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Descizioni e curiosità sui personaggi storici della zona di Pomarance ed Alta Val di Cecina.

IL CAPPELLANO DELLE MONACHE

Così veniva chiamato o più semplice- mente ancora “IL CAPPELLANO’’ Don Giuseppe Ongaro, deceduto lunedì 27 giugno 1988 a Chiusaforte. Don Ongaro, nato a Cerea (VR) il 10 mar­zo 1913, interruppe gli studi nel Semina­rio di Verona per prendere parte alla guer­ra in Etiopia, Eritrea e Somalia insieme agli Alpini.

don GIUSEPPE ONGARO.
Foto II Messaggero Veneto

A fine conflitto, entrò nel Se­minario di Volterra insieme ad altri seminaristi veronesi, accolto dal Vescovo Mons. Dante Maria Munerati dove com­pletò gli studi di teologia e dove fu con­sacrato sacerdote il 2 luglio 1939. Fu in­viato subito a Pomarance dove celebrò per la prima volta la S. Messa il 15 ago­sto 1939 essendo allora Proposto a Po­marance il Canonico Carlo Balsini. Da al­lora fino al 1971 è sempre rimasto inin­terrottamente in mezzo a noi esercitan­do la missione di Cappellano delle Mona­che e della Misericordia. Infatti all’inizio fu ospitato nella foresteria delle Suore in­sieme alla mamma Angiolina in Via Se­rafini 5.

Di questo periodo si ricorda che ospitò du­rante il passaggio della guerra un profes­sore di musica, il Professor Granchi, di­plomato di violino, sfollato nel nostro pae­se assieme alla famiglia e che durante la permanenza improvvisò in questa casa la scuola di canto. Sempre in questi anni fu insegnante di Religione presso la prima scuola Superiore, denominata “Regia Scuola Biennale di Corso Professionale a Tipo Industriale” , sita sull’angolo di Via Serafini con Via Garibaldi sopra l’ex am­bulatorio, dove oggi vi sono i Giardinetti. In seguito si trasferì in Via Indipendenza in una casetta di sua proprietà. Don Ongaro, come sacerdote, è stato sempre di­sponibile al dialogo fraterno con tutti. Gli piaceva stare con la gente di Pomaran­ce dove si è sempre trovato bene e dove amava ritornare frequentemente perchè qui trovava gli amici, qui ricordava i mo­menti di serenità trascorsi, qui visitava la tomba della sua mamma al Cimitero. Era venuto tra noi lo scorso anno trattenen­dosi per un mese circa per ristabilirsi do­po una degenza all’ospedale di Gemona e per l’ultima volta tre mesi or sono. Nessuno si sarebbe immaginato che sa­rebbe stata l’ultima.

Pellegrinaggio alla Madonna della Casa. Anno 1942 con i sacerdoti Don Saiusti, Don Paoli e Don Ongaro.

La notizia della sua malattia è giunta im­provvisa come quella della sua morte, provocando in tutti sorpresa e dolore. Per esprimere la partecipazione di tutta la po­polazione di Pomarance e testimoniare la riconoscenza per il bene fatto, il Propo­sto Don Piero Burlacchini, il Governato­re della Misericordia Dell’Omo Augusto, con i signori Spinelli Armando e Iolanda si sono recati a Chiusaforte. I funerali so­no stati solenni. Li ha presieduti Mons. Pietro Brollo, Vescovo Ausiliare di Udine, alla presenza di dodici sacerdoti e di molti fedeli, compresi gli Alpini del Battaglione “Cividale” presso i quali Don Ongaro svolgeva la sua assistenza spirituale.

Il Vescovo, il Parroco, il Sindaco di Chiu­saforte nei loro discorsi hanno messo in risalto una triplice caratteristica di Don Ongaro:

“Era un sacerdote che vestiva di tonaca, che andava sempre in bicicletta e che amava fumare il sigaro’’. Prete semplice ma schieto; parlava poco ma amante del­la cultura e dell’arte; prete che ha condi­viso con la sua gente la povertà ed i di­sagi del terremoto del Friuli e che in que­sti anni lo ha portato a vivere in un alber­go mezzo diroccato.

