emanuele
Con la definitiva demolizione della porta e la costruzione del terrazzino che esiste ancora oggi nel Palazzo ex Gardini, anche Vincenzo Biondi, che aveva la propria casa sul lato sinistro della porta entrando, faceva richiesta alle Magistrature di comune di poter costruire un terrazzino simile a quello del Gardini. Nella delibera del 27 settembre 1860, infatti si proponeva che: ”… il suddetto Biondi col lavoro medesimo porta un maggior ornato per quanto possibile in quel posto, mentre sarebbe brutto veder un pilastro isolato senza alcuna simmetria nè destinazione; il Consiglio non ha che osservare in contrario, ed accordare la richiesta del Biondi purché il terrazzino sia perfettamente identico a quello del sig. Gardino Gardini …” (34).
Con l’abbattimento della Porta volterrana, in prossimità dell’imboccatura di Piazza de Larderei, (area monumento del Partigiano di Mino Trafeli) rimasero solamente alcune abitazioni tra cui quella volgarmente detta “dei tre topi” (35) di proprietà nel 1823 di Vadorini Giovan Battista e nel 1925 di Biondi Onorato alla quale era stata addossata l’abitazione (1843) del macellaio Jacopo Funaioli (36). Nucleo abitativo che negli anni trenta risultava di proprietà del sig. Fontanello Fontanelli il quale fu definitivamente demolito nel dopo guerra per rimettere in luce il torrino e parte di mura castellane che erano state occultate. Questo si deve soprattutto all’opera sensibile dei tecnici comunali (E. Mazzinghi) e all’allora Sovrintendente Onorario delle belle Arti N. H. dr. Pietro Biondi che impedirono, data l’eccezionale scoperta, dovuta ai lavori per l’edificazione della nuova Cassa di Risparmio di Firenze, che restasse alle nuove generazioni testimonianza di un passato storico dall’antica Pomarance.
BIBL. “GUARNACCI” di Volterra: Giustificazioni di Volture 1782 – 1811 della Comunità di Pomarance.
Arch. St. Com.le di Pomarance, F. 378
Arch. St. Com.le di Pomarance, F. 127 c. 106 v.
Arch. St. Com.le di Pomarance, F. 378
Arch. St. Com.le di Pomarance, F. 127 c. 191 r.
Arch. St. Com.le di Pomarance, F. 135 c. 204 v.
Arch. St. Com.le di Pomarance, F. 137 c. 125 r.
Arch. St. Com.le di Pomarance, F. 137 c. 125 r.
Arch. St. Com.le di Pomarance, F. 159 c. 39 r.
ed anche Edmondo Mazzinghi “Rievocazioni
Storiche” in La Comunità di Pomarance.
Arch. St. Com.le di Pomarance, F. 159 c. 70 r.
Edmondo Mazzinghi
“Rievocazioni Storiche” in La Comunità di Pomarance Sett. – Ott. 1972.
Arch. St. Com.le di Pomarance, F. 609
Pomarance – Resti della Porta Volterrana (1988) Le foto sono tratte dall’Archivio dellaAss. Turistica “Pro Pomarance”
LA PORTA ORCIOLINA O MASSETANA (I PARTE)
Un’altra porta appartenuta alla cinta muraria esterna del Castello di Ripomarance era la Porta Orciolina o meglio conosciuta come porta Massetana. Disposta a Sud Est di Pomarance, sull’attuale via di Porta Massetana di fianco alla stalla del signor Arturo Fabiani, dava accesso alla contrada di borgo. Da essa si dipartiva, in direzione delle maremme, una delle strade principali del Gran Ducato di Toscana.(1)
La sua
costruzione, databile attorno al XIII – XIV secolo, coincise sicuramente con
l’edificazione della nuova cinta muraria dislocata lungo l’attuale via
Garibaldi (o via dietro le mura) che aveva inurbato una serie di abitazioni,
disposte lungo l’attuale via Roncalli, che dettero origine alla nuova contrada
di borgo.
Esistono varie ipotesi sulla denominazione di questa porta; Orciolina, infatti, è un toponomio originale e curioso che deriverebbe dal fatto che la suddetta porta fosse stata edificata in “.. luogo detto al Orciolina..”(2). Dal latino Orcius – Orca da cui Orcia (acqua – ruscello) Orciolina può significare porta dalla quale è possibile raggiungere una vicina fonte o sorgente di acqua. Un’altra ipotesi può essere che Orciolina derivasse dal diminutivo di Porta: Porticciolina, Porticciuola; è così, infatti, che nel XVIII secolo veniva indicata a testimonianza delle notevoli ristrettezze.(3) Ma l’ipotesi più plausibile sull’attribuzione del nome può risultare dal fatto che nel 1411 nelle vicinanze della porta Orciolina esisteva una fornace (4) specializzata probabilmente nella produzione ceramica di Orci ed Orciolini (utilizzati come recipienti per il vino). La Porta Orciolina non va confusa con la quasi omonoma Porta Orcolina o al Peso ancora oggi esistente tra Piazza S. Carlo e Via Roncalli, infatti, come risulta da documentazione d’archivio, questi sono due accessi ben distinti tra loro.
