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LA PIEVE DI S. GIOVANNI BATTISTA A POMARANCE

Lavoro che qui presentiamo è stato svolto per sostenere l’esame di Restau­ro Architettonico presso la Facoltà di Ar­chitettura dell’università degli Studi di Fi­renze dalle signorine Roberta Costagli e Maria Patrizia Tamburi. Il lavoro è stato seguito dal Prof. Arch. Giuseppe Crucia­ci Fabozzi, docente alla facoltà.

L’assistenza religiosa che oggi viene chiamata “parrocchia”, corrispondeva anticamente al termine “pieve”, anche se, durante il Medioevo, ben altre e più importanti valenze territoriali e potestali ebbe questo termine, valenze che non so­no più attinenti il nostro termine moderno. L’edificio della pieve sorgeva, per lo più, isolato, agli incroci di strade importanti, per fornire assistenza e rifugio alla gente di passaggio, e per permettere il control­lo da parte della chiesa sulle vie di comu­nicazione più importanti.

Tale edificio conteneva la chiesa, il batti­stero e l’ospizio, ed era dedicato general­mente al Salvatore o alla Madonna, o ai Santi Apostoli, ma più spesso a S. Gio­vanni Battista, come il caso della Pieve di Pomarance. Altre due sono le pievi pre­millenarie che si incontrano venendo dal San Giovanni di Volterra (pieve cittadina), verso la media Valdicecina, aventi in co­mune la dedica a San Giovanni: quella di Silano e quella di Querceto, anch’esse in posizione privilegiata, su strade di comu­nicazione ugualmente importanti. Prose­guendo poi da Pomarance si trova Morba, anch’essa dedicata a San Giovanni. La più antica pieve di Pomarance, quella premillenaria, protoromanica, si trovava in una posizione diversa rispetto a quel­la attuale (che, tra l’altro, aveva il nome di “Ripa Marrancia”). Infatti era situata più a sud rispetto al paese, e si chiama­va “Publico”, a ricordo del territorio, espropriato dai Romani del dittatore Sii­la, e appoderato per i suoi legionari In quei luoghi, oggi detti le “Ripaie”, si tro­vano ancora i nomi di Pieve Vecchia e Piuvico; e lungo quelle strade, che si in­crociano sull’altopiano, chiesette come S. Piero, S. Anna, S. Martino, S. Andrea a Mona e S. Margherita a Lucoli, che for­mavano il primo spazio di pertinenza della pieve.

L’attuale pieve risale alla fine del XII secolo, anche se dell’impianto originario è rimasto ben poco, essendo stata, la chie­sa, completamente ricostruita durante il XIX secolo, dopo aver subito già in pre­cedenza rimaneggiamenti e restauri. Sorge lungo l’asse principale di crinale. Concepita per avere vita autonoma rispet­to agli altri edifici circostanti, con il con­solidarsi dell’edilizia urbana ha perso ta­le autonomia, infatti durante il corso dei secoli le sono state addossate abitazioni. C’è chi ipotizza l’esistenza di una chiesa più piccola entro il perimetro dell’attuale chiesa, che sarebbe stata dedicata a San Cristoforo, e proprietà dei monaci di Ba­dia a Isola. Comunque, il prospetto dell’attuale co­struzione si rivela l’unico resto della pie­ve romanica: probabilmente in esso furo­no riutilizzati elementi della parte inferio­re della facciata dell’edificio del XII seco­lo. Questo presentava caratteri stilistici e impianto di chiara derivazione pisana: le cinque arcate cieche che scandiscono tutta la facciata rimasta intatta nella par­te inferiore; le basi classiche delle semi­colonne con due tori e due scozie e lo schema generale dei rapporti altimetrici delle navate.

Sezione trasversale sull’ingresso della Pieve.

La facciata è in arenaria e nella parte su­periore è stata rifatta nel sec. XVIII. Le cinque snelle archeggiature su semico­lonne assai rilevate e poggianti su un al­to basamento denotano che siamo in pre­senza di una originale pianta basilicale, una dei pochi esempi tra le chiese della Valdicecina.

Gli archi più distanti dal centro della fac­ciata s’impostano su sodi angolari che in­vece dei capitelli hanno semplici scorni­ciature. Nell’arcata centrale si apre il por­tale, semplicissimo, con l’architrave sor­montata da una lunetta. L’archivolto è de­limitato da una ghiera composta di un cor­done a sezione semicircolare. Alcuni elementi decorativi risentono l’in­fluenza della cultura senese, per esempio i capitelli (a più ordini di fogliette o con figurazioni zoomorfiche). Particolare no­tevole ed inconsueto, per una architettu­ra di derivazione pisano-lucchese, è il fatto che i cunei delle archeggiature la­terali non presentano alcuna incornicia­tura. Alle primitive tre navate, furono ag­giunte nei secoli scorsi ed in diverse fa­si, ulteriori costruzioni, come le cappelle laterali terminali che formano un transet­to, e proprio all’inizio del 1500 il Battiste­ro, con la facciata adiacente a quella della chiesa. L’artefice di questa modifica fu il pieva­no economo don Francesco d’Antonio dei Ghezzi di Pomarance, al quale si devo­no anche la piccola vetrata dell’Annunciazione ed il miglioramento del Presepe. Le mensole che sorreggono il tetto del Bat­tistero furono tolte, molto probabilmente, dall’originale abside e con i loro motivi geometrizzanti e zoomorfici dimostrano ancora una volta la derivazione dalla cul­tura pisana di quest’edificio.

Capitello con figura zoomorfa.

Già anteriormente a questa data erano state apportate modifiche all’interno; tra il 1441 ed il 1453 il pievano Ludovico Baldinotti fece costruire l’altare maggiore e ribenedire la chiesa, dopo le scorrerie di re Alfonso di Aragona.

Poi non ci furono notevoli modifiche, fino agli anni tra il 1826 ed il 1843, quando il pievano Anton Nicola Tabarrini pensò di dare alla chiesa un aspetto in linea con i canoni estetici del tempo. I lavori furo­no fatti sotto la guida dell ’arch itetto Fran­cesco Cinci che dotò la chiesa di volte, eresse la cupola all’incrocio del transet­to con la navata centrale e stuccò tutte le colonne di cui fece smussare i capitel­li. Furono eretti, in questa occasione, an­che tutti gli altari barocchi laterali; la de­corazione della chiesa fu affidata al pit­tore Luigi Ademollo ed al figlio Giovanni.

L’ultimo lavoro di edificazione (o meglio, in questo caso, di riedificazione) del quale si ha notizia è il rifacimento del campani­le, avvenuto nel 1898, ad opera dell’ar­chitetto Luigi Bellincioni, di Pontedera. In­fatti il vecchio campanile era stato butta­to giù, a causa delle gravi lesioni riporta­te il 19 novembre 1893, in seguito alla ca­duta di un fulmine.

Come già accennato, una gran parte del ripristino ottocentesco toccò al pittore Lui­gi Ademollo.

Fu sotto l’arcipretura di Anton Nicola Tabarini (durata dal 1826 al 1843) che eb­be luogo il restauro totale della Parroc­chia, ampliata con le cappelle della Ma­donna e di S. Vittore, e completamente affrescata.

Effettuò quelle pitture l’impresa di Luigi Ademollo (1764 -1839) milanese, autore di affreschi in chiese e palazzi, e di ac­quafòrti di soggetto storico.

L’archivio parrocchiale conserva sette let­tere autografe, inviate da lui, (che si tro­vava a Firenze), all’arciprete, tra il 27 apri­le 1832 ed il 5 gennaio 1837.

Esse riferiscono che il Cavalier Giusep­pe del Rosso fu il tramite della proposta di affrescare la chiesa di Pomarance. In un secondo tempo l’Ademollo eseguì ad olio le stazioni della Via Crucis.

Le opere da lui eseguite si possono am­mirare tuttora all’interno della pieve.

Esse sono, cominciando da sopra il por­tone principale e girando in senso orario, le seguenti: Presentazione di Gesù al Tempio, Fuga in Egitto, Strage degli Innocenti, Tenta­zioni di Gesù nel deserto. Poi nella cap­pella della Madonna, Adorazione dei Ma­gi, Gesù tra i dottori e nella volta L’Assun­zione. Quindi abbiamo: Resurrezione di Lazzaro, Angeli portanti dei segni della passione, alle vele ed ai pennacchi, sotto e presso la cupola. Nel Coro: Entrata di Gesù a Gerusalemme, Cena, Agonia nel­l’orto, EcceHomo, Salita al Calvario, Re­surrezione.

Nella navata sinistra: Visita ad Elisabet­ta, Gesù ed il centurione; nella cappella di S. Vittore (nella volta) c’è la Trasfigu­razione. Quindi Gesù che predica dalla barca di San Pietro, la Samaritana, le Nozze di Cana.

In fondo, San Giuseppe col bambino Gesù.

Nella volta a botte della navata di centro, apparizione di Gesù a Tommaso, Ascen­sione e discesa dello Spirito Santo.

Non tutte le opere sono policrome, ma molte sono monocrome, anche se pur sempre molto belle.

Pianta della Pieve con indicazione della pavimentazione

Morto il Tabarrini, ‘‘nel 1853 furono a spe­se del popolo fatte porre a scagliola le co­lonne del Tempio per Carlo Martinetti svizzero, ed il pavimento fu costruito di smalto alla veneziana” come ci informa il visitatore Vescovo Targioni.

Cento anni dopo la ristrutturazione del Tabarrini, il degrado dell’edificio e la sorte delle pitture erano precari. Il restauro, la ripulitura ed il ripristino spettarono al pro­posto successore, al popolo e ad un pit­tore senese non ancora provetto.

Carlo Balsini di Stefano fu eletto propo­sto a Pomarance il 15 marzo 1907. Fu sot­to la sua guida che ebbero luogo ulterio­ri restauri, che si conclusero nel 1933 (il certificato dei lavori eseguiti a regola d’ar­te dall’agosto 1928 al 25 ottobre 1933 por­ta la firma dell’lng. Gino Stefanon). Era­no stati iniziati nel 1928.

Particolare Mosaico Centrale.

I lavori furono eseguiti dalla ditta Zampi­ni di Siena, con a capo il pittore Gualtie­ro Anichini coadiuvato dai decoratori Vannucchi, Franci, Biancirdi, Montigiani e Mori.

Oltre alla ripulitura degli affreschi dell’Ademollo, furono fatte integrazioni nella cappella della Madonna, nel Coro, dipin­ti medaglioni in San Giovanni, i 4 Evan­gelisti nella cupola e due figurazioni in San Vittore: Gesù tra i fanciulli e la Molti­plicazione dei pani.

Fu costruita la cappella dei caduti, furo­no eseguite vetrate policrome a tutte le finestre e furono costruiti sedili a spaglierà il noce lungo tutto il perimetro della chiesa.

Furono aggiunte lumiere grandi e picco­le, in fastoso addobbo, per l’illuminazio­ne elettrica.

Sulla base di quanto rilevato attraverso un’accurata analisi dell’edificiodella chie­sa di San Giovanni Battista, possiamo di­re che attualmente lo stato di conserva­zione della chiesa è buono, sia per quanto riguarda gli elementi strutturali che gli ele­menti decorativi. Sarebbe comunque au­spicabile una ripulitura degli affreschi e della facciata.

Particolare della monofora.

Contemporaneamente alla pubblicazione di tale lavoro, si stanno ultimando i lavori di restauro del campanile, e proprio in questi ultimi giorni, durante la ripulitura della facciata del retro della chiesa, è ve­nuta alla luce, su di essa, una monofora. Finestre simili a quella scoperta le pos­siamo trovare nelle pareti sopra gli archi delle navate laterali, purtroppo non visi­bili al visitatore perché con il restauro del 1800 sono state inglobate nello spazio tra la volta centrale a botte ed il tetto.

Tale rivelazione ha ridestato curiosità e nuovi interrogativi sull’originaria posizio­ne e struttura dell’antica chiesa.

Roberta e Maria Patrizia

BIBLIOGRAFIA

Archivio Storico del Comune di Pomaran­ce, Opera di S. Giovanni Battista, Filze 746 e 749.

Archivio Parrocchiale di Pomarance, Cor­rispondenza fra Luigi Ademollo Pictor ed il preposto Antoniccola Tabarrini, dal 1833 al 1837.

Giovanni Targioni Tozzetti, Relazione d’alcuni viaggi fatti in diverse parti della Toscana, Forni editore, Bologna.

L. Moretti, R. Stoppani, Chiese romani­che della Val di Cecina, Firenze 1970.

Don Mario Bocci, L’Araldo di Volterra, set­timanale della diocesi di Volterra, nume­ro del 7/2/1971.

Don Mario Bocci, Storia religiosa di Po­marance, Notiziario Parrocchiale.

Archivio di Stato di Firenze, Commissio­ne per il restauro delle Chiese parrocchiali, Filza 104/8.

Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.

ECCEZIONALI FESTE

PER IL 90° ANNIVERSARIO DEL CAMPANILE

23 – 24 – 25 GIUGNO 1989: tre giorni che Pomarance ricorderà per molto tem­po. Infatti tutto il paese si è mobilitato per festeggiare il Patrono San Giovanni Bat­tista in occasione del 90° Anniversario della costruzione del Campanile e che è coinciso con la conclusione dei restauri resisi urgenti e necessari. Una festa che ha visto il paese intero stringersi attorno a questo “SEGNO” che, se principalmen­te di carattere religioso perché richiama con il suono armonioso delle campane i fedeli alla preghiera, è pure il segno ed il simbolo di ogni paese. Il nostro campanile, opera dell’Architetto Luigi Bellincioni di Pontedera, si fa subi­to notare a tutti per la sua bellezza (stile Rococò apparso in Francia alla fine del XVIII secolo, come evoluzione comples­sa e raffinata del barocco), e per la sua altezza (42 metri).

La sera del 23 giugno questo simbolo era ben visibile da ogni parte; una totale illu­minazione con fari lo faceva risaltare, mentre il suono gioioso delle campane si diffondeva ovunque, arrivando fino alle più lontane famiglie della campagna che nel frattempo avevano acceso i cosiddetti “Fuochi di San Giovanni”. A far corona al Campanile, oltre ai fuochi della cam­pagna, vi erano anche quelli accesi dalle Contrade a Docciarello, a San Sebastia­no, all’Aia, ai Collazzi, e la fiaccolata che ha avuto il suo culmine con l’accensione del tripode sul sagrato della Chiesa.

1898: Lavori per la costruzione del Campanile

Una folla enorme ha fatto ala al passag­gio dei tedofori rivestiti dei colori delle Contrade, arrivati contemporaneamente con le loro fiaccole accese davanti alla Chiesa.

Le Contrade quella sera si erano date ve­ramente da fare per una illuminazione fol­cloristica delle strade ove sarebbero pas­sati i tedofori con le fiaccole. Uno spetta­colo meraviglioso che hanno potuto go­dere in modo particolare coloro che quella sera erano saliti sul Campanile.

Una bella serata culminata poi, con un applaudito Concerto d’Organo del Mae­stro Attilio Baronti.

Attorno al Campanile ed in unione a San Giovanni le feste sono continuate. Il gior­no 24 giugno, è venuto fra noi il Vescovo Mons. Bertelli, i Sacerdoti, sono interve­nute le Autorità Civili e Militari e si è ripe­tuta la Solenne Processione in onore di San Giovanni Battista.

Un grande concorso di fedeli ed una par­tecipazione straordinaria della gente nell’ornare il tragitto della Processione con drappi alle finestre e soprattutto con or­namenti floreali veramente belli da sem­brare tutto un tappeto grande, ove il pro­fumo delle ginestre ed il colore dorato si evidenziavano in modo eccezionale. Una festa religiosa arricchita, nel pomeriggio, dallo spettacolo del Gruppo Musici e Sbandieratori di Pomarance e, dopo ce­na, dal Concerto del Corpo Filarmonico “G. Puccini”.