Così lo hanno ricordato a Chiusaforte, co­sì lo vogliamo ricordare anche noi. La sua salma è stata sepolta nel Cimitero di Chiu­saforte per espresso desiderio di quella Comunità che lo ha voluto fra le sue mon­tagne.

Per noi Pomarancini rimarrà sempre “IL CAPPELLANO”, una figura caratteristi­ca che non vedremo più passeggiare per le nostre strade, fermarsi a parlare per ri­cordare, tra un sigaro e l’altro, episodi vis­suti insieme.

Don Piero Burlacchini

Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.

IL CANONICO CARLO BALSINI

Tra i Proposti che hanno guidato la Parrocchia di Pomarance in questo se­colo ventesimo, non possiamo non ri­cordare Don Carlo Balsini. E questo per due motivi: il primo, perché è stato in mezzo a noi per molti anni, cioè dal 1906 al 1942 ed il secondo perché il suo ricordo è rimasto indelebile nell’a­nimo dei Pomarancini.

Mi capita spesso, infatti, di sentir par­lare di questo sacerdote con molta ve­nerazione e rispetto. Espressioni come queste: “è stato il mio Proposto …. mi ha battezzato …. mi ha fatto la prima comunione …. mi ha sposato ….” fan­no molto piacere ascoltarle dopo tanti anni.

Don Carlo Balsini o più precisamente il Canonico Carlo Balsini, figlio di Ste­fano, era nato a Riparbella il 7 dicem­bre 1877. Con lettera dimissionaria dell’Arcivescovo di Pisa, venne Cappella­no a Pomarance il 1 novembre 1905 presso l’istituto Sacro Cuore che era stato eretto dal signor Mario Bardini. Nel 1906 fu incardinato alla Diocesi di Volterra e divenne Economo Parroc­chiale per la grave malattia che aveva colpito il Parroco Titolare Don Luigi Checci di Pecoioli.

Fu nominato Proposto di Pomarance il 15 giugno 1908.

Figura alta ed imponente nel fisico, ri­servata di carattere, rispettosa nei con­fronti del prossimo, fu sempre e solo sacerdote svolgendo con impegno e delicatezza il suo ministero.

Molti lo ricordano per la quotidiana pas­seggiata che faceva attorniato dai molti seminaristi che vi erano a Pomarance. Ma il Proposto Balsini è molto ricorda­to anche per l’attaccamento alla Chie­sa, essendosi impegnato in imponenti lavori. Infatti, la struttura muraria della Parrocchiale necessitava di urgenti re­stauri.

Per questo motivo nel 1928 iniziarono i lavori che si protrassero fino al 1933, anno del Giubileo della Redenzione. Questi restauri, eseguiti dalla ditta Zampini di Siena, con a capo il pittore Gualtiero Anichini, interessarono la ri­pulitura degli affreschi deU’Ademollo; furono fatte integrazioninella Cappella della Madonna e nel Coro; furono dipin­ti due medaglioni in San Giovanni; i quattro Evangelisti nella cupola e le scene di Gesù tra i fanciulli e la molti­plicazione dei pani nella Cappella di San Vittore. Avendo avuto Pomarance molti caduti in guerra, fu costruita pu­re la Cappella apposita con i nomi di tutti i morti. Fu sempre in quel restauro che la Chie­sa fu arricchita di vetrate istoriate poli­crome a tutti i finestroni ed al portone centrale dove è raffigurato proprio san Carlo e furono costruiti i sedili a spal­liera in noce lungo tutto il perimetro del sacro luogo. Inoltre la Chiesa fu abbel­lita con lumiere piccole e grandi per l’il­luminazione. Il Proposto nell’occasione fece stampare molte cartoline dei re­stauri eseguiti, raccolte anche in piccoli album ricordo.

Don Balsini con i Comunicandi del 1941.

Come riconoscimento per questo suo gravoso impegno, Don Balsini fu nomi­nato Canonico onorario della Cattedra­le di Volterra il 29 maggio 1929.

In tutto il periodo trascorso a Pomaran­ce, il Canonico Carlo Balsini dette gran­de lustro e dignità alla Parrocchia fa­cendosi amare e stimare molto.