Veduta prospettica della Porta Orciolina o Massetana elaborata da una piantina catastale del periodo leopoldino (1825 c.a.). in primo piano il baluardo di porta Orciolina; sullo sfondo Torre di Cancelleria.
La conferma di tutto ciò è data dagli “estimi” nei quali risulta che le abitazioni e le botteghe confinanti con la porta Orciolina non erano le stesse con quelle confinanti con la Porta al Peso o Orcolina. Inoltre, nei libri dei “saldi” del comune di Ripomarance, risultavano stanziamenti agli uomini incaricati per le guardie alle porte del castello, periodicamente pagate per la porta Orciolina.
Veduta del Palazzo Larderei eretto nell’area occupata dal Baluardo e dalla Torre di Cancelleria. A destra resti della Porta Orciolina (Foto G. Baroni).
La certezza che la porta Orciolina fosse realmente la porta esterna situata a “mezzogiorno” la possiamo avere consultando l’Archivio Comunale dove un documento del XVIII secolo toglie tutti i possibili dubbi. Questo è tratto da una relazione sulle strade e fabbriche della terra di Pomarance nella cui descrizione dettagliata veniva esposto che la strada Maremmana …“si staccava dalla Porta Orciolina, o sia Maremmana per la parte di mezzogiorno in direzione dei castelli di Serrazzano, e Lustignano fino al confine con la comunità di Monterotondo…”(5). A conferma di quanto detto in un’altra relazione dello stesso periodo concernente la descrizione della strada che conduceva al castello di S. Dalmazio veniva annotato che ”… la detta strada ha il suo principio dalla porta delle Pomarance detta Orciolina, o sia Maremmana per la parte di Mezzogiorno…”. Questa porta a differenza della Volterrana, che per secoli mantenne lo stesso nome, nel corso degli anni venne indicata in più modi: Porta Maremmana, Porta Massetana, Porta Castelnovina a seconda delle località che si dovevano raggiungere. Fin dalla sua costruzione la Porta Orciolina o Massetana era protetta da una torre laterale di forma circolare detta anche “baluardo” sulla sinistra entrando e da un’altra torre cilindrica a circa 70 metri disposta sulle antiche mura di “Borghetto” (lato Misericordia) detta Torre delle Rocche o Torre del Pandolfini, lungo la strada che porta al podere detto della “Concina” (fine di via del Giardino).
Da queste due torri poteva
essere facilmente colpito l’assediante che si avvicinava all’abbattimento
della porta, con tiro radente alle mura tramite le caratteristiche feritoie archibugere
e balestriere ricavate nell’interno delle
stesse.
Il posizionamento esatto però
della porta Orciolina, che fino ad oggi era rimasto sconosciuto, e
dell’andamento delle mura castellane nella zona di “Tribbietto” (tre vie
esterne) che andava dalla torre del Pandolfini fino alla torre di Cancelleria,
è dato da un disegno catastale a china su carta vegetale marrone del secolo XIX
(catasto Leopoldino) conservato nel nostro Archivio Comunale (6) nel quale è
possibile verificare:
il posizionamento all’interno
delle mura castellane dei vari edifici che furono demoliti per la costruzione
del Palazzo de Larderei;
l’andamento angolato
delle mura castellane dalla torre di Cancelleria al baluardo della Porta
Orciolina;
Il percorso della
strada Maremmana che uscendo dal borgo e voltando subito a destra passava sotto
il grosso baluardo in forte discesa.
Le dimensioni dell’
“Orciolina” erano notevolmente ridotte; costruita probabilmente a “sesto
ribassato” aveva una larghezza di “quattro braccia e mezzo” corrispondenti a
metri 2,61 (7) ed era sovrastata dalla caratteristica “piombatoia” dalla
quald’sicuramente veniva azionato il congegno di sollevamento della “Cancellata”
in ferro detta “rastrello”. Questa era anteposta al portale in legno e veniva fatta
scorrere in una intercapedine ricavata nel muro larga circa 15 centimetri.
L’esistenza di questa protezione è confermata dal pagamento fatto nel XVI
secolo dal comune di Ripomarance a Giovanni di Simone: “.. per fare un rastrello alla porta Orciolina e per
eseguire la battitoia nuova di detta porta soldi 14…”(8). Testimonia anche
il pagamento per la messa in opera al mastro muratore Domenico di Martino del
“rastrello alla porta Orciolina”(9).
Le prime notizie sulla suddeta porta risalgono al 1464, anno in cui il comune di Ripomarance stanziò il pagamento a Cristofano di Antonio di Francesco di lire 15 per essere stato di guardia “.. due dì all’Orciolina..”(10). Pagamenti risultano effettuati anche nel 1496 a Tommaso di Marsilio (11) oppure nel 1524 a Menico di Michele e Niccolò Loggia …. “Portinari all’Orciolina. .”(12).
Frequenti furono fin dalla sua costruzione i restauri effettuati durante i secoli per la manutenzione come ad esempio il pagamento a Giovanni di Marsilio per “…sei opere a fare l’angolo dell’Orciolina ..” nel XVI secolo (13) oppure, sempre nello stesso periodo il pagamento a Giovanni di Simone per “tre tavoloni di noce per detta porta”(14). Nel 1501 il castello di Ripomarance subì l’aggressione dei pisani capitanati dal Vitellozzo, al soldo di Cesare Borgia; fu una battaglia estenuante di sette ore che danneggiò mura ed abitazioni, ma l’aggressore fu respinto dai valorosi castellani (15). In questo periodo frequenti sono gli stanziamenti per il risarcimento delle mura, delle torri e delle anteporte, lavori affidati spesso a maestranze non locali come nel 1503 quando fu commissionata la realizzazione di una nuova anteporta all’Orciolina.