Ma ogni festa è sempre un ricordo del passato e del presente. Per questo moti­vo, la domenica 25 giugno, giornata con­clusiva delle feste, dopo la Santa Messa celebrata dal Vicario e cantata dalla Co­rale Pomarancina, si è svolta, nel pome­riggio, nel vecchio Campo Sportivo del Piazzone, una partita diralcio tra le Vec­chie Glorie e l’attuale squadra della U.S. Pomarance. Una occasione che ha fatto ritrovare e giocare insieme gli atleti che avevano militato diversi anni fa nella squadra del Pomarance ed i nostri giovani giocatori; una partita che ha divertito tut­ti i presenti.

Tre giorni di festa, quindi, tre giorni di gioia e soprattutto una occasione per sta­re serenamente insieme attorno al sim­bolo del paese, al nostro “BEL CAMPA­NILE”.

Mi è capitato di definire questa festa “UNA BELLA SINFONIA” dove tutti ave­te collaborato insieme alla Parrocchia. Ebbene: al termine delle feste, ringrazian­do l’Associazione Turistica Pro Pomarance, il suo Presidente per la generosa col­laborazione e per l’opportunità concessa­mi di scrivere questo articolo sulla loro Ri­vista, esprimo viva riconoscenza a tutto il paese ed in modo particolare alle Con­trade che veramente hanno collaborato in modo encomiabile; al Comune per l’il­luminazione; alla Banda per il Concerto; alla Corale Pomarancina per i canti ese­guiti durante le Sante Messe Solenni; al Gruppo Musici e Sbandieratori per lo spettacolo; alle Vecchie Glorie ed all’ll.S. Pomarance per la partita di calcio; al Co­mando della Forestale per la realizzazio­ne dei fuochi; al Comando dei Carabinieri e dei Vigili Urbani per il servizio d’ordine; a tutte le Autorità Civili e Militari; ai bam­bini delle Terze e Quarte con i loro Inse­gnanti ed all’artigiano Rossi Armando che hanno collaborato alla mostra allestita nel Battistero e, naturalmente, ai Membri dei Consigli Pastorale e degli Affari Econo­mici Parrocchiali che mi sono stati vicini e a tutti coloro che, in modo anonimo, ma non meno evidente, mi hanno aiutato al buon svolgimento di tutte le feste.

Il Campanile che ci ha riunito, sia sem­pre un forte e dolce richiamo ad operare uniti per il bene del nostro paese e della nostra Comunità.

Don Piero Burlacchini

Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.

IL CAMPANILE

ULTIMI CENTO ANNI DI STORIA E TRASFORMAZIONI APPORTATE ALLA NOSTRA TORRE CAMPANARIA

Agli ultimi giorni del 1888 (cento anni fa), a seguito di insistenti voci sparse nel paese sulla precarietà del campanile della Chiesa di S. Giovanni Battista, il sindaco Biondi Bartolini Bartolino decide, insieme alla Giunta, di chiedere l’intervento di un ingegnere per scagionare le eventuali conseguenze.

Dall’Archivio Parrocchiale possiamo es­sere informati sul sopraluogo effettuato dallìng. G. Guerrieri di Volterra nel qua­le si riporta la perizia in cifre elencando dettagliatamente i lavori occorrenti al ri­sanamento di detta torre. L’ammontare della cifra preventivata è di L. 395 e 58 centesimi all’epoca del dì 30 novembre 1888. Ripristinati i danni riscontrati, il campanile ritorna a richiamare con i rin­tocchi delle sue campane i fedeli presso la Chiesa.

Ma non per molto tempo; cinque anni do­po, il 19 novembre 1893 alle ore 13:20, durante l’imperversare di un temporale, un fulmine colpisce la sede campanaria rovinando gravemente tutta la struttura. Oltre all’abbattimento di due delle quat­tro campane, uno squarcio di rilevante mi­sura pone il campanile in precaria stabi­lità.

Onde evitare supplementari disastri vie­ne deciso l’abbattimento delle parti peri­colanti ed il restauro dei tetti adiacenti, danneggiati dai detriti e dalle pietre fra­nate dalla parte disastrata. Il provvedimento preso dal Comune met­te subito in moto un gruppo di pomarancini che nel giro di pochi giorni, ad inizia­re dal 24 novembre, rende accessibile an­che la sacrestia.

IL CAMPANILE disastrato dal Fulmine nel 1893 (Foto DEL FRATE – Coll. Privata GHERARDINI P. Palaia

Il provvedimento preso dal Comune met­te subito in moto un gruppo di pomarancini che nel giro di pochi giorni, ad inizia­re dal 24 novembre, rende accessibile an­che la sacrestia.

Sotto la guida del muratore capo mastro Calderani Tobia e dei muratori Mori Mi­chele e Tani Roberto, coadiuvati dai ma­novali Guiducci Alessandro, Maggi Giu­sto, Travaglini Emilio, Gamberucci Euge­nio, Pineschi Abramo, Bargelli Roberto e Mori Gino, nel giro di una settimana di in­tenso lavoro anche i tetti sono sistemati. Contemporaneamente viene costruita una tralicciatura in ferro dal manescalco Pineschi Angelo dove porre le campane e poterle così suonare alla meno peggio. Il lavoro non mancò nemmeno ai legnaioli e per questo è Cesare Falcini che si ac­colla i lavori di restauro delle finestre e ri­mettere i vetri sbriciolati dalla folgore. Per tutto ciò abbiamo l’importo esatto in det­taglio dei lavori:

  • per mano d’opera pagata al capo ma­stro Calderani Tobia lire 290 e 80 cente­simi.
  • per l’impalcatura metallica delle campa­ne ed alcune catane di sostegno, ad An­gelo Pineschi (fabbro) lire 478.
  • a Cesare Falcini per restauri alle fine­stre lire 38.
  • per tegole, embrici, pianelle, gronde, mattoni e calce forniti dalle fornaci del Biondi Bartolini e dal Baldi Giuseppe lire 322 e 65 centesimi.
  • per travi e travicelli forniti da Mario Cercignani lire 160 e 98 centesimi.

Tutto viene saldato tramite l’Esattoria Co­munale con firma dell’Esattore Fontanelli Augusto.

Eliminato il pericolo, pagati i debiti, si do­veva cominciare a pensare ad un futuro campanile e per distribuire gli incarichi fu formato un Comitato presieduto dal Cav. Bartolino Biondi Bartolini. Venne così de­ciso di effettuare una raccolta di denaro tra i paesani per affrontare le perizie affi­date, questa volta, all ’Architetto BelIincioni Ing. Luigi di Pontedera che presso il suo studio tecnico esegue i disegni. La raccolta delle offerte venne affidata al re­verendo Don Giuseppe Bruscolini, Propo­sto della Parrocchia.

L’elaborazione dei progetti dell’lng. Bellincioni si alternava a sopralluoghi a Po­marance, sia per la constatazione della ubicazione della nuova opera, sia per i saggi al terreno dova si dovevano inizia­re i lavori.

A prolungare il lavoro dell’ingegnere si frappose anche il lavoro di consulenza ai danni causati dal terremoto in moltissimi fabbricati della città di Firenze. Ma final­mente in data 29 maggio 1895 questi fa recapitare a Pomarance l’importo di spe­sa per la demolizione del vecchio campa­nile con indicato il recupero del pietrame da potersi riutilizzare nella nuova opera. Anche il comitato in questo periodo non si era fermato e, tramite persone di Po­marance residenti altrove, aveva messo in movimento gli uffici competenti per ri­chieste di contributi. Si arrivò, tramite il concittadino Senatore Marco Tabarrini, al Guardasigilli per una istanza per un sus­sidio di un migliaio di lire, che poi fu ac­colto. Inoltre contratti e prestiti con distinti signori che si offrivano per questa occa­sione. proteste e ricorsi da parte di con­finanti per danneggiamenti eventuali. Ciò comportò intralci e ritardi nonché beghe ed esigenti contropartite.

Dopo aver scorso un certo numero di car­te da bollo da 10 centesimi filigranate con lo stemma sabaudo, si arriva alle decisio­ni sul “posizionamento” del campanile che dovrà essere eretto presso la casa posta nel gioco del pallone. Per questo locale abbattuto viene a pagarsi al sig. Giulio Biondi Bartolini un importo di lire 800, rimessegli tramite il curatore sig. Gallo Galli Tassi Bardini con i denari del fondo raccolto dalla pubblica sottoscri­zione.

Risulta inoltre che le cifre si stanno con­cretizzando e da molti è accolta la peti­zione, come da elenchi esistenti.

Anche il Cav. Mario Bardini, già distinto­si per la colossale opera dell’istituto del Sacro Cuore, offre la considerevole som­ma di lire 2000.

Riguardo alla demolizione della torre campanaria abbiamo una nota di paga­mento stilata dall’esattore Dante Fontanelli, datata 29 giugno 1895, per un im­porto di lire 1312 e sessantotto centesi­mi. Finalmente il 29 luglio 1895 l’architet­to Bellincioni è a Pomarance per stacca­re il lavoro sopra alla fondazione prece­dentemente gettata.

Non mancarono nemmeno discus­sioni per

L’incarico e la fiducia di Direttore dei la­vori viene dato a Bonucci Carlo che con

  1. gruppo dei lavoranti affidatogli, ponen­do pietra su pietra, cominciano a dar for­ma al capolavoro. Il campanile costruito in pietra tufacea tagliata nelle Cave delle Valli (Trossa) si ergerà per 42 m.

In una lettera inviata al presidente del co­mitato, l’ing. Bellincioni allega lo studio in scala 1:1 delle formelle allineate al qua­drante dell’orologio nelle facce dove do­vranno essere effigiati gli stemmi del Co­mune e della Parrocchia, onde il Bonuc­ci possa riprodurre il lavoro su pietra. Conseguentemente esiste un’altra lette­ra dove si dice che sono continuate le ri­cerche per una immagine su medaglio­ne della Madonna del Buon Consiglio e che finalmente viene riprodotto in calco da un lavoro deH’immortale Donatello, dal quale il Bonucci trarrà copia esatta.

I lavori procedono con evidente celerità e nel novembre del 1898 il direttore dei lavori Bonucci prende accordi con la dit­ta L. CARDINI di Siena, premiata Fabbri­ca di Parafulmini, per installare questo nuovo sistema di difesa onde scagiona­re il pericolo occorso all’altro campanile. Si arriva all’anno 1899, il campanile già si staglia nel cielo ad un’altezza molto più elevata del precedente. Tutti gli artigiani locali hanno incarichi per approntare il tut­to in modo che per il 24 giugno, (data pre­scelta per l’inaugurazione) in occasione della festa di San Giovanni patrono della chiesa, non rimanga niente in sospeso. Una settimana prima dell’avvenimento tutto Pomarance, o meglio tutti i pomarancini, si fanno in quattro perchè i festeg­giamenti rimangano memorabili.

Così il 24 giugno, come promesso, con un maestoso doppio suonato dalle quat­tro campane, dopo una processione straordinaria, viene officiata una Messa solenne concelebrata dal Vescovo e da molti sacerdoti venuti per l’occasione.

Gli operai, che sotto la direzione dell’Assistente Comunale Carlo Bonucci, hanno messo tutto il loro impegno, sono ora ad­ditati per il loro operato portato a compi­mento. I nomi di questi uomini passano per giorni e giorni in evidente nomina: si trattava di Zani Camillo, Cambi Silverio, Carlo Garfagnini, Anton Giuseppe Garfagnini, Antonio Niccolucci, Funaioli, Ani­chini, Pineschi, Tani, Corbolini ed altri. Nel pomeriggio i festeggiamenti si molti­plicano protraendosi sino a notte alta, che viene resa luminosa dalle migliaia di lam­pioncini a olio disseminati per tutte le strade.

Bande musicali venute da Volterra, Peccioli, Riparbella ed unite al nostro Corpo Filarmonico (denominato allora L’INDI­PENDENTE) si alternano con marce e pezzi vari. Allietano la serata i canti e so­netti dedicati ai componenti il Comitato ed ai convenuti di riguardo.

Addobbi di straordinaria inventiva vengo­no sistemati ognidove; sulla piazza cen­trale, oggi De Larderei, viene issato un ponteggio che dal terrazzo del Palazzo Gardini passa all’altro del Biondi Onora­to allo scopo di far salire le persone per vedere meglio la mole del nuovo monu­mento.

Banchetti, brindisi e qualche sbornia sa­lutarono il campanile che nella sua forma dì tipo rococò destava stupore in tutta la zona. Non mancarono neppure le batute ironiche e scherzose anche nei giorni a seguire, come ad esempio si può ricor­dare quando ai giovani ragazi di bottega, gli artigiani locali, nelle calde giornate estive, li spedivano da Ruggero (bottega di generi alimentari ubicata in prossimità della chiesa nell’angolo della porta) a comperare tre soldi di OMBRA DI CAM­PANILE, e questi con astuzia li rispediva in altra rivendita baffandosi dell’ingenui­tà del ragazzo, che poi finiva per render­si conto del fatto che oltre ad un mestie­re il loro principale gli insegnava anche a farsi furbo.

Anche lo stile architettonico e decorativo apparso in Francia alla fine del XVIII° se­colo come evoluzione complessa e raffi­nata del barocco, e che si diffuse in tutta Europa, destò inizialmente perplessità, ma ben presto, prima che l’opera giun­gesse a termine, l’opinione aveva già ac­cettato questa graziosa bizzarria. Il suono delle belle campane per anni ri­chiama al paese in occasioni festose e lu­gubri, per eventi religiosi e civili, tutto il circondario. Arriviamo così all’ottobre del 1966 quando Mosignor Paoletti decide di eliminare le corde elettrificando le cam­pane. Chiamata una ditta specializzata di Firenze, dopo aver calato le campane ed applicati gli ingranaggi ai mozzi di sup­porto, tramite dei congegni e delle pulsan­tiere si possono avere i suoni desiderati. Fu in tale occasione che si ebbe la pos­sibilità di leggere le scritte in fusione po­ste su ogni campana.

Iniziando dalla GROSSA prospicente Piazza De Larderei:

PER FUSOREM MORENDI FLORENTINUM A.D. MDCCCXU

(per opera del fonditore Carlo Morendi fio­rentino. L’anno del Signore 1841) NOTA: Parte del bronzo di questa cam­pana sembra provenire dalle campane della Badia di San Galgano di Chiusdino. Per la mezzana e la piccola vi è una sto­ria a sé che risale all’anno 1788, quando l’Arciprete Giò Batta Tabarrini fa rifondere le tre vecchie campane per farne alme­no due con un timbro maggiore e dalle scritte si può appurare questa notizia, sul­la Mezzana, visibile da Via Mascagni (così denomunata perchè delle quattro è quella di dimensioni intermedie):

PIO VI P.M. JOSEPHO II AUG. PETRO. LEOP. IA.A ETRM. D + A.D. MDCCLXXXVIII EPO. VOLAT J.B. TABARRINI ARCHIP. D.V.M.T. M.H.DD.GL. PAE. ALOY BONAMICI.