Vi rinunziò il 15 marzo 1942 allorché si ritirò a Nodica presso il suo nipote Don Guido, ove morì il 19 marzo 1956.

In quella circostanza si elevò dal popolo una richiesta e cioè quella di avere le spoglie del Proposto a Pomarance. Il che avvenne con grande affluenza di popolo il lunedì di Pasqua, 2 aprile 1956.

La salma del Canonico Carlo Balsini ri­posa ora al centro della Cappella del nostro Cimitero. Una semplice lapide, la sua foto ed una frase latina: “Reces­si pastor noster, tons acquae vivae” cioè “È partito il nostro pastore, fonte dell’acqua viva, della grazia di Dio”. Un pastore che non vediamo più con gli occhi della carne, ma che è rimasto spiritualmente in mezzo al suo popolo al quale aveva donato generosità amo­re e fede, tutto se stesso.

Don Piero Burlacchini

Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.

UN DIPINTO DEL RONCALLI A POMARANCE

UNA “MADONNA E SANTI” NELL’ORATORIO DON BOSCO

Studiare l’opera e la vita dei due mag­giori artisti, pomarancini Nicolò Cercignani e Cristofano Roncalli, è da tempo un mio grande interesse e mi sono sentito particolarmente gratificato quando ho avuto la possibilità di pubblicare alcuni miei studi d’archivio nel volume intitola­to “NICCOLÒ CERCIGNANI CRISTOFANO RONCALLI; Pittori di Pomarance”, edito dal Gruppo Fotoimmagine di Vol­terra.

Nella pubblicazione hanno avuto un ruo­lo molto importante studiosi d’arte come il Prof. Ciardi di Pisa ed il Prof. Lessi di Volterra (Direttore della Pinacoteca comu­nale) i quali, studiando i nostri illustri con­cittadini sono riusciti ad attribuire al “Po­marancio il giovane” (Cristofano Roncalli) alcune opere di indubbio valore artistico e pressoché ignorate dalla critica, presen­ti sul nostro territorio.

Ne è un esempio il quadro di San Dalma­zio raffigurante la “Madonna dello Sca­polare”, considerato un’opera giovanile di Cristofano Roncalli, nel quale si eviden­ziano ricordi di impostazione senese ma anche una struttura compositiva, giuocata sulla diagonale, prerogativa dell’ambiente romano.

Ancor più interessante, è l’altro dipinto conservato dietro l’altare della Chiesa dell’Oratorio Don Bosco di Pomarance , raf­figurante una Madonna con Bambino e Santi che presenta caratteristiche molto simili di impianto costruttivo ad altre opere del Roncalli conosciute a Roma.

Già Don Mario Bocci, storico ed archivi­sta della Cura Vescovile di Volterra, ave­va indicato come appartenente al Roncalli questa opera; la sua tesi fu avvalorata an­che dal concittadino Paolo Bocci nel suo esame di laurea sul pittore presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze.

Il dipinto, secondo notizie fornite da Don Mario Bocci, era anticamente collocato nella Chiesa Parrocchiale di San Giovan­ni Battista, dietro l’altare della Cappella del Buon Consiglio,e fu traslato negli anni ses­santa nel nuovo Oratorio Don Bosco di Po­marance.

Infiltrazioni d’acqua sulle pareti della Cap­pella avevano deteriorato l’opera che in quel periodo fu soggetta a restauro con­servativo del colore che si stava staccan­do dalla tela, a spese e merito dello stes­so Don Bocci.

La grande tela (cm 270xcm 170) è di evi­dente impostazione roncalliana, ed il mo­dulo compositivo ha particolari analogie con un’altra opera del Roncalli che si tro­va nella Cappella di Sant’Andrea nella chiesa di San Gregorio al Celio di Roma (1).

Questo dipinto di Pomarance fu realizzato dal pittore per essere collocato sopra un altare dedicato a Sant’Andrea ed è pro­babile che fosse stato commissionato da alcuni discendenti della famiglia Incontri di “Ripomarancie”, che erano parenti dello stesso Cristofano, dato che sua ma­dre, Francesca, era una Incontri.