Disegno catastale (1824 c.a.) conservato nell’archivio storico comunale di Pomarance (F. 393). La Porta Orciolina si trova tra le particelle catastali n° 284 e n° 285.
In
quell’anno infatti gli uomini deputati alla guerra “locavano” il lavoro di
costruzione di una anteporta all’Orciolina secondo patti e capitoli stabiliti
e sottoscritti dal consiglio di Ripomarance a Mastro Domenico da Colle. Nella
delibera viniva stabilito che “… detti allogatori (Comune di Ripomarance)
abbiano a dare la calcina per detti lavori alla fornace del comune …. et che
il conduttore la dovesse spegnere e condurre a sue spese………………………. che detti allo
gatori
gli abbiano a dare la rena scoperta dove è solito cavarsi e dargli la rena
spedita et il conduttore la à condurre a sue spese item detti allogatori
gli han
no a passare i sassi ai piè
del muro et dargli massi cavati e rotti et le pietre accanto…. et nello
stesso modo gli hanno a dare l’acqua al pozzo di Michele…”.
Era stabilito inoltre che i
priori dovevano concedere una stanza per abitazione “…mentre sta nell’opere
del comune senza costo ..”(16) e che il Mastro Domenico da Colle “..avesse a
fare il suddetto lavoro con diligentia et soffittione… di buon maestro..”.
L’anteporta si staccava dalle
mura castellane seguendo un ripido tratto di strada in discesa lungo dieci
braccia (metri 5,80 circa) come risultava da una relazione tecnica del XIX
secolo quando esisteva ancora (17).
Era nello spazio tra la porta
e l’anteporta che si svolgevano anche gli incanti dei proventi del comune di
Ripomarance come è rilevabile da alcune deliberazioni comunali del XVI secolo
in cui veniva ratificato: “… sedenti gli spettabili priori alla porta
Orciolina (1559) si dà inizio all’incanto dei sopracitati proventi…”(18).
La stessa
cosa avveniva anche nel 1561 e precisamente il 23 novembre in cui veniva
deliberata esplicitamente: “…sedenti gli spettabili priori nella panca fuor
della porta detta volgarmente Orciolina… dove altre volte si sono usate fare
le pubbliche subastazioni et incanti delle gabelle del comune….”(19).
(CONTINUA)
Jader SPINELLI
NOTE BIBLIOGRAFICHE
Nel 1983 durante un lavoro di riparazione di una fognatura in via Porta Massetana proprio di fronte alla stalla del sig. Fabiani Arturo ebbi l’opportunità di vedere, ad una profonditàdi circa m. 1.50, i resti della spalleta dell’antica porta Orciolina in bozze di tufo squadrate ubicata esattamente a 9 m. dall’angolo dell’antrone di Palazzo de Larderei.
Archivio Storico Comunale F. 426 c.218 r. ESTIMO 1532.
Archivio Storico Comunale F.378
STUDIO SULLA PRODUZIONE CERAMICA IN POMARANCE della Dott.ssa Adele Coscarella. 1986; COSCARELLA – M. DE MARCO – G. PASQUINELLI – Testimonianze Archeologiche della Produzione Ceramica a Pomarance – Archeologia Medioevale XIV 1987.
Archivio Storico Comunale F. 378
Archivio Storico Comunale F. 393 Presso l’Ufficio Tecnico Comunale di Pomarance è conservata una piantina di Pomarance (Catasto Leopoldino 1825 circa) con agiornamenti catastali fino al 1860 nella quale si rilevano essere state cancellate le particelle catastali delle abitazioni nei pressi della Porta Orciolina dove in seguito fu edificato il grande Palazzo de Larderei.
Archivio Storico Comunale F. 492
Archivio Storico Comunale F. 74 c. 40 v.
Archivio Storico Comunale F. 74 c. 40 r.
Archivio Storico Comunale F. 105 c. 16 r.
Archivio Storico Comunale F. 632 c. 29 r.
Archivio Storico Comunale F. 627 c. 79 v. c. 81 v.
Archivio Storico Comunale F. 632 c.103 r.
Archivio Storico Comunale F. 632 c. 40 r.
Alessandro Funaioli – MEMORIE STORICHE DELL’ARCHIVIO MUNICIPALE DI POMARANCE – 1886 Firenze Uffizio della Rassegna.
Archivio Storico Comunale F. 108 c.163 r.
Archivio Storico Comunale F. 422
Archivio Storico Comunale F. 113 c. 26 r.