(al tempo di Pio Sesto Sommo Pontefice, di Giuseppe II Imperatore Augusto, di Pie­tro Leopoldo I Austriaco Granduca di To­scana, di Luigi Bonamici Vescovo Volter­rano, l’anno del Signore 1788 Giovan Bat­tista Tabarrini, Arciprete, dedicò questo monumento alla Vergine Madre di Dio co­me ricordo di gloria e di pace)

Sulla PICCOLA che guarda il Campo del Piazzone, verso la Rocca Sillana:

VOX TUA DULCIS IN AURIBUS ME IS + JOVANNE ATTAVANTI NOBILI COLLENSI PATRIM ECCLESIASTICI A.D. MDCCLXXXVIII

+ VOLAT. CURATORE

(al tempo di Giovanni Attavanti nobile Col­ligiano amministratore del patrimonio ec­clesiastico volterrano l’anno del Signore 1788. La tua voce risuona dolcemente al­le mie orecchie.)

La MISERICORDIA, prospicente la via dei Fossi, verso Berignone:FATTA COLLE OBLAZIONI DEI FRATEL­LI DELLA MISERICORDIA CAV. ADRIA­NO DE LARDEREL GOVERNATORE CARLO MORENDI FUSE IN FIRENZE L’AN. MDCCCLI (1851). continua la scrupolosa guida ai lavori di risanamento. Si inizia dall’apice, cioè dal­la croce, che è stato necessario sostitui­re con una nuova costruita dalla ditta Ber­toli di Pomarance, poi si procede all’am­pliamento della gabbia del parafulmine studiato dall’ing. Barzotti Francesco di Larderello. Ovviamente il lavoro più gros­so è affidato all’impresa edile Parenti Mauro & C. che eseguirà i lavori di smon­taggio e sostituzione delle parti lesiona­te ed ammalate completando il tutto con una stuccatura con cementi plastici spe­ciali, suturando le spaccature e collegan­do tutta la cupola tramite un intersecato perforamento in cui è stato colato questo speciale ritrovato. In seguito la ditta Ml-DA Srl di Guartierotti & Cerrioni, prove­niente da Pistoia, appone con uno spe­ciale solvente un trattamento consolidan­te a tutte le bozze tufacee. Contempora­neamente, sfruttando l’occasione della comodità del ponteggio, vengono sostituiti i mozzi di legno delle campane aven­done riscontrato il necessario bisogno in quanto questo è risultato in avanzato deterioramento. Ad eseguire questa opera­zione straordinaria è stata chiamata la dit­ta Scarselli di Lastra a Signa specializzata in tali lavori.

Recenti lavori di restauro (Foto S. Donati)

Al momento di andare in macchina, i la­vori, già a buon punto, seguono il loro cor­so e, salvo intralci atmosferici, nel giro di pochi giorni andranno atermine.

Le raccomandazioni, le suppliche, e l’in­cessante stimolo che il Proposto Don Burlacchini rivolge ai parrocchiani si spera che sia ripagato dal buon lavoro e che le cifre raccolte servano ad estinguere le ri­levanti spese incontrate per questa straor­dinaria manutenzione al nostro campani­le. Ci auguriamo inoltre che anche i pon­teggi possano presto essere tolti e pos­siamo così risentire il suono delle nostre campane e, con i dovuti festeggiamenti si possa ritornare alla consuetudine per ogni tipo di evento, incluso quello dell’oc­casione del Palio Storico delle Contrade; quest’anno infatti su richiesta dell’Ass. Turistica e su straordinaria concessione della Amministrazione Comunale è stata suonata la campana della Torre Civica. A nome anche dell’Associazione Turisti­ca e della Redazione di questa rivista, va­da il ringraziamento a tutti coloro che han­no contribuito in qualsiasi forma alla con­clusione di questi lavori, a cominciare da Don Piero che è stato il primo promotore di tale opera.

BIBLIOGRAFIA

  • Archivio Parrocchiale Pomarance
  • La Comunità di Pomarance – RIEVOCA­ZIONI STORICHE di E. Mazzinghi – An­no IX n° 1 1976.

Giorgio

Per anni ed anni (90 per l’esattezza), que­sto monumento, vanto di Pomarance, si staglia nel cielo. Purtroppo gli eventi at­mosferici cominciano a deteriorare la pie­tra tufacea per cui, dietro constatazione di esperti, è stato ritenuto necessario un intervento di restauro.

Il 30 gennaio 1980 alcuni tecnici della So­vrintendenza ai Monumenti di Pisa, rile­varono seri danni ai colonnini della balau­stra del terrazzino ed infiltrazioni di acqua piovana alla volta della sede campanaria. Dalla perizia risultò un evidente sfalda­mento di alcune bozze tufacee all’arco campanario con un allentamento della volta.

Il parroco, Don Piero, preoccupato per il responso, rende noto alle autorità civili e religiose superiori la situazione della pre­carietà. Da questo si mette in movimen­to l’ingranaggio della macchinosa strada burocratica per gli aiuti di legge legati a questo tipo di interventi.

Le cifre stimate vengono rese note in mi­sura di 140 milioni, compreso il montag­gio dei ponteggi, ma esclusi gli imprevi­sti. Infine il 9 giugno presso la Canonica si sono riuniti oltre al Proposto don Pie­ro, il Sig. Gabellieri Rag. Giorgio rappre­sentante della Sovrintendenza alle Belle Arti di Pisa, l’architetto Gasperini Franco, l’impresario Parenti Mauro, l’architetto Bargelli Florestano che sarà il curatore tecnico dei lavori e si sono accordati per dare inizio ai lavori. Nei primi giorni di lu­glio si provvede al montaggio dell’impal­catura metallica di ingabbiatura realizzata dalla ditta Gasperini di Bagni di Casciana; il Soprintendente alle Belle Arti, ing. Cecati, coadiuvato dall’architetto Bargelli,

Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.

IL “REDENTOR CROCIFISSO” DI ACQUAVIVA

La chiesa Parrocchiale di S. Giovanni Battista di Pomarance, nella quale si possono ammirare pregevoli opere d’arte, conserva tra le altre anche un’opera scultorea lignea, di indubbio valore artistico, raffigurante l’immagine del Gesù Crocifisso collocato attualmente sopra l’Altar Maggiore. Databile attorno al XIV secolo, anticamente si trovava collocato in un’altra chiesa denominata “Acquaviva”, compresa nel castello di Acquaviva detto anche di “Postignano”.

Il castello di ‘Acquaviva”, oggi alquanto diroccato, era un castelletto posto sulla sinistra del torrente Possera nei pressi di una polla di acqua naturale (da cui il nome di Acquaviva) a poca distanza dalla attuale “villa del Bulera”. Nei pressi di questo castello vi erano una fonte pubblica del comune di Ripomarance (XVI – XVII see.) ed alcune “conce” private situate dove sorge l’attuale invaso denominato “Lago del Bulera” costruito negli anni ’50 vicino al podere d’Acquaviva.

Il castello di ‘Acquaviva”, oggi alquanto diroccato, era un castelletto posto sulla sinistra del torrente Possera nei pressi di una polla di acqua naturale (da cui il nome di Acquaviva) a poca distanza dalla attuale “villa del Bulera”. Nei pressi di questo castello vi erano una fonte pubblica del comune di Ripomarance (XVI – XVII see.) ed alcune “conce” private situate dove sorge l’attuale invaso denominato “Lago del Bulera” costruito negli anni ’50 vicino al podere d’Acquaviva.

Del castello, situato a 200 metri ad est del lago, non rimangono che poche tracce tra una folta boscaglia: resti di mura franate, parti di tegole, di pavimenti ed una specie di pozzo scavato nel tufo da dove, secondo il racconto di alcuni contadini che abitavano al Bulera, negli anni trenta, si vedevano affiorare resti di ossa umane (Manghetti Giulio); questo a pochi metri di distanza da un profondo precipizio o “grotta” dove vi sono frequenti e pericolosi crepacci.

Il piccolo promontorio in cui si trovava il castello è conosciuto volgarmente come “Poggio alla Chiesa” a testimonianza dell’esistenza della chiesa dedicata a S. Salvatore d’Acquaviva. Questa possedeva alcune proprietà terriere nella corte del castello essendo già all’epoca del Sinodo dei Beiforti (1356) filiale della Pieve di San Bartolomeo a Silano.

La chiesa di Acquaviva con la sua parrocchia fu possesso del Monastero femminile di San Dalmazio e si ritrovano notizie di questa anche attorno al 1239 quando il Vescovo Pagano, a corto di soldi per pagare 5 bovi che occorrevano per lavorare la terra, per 54 libbre di danari volterrani dava in pegno la corte d’Acquaviva e di San Dalmazio.

Proprietari e Signori del Castello risultarono essere per alcuni secoli una famiglia molto importante del volterrano: la Famiglia degli Incontrini detta degli “INCONTRI” che dette origine a due rami; quello degli Incontri di Volterra e quello omonimo di Ripomarance o Pomarance. Legata con alcuni rami di parentela con gli Incontri di Siena, questa ottenne in feudo la Corte di Acquaviva o di “Postignano” da Carlo Magno dopo la cacciata dei Longobardi dall’Italia.

Uno dei primi signori di Acquaviva di cui si ha notizia fu Teodorico padre di Villerardo nel 970 d.c., nel 1090 fu signore del castello Marco Incontri, mentre nel 1250 risulta essere fatta la vendita per porzioni del castello di Acquaviva, da alcuni rami della stessa famiglia, al Comune di Volterra. Il definitivo abbandono del castello da parte degli Incontri si ha sul cadere delle Signorie feudali quando il territorio e corte di Acquaviva vennero aggiunti a quello del Comune di Ripomarance nel XVI secolo. Tutto questo coincise con il trasferimento del Monastero delle Monache di San Dalmazio a Volterra (30 luglio 1511) e la incorporazione dei beni della chiesa di Acquaviva da parte del Capitolo dei Canonici di Volterra. Con la soppressione della parrocchia, avvenuta 1’8 maggio 1572, dalla chiesa di San Salvatore d’Acquaviva fu traslato il grande Crocifisso ligneo nella Pieve di San Giovanni Battista di Pomarance. Questa sacra immagine fu legata particolarmente, fin dalla sua

realizzazione, alla famiglia Incontri, che commissionò probabilmente l’opera, fa­cendone “istituzione benefica’’ alla chie­sa di San Salvatore d’Acquaviva come è rilevabile da un documento redatto dal Cav. Gio. Andrea Falconcini discenden­te dell’Alfiere Alamanno Incontri che era vissuto nella seconda metà del ’600.

In quel periodo il Cav. Andrea Falconcini erede Incontri, faceva richiesta alle Ma­gistrature del Comune di Pomarance di poter collocare l’immagine del S.S. Cro­cifisso sopra l’altare Maggiore della chie­sa, in occasione del restauro da lui stes­so finanziato. Nella stessa istanza veni­va descritta l’antica collocazione della scultura nella chiesa di S. Giovanni Bat­tista e la comprovata certezza della pro­venienza del S.S. Crocefisso dal castel­lo di Acquaviva.

Un documento che mi è parso abbastan­za interessante e che ho cercato di tra­scrivere il più esattamente possibile: l:M:l

Davanti alle Signorie loro Molto Magnifi­che Sig. Gonfaloniere e Signori Priori del­la Comunità delle Pomarance Comparisce

Il Cavaliere Gio. Andrea Falconcini, e reverendemente l’espone, come per sod­disfare alla pietà e devozione di molti, che più volte li anno fatto istanza di restaura­re l’immagine Santissima del nostro Redentor Crocifisso che da lungo tempo in qua è stata collocata sopra la porta inte­riore della loro chiesa Parrocchiale di San Gio. Battista e che sempre è stata l’im­magine di Patronato della

famiglia dell’Al­fiere Alamanno Incontri di cui detto com­parente e erede si è già messo all’impre­sa per detta restaurazione, ma conoscen­do pur cosa più decorosa e di maggior culto a detta statua immagina ogni qual volta rimanesse collocata all’Aitar Mag­giore di detta chiesa, et in ciò facendo an­che riescirebbe di maggior ornato di det­to Altare; per tal motivo prega le Signo­rie Vostre Molto Magnifiche a volerli con­cedere la permissione di poter collocare sopra detto Altare a sue proprie spese la detta Santa Immagine, dichiarandosi che con detta collocazione non intende di tur­bare punto il diritto che ha sopra detto al­tare la loro Comunità, et altresì ancora non intende di aggravare la medesima Comunità nel mantenimento della detta Immagine alla quale vuol sempre pensa­re esso medesimo come a suo proprio Patronato premendoli la detta conferma­zione non solo come a riflesso della de­vozione, come vi à sempre avuta la casa Incontri che conforme si à della antica et immemorabile tradizione se la porta dal Castello di Acquaviva sua antica Signo­ria, ma ancora a riflesso dell’opera il com­parente erede di detta famiglia che della grazia etc. etc 

Adi 7 giugno 1734

Partecipata la detta comparsa ai rappre­sentanti la Comunità delle Pomarance fu accordato quanto sopra per voti favore­voli 4 . (1)

Jader Spinelli

1) ARCHÌVIO STORICO COMUNALE DI POMARANCE; F. 17, Lettere e Miscel­lanee di Atti 1729 – 1734, c.l 67,r. e v.

NOTE BIBLIOGRAFICHE:

Don Socrate Isolani, “L’Abbadia di Monteverdi e la Madonna del Frassine” 1937 – XV Tip. Giovannelli – Castelfiorenfino.

C. F. C. ‘ ‘Gli Incontri di Volterra ’’ (Biblio­teca Guarnacci Volterra).

DON MARIO BOCCI “Notizie della Co­munità Parrocchiale di Pomarance” 1987

Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.

AUGUSTO BASTIANINI A POMARANCE

L’affresco di Bastianini a Pomarance e la sua burla alla Biennale di Venezia

Quasi centovent’anni or sono nasceva a Monteguidi, in quel di Casole, Augusto Bastianini.

Apprese le prime lezioni di disegno a Volterra, sotto la direzione del prof. Giuseppe Bessi. Al disegno aveva disposizione e vinse borse di stu­dio. A Siena vinse l’alunnato Lazzeretti; vinse in mostre con i più bei nomi post-macchiaioli nell’ambito dei quali oggi si raffigura.

Allievo di Niccolò Cannicci, che conobbe a Montemiccioli, fu pure amico degli ultimi macchiaioli: da Fattori a Signorini ai fratelli Gioii. Lavorò anche a Pomarance, dove affrescò la cappella Biondi-Bartolini, e nella figura di una virtù teologale ritrasse le sembianze della si­gnorina Verdiani di Volterra.

Amante del bello, di carattere riservato, gioi­va quando si trovava a contatto con la natura. Veniva spesso a Montemiccioli, per incontrarsi con Cannicci di cui ne risentì l’influenza.

Fece molti ritratti a grandi personalità e ne fe­ce alcuni anche a Volterra; del resto la stampa del tempo fu entusiasta e la critica lo è tuttavia. Bisogna pur dire che il Cannicci ebbe sempre fiducia in Bastianini. Il 23 giugno 1900 gli scri­veva perché andasse a suo nome a tenere una lezione a una sua allieva. Il primo gennaio gli scriveva: “Venga subito a trovarmi perché al­lo studio non vado per salute”. Cannicci sta­va male; sentiva di essere vicino alla morte e voleva rivedere il suo allievo, prima di morire. Alla Biennale di Venezia il Bastianini fu invita­to la prima volta nel 1903. Nel 1907 mise il mondo artistico a rumore: si presentò a venezia con un quadro eseguito con sincerità di in­tenti e riuscì a far presentare un altro quadro, a firma di un inglese immaginario, eseguito da lui con i più grandi pasticci della tecnica pitto­rica; ebbene, questo quadro obbrobrioso fu premiato e ne sortì uno scandalo che fece inal­berare i luminari della giuria e i diplomatici in­teressati.