Ad avvalorare la committenza vi sono due indagini: una sul patronato dell’altare di Sant’Andrea e un’altra sugli “estimi” del Comune di “Ripomarance” dai quale tra­spare evidentemente una relazione sim­bolica tra i personaggi dei santi e alcuni discendenti degli Incontri vissuti a caval­lo del XVI e XVII secolo.

Sappiamo infatti dai documenti di archi­vio della Mensa Vescovile che l’altare di Sant’Andrea delle Pomarance fu eretto da Giovanni Incontri un anno prima della morte del pittore nel 1625, con l’onere di erigere una cappellata o lascito. È mol­to probabile che il quadro sia stato dipin­to e commissionato dagli Incontri negli ul­timi anni del ’500 o i primi del ’600 dato che il dipinto di Roma è datato 1603. È ipotizzabile che l’opera sia stata com­missionata da suo cugino Benvenuto Incontri, che volle dedicare l’icona alla me­moria del padre, Ser Andrea Incontri, fa­cendovi ritrarre emblematicamente nelle figure dei santi suo figlio Francesco e i suoi nipoti Margherita e Giovanni Incontri. L’altare di Sant’Andrea era posto a metà chiesa e vi avevano la tomba di famiglia gli Incontri; accanto a questo qualche an­no più tardi fu costruito un nuovo altare intitolato al Santissimo Crocifisso per be­neficio di un altro discendente della me­desima famiglia.

Sant’Andrea e Santa Margherita (part.).

Una notizia relativa ai due altari è citata nella Visita Pastorale di Mons. Carlo Fi­lippo Sfrondati (27 Maggio 1679) in cui vengono descritti l’altare del S.S. Croci­fisso e quello di Sant’Andrea: “…All’altare del Santissimo Crocifisso: Sopra l’orna­to,ligneo dorato lo stemma Incontri e so­pra il bambino Gesù; …nell’icona: Il Mi­stero della crocifissione: …La madonna è affiancata da San Giovanni Evangelista. Maria Maddalena, Andrea e Simone con la iscrizione “..hoc opus Simon domini Antonii de Incontris suis sumpitibus fa­ciendum curavit A.D. 1628…’’.

“…All’altare di Sant’Andrea: …Ornamemto ligneo dorato e ceruleo; Icona: beatis­sima Vergine col bambino circondata da angeli “cuius ab ore pendet divus Francescus et Sanctus Joanne et diva Mar­gherita…”; …“multis ab hinc omnis posuit Joanne Incontris… ”. Testamento ro­gato Gregorio Bellavanti, 11 Giugno 1625. La Cappella eretta come da bolla inviata da Volterra li 27 Gennaio 1639 (40) (2). Per comprendere l’esatta posizione dei due altari con i relativi quadri è importante un deliberazione comunale del 27 Mag­gio 1628 in cui Simone Incontri richiede­va “…ilpermesso di erigere un altare nel­la Chiesa Parrocchiale… dirimpetto all’or­gano …e che perciò desidera con il pla­cet del pubblico di farlo et che li sia con­cesso il sito; …Agnolo Sorbi, proposto, consigliò che li si concedesse quanto do­manda…” (3).

Anche l’estimo del comune di “Ripomarance” riporta censita la “Cappella del Santissimo Crocifisso e titolo di Sant’An­drea’’ posta “nella Pieve di Ripomaranci, fondata da Simone Incontri con gli in­frascritti beni tenuti nell’istrumento del di 21 Luglio 1640…”.

L’inventario dell’opera di San Giovanni Battista del XVII secolo riporta che l’or­gano era anticamente posto: “…dalla par­te destra ad entrare in chiesa verso l’ai­tar maggiore…”, se ne deduce quindi che i due altari, ed in particolare quello di San­t’Andrea erano sul lato sinistro nei pres­si della attuale Cappella dei Caduti.