Edmondo Mazzinghi – RIEVOCAZIONI STORICHE – “La Comunità di Pomarance” Maggio – Giugno 1970
LA PORTA ORCIOLINA O MASSETANA (II PARTE)
Consultando una piantina catastale del XIX secolo, conservata presso l’Archivio di Stato di Pisa (19), è possibile verificare lo sviluppo urbanistico nei pressi della Porta Orciolina, nel tratto di strada in salita, che conducendo all’altra porta detta al “Peso” (o Orcolina) veniva denominato sdrucciolo del Marchionneschi (1780 – 1800). (20)
Stando agli estimi del XVI secolo, nei
pressi di questa porta erano ubicate varie abitazioni e botteghe artigiane,
alcune delle quali proprio a ridosso della “Orciolina” ; alcune di queste
svolsero la loro attività fino alla metà del XIX secolo. Troviamo indicata ad
esempio nel 1544 la casa di Gismondo di Michele con bottega posta “.. alla
Porta Orciolina” oppure l’altra di Tome di Gismondo che era posta in Borgo in
“.. luogo detto al Orciolina ..”.(21)
Entrando nella contrada di Borgo, in
prossimità della Porta, a destra e a sinistra, fin dal XVI secolo erano state
costruite due abitazioni che resero ancor più angusto il passaggio lungo la
via interna di Ripomarance.
La casa di sinistra entrando in castello (particella catastale 284) nel 1632 apparteneva a Giulio di Guglielmo Micheli ed era indicata in ”… luogo detto alla porta Orciolina in piazza Padella …”.(22) Piazzetta quella “Padella”, formatasi attorno al XVII secolo e nella quale esisteva anche un pozzo pubblico detto appunto di “.. piazza Padella..” (1700) che era a contatto della casa del sig. Falconcino Falconcini.(23) La piccola casa di destra (particella catastale 285) era di proprietà ai primi del settecento del sig. Giovanni Antonio Pandolfini iscritto all’arte dei Vasai e Cuoiai come il sig. Antonio Maria Sorbi, che svolgendo attività di Calzolaro possedeva nei pressi della porta un “mortaio da concia” posto “.. fuori porta Orciolina..”.(24) All’esterno di questa porta furono costruite alcune abitazioni aventi l’appoggio alle mura castellane di “borghetto”.(25) Attorno al XVIII secolo fu concesso il permesso di costruire una nuova “fabbrica” «.. fuori la porta Orciolina presso il baluardo, ossia la torre del Pandolfini… » al sig. Givon Battista Pandolfini (26) che fu utilizzata al piano terra come frantoio. Ai primi dell’ottocento questo edificio risultava di proprietà degli Inghirami di Volterra. Sempre nel XVIII secolo la porta Orciolina veniva indicata anche come “Porticciola” in una relazione tratta dal campione di Strade e fabbriche della Comunità delle Pomarance del 1778 (27); dai primi dell’ottocento in poi la porta venne indicata prevalentemente come “Porta Maremmana” o “Porta Massetana” (Nei paragrafi successivi utilizzeremo questa nomenclatura riferendoci alla suddetta porta).
Fig. 1 – Catasto Leopoldino (particolare) 1823 Archivio di Stato di Pisa
CAMBIANO I TEMPI
Il primo ventennio del XIX secolo fu per la Comunità delle Pomarance un periodo di notevole sviluppo economico e commerciale che ebbe il suo inizio con lo sfruttamento dei “bulicami” o “fummacchi” di Larderello, per l’estrazione dell’acido borico contenuto nelle acque stesse, ad opera del pespicace ed ingegnoso Larderei del “Delfinato” francese nel 1818. La notevole richiesta del prodotto utilizzato in vari campi artigianali, industriali e farmaceutici, fecero transitare lungo la strada Maremmana o Massetana, che traversava l’intera comunità delle Pomarance, un gran numero di “vetture” o “carriaggi” che portavano il prodotto verso il porto di Livorno.
Ripomarance (sec. XVII) – Veduta del Tribbietto e della cinta muraria.
Furono fatti nuovi tracciati nei punti più ripidi e pericolosi, ed effettuate manutensioni alle strade, che in gran parte allora erano strette e sterrate.