Cappella Biondi Bartolini – Cimitero di Pomarance – Virtù teologali (part.)

se con argute vignette contro la commissione composta di nomi di fama internazionale. Intanto il tempo passava e la critica sembrava assopita allorché intervenne un fatto nuovo a scuotere il mondo dell’arte. Il 10 ottobre 1907, quando la mostra volgeva al termine, il prof. Ba­stianini inviò una lettera a “Il Giornale d’Italia” e il corrispondente si precipitò a telefonare a Ro­ma perché, secondo lui, la notizia era ghiotta. BA Infatti Bastianini, dopo aver premesso di dire che scriveva per dare soddisfazione agli esclusi dalla mostra, cosi si lasciava andare: “Dichia­ro di aver presentato al giudizio della commis­sione due quadri, uno col mio nome, eseguito con serenità d’intendimenti; l’altro firmato S. John Brontsen, eseguito con i più grandi pastic­ci di tecnica, senza nessuno studio di colore né di forma, allo scopo di fare una caricatura del­la produzione anormale, patologica di certi ar­tisti che si fanno imitatori delle peggiori qualità di quelli. Risultato: il quadro fatto sul serio fu scartato; l’altro, di soggetto volgare ma firmato Brontsen, fatto con una strana accozzaglia di qualità negative, di dilettantismo, e di plagio, fu accettato alla unanimità”.

Dette la storia il giornale “Sior Tonin Bonagrazia” di Venezia con questo trafiletto: “Per la critica seria, sta esposizion xe un osso ma per nualtri la xe proprio roba da rider… No gavemo un’idea precisa de l’alta scola me ne par vederghene qualche sagio nella sala IV… Se trata in do casi de quele signore in aguato che, avicinae, ne dà un efeto de ciaro-scuro piutosto ciaro”.

A. Bastianini: La morte – Particolare

Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.

LUIGI ADEMOLLi E LA CHIESA DI POMARANCE

Il Pittore Luigi Ademollo a Pomarance

“LUIGI ADEMOLLI MILANESE: 1833’’: è questa la frase che è possibile leggere ai piedi del tavolo dell’ultima Cena pittu­rata nella parete di fondo del Coro nella nostra chiesa Parrocchiale.

Una data e firma molto importanti perchè ci riportano ad un momento storico quan­to mai significativo nella ristrutturazione muraria e decorativa della Parrocchiale. Infatti, costruita nel XII secolo, in stile ro­manico, si legge, nei documenti che si conservano nell’archivio, che la Chiesa si trovava in una situazione fatiscente per cui ANTON NICOLA TABARRINI, Arci­prete di Pomarance dal 1826 al 1843, de­cise di iniziare dei grandiosi lavori di re­stauro con l’ampliamento, in quella occa­sione, delle Cappelle laterali dedicate al­la Madonna del Buon Consiglio e al Mar­tire San Vittore.

Per la ristrutturazione muraria il Tabarrini si servì dell’opera dell’architetto Fran­cesco Cinci che fece una dettagliata pe­rizia stimativa, in data 22 Giugno 1831, corrispondente a L. 13.016.

Luigi Ademollo: Via Crucis – Particolare

Una cifra enorme per quei tempi che I’Ar­ciprete Tabarrini affrontò in buona parte con i suoi mezzi e le sue risorse familia­ri, ma pure con l’aiuto della popolazione. In conseguenza di questi lavori si pensò pure aH’omamento pittorico. A tale sco­po fu chiamato il pittore LUIGI ADEMOL­LO (1764-1838) milanese,autore di affre­schi in Chiese e palazzi e d’acqueforti di soggetto storico.

Nell’archivio parrocchiale si conservano ben sette lettere autografe, spedite dalla città di Firenze daH’Ademollo all’Arcipre­te tra il 27 Aprile 1832 e il 5 Gennaio 1837. Esse riferiscono che il Cavalier Giusep­pe Del Rosso fu l’intermediario della pro­posta di affrescare la Chiesa, nel perio­do in cui l’Ademollo dipingeva la Chiesa di Sant’Ambrogio in Firenze.

La spesa totale delle pitture fu stimata in L. 3000.

Tra queste lettere la più importante è la sesta, datata 1833,a 9 Maggio-Firenze. È interessante trascriverla per intero perchè da questa appare come il progetto inizia­le sia stato seguito quasi totalmente, sal­vo piccoli cambiamenti dovuti anche ai successivi restauri avvenuti negli anni 1928-1931.

Ecco il testo:

Reverendissimo Signore

O’ piacere che le composizioni inviateli siano di sua satisfazione e quando vedrà (se Dio ce lo concede) eseguite alla sua grandezza col stile e metodo da me pra­ticato per tutto, spero che gliene tornerà maggiore.

Per chiarezza converrà dichiarare le co­se da me da eseguirsi.

Primo dipingerò a vero buon fresco tre quadri nel Coro da destinarsi; la Volta del medesimo con ornato e soggetto in fi­gure.

Secondo dipingerò la Volta della Navata di Mezo con lo sfondo e sia quadro gran­de del Ascenzione del Signore; due gran tondi in basso rilievo che uno S. Tomma­so convinto dal Signore di sua verace Re­surrezione, l’altro la Venuta dello Spirito Santo. Questo tondo fa come il Fine dei Soggetti Rapresentati.

Terzo dipingerò nelle Due Cappelle late­rali nelle facciate laterali due quadri a buon fresco a Volta ornata con sfondo di figure, cioè NELLA CAPPELLA DELLA SANTISSIMA VERGINE DEL BUONCONSIGLIO:

1. Adorazione dè Magi, 2. Gesù trovato nel Tempio.Sfondo o quadro nella Volta la Presentazione al Tempio fra le braccia del vecchio Simeone.

NELLA CAPPELLA DOVE TENGONO IL CORPO DEL S(ANTO) MARTIRE, da un lato 1. La Multiplicazione dè Pani, 2. Resurezione(del Figlio) della Vedova di Nairn. Sofondo il Centurione à piedi di Cri­sto. La Cupolina di mezo divisa in quat­tro parti con quattro soggetti in bassori­lievo cioè finta scultura.

E siccome mi parto dal Coro dove dipin­go Fatti della Passione di Cristo e nella Volta del medesimo la Resurrezione, Co­

sì seguendo l’ordine dei fatti nei quattro quadri della Cupola, faccio

1. le Donne al Sepolcro, la visione del An­giolo che le Annunzia la resurrezione del Signore, 2. la Madelena col Noli me tan­gere, 3. i Discepoli in Emaus, 4. i giudei che ofrono denari alle guardie fugitive perchè nascondino il visto da loro.

SI VIENE DALLA DETTA CUPOLA E SI TROVA NELLA VOLTA DI MEZO

il S. Tommaso convinto;segue il gran qua­dro della Ascenzione al cielo; finisce la vol­ta con la Venuta dello spirito Santo. E così si procede con ordine.

LE PICCOLE NAVATE avranno nella vol­ta Un’Ordinata elegante e semplice.Nei tramezzi locali che sono fra le cappelle Nichie coi SS. Apostoli ed Evangelisti per­chè nel fondo in faccia si farà S. Pietro e S. Paolo.

Occorreranno delle Ornative attorno i Quadri d’Altare.

Lei dia un picolo, ma picol prezzo ai pez­zi sopraindicati e troverà quanto mai sia picolo ciò che le ò proposto per ricono­scimento del nostro lavoro.

Il restauratore Gianni Trapani al lavoro

LEI propone di ripulire Quadri, farne due nella cappella del Santissimo e Via Cru­cis, e tinteggiare la Canonica.

Tutto quello che le posso dire si è che mai si dato che io abbia auto litigii per mer­cede del lavoro; e poero io non guarderò a fatica, a V(ostra) S(ignoria) Reverendis­sima non guarderà a qual riconosci­mento.

Circa la Canonica sicome si tratta d’affa­re assai comune di poche lire se la inten­derà coi miei aiuti.

QUANTO A VIA CRUCIS non so se inten­da farne una nuova, o ritoccare la vec­chia: Se intende farla Nuova io lo farei as­sai più grande per rendere visibile le pe­ne del Salvatore.

La vista d’una bene espressa Stazione serve a molti di meditazione; così pensa­va Monsignor Albergotti a cui ne ò dipin­te due Grandi, una per la Cattredale di Arezzo, l’altra per la principal Chiesa di Castiglion Fiorentino.

Dunque Quattordici Quadri non sono co­sa così corsiva da incorporarla nelle Tre­mine Lire; ma non tema, perchè con me non vi è questione, sapendo che se vie­ne un riconoscimento, lo gradirò,ma non pretendo.

Posso dire con tutta verità eh e, nei tempi andati, avrei appena fatto salotto per si­mile somma;ma il Mondo è cambiato; e poi si lavora per la Chiesa, e così voglio sperare qualche cosa dalla Misericordia di Dio.

Le bacio la sacra mano e sono con pro­fondo rispetto

Di V. (ostra) S. (signoria) Reverendissima Servo Umilissimo

Luigi Ademolli

L’Ademollo in questo grandioso lavoro fu coadiuvato dal figlio Giovanni con molti ornatisti. Per visitare interamente la Chiesa nella sua attuale programmazione occorre ini­ziare da

sopra il portone, girando in sen­so orario.Si possono vedere opere mono­crome cioè con un solo colore e policro­me cioè con più colori.

Queste pitture, come del resto tutta la chiesa, hanno bisogno di un restauro e di totale ripulitura dovuta al tempo che de­teriora ogni cosa.

Ecco perchè lo scorso anno, in occasio­ne della festa di San Vittore,fu annuncia­to l’inizio dei lavori partendo proprio dal Coro per continuare poi nelle altre parti della Chiesa.

Nel coro sono state restaurate le due raf­figurazioni monocrome e precisamnete “Gesù nell’orto di Getsemani’’ e l’“Ecce Homo’’ e le quattro grandi raffigurazioni policrome e cioè “L’entrata di Gesù in Gerusalemme”, (che purtroppo è stata deteriorata dal successivo rifacimento da parte dell’Anichini), “L’Ultima Cena”, “La Salita al Calvario”, e la “Resurrezione”. Queste pitture sono state restaurate dal Signor Fausto Giannitrapani e dal figlio Luca, con la collaborazione delle decoratrici Mara e Paola.

Le operazioni di restauro eseguite sono state:

  • pulitura del colore
  • fissaggio del colore e dell’intonaco
  • stuccatura delle parti mancanti
  • integrazione pittorica

Pure i 14 quadri della Via Crucis,sempre opera deH’Ademollo, avevano urgente ne­cessità di un restauro che è stato eseguito dal Sig. Antonio Guarino. Un restauro che ha preso tutti di sorpresa perchè nessu­no si immaginava cosa si nascondesse sotto la patina di sporco.

Questi lavori sono stati realizzati sotto la Direzione della Soprintendenza di Pisa e naturalmente con la generosa collabora­zione dei Parrocchiani che hanno senti­to il problema del recupero e della con­servazione dei beni artistici e religiosi che si conservano nella chiesa.

In quest’opera non possiamo tacere il no­tevole contributo ricevuto dalla Cassa di Risparmio di Volterra che ha stanziato la somma di 25 milioni.

L’Ademollo, che aveva una grande faci­lità pittorica, nelle sue opere si è sempre ispirato a soggetti classici. Quello che col­pisce sono i suoi numerosi personaggi che riusciva a mettere insieme e che,ap­punto,sono venuti fuori a seguito della pu­litura.

Un particolare da mettere in risalto è la grande espressività del volto sofferente del Cristo mentre porta la Croce.

Il restauro iniziato ha bisogno di essere continuato perchè sarebbe un vero pec­cato perdere delle opere d’arte che cu­stodiamo e che i nostri antenati ci hanno lasciato.

Continuare per conservare e migliorare, per poter con gioia e anche, con un pò di orgoglio, ammirare e far ammirare ai visitatori la nostra bella Chiesa Parroc­chiale .

Don Piero Burlacchini

Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.

LE PORTE del “CASTELLO” di POMARANCE

A cura di J. Spinelli

PREFAZIONE

Il castello di Pomarance, anticamente detto Ripomarance, sin dal XVI secolo si presentava racchiuso da un’ampia cer­chia muraria che, dalla torre delle “Roc­che” fino alla porta Orciolina (o Massetana) arrivando alla porta Volterrana e proseguendo oltre la porta a Casolle, ave­va racchiuso dentro di sè le altre cinte mu­rarie, secoli XI e XIII dette di “Cassero” (Palazzo ex Pretura e Casalini) e di “Pia­no”, che fiancheggiando la “via di Bor­go” (oggi via Roncalli) e proseguendo ol­tre la porta “alla Pieve” arrivavano fino al torrino detto “dei Biondi Bartolini”. La cinta muraria era protetta da “Baluardi” (1600) che davano la possibilità di acce­dere all’interno del castello tramite tre porte “esterne” e quattro “interne”.

Ricostruzione Ipotetica della PORTA VOLTERRANA di J. SPINELLI

Le porte esterne erano: la Porta Volter­rana, la Porta Orciolina o Massetana e la Porta di Piazza (detta a Casolle); quelle “interne” invece erano: la Porta alla Pie­ve, la Porta Nuova, la Porta al Peso e pro­babilmente la Porta di Piano.

Di queste ne rimangono visibili oggi so­lamente tre: la Porta a Casolle o di Piaz­za del Vicariato, la Porta al Peso (indica­ta come porta Orcolina) e la Porta alla Pie­ve che fu ricostruita ex novo negli ultimi anni dell’ottocento.

Delle altre non rimangono generalmente che ampie aperture di cui è rimasto solo il nome iscritto talvolta su lapidi in tufo o porcellana come nel caso della Porta Nuova di cui è rimasta solo la nomencla­tura (Via della Porta Nuova).

Queste porte erano di proprietà del comu­ne di Ripomarance che doveva provve­dere alla loro manutenzione ed anche alla conservazione della cinta muraria. Fin dal medioevo le porte erano soggette alla continua sorveglianza fatta da uomini (an­ticamente detti “Clavares”) scelti dai Priori del comune i quali venivano inden­nizzati per questo tipo di incarico con pa­gamenti giornalieri o mensili, come risul­ta dai “saldi” del comune per tale sco­po. Ad essi venivano consegnate le chiavi dei portali di legno che dovevano essere obbligatoriamente chiusi ed aperti ad ora­ri prefissati: aperti al “suon dell’Avemmaria dell’alba” e serrati un’ora dopo l’Avemmaria della sera (o l’or di notte)(1) consegnando le chiavi ai Priori, come ri­sulta da una deliberazione comunale del 1514 in cui viene stabilito che le chiavi del castello di Ripomarance stiano appresso ai Priori del luogo (2).

Con il passare dei secoli e la conseguente stabilità politica del Granducato di Tosca­na e degli altri stati italiani, le porte del castello persero gradatamente la loro fun­zione di “difesa”. Infatti nel 1782 alcuni rottami di queste furono immagazzinati in una stanza sotto il Palazzo Pretorio (3) e successivamente alcune strutture mura­rie vennero abbattute perchè non consen­tivano un agevole passaggio dei “Car­riaggi” che transitavano sulla “strada Massetana” all’interno del castello delle Ripomarance lungo le vie di “Borgo” e di “Petriccio”.

LA PORTA VOLTERRANA (I PARTE)

La Porta Volterrana, o per meglio dire quello che di essa ne rimane, era una del­le porte appartenenti alla cinta muraria esterna che fin dal 1325 aveva racchiu­so l’antico “terziere” di “Petriccio” nel castello di Ripomarance.

Disposta a “tramontana” prese il suo no­me dalla strada che di lì si dipartiva in di­rezione di Volterra. Di questa porta attual­mente non rimane che il nome ed un’am­pia apertura tra il Palazzo ex Gardini e la Casa detta dei “Biondi di Porta Volterra­na” (attuale casa comm. Santoli), fra Piazza S. Anna e Piazza de Larderei.