La strada Maremmana, il cui tracciato
traversava l’interno di Pomarance da secoli, venne in alcuni punti
ristrutturata, soprattutto presso la “Porta Maremmana” che era, data la forte
discesa, il punto più pericoloso dei “carriaggi”. Questo indusse le Magistrature
di Comune, di cui faceva parte anche l’interessato Larderei, a modificare in
breve tempo il tracciato della strada che in seguito portò alla demolizione
dell’antica porta medioevale. In previsione dell’abbattimento della porta
Massetana, nel 1817 fu acquistata dal Comune la casa del Sig. Pandolfini (28)
per lire 310, situata sulla destra entrando in “borgo”.(29)
Nello stesso periodo troviamo anche una
relazione dettagliata per la nuova pavimentazione del tratto di strada che portava
dalla Porta Massetana alla Bottega del Sorbi. (30)
Il solito punto di strada assai ripido
fu ristrutturato anche due anni più tardi (1819) ed i lavori furono accollati
al perito selciatore Giuseppe Beliucci “… dal punto detto di Piazza
Padella allo sdrucciolo della Marchionneschi …. e fuori di porta Massetana…”(31)
Lo sviluppo industriale di Larderello
nel 1823 indusse gli uomini di Comune a deviare il percorso stradale che
passava per il podere “Aia” all’attuale strada statale
(cancello di Gallerone) dove esisteva
una piccola cappella detta di San Carlino; ma fu attorno al 1825 che lo stesso
comune commissionava a due ingegneri del Circondario Pisano di Campiglia
alcune relazioni di spesa per ristrutturare il tratto di strada Maremmana che
andava in ripida salita dal fosso dell’ortolano (attuale podere Burraia) fin
dopo la porta Maremmana:
“ Commissionarono al sig. Ingegnere Giuseppe Franchini di compilare sollecitamente una relazione del tratto di strada dalla Porta di Pomarance detta Maremmana …. con precisare dettagliatamente la spesa, qual tratto è indispensabile di nuovamente costruirsi per introdurre la strada così detta Maremmana nella terra di Pomarance pregandolo di farsi premura perchè in detto punto la strada venga del più facile accesso…………………………………… alla vol
tata cosi detta di Luigi Sorbi per
entrare nella buga interna di Pomarance; e che la strada venga pianeggiante
quanto possibile e di più facile accesso per carrozze e carriaggi..”.(32)
Nella relazione dell’ingegnere Franchini era previsto, come poi fu sicuramente attuato, innanzi tutto un piazzale grande di fuori alla Porta Maremmana (di fronte all’attuale caserma dei Carabinieri) di circa 1200 braccia e si potesse “…imbrecciar la nuova strada Massetana, la quale, dopo aver abbandonato il campo dell’ortolano e attraversando la via del fosso, terra dell’antiche carbonaie, e circolando il baluardo, che è unito alle mura castellane, farvi capo nel piazzale suddetto in gran circolazione medesima; la quale si potrà fare con rialzamento alla soglia di detta porta Maremmana di braccia due almeno, e così di seguito si potrà render più unita la forte salita che trovasi nel l’interno del paese alla via della Cancelleria (o di Borgo) la quale è assai pianeggiante…” .(33)
Planimetria catastale 1940 circa – visibile il complesso dei «Casalini» oggi demolito – U.T. Comunale Pomarance.
Con il rialzamento della strada erano
inoltre previsti alcuni risollevamenti delle soglie di botteghe e cantine ed
anche un piccolo sdrucciolo in discesa per andare in Piazza Padella che sarebbe
rimasta circa un metro e venti più bassa del nuovo livello stradale. Nella
relazione era ipotizzata una spesa di lire settecento anche per
l’ingrandimento della “luce della porta Maremmana” …. con il disfacimento
del casamento sulla destra acquistato anni addietro; era previsto inoltre il
rifacimento della suddetta porta con nuovo arco coperto ed il restauro delle
vecchie mura.
Questa la relazione presentata alle Magistrature
di Comune nel 1826 per i lavori da eseguire:
“… fu presentato loro il disegno
stato rimesso a questa Cancelleria dall’illustrissimo sig. Ingegnere Giuseppe
Franchini per la nuova costruzione della porta Maremmana, la quale viene
progettata in due aspetti; cioè ricostruzione dell’intera porta con pietrame
figurato con arco o ricostruzione di detta porta a barriera… con voti
favorevoli quattro uno contrario, convennero che fosse portato ad assetto il
disegno della ricostruzione a Barriera…”
.(34)
L’abbattimento dell’antica porta medioevale
ed il rialzamento del livello stradale provocò nel punto di piazza Padella notevole
pericolo come è testimoniato da una istanza del sig. Falconcini nel 1827 nella
quale si domandava un pronto restauro dello “sdrucciolo di piazza Padella”
resosi pericoloso ed impraticabile per chi doveva andare a prendere l’acqua al
pozzo pubblico.(35)
Attorno al 1843 la porta a “barriera” Massetana veniva indicata anche come porta Castelnovina in una istanza del mastro muratore Giuseppe Orzalesi per l’edificazione di una nuova “fabbrica” sul proprio terreno. Con la suddetta richiesta chiedeva l’appoggio della casa sul parapetto e muro a retta della strada provinciale Massetana ”… posta presso la porta Castelnovina di Pomarance”.(36)
La definitiva demolizione di questa
imboccatura e di una parte delle vecchie mura castellane avvenne attorno alla
metà dell’ottocento con la costruzione del grande palazzo nobiliare dei De
Larderei che ancora oggi troneggia ben restaurato sulla via Garibaldi.
Purtroppo attualmente, dell’antica porta medioevale non rimane che la terminologia data alla via ai primi del novecento: Via di Porta Massetana.
Jader Spinelli
Pomarance – Via Porta Massetana (1988)
NOTE BIBLIOGRAFICHE
Archivio di Stato di Pisa; Comunità di Pomarance – Sezione C delle Macie e Pomarance – N° 27 scala 1 : 1250 Geometra Domenico Pazzi – Terminata il 6 maggio 1823
Il Notaro Giuseppe Marchionneschi, aveva la propria abitazione nei pressi della Porta al Peso (o Orcolina); proveniente da Guardistallo era sposato con Fan- tacci Anna ed abitavano nella casa detta dei Fantacci in Piazzetta di Borghetto (Piazza S. Carlo).
Archivio Storico Comunale F. 426 c. 102 r.
Ibidem, Estimo 1632 F. 430 c. 98 v.