Della demolizione, avvenuta nella metà ottocento, si sono salvate solamente una croce scolpita ed una lapide con iscrizio­ne gotica datata 1325 recante la dicitu­ra: (4)

ANNI.D: M:CCCXXV

Al DI:VI DI MAG.IO.AL TEM

PO DI JOHANNI INTENDI

GUIDO CURSI DE VULTERRE
DE SELICE SOVRASTANTE A CIÒ

Già il Targioni Tozzetti ricordandola nei suoi viaggi (1751) diceva di aver letto in una iscrizione corrosa la data 1325 ed il nome di Guido con la croce d’arme dei Vescovi di Volterra.

Consultando una piantina catastale del periodo Leopoldino (1830 circa) conser­vata presso l’ufficio tecnico comunale di Pomarance è possibile verificare la sua esatta ubicazione e le sue probabili di­mensioni.

Questa porta all’interno presentava un ar­chivolto con due rientranze laterali, larghe un metro e profonde circa ottanta centimetri. Sopra la porta Volterrana vi erano anche due stanze sovrapposte: la prima con probabilità, era munita di due feritoie balestriere ed archibugiere, e sicuramen­te di una finestra sul versante interno del­la contrada di “Petriccio” (attuale Piaz­za de Larderei). Sopra questa prima stan­za esisteva un altro ambiente detto “stan­za a tetto” o “torre” utilizzata come “piombatoia” da dove veniva bersaglia­to a piombo l’assediante che iniziava la scalata.

La porta Volterrana all’esterno era protet­ta da due torrioni laterali (6) e da una “anteportam” come è rilevabile dal paga­mento stanziato nel 1494 dal Comune di Ripomaranci ad “..Agnolo da Colle per una tavola di noce che servì per le spran­ghe dell’antiporta..(7).

L’anteporta era un corpo avanzato in mu­ratura a protezione di quella principale, costituito da un portale in legno, chiuso, oltre che da normali serrature anche da spranghe trasversali e corredata ai lati da feritoie balestriere e archibugiere. Proba­bilmente questo corpo avanzato fu demo­lito attorno al XVII secolo con il conse­guente spianamento del fossato di guer­ra che circondava tutto il castello.

“Leo super porta Volaterranam”

Il Leone sopra la Porta Volterrana

Il castello di Ripomarance, conteso tra il Vescovo di Volterra ed il Comune di Vol­terra per tutto il 1200, nel 1323 era in pa­cifico possesso della Comunità di Volter­ra. Nel secolo successivo, dopo essere stato messo a ferro e fuoco da Niccolò Piccinino nel 1431 e dal Re Alfonso di Aragona nel 1447, nel 1472 venne a far parte della Repubblica Fiorentina dopo la conquista di Volterra ad opera delle mili­zie del Duca di Montefeltro. Ripomaran­ce, che fino all’anno prima era annove­rata come una delle 12 castella apparte­nenti alla giurisdizione di Volterra, favorì in un certo senso la conquista del conta­do volterrano non opponendo resistenza alle milizie fiorentine dandosi spontanea­mente alla Repubblica Fiorentina. Que­sto fatto gli valse non pochi vantaggi: in primo luogo la liberazione da Volterra che pretendeva tasse e gabelle, in secondo luogo la proclamazione a sede del Vica­riato di Val di Cecina con Potesteria giu­ridica e civile.

In conseguenza di ciò vennero innalzate le insegne in onore di Firenze con la “di­pintura del Marzocco” come simbolo di potere e dominazione. (8)

Questa immagine di leone in posizione seduta recante in una zampa lo stemma con lo scudo gigliato, fu dipinta sulla piaz­za principale di Pomarance (attuale Piazza ex Pretura o Piazza Cavour) e sopra le porte d’ingresso del castello come è ri­levabile anche da una deliberazione del 1472 del comune di Ripomarance e ripor­tata dal concittadino E. Mazzinghi:

“…Considerata essere cosa necessaria e di pregio avere preso alle porte et alla piazza le degnissime insegne del Comu­ne di Firenze sotto il comando del quale il comune di Ripomarance venne molto volentieri…. elessero et nominarono l’in­frascritto Andrea che abbia l’autorità e ba­lia di cercare con zelo uno capace e adat­to pittore che abbia a dipingere il Lione e le altre insegne nei luoghi opportuni del castello di Ripomaranci per mettere in buona luce il signor Vicario di detto luogo…. ”(9).

Che l’immagine del leone fosse pitturata anche sopra la Porta Volterrana ne abbia­mo notizia da Giuseppe Pilastri (10) attra­verso la citazione di un fascicolo del con­cittadino Alessandro Funaioli (11) in cui viene fatto sapere che il Consiglio nell’a­dunanza del 18 ottobre 1472 stanziò “li­re 16 soldi 10 a Bernardo del Nese dipin­tore per suo salario e mercede di dipin­gere il Lione della Porta Volterrana e i Lioni della Piazza…’’

L’autore ritiene che detto pittore: Bernar­do del Nese sia invece Bernardo del Le­se, fratello di Benozzo Gozzoli quel “Ma­gister Bernardus olim Sandri de Florentia, pictor, habitator in castri Ripomarancj..” della cui presenza e permanen­za nel castello (1486 -1496) scrisse il Battistini in “Memorie storiche, Volterra, Car­nieri, 1922, p.p. 97 – 98’’.

Dell’immagine del leone sopra la Porta Volterrana se ne ha notizia anche nel lu­glio 1497 in una deliberazione comunale in cui venne stabilito che venisse “.. riac­conciato nel medesimo luogo l’immagine del leone extinta (12)”: leone che era già stato ridipinto l’anno prima (1496) come rilevasi dal pagamento “.. a Màffio dipin­tore per Marzocco fece sopra alla porta Volaterrana; lire 6 soldi 10.” (13)

(CONTINUA)

Iader Spinelli

NOTE

  • Archivio Storico Comunale di Pomaran­ce, F. 119 c. 163 v.
  • Biblioteca Guarnacci Volterra, scaffale L, F. n° 40 c.16 r.
  • Archivio Storico Comunale Pomarance F.119 c.163 v.
  • Decifrazione di don Mario Bocci.
  • Gìov. Targioni Tozzetti: Relazioni di al­cuni viaggi fatti in diverse località della To­scana, Firenze, Stamperia Granducale 1751-54, Tomo II, p.325
  • Il primo a sinistra detto dei “Biondi di Porta Volterrana” ancora parzialmente vi­sibile e restaurato negli anni cinquanta; il secondo a destra detto “Torre del Cardi­ni” posto dove si trova Fattuale Pizzeria BLASI
  • Archivio Storico Comunale Pomarance F.108 c.105 v.
  • Nello stesso periodo venne innalzata an­che l’immagine del “Marzocco” in pietra che fu collocata nel “cassero” sotto la torre campanaria del comune al “canto della Co­starella ‘ La scultura eseguita in pietra are­naria, poggiante su una colonna a forma poligonale alta circa m. 2, fu distrutta du­rante l’ultimo conflitto da un carro arma­to tedesco che urtò il leone riducendolo in frantumi. L’effigie del leone che è visibile attualmente è una riproduzione dello scul­tore volterrano Mino Trafeli eseguita nel dopoguerra. Dell’originale rimane sola­mente la colonna che trovasi collocata sot­to le logge restaurate della ex Pretura e che veniva utilizzata anticamente per l’affissio­ne dei pubblici bandi.
  • E. Mazzinghi Rievocazioni storiche’^ La Comunità di Pomarance anno II Nov. Die. 1969
  • Giuseppe Pilastri, “Istituzione del Mer­cato e Fiera in Pomarance ‘ ‘ Rassegna Vol­terrana, anno III, Fase. II p. 50 anno 1926
  • Alessandro Funaioli, “Memorie stori­che dell’Archivio Municipale di Pomaran­ce, 1866
  • Archivio Storico Comunale Pomaran­ce F. 108 c. 104 r.
  • Ìbidem F. 632 c. 24 r.

LA PORTA VOLTERRANA (II PARTE)

Così come le altre porte principali del castello, questa veniva costantemente sorvegliata da uomini incaricati dal comu­ne di Ripomarance, che su relativo com­penso, intensificavano le guardie nei pe­riodi più turbolenti delle guerre o in casi di epidemie.

L’esempio è confermato dal pagamento ad Antonio di Domenico “portinaro di cor­po” alla Volterrana soldi 15 nel 1454 (13) oppure il pagamento a Menico di Lamber­to nel 1496 ‘‘per fare la guardia” 10 dì alla Volterrana (14); ed anche durante la pe­ste che si propagò nella Val di Cecina tra il 1522 ed il 1528, in cui venne stanziato nel 1524 il pagamento a Giovanni del Chiaia ‘‘di guardia alla Volterrana per causa della peste di Montecastelli” lire 1 (15). Quanto importante fosse la sorve­glianza delle porte esterne viene confer­mato da una deliberazione del 1549 in cui il comune di Ripomarance stabiliva che, per garantire sicurezza ai propri abitanti, i Priori del luogo dovessero obbligatoria­mente cercare casa per casa dei “custodes pro costudiendo ad portas Platee, Vo­lterrana et Orciolina”(16).

LE ALLOGAGIONI DELLE STANZE SO­PRA LA PORTA VOLTERRANA. Con la stabilità politica dello stato Medi­ceo, assicurato fin dal 1537 da Cosimo l° de Medici, l’ambiente che si trovava im­mediatamente sopra la Porta Volterrana non venne ad essere più utilizzato come guardiola, ma ad uso di abitazione, dal quale il comune di Ripomarance traeva entrate di danari per il suo affitto. Fino al 1537, infatti, le entrate del comune era­no basate essenzialmente sui proventi che questo traeva dall’affitto dei frantoi di Petriccio e di Piano, dalle Beccherie, dai forni di Piano e di Petriccio, dai mulini di Terra Rossa e di Presso ed altri; mai pri­ma del 1537 risultavano entrate nel bilan­cio comunale per l’affitto delle ‘‘stanza so­pra la Volterrana”.

Lapide della Porta Volterrana

ANNI. D: M: CCCXXV

Al DI: VI DI MAG. IO. AL TEM

PO DI JOHANNI INTENDI

GUIDO CURSI DE VULTERRE

DE SELICE SOVRASTANTE A CIÒ

Questo sito, così come le altre proprietà comunali, era posto all’incanto dagli uo­mini di comune dopo aver messo i soliti bandi di preavviso della gara d’asta. Se

  1. aggiudicava chi tra i contendenti offri­va più denari. L’affitto della stanza sopra la “Volterrana”, a differenza di altre en­trate, durava solo un anno ed allo scade­re di questo si riproponeva la gara d’asta che veniva generalmente eseguita sotto le logge della piazza del Vicariato o nei pressi della porta Orciolina.
  2. “locatario” che si aggiudicava la “stan­za” doveva provvedere al mantenimen­to di questa fino al momento della ricon­segna, come nel caso di Giovanni del Chiaia al quale nel 1538 venne assegna­ta la stanza ad “una pensione di lire 2 consegnando al detto locatario, chiave, toppa e uscio” (17). Il periodo di affitto del sito iniziava generalmente nel mese di Aprile, come risulta da una deliberazio­ne del 1559 in cui questa venne indicata specificatamente come: “Habitazione, o vero stanza sopra la Volterrana da un per un anno da incominciarsi il 1° di Aprile proximo futuro” (18). L’accesso a questa abitazione era dato tramite una scala in muratura dalla parte interna della Porta Volterrana “a sinistra all’uscire di essa”(19) e dalla quale probabilmente si ac­cedeva anche sulla “Piombatoia” e sul ballatoio lungo la cinta muraria.

A causa forse della mancata igienicità della abitazione questa, alcuni anni più tardi, risultava utilizzata come “pagliaiola” per il Cancelliere nel 1582 (20). Dal 1584 anche la stanza detta “piombatoia” venne a costituire fonte di entrata per il comune; risultava infatti affittata a Giovan Domenico Fiaschi “conduttore della stan­za a tetto” sopra la porta Volterrana per il canone di lire 10 (21).

È in questo periodo che viene indicata an­che come “stanza sopra la porta Volter­rana, cioè la torre”(22) il che fa presup­porre che l’intera struttura muraria fosse notevolmente elevata e risultava allogata verso il 1585 a Domenico Fiasco nel pagamento della prima rata di canone a ragione di lire 10 l’anno.

Piantina Catasto Leopoldino (1860 circa) nel 1830. La Piazza era occupata dal Palazzo Panicacci (U.T. Com.le)

L’affitto di questi due siti è durato all’incirca fino al suo definitivo abbattimento. Nel 1701 questi risultavano allogati a Gio­vanni Canti come rilevasi da una delibe­razione di consegna delle chiavi della stanza “sopra la torre” e della stanza adi­bita a pagliaiola: “….si consegnò al sig. Giovan Gragorio Canti, conduttore della stanza sopra la torre, la chiave medesi­me rotto il manico, avuta da Piero Faini conduttore vecchio per restituirla a suo tempo alla fine della condotta” : “…si consegnò dalli provveditori al sig. Giovan Gregorio Canti le chiavi con la toppa ser­vita all’uscio della pagliaiola sopra la por­ta Volterrana …. per restituirla alla fine della condotta..” (23). Nel XVIII secolo, durante il Granducato di Pietro Leopoldo, le due stanze vennero poste a “livello” dal Comune, cioè cedute in godimento perpetuo fino alla terza linea mascolina, con l’obbligo di pagare un annuo cano­ne. Il 1° agosto del 1777, queste risulta­rono allivellate al sig. Lorenzo Pandolfini che pagava un annuo canone di lire no­ve da pagarsi 1’8 maggio di ciaschedun anno (24). Nel 1793, però, il sig. Lorenzo Pandolfini affrancava il suddetto livello, con accordo del Magistrato comunitativo di Pomarance (11 marzo 1793), a favore dei signori Antonio, Gardino ed altri fra­telli Gardini che possedevano le loro ca­se a confine della Porta Volterrana per un affitto di scudi 52 (25).

LA DEMOLIZIONE

L’imponente struttura della Porta Vol­terrana costantemente restaurata durante i secoli, cominciò a dare i primi sintomi di cedimento nel 1786 in conseguenza delle infiltrazioni di acqua dalle stanze so­vrapposte; causa che indusse le Magi­strature di comune ad ordinare alcune pe­rizie tecniche, per la determinazione del restauro o dell’abbattimento, ad alcuni maestri muratori come ad esempio quel­la di Giovanni dello Sbarba del dì 10 lu­glio 1786:

“lo Giovanni dello Sbarba, perito mura­tore per ordine e commissione di Loren­zo Pandolfini come livellario delle due stanze che vi esistono sopra la Porta Vol­terrana delle Pomarance e avendo visi­tato il posto, si trova che la porta minac­cia rovina e per resarcirla e renderla in bono stato è necessario rifare due can­tonate fabbricate dallo scalpellino e resarcire l’altra cantonata della porta laterale con altra qualità di sassi e resarcire il det­to pilastro che rovina: e tuto il marcimen­to che esiste dalla parte di fori sia fabbri­cato con carcina forte e rena di fiume e Giovanni dello Sbarba si obbliga a pigliare detto lavoro per il prezo di scudi 450; e per la assicurazione delle Signorie Loro sarà mallevadore per cinque anni dal suo mantenimento con la condizione che le travi che sono della comunità facciano fi­nezza di prestarle per puntellare, il detto lavoro; pare che non si possa fare a me­no prezzo per essere lavoro laborioso e di fatica; a tutte queste condizioni pren­do l’impegno..” (26). La porta infatti ave­va avuto uno “sfiancamento … dalla parte interna a sinistra all’uscire di essa e dal­la parte della scala, con pericolo di rovi­na…” (27) come affermava anche il ma­stro muratore Bartolomeo Cappiati dicen­do che il miglior modo per togliere il peri­colo sarebbe stato “il demolire e poi re­sarcire per non incorrere in disgrazia” (28). Dello stesso parere fu anche mastro Luigi Manetti che faceva ascendere la spesa per tale lavoro a scudi 400.