Ibidem, F. 378
Ibidem, F. 243 c. 31 v. (anno 1720 ca.); stando ad un elenco dei Mortai da Concia posseduti dal sig. Antonio Maria Sorbi la porta Orciolina era indicata anche come “Porticciolina”
L’antica contrada di “Borghetto” era quella comprendente l’attuale piazzetta di San Carlo fino oltre la cosiddetta “Casa del Barbarossa” dove esisteva la chiesa di S. Michele con l’ospedale sprofondati nel secolo scorso nelle “Grotte”
Archivio Storico Comunale F. 378 (anno 1747); la torre detta del Pandolfini è quella ancora esistente in via del Giardino (già della Concina) di proprietà del sig. Galletti Arias.
Archivio Storico Comunale F. 378
Figura n° 1; piantina catastale ottocentesca. Questa casa corrispondente alla particella catastale n°285 era di proprietà del sig. Pandolfini Antonio di Giovanbattista.
Archivio Storico Comunale F. 422
La bottega di Luigi Sorbi era situata all’inizio di via del Borgo (attuale via Roncalli) nei pressi della porta al Peso (o Orcolina) a ridosso delle mura castellane dette di “Piano”; questa si trovava a contatto dell’attuale garage del sig. Biondo Bongi.
Archivio Storico Comunale F. 656 c. 28 r. Lo sdrucciolo della Marchionneschi era quel piccolo tratto di via dalla porta Orciolina o Massetana alla bottega del Sorbi.
Archivio Storico Comunale F. 135 c. 124 v.
Archivio Storico Comunale F. 135 c. 124 v. In questo luogo, utilizzato per fare il grande piazzale fuori di Porta Maremmana, denominato il Tribbietto (tre vie esterne) vi era da secoli una importante coltura di “Mori o Gelsi” per la produzione del baco da seta. Di proprietà del Comune questi erano allivellati nel 1826 a certo Francesco Funaioli. In quell’anno parte della proprietà allivellata, fu espropriata per l’allargamento del piazzale dinanzi alla Porta Maremmana come rilevasi dalla richiesta di diminuzione di canone di livello da parte di Francesco Funaioli per il luogo denominato “i Mori di Tribbietto”. In questo luogo esisteva anche una discarica pubblica, i cui detriti, sassi calcinacci ed altro, dovevano essere utilizzati, come stabilito dalle Magistrature, dal Perito selciatore Giuseppe Bellucci per l’ingrandimento del Piazzale. (F. 135 c.203 – 204).
Archivio Storico Comunale F. 136 c. 2 v. ; E. Mazzinghi – Rievocazioni Storiche – La Comunità di Pomarance anno V° Aprile – Agosto 1972
Archivio Storico Comunale F. 135 c.
62 r. Archivio Storico Comunale F. 393
LA PORTA DI PIAZZA O A CASÒLLE
Uno dei
principali accessi al castello di Ripomarance, conservato fino ai nostri
giorni, è la porta di Piazza, meglio conosciuta come porta “a Casèlle”, che
insieme alle altre due porte esterne, Volterrana ed Orciolina, consentivano l’ingresso
in Ripomarance.
Databile attorno all’ XI secolo, è certamente una delle più remote porte che si possono vedere nella parte più antica del centro storico di Pomarance (Piazza Cavour). Da questa si dipartiva un tempo una delle strade medioevali in direzione di levante verso Berignone.(l) La sua costruzione risale all’edificazione della prima cerchia muraria del castello medioevale nell’XI secolo, che aveva racchiuso l’antico Cassero (area ocupata dal Palazzo ex Pretura).
Ricostruzione Ipotetica dell’Anteporla di Piazza.
La Porta di Piazza fu concepita architettonicamente in dimensioni notevolmente ristrette, infatti risulta avere un’altezza di circa m. 2,76 ed una larghezza di m. 1,77. Costruita con un arco a “sesto ribassato” presenta ancora ben conservate nella parte interna dell’archivolto due “bandelle” scolpite in tufo nelle quali ruotavano gli arpioni del portale in legno.(2) Da questo ingresso, in ripida discesa, si staccava l’antica strada in direzione di Casole (derivante la nomenclatura di Porta a Casolle), di cui rimangono alcune tracce nella zona di Catarello, che conduceva anche all’antica fonte di “Cannerj”.
All’esterno della porta, racchiuso da
una cerchia muraria vi era un antico borgo, di cui oggi non rimane alcuna
traccia ma che nel XV secolo doveva ancora esistere; infatti nell’estimo del
comune di Ripomarance (1464) risultava che certo Andrea di Nanni Sottile
possedeva un orto confinante con …il muro castellano di Cannerj
….(3)
La Porta di Piazza fin dalla sua costruzione era munita della caratteristica “piombatoia” e protetta lateralmente da un grosso torrione quadrangolare di cui ancora oggi è possibile vederne alcune tracce. Questa era protetta inoltre da un’“anteporta” che risulta essere ristrutturata attorno al 1496 quando furono stanziati dal Comune di Ripomarance pagamenti ad alcuni mastri muratori per …il muro dell’antiporta di Piazza o a Casolle …:
…a mastro Antonio Fornaciaio per
uno stanziamento per l’antiporta lire 1 soldi 10…
…a mastro Martino Lambardo per
parte di due opere a murare la porta lire 7 e soldi 10..
…a se Camarlengo per due pezzi di
tavola per fare acconcimi alla porta .. soldi 6..
…a Giacomino da Montecerboli per 30
staia di calcina per decta porta lire 5…
.(4) All’interno dell’anteporta era edificato anche un ambiente nel quale
potevano ripararsi le guardie che sorvegliavano la Porta di Piazza. Infatti
attorno al 1499 venivano pagati dal comune alcuni lavori a certo Francesco di
Leonardo… per un’opera di asino a portare mattoni per l’arco tondo et
pannelloni per la copertura della casotta dell’anteporta di Piazza… .(5)
I primi anni del secolo XVI furono turbati dall’assalto al castello di
Ripomarance da parte delle soldataglie del Duca Valentino capeggiate dal
Vitellozzo, le quali arrecarono con cannoneggiamenti danni alle mura
castellane ed alle abitazioni pur non riuscendo a saccheggiare Ripomarance.
Dei danni arrecati alle muraglie abbiamo notizia da una provvisione del 26
aprile 1501 con la quale venivano decretate riparazioni alle mura castellane
diroccate o minaccianti rovina; vi erano addirittura imposizioni di prestiti
per sopperire alle spese.
A pochi anni di distanza da questa provvisione,
nel 1503, gli uomini di comune allogavano anche la costruzione di un “rivellino”
all’esterno delle mura castellane nei pressi della porta di Piazza.
Le impellenti necessità di quei
turbolenti periodi decretarono l’assegnazione dei lavori all’esperto mastro
Domenico da Colle con l’impegno del comune di portargli, durante la
costruzione, le pietre ed i sassi ed il permesso di prendere l’acqua alla
cisterna di Piazza e che questi avesse ….a fare le mura del rivellino
grosse secondo il bisogno et fare una porta con le dovute misure … .(6)
La costruzione del rivellino, che doveva
avere una certa importanza strategica dal punto di vista bellico, veniva anche
confermata da un pagamento allo stesso mastro muratore Domenico di Colle per
una … manifattura di canne 60 di muro al rivellino di Piazza … .(7)
Lo stesso
baluardo esisteva ancora nel 1586 quando venne stanziato dal comune il
pagamento a Bernardino di Giovanni di Maffìo per essere stato due giorni a sgombrare
il rivellino di Piazza .(8) Nei pressi della porta vi era posta anche la
sede del comune di Ripomarance come risulta da un estimo del 1538 in cui
questa era indicata… posta in piazza ad presso alle mura castellane sopra
la porta (9)
Attorno al 1549 la porta di Piazza o a
Casèlle veniva anche denominata come Porta ad Selice in una deliberazione
comunale , forse a testimoniare l’antico selciato che era collocato sulla
stradaci 0) Infatti nel XVI secolo venivano pagate al mastro muratore Giovanni
di Bastiano Sorbi …due opere a fare la selice alla porta di Piazza
.(11)
Durante i secoli furono costanti le manutenzioni
effettuate alla porta come ad esempio gli stanziamenti a Giuliano Magnano per
… il restauro della porta di Piazza .. nel 1550 (12) oppure a Benedetto
Fantacci per.. aver acconciato la porta di Piazza che non si poteva ferrare
.. ■(13)
Secondo l’estimo del 1580 nei pressi di questa porta vi erano alcuni appezzamenti di terreni adibiti ad orti come quello di Giovanni Antonio Roncalli (padre di Cristofano Roncalli pittore detto Pomarancio il giovane) posto… fuori del castello et antemuro di Ripomaranci in luogo detto alla porta di Piazza .. .(14)
Veduta Esterna Porta di Piazza
Da questa porta era possibile
raggiungere facilmente l’antica “fonte di Cannerj”; fu questo forse il motivo
che dal XVIII al XIX secolo la Porta di Piazza o a Casèlle venne deniminata
“Porta alla fonte” come testimoniano alcune deliberazioni del Comune delle
Pomarance. Nel 1720 circa infatti, troviamo alcune allegagioni di appezzamenti
di gelsi o mori dislocati lungo via “dietro i fossi”:
.. dalla porta alla fonte fino alla
porta Volterrana …(15)
La stessa denominazione era data anche nella prima metà dell’800 come risulta da un rapporto comunale del 1844 per l’ampliamento del luogo destinato a pubblico mercato. Nella relazione era deciso infatti la costruzione di un muro “a selice” lungo braccia 18 il quale .. si dipartiva dalla soglia destra della Porta alla Fonte e terminasse fino ad annullare al piano della piazza del Vicariato presso la cisterna … •(16) A ridosso della porta alla fonte, nella parte interna, era stato costruito fin dalla seconda metà del 700 un archivolto in mattoni che ebbe il suo appoggio nelle mura della casa di Vettore Funaioli (attuale casa Valentini giuseppe) che sosteneva alcune stanze comunitative di proprietà dell’Accademia dei Terrazani di Pomarance. Successivamente queste furono ristrutturate come sede per Carabinieri. La stessa denominazione si aveva anche attorno al 1845 quando venne eseguito un muro a sostegno sotto la porta alla Fonte dal mastro muratore Giuseppe Magistri servendosi di vecchi materiali di disfacimento provenienti.. dalla volta del terrazzo di Vettore Funaioli che cedette gratuitamente alla comunità …(17)
Porta di Piazza Restaurata nel 1980.