Nella delibera però del 24 gennaio 1786 fu indetto dalle Magistrature “il riattamen­to della Porta Volterrana con stabilità, avuto riguardo mantenere le due stanze che sono sopra di essa (29) e che da­vano un notevole introito nelle casse del Comune.

Con lo sviluppo dell’industria boracifera del conte Francesco de Larderei, inizia­ta nel 1818 circa, questa porta così co­me l’altra detta Orciolina o Massetana, erano frequentemente transitate dai car­ri che trasportavano sai borace verso Livorno per la distribuzione. Da qui infatti passava ormai da decenni la strada detta Massetana che traversa­va internamente Pomarance lungo la via di Petriccio e quella di Borgo creando non pochi problemi nel transito dei “Carriag­gi” per la propria ristrettezza. Il trasporto di questo materiale prezioso indusse le autorità a ristrutturare alcuni tratti di strada Massetana; ed è attorno al 1826 che troviamo la richiesta di Giusep­pe Martellaci di allogare un sito posto sot­to la Porta Volterrana (30) che però non venne concesso perchè si pensava già di “allargare la porta Volterrana per como­do dei carriaggi” . Dell’allargamento e quindi della sua demolizione fu discusso anche nel 1833 come rilevasi da una De­libera del 28 marzo 1833 in cui venne pro­posto l’allargamento della Porta Volter­rana:

‘… sentito la proposizione fatta dal Sig. aiuto Ingegnere del Circondario di Campiglia, e contenuta nel suo rapporto del dì 20 marzo cadente; di allargare la Por­ta Volterrana onde ovviare agli inconvenienti che continuamente accado­no per la ristrettezza nel transito dei bar­rocci specialmente nel tempo di notte. Considerato che questo lavoro si rende indispensabile per contentare la popola­zione che da gran tempo la reclama, e ri­chiede incessantamente    Veduta la detta relazione, che la spesa occorrente per tale allargamento ammonta alla som­ma di lire 600 …. venne dato l’inizio delle pratiche di accollo dei lavori da farsi…” . La spesa che in un primo tempo sembra­va conveniente, fu ritrattata poco dopo; infatti il 23 luglio 1833 vi fu la sospensio­ne della delibera per i suddetti lavori: “…. fatte le migliori riflessioni ed esami al precedente partito emesso dal Magi­strato Loro nella seduta del 28 marzo 1833 … considerato che per fare un la­voro decente come si richiederebbe per allontanare i danni ed il pericolo di rovi­na delle case limitrofe a detta porta …. La Comunità loro entrerebbe in una spesa non indifferente e molto superiore alle presagite lire 600 …. convennero quindi di sospendere per ora il proposto allarga­mento …. riservandosi di trattarne allor­ché la Comunità loro sarà in circostanze di poter supplire senza sconcerto econo­mico alla ulteriore spesa…” (32). La fine della Porta era ormai segnata; infatti il suo definitivo abbattimento avvenne circa 27 anni dopo come risulta da una delibera­zione del 12 luglio 1860 in cui si appren­de che:

… sentita un’istanza avanzata dal sig. Gardino Gardini, nella quale istanza si propone la demolizione della Porta Vol­terrana che dà ingresso al nostro paese, nonché delle stanze sovrapposte in mo­do che restino ai lati alcuni torrini lunghi circa 80 centimetri, chiudendo il vuoto che vi andrebbe a accostare con un mu­ro per l’altezza di tre metri; sentito pur tal proposizione si assumerebbe l’onere del­la esecuzione del lavoro a proprio carico mediante l’indennità di lire italiane 840 pagabili in due rate, e cioè una nel pros­simo anno 1861 e l’altra nel prossimo an­no 1862 senza aver diritto a interesse … Considerato che già da molto tempo que­sta popolazione lamentava l’angustia del passo, ove non si poteva entrare con ca­richi di fieno ed altro;… Considerato che non solo per la detta ragione ma più par­ticolarmente per essere quel sito mal si­curo di notte ove può facilmente nascon­dersi qualche male intenzionato, e compromettere l’altrui sicurezza; per tali motivi i Signori adunati convengono pie­namente a quanto propone il sig. Gardi­no Gardini, ed approvano il lavoro da ese­guirsi….” (33).

Pomarance (1920 ca.) – Via V. Emanuele

Con la definitiva demolizione della porta e la costruzione del terrazzino che esiste ancora oggi nel Palazzo ex Gardini, an­che Vincenzo Biondi, che aveva la pro­pria casa sul lato sinistro della porta en­trando, faceva richiesta alle Magistratu­re di comune di poter costruire un terraz­zino simile a quello del Gardini. Nella de­libera del 27 settembre 1860, infatti si pro­poneva che: ”… il suddetto Biondi col la­voro medesimo porta un maggior ornato per quanto possibile in quel posto, men­tre sarebbe brutto veder un pilastro iso­lato senza alcuna simmetria nè destina­zione; il Consiglio non ha che osservare in contrario, ed accordare la richiesta del Biondi purché il terrazzino sia perfetta­mente identico a quello del sig. Gardino Gardini …” (34).

Con l’abbattimento della Porta volterra­na, in prossimità dell’imboccatura di Piaz­za de Larderei, (area monumento del Par­tigiano di Mino Trafeli) rimasero solamente alcune abitazioni tra cui quella volgar­mente detta “dei tre topi” (35) di proprietà nel 1823 di Vadorini Giovan Battista e nel 1925 di Biondi Onorato alla quale era sta­ta addossata l’abitazione (1843) del ma­cellaio Jacopo Funaioli (36). Nucleo abi­tativo che negli anni trenta risultava di proprietà del sig. Fontanello Fontanelli il quale fu definitivamente demolito nel do­po guerra per rimettere in luce il torrino e parte di mura castellane che erano state occultate. Questo si deve soprattutto all’opera sen­sibile dei tecnici comunali (E. Mazzinghi) e all’allora Sovrintendente Onorario del­le belle Arti N. H. dr. Pietro Biondi che im­pedirono, data l’eccezionale scoperta, do­vuta ai lavori per l’edificazione della nuo­va Cassa di Risparmio di Firenze, che re­stasse alle nuove generazioni testimo­nianza di un passato storico dall’antica Pomarance.

Jader Spinelli

NOTE B1BLIOGRA BICHE:

  • Arch. St. Com.le di Pomarance, F. 105, c. 196 r.
  • Arch. St. Com.le di Pomarance, F. 632 c. 27 v.
  • Arch. St. Com.le di Pomarance, F. 627 c. 81 r.
  • Arch. St. Com.le di Pomarance, F. 112 c. 42 r.
  • Arch. St. Com.le di Pomarance, F. HO c. 210 r.
  • Arch. St. Com.le di Pomarance, F. 113 c. 26 r.
  • Arch. St. Com.le di Pomarance, F. 127 c. 106 r.
  • Arch. St. Com.le di Pomarance, F. 633 c. 90 r.
  • Arch. St. Com.le di Pomarance, F. 633 c. 124 r.
  • Arch. St. Com.le di Pomarance, F. 116 c. 242 r.
  • Arch. St. Com.le di Pomarance, F. 121 c. 46 r.
  • Arch. St. Com.le di Pomarance, F. 127 c. 126 v.
  • BIBL. “GUARNACCI” di Volterra: Giu­stificazioni di Volture 1782 – 1811 della Co­munità di Pomarance.
  • Arch. St. Com.le di Pomarance, F. 378
  • Arch. St. Com.le di Pomarance, F. 127 c. 106 v.
  • Arch. St. Com.le di Pomarance, F. 378
  • Arch. St. Com.le di Pomarance, F. 127 c. 191 r.
  • Arch. St. Com.le di Pomarance, F. 135 c. 204 v.
  • Arch. St. Com.le di Pomarance, F. 137 c. 125 r.
  • Arch. St. Com.le di Pomarance, F. 137 c. 125 r.
  • Arch. St. Com.le di Pomarance, F. 159 c. 39 r.

ed anche Edmondo Mazzinghi “Rievocazio­ni Storiche” in La Comunità di Pomarance.

  • Arch. St. Com.le di Pomarance, F. 159 c. 70 r.
  • Edmondo Mazzinghi “Rievocazioni Sto­riche” in La Comunità di Pomarance Sett. – Ott. 1972.

Arch. St. Com.le di Pomarance, F. 609

Pomarance – Resti della Porta Volterrana (1988)
Le foto sono tratte dall’Archivio dellaAss. Turistica “Pro Pomarance”

LA PORTA ORCIOLINA O MASSETANA (I PARTE)

Un’altra porta appartenuta alla cinta muraria esterna del Castello di Ripomarance era la Porta Orciolina o meglio co­nosciuta come porta Massetana. Disposta a Sud Est di Pomarance, sull’at­tuale via di Porta Massetana di fianco al­la stalla del signor Arturo Fabiani, dava accesso alla contrada di borgo. Da essa si dipartiva, in direzione delle maremme, una delle strade principali del Gran Du­cato di Toscana.(1)

La sua costruzione, databile attorno al XIII – XIV secolo, coincise sicuramente con l’edificazione della nuova cinta muraria di­slocata lungo l’attuale via Garibaldi (o via dietro le mura) che aveva inurbato una se­rie di abitazioni, disposte lungo l’attuale via Roncalli, che dettero origine alla nuo­va contrada di borgo.

Esistono varie ipotesi sulla denominazio­ne di questa porta; Orciolina, infatti, è un toponomio originale e curioso che derive­rebbe dal fatto che la suddetta porta fos­se stata edificata in “.. luogo detto al Or­ciolina..”(2). Dal latino Orcius – Orca da cui Orcia (acqua – ruscello) Orciolina può significare porta dalla quale è possibile raggiungere una vicina fonte o sorgente di acqua. Un’altra ipotesi può essere che Orciolina derivasse dal diminutivo di Por­ta: Porticciolina, Porticciuola; è così, in­fatti, che nel XVIII secolo veniva indicata a testimonianza delle notevoli ristrettez­ze.(3) Ma l’ipotesi più plausibile sull’attri­buzione del nome può risultare dal fatto che nel 1411 nelle vicinanze della porta Orciolina esisteva una fornace (4) specia­lizzata probabilmente nella produzione ceramica di Orci ed Orciolini (utilizzati co­me recipienti per il vino). La Porta Orcio­lina non va confusa con la quasi omonoma Porta Orcolina o al Peso ancora oggi esistente tra Piazza S. Carlo e Via Ron­calli, infatti, come risulta da documenta­zione d’archivio, questi sono due acces­si ben distinti tra loro.

Veduta prospettica della Porta Orciolina o Massetana elaborata da una piantina catastale del periodo leopoldino (1825 c.a.). in primo piano il baluardo di porta Orciolina; sullo sfondo Torre di Cancelleria.

La conferma di tutto ciò è data dagli “esti­mi” nei quali risulta che le abitazioni e le botteghe confinanti con la porta Orcioli­na non erano le stesse con quelle confi­nanti con la Porta al Peso o Orcolina. Inol­tre, nei libri dei “saldi” del comune di Ripomarance, risultavano stanziamenti agli uomini incaricati per le guardie alle por­te del castello, periodicamente pagate per la porta Orciolina.

Veduta del Palazzo Larderei eretto nell’area occupata dal Baluardo e dalla Torre di Cancelleria. A destra resti della Porta Orciolina (Foto G. Baroni).

La certezza che la porta Orciolina fosse realmente la porta esterna situata a “mezzogiorno” la possiamo avere con­sultando l’Archivio Comunale dove un do­cumento del XVIII secolo toglie tutti i pos­sibili dubbi. Questo è tratto da una rela­zione sulle strade e fabbriche della terra di Pomarance nella cui descrizione det­tagliata veniva esposto che la strada Ma­remmana …“si staccava dalla Porta Or­ciolina, o sia Maremmana per la parte di mezzogiorno in direzione dei castelli di Serrazzano, e Lustignano fino al confine con la comunità di Monterotondo…”(5). A conferma di quanto detto in un’altra re­lazione dello stesso periodo concernen­te la descrizione della strada che condu­ceva al castello di S. Dalmazio veniva an­notato che ”… la detta strada ha il suo principio dalla porta delle Pomarance det­ta Orciolina, o sia Maremmana per la par­te di Mezzogiorno…”. Questa porta a differenza della Volterra­na, che per secoli mantenne lo stesso no­me, nel corso degli anni venne indicata in più modi: Porta Maremmana, Porta Massetana, Porta Castelnovina a secon­da delle località che si dovevano raggiungere. Fin dalla sua costruzione la Porta Orciolina o Massetana era protetta da una torre laterale di forma circolare detta an­che “baluardo” sulla sinistra entrando e da un’altra torre cilindrica a circa 70 me­tri disposta sulle antiche mura di “Borghetto” (lato Misericordia) detta Torre del­le Rocche o Torre del Pandolfini, lungo la strada che porta al podere detto della “Concina” (fine di via del Giardino).

Da queste due torri poteva essere facil­mente colpito l’assediante che si avvici­nava all’abbattimento della porta, con ti­ro radente alle mura tramite le caratteri­stiche feritoie archibugere e balestriere ri­cavate nell’interno delle stesse.

Il posizionamento esatto però della porta Orciolina, che fino ad oggi era rimasto sconosciuto, e dell’andamento delle mu­ra castellane nella zona di “Tribbietto” (tre vie esterne) che andava dalla torre del Pandolfini fino alla torre di Cancelleria, è dato da un disegno catastale a china su carta vegetale marrone del secolo XIX (catasto Leopoldino) conservato nel no­stro Archivio Comunale (6) nel quale è possibile verificare:

  1. il posizionamento all’interno delle mu­ra castellane dei vari edifici che furono de­moliti per la costruzione del Palazzo de Larderei;
  2. l’andamento angolato delle mura ca­stellane dalla torre di Cancelleria al ba­luardo della Porta Orciolina;
  3. Il percorso della strada Maremmana che uscendo dal borgo e voltando subito a destra passava sotto il grosso baluar­do in forte discesa.

Le dimensioni dell’ “Orciolina” erano no­tevolmente ridotte; costruita probabilmen­te a “sesto ribassato” aveva una larghez­za di “quattro braccia e mezzo” corri­spondenti a metri 2,61 (7) ed era sovra­stata dalla caratteristica “piombatoia” dalla quald’sicuramente veniva azionato il congegno di sollevamento della “Can­cellata” in ferro detta “rastrello”. Questa era anteposta al portale in legno e veni­va fatta scorrere in una intercapedine ri­cavata nel muro larga circa 15 centime­tri. L’esistenza di questa protezione è confermata dal pagamento fatto nel XVI secolo dal comune di Ripomarance a Gio­vanni di Simone: “.. per fare un rastrello alla porta Orciolina e per eseguire la bat­titoia nuova di detta porta soldi 14…”(8). Testimonia anche il pagamento per la messa in opera al mastro muratore Do­menico di Martino del “rastrello alla por­ta Orciolina”(9).

Le prime notizie sulla suddeta porta risal­gono al 1464, anno in cui il comune di Ri­pomarance stanziò il pagamento a Cristofano di Antonio di Francesco di lire 15 per essere stato di guardia “.. due dì all’Orciolina..”(10). Pagamenti risultano effet­tuati anche nel 1496 a Tommaso di Mar­silio (11) oppure nel 1524 a Menico di Mi­chele e Niccolò Loggia …. “Portinari all’Orciolina. .”(12).

Frequenti furono fin dalla sua costruzio­ne i restauri effettuati durante i secoli per la manutenzione come ad esempio il pa­gamento a Giovanni di Marsilio per “…sei opere a fare l’angolo dell’Orciolina ..” nel XVI secolo (13) oppure, sempre nello stesso periodo il pagamento a Giovanni di Simone per “tre tavoloni di noce per detta porta”(14). Nel 1501 il castello di Ripomarance subì l’aggressione dei pisani capitanati dal Vitellozzo, al soldo di Cesare Borgia; fu una battaglia estenuante di sette ore che dan­neggiò mura ed abitazioni, ma l’aggresso­re fu respinto dai valorosi castellani (15). In questo periodo frequenti sono gli stan­ziamenti per il risarcimento delle mura, delle torri e delle anteporte, lavori affida­ti spesso a maestranze non locali come nel 1503 quando fu commissionata la rea­lizzazione di una nuova anteporta all’Orciolina.

Disegno catastale (1824 c.a.) conservato nell’archivio storico comunale di Pomarance (F. 393). La Porta Orciolina si trova tra le particelle catastali n° 284 e n° 285.

In quell’anno infatti gli uomini deputati alla guerra “locavano” il lavoro di costruzio­ne di una anteporta all’Orciolina secon­do patti e capitoli stabiliti e sottoscritti dal consiglio di Ripomarance a Mastro Dome­nico da Colle. Nella delibera viniva stabi­lito che “… detti allogatori (Comune di Ri­pomarance) abbiano a dare la calcina per detti lavori alla fornace del comune …. et che il conduttore la dovesse spegnere e condurre a sue spese………………………. che detti allo­

gatori gli abbiano a dare la rena scoper­ta dove è solito cavarsi e dargli la rena spedita et il conduttore la à condurre a sue spese      item detti allogatori gli han­

no a passare i sassi ai piè del muro et dar­gli massi cavati e rotti et le pietre accan­to…. et nello stesso modo gli hanno a da­re l’acqua al pozzo di Michele…”.

Era stabilito inoltre che i priori dovevano concedere una stanza per abitazione “…mentre sta nell’opere del comune sen­za costo ..”(16) e che il Mastro Domeni­co da Colle “..avesse a fare il suddetto lavoro con diligentia et soffittione… di buon maestro..”.

L’anteporta si staccava dalle mura castel­lane seguendo un ripido tratto di strada in discesa lungo dieci braccia (metri 5,80 circa) come risultava da una relazione tecnica del XIX secolo quando esisteva ancora (17).

Era nello spazio tra la porta e l’anteporta che si svolgevano anche gli incanti dei proventi del comune di Ripomarance co­me è rilevabile da alcune deliberazioni co­munali del XVI secolo in cui veniva ratifi­cato: “… sedenti gli spettabili priori alla porta Orciolina (1559) si dà inizio all’in­canto dei sopracitati proventi…”(18).

La stessa cosa avveniva anche nel 1561 e precisamente il 23 novembre in cui ve­niva deliberata esplicitamente: “…sedenti gli spettabili priori nella panca fuor della porta detta volgarmente Orciolina… do­ve altre volte si sono usate fare le pubbli­che subastazioni et incanti delle gabelle del comune….”(19).

(CONTINUA)

Jader SPINELLI

NOTE BIBLIOGRAFICHE

  • Nel 1983 durante un lavoro di ripara­zione di una fognatura in via Porta Massetana proprio di fronte alla stalla del sig. Fabiani Arturo ebbi l’opportunità di vede­re, ad una profonditàdi circa m. 1.50, i re­sti della spalleta dell’antica porta Orcioli­na in bozze di tufo squadrate ubicata esattamente a 9 m. dall’angolo dell’antrone di Palazzo de Larderei.
  • Archivio Storico Comunale F. 426 c.218 r. ESTIMO 1532.
  • Archivio Storico Comunale F.378
  • STUDIO SULLA PRODUZIONE CERA­MICA IN POMARANCE della Dott.ssa Adele Coscarella. 1986; COSCARELLA – M. DE MARCO – G. PASQUINELLI – Te­stimonianze Archeologiche della Produ­zione Ceramica a Pomarance – Archeo­logia Medioevale XIV 1987.
  • Archivio Storico Comunale F. 378
  • Archivio Storico Comunale F. 393 Presso l’Ufficio Tecnico Comunale di Po­marance è conservata una piantina di Po­marance (Catasto Leopoldino 1825 circa) con agiornamenti catastali fino al 1860 nella quale si rilevano essere state can­cellate le particelle catastali delle abita­zioni nei pressi della Porta Orciolina do­ve in seguito fu edificato il grande Palaz­zo de Larderei.
  • Archivio Storico Comunale F. 492
  • Archivio Storico Comunale F. 74 c. 40 v.
  • Archivio Storico Comunale F. 74 c. 40 r.
  • Archivio Storico Comunale F. 105 c. 16 r.
  • Archivio Storico Comunale F. 632 c. 29 r.
  • Archivio Storico Comunale F. 627 c. 79 v. c. 81 v.
  • Archivio Storico Comunale F. 632 c.103 r.
  • Archivio Storico Comunale F. 632 c. 40 r.
  • Alessandro Funaioli – MEMORIE STO­RICHE DELL’ARCHIVIO MUNICIPALE DI POMARANCE – 1886 Firenze Uffizio della Rassegna.
  • Archivio Storico Comunale F. 108 c.163 r.
  • Archivio Storico Comunale F. 422
  • Archivio Storico Comunale F. 113 c. 26 r.
  • Edmondo Mazzinghi – RIEVOCAZIO­NI STORICHE – “La Comunità di Poma­rance” Maggio – Giugno 1970

LA PORTA ORCIOLINA O MASSETANA (II PARTE)

Consultando una piantina catastale del XIX secolo, conservata presso l’Archivio di Stato di Pisa (19), è possibile verificare lo sviluppo urbanistico nei pressi della Porta Orciolina, nel tratto di strada in sa­lita, che conducendo all’altra porta detta al “Peso” (o Orcolina) veniva denomina­to sdrucciolo del Marchionneschi (1780 – 1800). (20)

Stando agli estimi del XVI secolo, nei pressi di questa porta erano ubicate va­rie abitazioni e botteghe artigiane, alcu­ne delle quali proprio a ridosso della “Or­ciolina” ; alcune di queste svolsero la lo­ro attività fino alla metà del XIX secolo. Troviamo indicata ad esempio nel 1544 la casa di Gismondo di Michele con bot­tega posta “.. alla Porta Orciolina” oppu­re l’altra di Tome di Gismondo che era po­sta in Borgo in “.. luogo detto al Orcioli­na ..”.(21)

Entrando nella contrada di Borgo, in pros­simità della Porta, a destra e a sinistra, fin dal XVI secolo erano state costruite due abitazioni che resero ancor più an­gusto il passaggio lungo la via interna di Ripomarance.

La casa di sinistra entrando in castello (particella catastale 284) nel 1632 appar­teneva a Giulio di Guglielmo Micheli ed era indicata in ”… luogo detto alla porta Orciolina in piazza Padella …”.(22) Piazzetta quella “Padella”, formatasi at­torno al XVII secolo e nella quale esiste­va anche un pozzo pubblico detto appun­to di “.. piazza Padella..” (1700) che era a contatto della casa del sig. Falconcino Falconcini.(23) La piccola casa di destra (particella ca­tastale 285) era di proprietà ai primi del settecento del sig. Giovanni Antonio Pandolfini iscritto all’arte dei Vasai e Cuoiai come il sig. Antonio Maria Sorbi, che svol­gendo attività di Calzolaro possedeva nei pressi della porta un “mortaio da concia” posto “.. fuori porta Orciolina..”.(24) All’esterno di questa porta furono costrui­te alcune abitazioni aventi l’appoggio al­le mura castellane di “borghetto”.(25) Attorno al XVIII secolo fu concesso il per­messo di costruire una nuova “fabbrica” «.. fuori la porta Orciolina presso il baluar­do, ossia la torre del Pandolfini… » al sig. Givon Battista Pandolfini (26) che fu uti­lizzata al piano terra come frantoio. Ai pri­mi dell’ottocento questo edificio risultava di proprietà degli Inghirami di Volterra. Sempre nel XVIII secolo la porta Orcioli­na veniva indicata anche come “Porticciola” in una relazione tratta dal campio­ne di Strade e fabbriche della Comunità delle Pomarance del 1778 (27); dai primi dell’ottocento in poi la porta venne indi­cata prevalentemente come “Porta Ma­remmana” o “Porta Massetana” (Nei pa­ragrafi successivi utilizzeremo questa no­menclatura riferendoci alla suddetta porta).

Fig. 1 – Catasto Leopoldino (particolare) 1823 Archivio di Stato di Pisa

CAMBIANO I TEMPI

Il primo ventennio del XIX secolo fu per la Comunità delle Pomarance un perio­do di notevole sviluppo economico e com­merciale che ebbe il suo inizio con lo sfruttamento dei “bulicami” o “fummacchi” di Larderello, per l’estrazione dell’a­cido borico contenuto nelle acque stes­se, ad opera del pespicace ed ingegno­so Larderei del “Delfinato” francese nel 1818. La notevole richiesta del prodotto utilizzato in vari campi artigianali, indu­striali e farmaceutici, fecero transitare lun­go la strada Maremmana o Massetana, che traversava l’intera comunità delle Po­marance, un gran numero di “vetture” o “carriaggi” che portavano il prodotto ver­so il porto di Livorno.

Ripomarance (sec. XVII) – Veduta del Tribbietto e della cinta muraria.

Furono fatti nuovi tracciati nei punti più ripidi e pericolosi, ed effettuate manutensioni alle strade, che in gran parte allora erano strette e sterrate.

La strada Maremmana, il cui tracciato tra­versava l’interno di Pomarance da seco­li, venne in alcuni punti ristrutturata, so­prattutto presso la “Porta Maremmana” che era, data la forte discesa, il punto più pericoloso dei “carriaggi”. Questo indus­se le Magistrature di Comune, di cui fa­ceva parte anche l’interessato Larderei, a modificare in breve tempo il tracciato della strada che in seguito portò alla de­molizione dell’antica porta medioevale. In previsione dell’abbattimento della porta Massetana, nel 1817 fu acquistata dal Co­mune la casa del Sig. Pandolfini (28) per lire 310, situata sulla destra entrando in “borgo”.(29)

Nello stesso periodo troviamo anche una relazione dettagliata per la nuova pavi­mentazione del tratto di strada che por­tava dalla Porta Massetana alla Bottega del Sorbi. (30)

Il solito punto di strada assai ripido fu ri­strutturato anche due anni più tardi (1819) ed i lavori furono accollati al perito selcia­tore Giuseppe Beliucci “… dal punto detto di Piazza Padella allo sdrucciolo della Marchionneschi …. e fuori di porta Mas­setana…”(31)

Lo sviluppo industriale di Larderello nel 1823 indusse gli uomini di Comune a de­viare il percorso stradale che passava per il podere “Aia” all’attuale strada statale

(cancello di Gallerone) dove esisteva una piccola cappella detta di San Carlino; ma fu attorno al 1825 che lo stesso comune commissionava a due ingegneri del Cir­condario Pisano di Campiglia alcune re­lazioni di spesa per ristrutturare il tratto di strada Maremmana che andava in ri­pida salita dal fosso dell’ortolano (attua­le podere Burraia) fin dopo la porta Ma­remmana:

“ Commissionarono al sig. Ingegnere Giuseppe Franchini di compilare solleci­tamente una relazione del tratto di stra­da dalla Porta di Pomarance detta Ma­remmana …. con precisare dettagliatamente la spesa, qual tratto è indispensa­bile di nuovamente costruirsi per introdur­re la strada così detta Maremmana nella terra di Pomarance pregandolo di farsi premura perchè in detto punto la strada venga del più facile accesso…………………………………… alla vol­

tata cosi detta di Luigi Sorbi per entrare nella buga interna di Pomarance; e che la strada venga pianeggiante quanto pos­sibile e di più facile accesso per carroz­ze e carriaggi..”.(32)

Nella relazione dell’ingegnere Franchini era previsto, come poi fu sicuramente at­tuato, innanzi tutto un piazzale grande di fuori alla Porta Maremmana (di fronte al­l’attuale caserma dei Carabinieri) di cir­ca 1200 braccia e si potesse “…imbrec­ciar la nuova strada Massetana, la qua­le, dopo aver abbandonato il campo del­l’ortolano e attraversando la via del fos­so, terra dell’antiche carbonaie, e circo­lando il baluardo, che è unito alle mura castellane, farvi capo nel piazzale suddet­to in gran circolazione medesima; la qua­le si potrà fare con rialzamento alla so­glia di detta porta Maremmana di brac­cia due almeno, e così di seguito si potrà render più unita la forte salita che trovasi nel l’interno del paese alla via della Can­celleria (o di Borgo) la quale è assai pia­neggiante…” .(33)

Planimetria catastale 1940 circa – visibile il complesso dei «Casalini» oggi demolito – U.T. Comunale Pomarance.

Con il rialzamento della strada erano inol­tre previsti alcuni risollevamenti delle so­glie di botteghe e cantine ed anche un piccolo sdrucciolo in discesa per andare in Piazza Padella che sarebbe rimasta cir­ca un metro e venti più bassa del nuovo livello stradale. Nella relazione era ipotiz­zata una spesa di lire settecento anche per l’ingrandimento della “luce della por­ta Maremmana” …. con il disfacimento del casamento sulla destra acquistato an­ni addietro; era previsto inoltre il rifaci­mento della suddetta porta con nuovo ar­co coperto ed il restauro delle vecchie mura.

Questa la relazione presentata alle Ma­gistrature di Comune nel 1826 per i lavo­ri da eseguire:

“… fu presentato loro il disegno stato ri­messo a questa Cancelleria dall’illustris­simo sig. Ingegnere Giuseppe Franchini per la nuova costruzione della porta Ma­remmana, la quale viene progettata in due aspetti; cioè ricostruzione dell’intera porta con pietrame figurato con arco o ri­costruzione di detta porta a barriera… con voti favorevoli quattro uno contrario, con­vennero che fosse portato ad assetto il di­segno della ricostruzione a Bar­riera…” .(34)

L’abbattimento dell’antica porta medioe­vale ed il rialzamento del livello stradale provocò nel punto di piazza Padella no­tevole pericolo come è testimoniato da una istanza del sig. Falconcini nel 1827 nella quale si domandava un pronto re­stauro dello “sdrucciolo di piazza Padel­la” resosi pericoloso ed impraticabile per chi doveva andare a prendere l’acqua al pozzo pubblico.(35)

Attorno al 1843 la porta a “barriera” Massetana veniva indicata anche come por­ta Castelnovina in una istanza del mastro muratore Giuseppe Orzalesi per l’edifica­zione di una nuova “fabbrica” sul proprio terreno. Con la suddetta richiesta chiede­va l’appoggio della casa sul parapetto e muro a retta della strada provinciale Massetana ”… posta presso la porta Castel­novina di Pomarance”.(36)

La definitiva demolizione di questa imboc­catura e di una parte delle vecchie mura castellane avvenne attorno alla metà del­l’ottocento con la costruzione del grande palazzo nobiliare dei De Larderei che an­cora oggi troneggia ben restaurato sulla via Garibaldi.

Purtroppo attualmente, dell’antica porta medioevale non rimane che la terminolo­gia data alla via ai primi del novecento: Via di Porta Massetana.