Oggi
recandosi in Piazza Cavour (già del Vicariato) possiamo vedere la porta a Casóne
nel suo stato originario dopo l’intervento di restauro, avvenuto attorno al
1980, da parte del Comune di Pomarance. Il restauro non solo ha permesso di
valorizzare la suddetta piazza, ma anche una delle poche testimonianze storiche
ancora esistenti nel nostro paese.
Jader Spinelli
Epigrafe e Stemma Fonte di Cannerj
NOTE BIBLIOGRAFICHE
Tracce di questa strada medioevale esistono ancora presso il podere La Concia proseguendo via dei Fossi.
Notizia fornitami gentilmente dallo storico Mons. Don Mario Bocci.
ARCHIVIO STORICO COMUNALE – Estimo 1464 F. 426 c. 35 r.
ARCHIVIO STORICO COMUNALE – F. 632 c. 62 r.
Ibidem.
ARCHIVIO STORICO COMUNALE – F. 108 c. 163 r.
ARCHIVIO STORICO COMUNALE – F. 632 c. 117 v.
ARCHIVIO STORICO COMUNALE – F. 41 c. 213 r.
ARCHIVIO STORICO COMUNALE – F. 426 c. 12 r.
ARCHIVIO STORICO COMUNALE – F. 112 c. 422
Via della Fonte
L’antica fonte di Cannerj è ubicata al
di sotto del campo sportivo II Piazzone ed è ancora oggi utilizzata come
lavatoio pubblico. Dell’antico edificio rimane ancora la parte inferiore
costituita da due grandi archi in tufo. Nella parete centrale sono ancora
conservati: uno stamme raffigurante il capo d’Angiò o rastrello, una piccola
croce ed una pietra arenaria consunta dal tempo nella quale si possono leggere
solo alcune lettere in caratteri gotici. L’epigrafe è datata 1333 come risulta
da cartolina postale edita da Araldo Pineschi Pomarance (1940 ca.). La parte
superiore ristrutturata fu utilizzata come cappella e presenta sopra la porta
d’ingresso una pietra calcarea con la data 1615. Questa la descrizione della
fonte di Cannerj in una relazione del XVIII secolo: La fonte pubblica
trovasi: fuori della terra di Pomarance per distanza di circa un quinto di
miglio, alla quale si perviene dalla Porta detta alla Fonte con strada china,
in alcuni pezzi piana che passa da sinistra dalle vigne del sig. Giuseppe
Biondi e del sig. Domenico Bartolini et a destra dai terreni o luogo detto alla
Concia di proprietà della Cappella di S.
Andrea, e proseguendo passa dal bivio che porta ai Giardinelli e scendendo a detta fonte questa è composta di tre vasche; la prima ove vi è la sorgente, la seconda ad uso di abbeveratoio di bestie la terza ad uso di lavatoio; per di sopra alla sorgente vi esiste una chiesa detta di Sant’Antonio di pertinenza della cappella del Patibolo e per ogni sua parte è confinata dai beni del sig. Giuseppe Biondi nel podere detto della Fonte ….
Fonte di Cannerj (1333)
ARCHIVIO STORICO COMUNALE – F. 395
Probabilmente attorno alla metà del XIX
secolo era stato rialzato il muro fino all’altezza della volta a botte per
crearvi un ambiente con una apertura nel muro castellano a fianco della porta
a Casòlle e che è possibile vedere dopo l’intervento di restauro eseguito nel
1980 dal comune di Pomarance.
ARCHIVIO STORICO
COMUNALE – F. 395
Un ringraziamento riconoscente per la collaborazione fornitami in questo mio lavoro di ricerche storiche vada allo storico Don Mario Bocci, all’Amministrazione Comunale di Pomarance, al Sindaco Renato Frosali, all’Architetto Floretsano Bargelli, al dott. Angelo Marrucci ed ai suoi collaboratori della Biblioteca Guarnacci di Volterra, all’Archivio di Stato di Pisa, al Presidente della Ass. Turistica “Pro Pomarance’’ Giorgio Fanfani ed a Claudia Manghetti.
Per fornire le migliori esperienze, utilizziamo tecnologie come i cookie per memorizzare e/o accedere alle informazioni del dispositivo. Il consenso a queste tecnologie ci permetterà di elaborare dati come il comportamento di navigazione o ID unici su questo sito. Non acconsentire o ritirare il consenso può influire negativamente su alcune caratteristiche e funzioni.
Funzionale
Sempre attivo
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono strettamente necessari al fine legittimo di consentire l'uso di un servizio specifico esplicitamente richiesto dall'abbonato o dall'utente, o al solo scopo di effettuare la trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica.
Preferenze
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per lo scopo legittimo di memorizzare le preferenze che non sono richieste dall'abbonato o dall'utente.
Statistiche
L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici.L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici anonimi. Senza un mandato di comparizione, una conformità volontaria da parte del vostro Fornitore di Servizi Internet, o ulteriori registrazioni da parte di terzi, le informazioni memorizzate o recuperate per questo scopo da sole non possono di solito essere utilizzate per l'identificazione.
Marketing
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per creare profili di utenti per inviare pubblicità, o per tracciare l'utente su un sito web o su diversi siti web per scopi di marketing simili.