Jader Spinelli

Pomarance – Via Porta Massetana (1988)

NOTE BIBLIOGRAFICHE

  • Archivio di Stato di Pisa; Comunità di Pomarance – Sezione C delle Macie e Po­marance – N° 27 scala 1 : 1250 Geome­tra Domenico Pazzi – Terminata il 6 mag­gio 1823
  • Il Notaro Giuseppe Marchionneschi, aveva la propria abitazione nei pressi del­la Porta al Peso (o Orcolina); provenien­te da Guardistallo era sposato con Fan- tacci Anna ed abitavano nella casa detta dei Fantacci in Piazzetta di Borghetto (Piazza S. Carlo).
  • Archivio Storico Comunale F. 426 c. 102 r.
  • Ibidem, Estimo 1632 F. 430 c. 98 v.
  • Ibidem, F. 378
  • Ibidem, F. 243 c. 31 v. (anno 1720 ca.); stando ad un elenco dei Mortai da Concia posseduti dal sig. Antonio Maria Sorbi la porta Orciolina era indicata an­che come “Porticciolina”
  • L’antica contrada di “Borghetto” era quella comprendente l’attuale piazzetta di San Carlo fino oltre la cosiddetta “Ca­sa del Barbarossa” dove esisteva la chie­sa di S. Michele con l’ospedale sprofon­dati nel secolo scorso nelle “Grotte”
  • Archivio Storico Comunale F. 378 (an­no 1747); la torre detta del Pandolfini è quella ancora esistente in via del Giardi­no (già della Concina) di proprietà del sig. Galletti Arias.
  • Archivio Storico Comunale F. 378
  • Figura n° 1; piantina catastale otto­centesca. Questa casa corrispondente al­la particella catastale n°285 era di pro­prietà del sig. Pandolfini Antonio di Gio­vanbattista.
  • Archivio Storico Comunale F. 422
  • La bottega di Luigi Sorbi era situata all’inizio di via del Borgo (attuale via Ron­calli) nei pressi della porta al Peso (o Or­colina) a ridosso delle mura castellane dette di “Piano”; questa si trovava a con­tatto dell’attuale garage del sig. Biondo Bongi.
  • Archivio Storico Comunale F. 656 c. 28 r. Lo sdrucciolo della Marchionneschi era quel piccolo tratto di via dalla porta Orciolina o Massetana alla bottega del Sorbi.
  • Archivio Storico Comunale F. 135 c. 124 v.
  • Archivio Storico Comunale F. 135 c. 124 v. In questo luogo, utilizzato per fare il grande piazzale fuori di Porta Marem­mana, denominato il Tribbietto (tre vie esterne) vi era da secoli una importante coltura di “Mori o Gelsi” per la produzio­ne del baco da seta. Di proprietà del Co­mune questi erano allivellati nel 1826 a certo Francesco Funaioli. In quell’anno parte della proprietà allivellata, fu espro­priata per l’allargamento del piazzale di­nanzi alla Porta Maremmana come rile­vasi dalla richiesta di diminuzione di ca­none di livello da parte di Francesco Fu­naioli per il luogo denominato “i Mori di Tribbietto”. In questo luogo esisteva an­che una discarica pubblica, i cui detriti, sassi calcinacci ed altro, dovevano essere utilizzati, come stabilito dalle Magistratu­re, dal Perito selciatore Giuseppe Bellucci per l’ingrandimento del Piazzale. (F. 135 c.203 – 204).
  • Archivio Storico Comunale F. 136 c. 2 v. ; E. Mazzinghi – Rievocazioni Stori­che – La Comunità di Pomarance anno V° Aprile – Agosto 1972
  • Archivio Storico Comunale F. 135 c.
  • 62 r. Archivio Storico Comunale F. 393

LA PORTA DI PIAZZA O A CASÒLLE

Uno dei principali accessi al castello di Ripomarance, conservato fino ai nostri giorni, è la porta di Piazza, meglio cono­sciuta come porta “a Casèlle”, che insie­me alle altre due porte esterne, Volterra­na ed Orciolina, consentivano l’ingresso in Ripomarance.

Databile attorno all’ XI secolo, è certa­mente una delle più remote porte che si possono vedere nella parte più antica del centro storico di Pomarance (Piazza Ca­vour). Da questa si dipartiva un tempo una delle strade medioevali in direzione di levante verso Berignone.(l) La sua costruzione risale all’edificazione della prima cerchia muraria del castello medioevale nell’XI secolo, che aveva rac­chiuso l’antico Cassero (area ocupata dal Palazzo ex Pretura).

Ricostruzione Ipotetica dell’Anteporla di Piazza.

La Porta di Piazza fu concepita architet­tonicamente in dimensioni notevolmente ristrette, infatti risulta avere un’altezza di circa m. 2,76 ed una larghezza di m. 1,77. Costruita con un arco a “sesto ribassa­to” presenta ancora ben conservate nel­la parte interna dell’archivolto due “ban­delle” scolpite in tufo nelle quali ruotava­no gli arpioni del portale in legno.(2) Da questo ingresso, in ripida discesa, si staccava l’antica strada in direzione di Casole (derivante la nomenclatura di Por­ta a Casolle), di cui rimangono alcune tracce nella zona di Catarello, che con­duceva anche all’antica fonte di “Cannerj”.

All’esterno della porta, racchiuso da una cerchia muraria vi era un antico borgo, di cui oggi non rimane alcuna traccia ma che nel XV secolo doveva ancora esiste­re; infatti nell’estimo del comune di Ripo­marance (1464) risultava che certo An­drea di Nanni Sottile possedeva un orto confinante con …il muro castellano di Cannerj ….(3)

La Porta di Piazza fin dalla sua costruzione era munita della caratteristica “piom­batoia” e protetta lateralmente da un grosso torrione quadrangolare di cui an­cora oggi è possibile vederne alcune trac­ce. Questa era protetta inoltre da un’“anteporta” che risulta essere ristrutturata at­torno al 1496 quando furono stanziati dal Comune di Ripomarance pagamenti ad alcuni mastri muratori per …il muro del­l’antiporta di Piazza o a Casolle …:

…a mastro Antonio Fornaciaio per uno stanziamento per l’antiporta lire 1 soldi 10…

…a mastro Martino Lambardo per parte di due opere a murare la porta lire 7 e sol­di 10..

…a se Camarlengo per due pezzi di ta­vola per fare acconcimi alla porta .. soldi 6..

…a Giacomino da Montecerboli per 30 staia di calcina per decta porta lire 5… .(4) All’interno dell’anteporta era edificato an­che un ambiente nel quale potevano ri­pararsi le guardie che sorvegliavano la Porta di Piazza. Infatti attorno al 1499 ve­nivano pagati dal comune alcuni lavori a certo Francesco di Leonardo… per un’o­pera di asino a portare mattoni per l’arco tondo et pannelloni per la copertura del­la casotta dell’anteporta di Piazza… .(5) I primi anni del secolo XVI furono turbati dall’assalto al castello di Ripomarance da parte delle soldataglie del Duca Valenti­no capeggiate dal Vitellozzo, le quali ar­recarono con cannoneggiamenti danni al­le mura castellane ed alle abitazioni pur non riuscendo a saccheggiare Ripoma­rance. Dei danni arrecati alle muraglie ab­biamo notizia da una provvisione del 26 aprile 1501 con la quale venivano decre­tate riparazioni alle mura castellane diroc­cate o minaccianti rovina; vi erano addi­rittura imposizioni di prestiti per sopperi­re alle spese.

A pochi anni di distanza da questa prov­visione, nel 1503, gli uomini di comune allogavano anche la costruzione di un “ri­vellino” all’esterno delle mura castellane nei pressi della porta di Piazza.

Le impellenti necessità di quei turbolenti periodi decretarono l’assegnazione dei la­vori all’esperto mastro Domenico da Colle con l’impegno del comune di portargli, durante la costruzione, le pietre ed i sas­si ed il permesso di prendere l’acqua al­la cisterna di Piazza e che questi avesse ….a fare le mura del rivellino grosse se­condo il bisogno et fare una porta con le dovute misure … .(6)

La costruzione del rivellino, che doveva avere una certa importanza strategica dal punto di vista bellico, veniva anche con­fermata da un pagamento allo stesso ma­stro muratore Domenico di Colle per una … manifattura di canne 60 di muro al ri­vellino di Piazza … .(7)

Lo stesso baluardo esisteva ancora nel 1586 quando venne stanziato dal comu­ne il pagamento a Bernardino di Giovan­ni di Maffìo per essere stato due giorni a sgombrare il rivellino di Piazza .(8) Nei pressi della porta vi era posta anche la sede del comune di Ripomarance co­me risulta da un estimo del 1538 in cui questa era indicata… posta in piazza ad presso alle mura castellane sopra la por­ta (9)

Attorno al 1549 la porta di Piazza o a Ca­sèlle veniva anche denominata come Por­ta ad Selice in una deliberazione comu­nale , forse a testimoniare l’antico selciato che era collocato sulla stradaci 0) Infatti nel XVI secolo venivano pagate al mastro muratore Giovanni di Bastiano Sorbi …due opere a fare la selice alla por­ta di Piazza .(11)

Durante i secoli furono costanti le manu­tenzioni effettuate alla porta come ad esempio gli stanziamenti a Giuliano Ma­gnano per … il restauro della porta di Piazza .. nel 1550 (12) oppure a Benedet­to Fantacci per.. aver acconciato la por­ta di Piazza che non si poteva ferrare .. ■(13)

Secondo l’estimo del 1580 nei pressi di questa porta vi erano alcuni appezzamen­ti di terreni adibiti ad orti come quello di Giovanni Antonio Roncalli (padre di Cristofano Roncalli pittore detto Pomarancio il giovane) posto… fuori del castello et an­temuro di Ripomaranci in luogo detto al­la porta di Piazza .. .(14)

Veduta Esterna Porta di Piazza

Da questa porta era possibile raggiungere facilmente l’antica “fonte di Cannerj”; fu questo forse il motivo che dal XVIII al XIX secolo la Porta di Piazza o a Casèlle ven­ne deniminata “Porta alla fonte” come te­stimoniano alcune deliberazioni del Co­mune delle Pomarance. Nel 1720 circa in­fatti, troviamo alcune allegagioni di ap­pezzamenti di gelsi o mori dislocati lun­go via “dietro i fossi”:

.. dalla porta alla fonte fino alla porta Vol­terrana …(15)

La stessa denominazione era data anche nella prima metà dell’800 come risulta da un rapporto comunale del 1844 per l’am­pliamento del luogo destinato a pubblico mercato. Nella relazione era deciso infatti la costruzione di un muro “a selice” lun­go braccia 18 il quale .. si dipartiva dalla soglia destra della Porta alla Fonte e ter­minasse fino ad annullare al piano della piazza del Vicariato presso la cisterna … •(16) A ridosso della porta alla fonte, nella parte interna, era stato costruito fin dalla secon­da metà del 700 un archivolto in mattoni che ebbe il suo appoggio nelle mura del­la casa di Vettore Funaioli (attuale casa Valentini giuseppe) che sosteneva alcune stanze comunitative di proprietà dell’Accademia dei Terrazani di Pomarance. Successivamente queste furono ristruttu­rate come sede per Carabinieri. La stes­sa denominazione si aveva anche attor­no al 1845 quando venne eseguito un mu­ro a sostegno sotto la porta alla Fonte dal mastro muratore Giuseppe Magistri ser­vendosi di vecchi materiali di disfacimen­to provenienti.. dalla volta del terrazzo di Vettore Funaioli che cedette gratuitamen­te alla comunità …(17)

Porta di Piazza Restaurata nel 1980.

Oggi recandosi in Piazza Cavour (già del Vicariato) possiamo vedere la porta a Ca­sóne nel suo stato originario dopo l’inter­vento di restauro, avvenuto attorno al 1980, da parte del Comune di Pomaran­ce. Il restauro non solo ha permesso di valorizzare la suddetta piazza, ma anche una delle poche testimonianze storiche ancora esistenti nel nostro paese.

Jader Spinelli

Epigrafe e Stemma Fonte di Cannerj

NOTE BIBLIOGRAFICHE

  • Tracce di questa strada medioevale esistono ancora presso il podere La Con­cia proseguendo via dei Fossi.
  • Notizia fornitami gentilmente dallo sto­rico Mons. Don Mario Bocci.
  • ARCHIVIO STORICO COMUNALE – Estimo 1464 F. 426 c. 35 r.
  • ARCHIVIO STORICO COMUNALE – F. 632 c. 62 r.
  • Ibidem.
  • ARCHIVIO STORICO COMUNALE – F. 108 c. 163 r.
  • ARCHIVIO STORICO COMUNALE – F. 632 c. 117 v.
  • ARCHIVIO STORICO COMUNALE – F. 41 c. 213 r.
  • ARCHIVIO STORICO COMUNALE – F. 426 c. 12 r.
  • ARCHIVIO STORICO COMUNALE – F. 112 c. 422
Via della Fonte

L’antica fonte di Cannerj è ubicata al di sotto del campo sportivo II Piazzone ed è ancora oggi utilizzata come lavatoio pubblico. Dell’antico edificio rimane an­cora la parte inferiore costituita da due grandi archi in tufo. Nella parete centra­le sono ancora conservati: uno stamme raffigurante il capo d’Angiò o rastrello, una piccola croce ed una pietra arenaria consunta dal tempo nella quale si posso­no leggere solo alcune lettere in caratte­ri gotici. L’epigrafe è datata 1333 come risulta da cartolina postale edita da Aral­do Pineschi Pomarance (1940 ca.). La parte superiore ristrutturata fu utilizzata come cappella e presenta sopra la porta d’ingresso una pietra calcarea con la da­ta 1615. Questa la descrizione della fon­te di Cannerj in una relazione del XVIII se­colo: La fonte pubblica trovasi: fuori del­la terra di Pomarance per distanza di cir­ca un quinto di miglio, alla quale si per­viene dalla Porta detta alla Fonte con stra­da china, in alcuni pezzi piana che pas­sa da sinistra dalle vigne del sig. Giusep­pe Biondi e del sig. Domenico Bartolini et a destra dai terreni o luogo detto alla Concia di proprietà della Cappella di S.

Andrea, e proseguendo passa dal bivio che porta ai Giardinelli e scendendo a detta fonte questa è composta di tre va­sche; la prima ove vi è la sorgente, la se­conda ad uso di abbeveratoio di bestie la terza ad uso di lavatoio; per di sopra alla sorgente vi esiste una chiesa detta di Sant’Antonio di pertinenza della cappel­la del Patibolo e per ogni sua parte è con­finata dai beni del sig. Giuseppe Biondi nel podere detto della Fonte ….

Fonte di Cannerj (1333)
  • ARCHIVIO STORICO COMUNALE – F. 395

Probabilmente attorno alla metà del XIX secolo era stato rialzato il muro fino all’al­tezza della volta a botte per crearvi un ambiente con una apertura nel muro ca­stellano a fianco della porta a Casòlle e che è possibile vedere dopo l’intervento di restauro eseguito nel 1980 dal comu­ne di Pomarance.

  • ARCHIVIO STORICO COMUNALE – F. 395

Un ringraziamento riconoscente per la collaborazione fornitami in questo mio la­voro di ricerche storiche vada allo stori­co Don Mario Bocci, all’Amministrazione Comunale di Pomarance, al Sindaco Re­nato Frosali, all’Architetto Floretsano Bar­gelli, al dott. Angelo Marrucci ed ai suoi collaboratori della Biblioteca Guarnacci di Volterra, all’Archivio di Stato di Pisa, al Presidente della Ass. Turistica “Pro Po­marance’’ Giorgio Fanfani ed a Claudia Manghetti.

Articoli tratti da “La Comunità di Pomarance”.