La “Madonna con bambino e i Santi An­drea, Margherita, Francesco e Giovanni, dipinta dal Roncalli ed oggi nell’oratorio Don Bosco, si presenta strutturalmente con una impostazione piramidale che ri­troviamo nella chiesa di San Gregorio al Celio di Roma, nel dipinto ad olio su mu­ro, esprimente la Madonna con Bambino e i Santi Andrea e Gregorio Papa. Affinità particolari tra questi due quadri si riscontrano non solo nelle loro dimensio­ni, ma soprattutto nei personaggi di An­drea e della Vergine nei quali si nota evi­dentemente l’uso di cartoni preparatori utilizzati per eseguire vari soggetti adatti secondo l’esigenza.

Sant ‘Andrea e Gregorio Papa – Olio su mu­ro nella chiesa di San Gregorio al Celio di Pomarance.

Simile è infatti la posizione della Madon­na che rivolge lo sguardo verso il Sant’An­drea, in basso a sinistra. Questa rivela una intenza dolcezza ed un atteggiamen­to affine alle Madonne del “Correggio”, un artista molto ammirato da Cristofano Roncalli.

L’immagine della Madonna è avvolta da una radiosa luminosità che fa risplende­re il suo bellissimo volto dal quale pare diffondere una luce che illumina i quat­tro santi ai suoi piedi.La Vergine è attor­niata da una allegoria di nuvole risplen­denti luce, nelle quali si evidenziano pic­cole teste di angioletti che richiamano a quelli della “Annunciazione” nella Chie­sa Parrocchiale; un elemento molto ripe­tuto dal Roncalli nei suoi dipinti. Gli angioletti con le ali ai lati della Madon­na ricalcano la stessa impostazione schematica del quadro in San Gregorio al Ce­lio, ma anche di altre opere più note co­me l’angelo di destra, con il braccio e lo sguardo rivolto al San Francesco, che è simile a quello della pala di Sant’ Agne­se in Napoli. In particolare nel quadro dell’oratorio Don Bosco di Pomarance vi è una analogia fra il personaggio di Sant’Andrea e quella dell’omonimo santo in San Gregorio al Celio di Roma.Andrea apostolo è anche qui raffigurato sulla sinistra del quadro in posizione assai plastica, di tre quarti, che protende lo sguardo verso i fedeli; ai suoi piedi è dipinto un pesce.

Francesco e Giovanni E. particolare

Sono altresì evidenti altri attributi iconogra­fici del Santo che viene effigiato come un uomo anziano, barbuto e con i capelli bian­chi e lunghi. Nel dipinto di Pomarance in­dossa una veste color rosso sulla quale è riccamente drappeggiato un mantello mar­rone.

Accanto ad Andrea è l’immagine di San­ta Margherita con lo sguardo rivolto in alto verso la Vergine ed il Bambino; si eviden­zia particolarmente il movimento armoni­co del braccio sinistro ed il gesto della mano sul petto che richiama attinenze con la Santa Agnese di Napoli e con la mano della Madonna nella “Annuciazione” di Pomarance.

Al collo è evidenziato uno degli attributi iconografici della santa; un rosario di per­le che allude al suo nome derivante dal greco. Ella è raffigurata mentre calpesta un drago ed un serpente dipinti in basso al centro del quadro, che rappresentano simbolicamente Satana. Nella leggenda la Santa viene divorata dal drago, però riesce a salvarsi grazie alla croce che tie­ne in dosso e che le permette di uscire dal drago e di ucciderlo.

Accanto è il San Francesco che rivolge anch’egli lo sguardo alla Madonna con lo stesso gesto della mano sinistra sul petto come la Santa Margherita. Scarno nel volto, indossa un saio bruno; accanto ai suoi piedi scalzi e raffigurata un’aquila nera.

Madonna con bambino (particolare)

Sulla destra del dipinto è il San Giovanni Evangelista effigiato in forma molto gio­vanile. Il suo sguardo è rivolto ai fedeli co­me il Sant’Andrea ed indossa una veste color verde sulla quale è panneggiato un mantello grigio che il santo sorregge con la mano sinistra. È evidente il suo attri­buto iconografico tenuto nella mano de­stra; un calice dal quale spunta un ser­pentello che rappresentano rispettiva­mente la Chiesa e Satana.

Una lettura più corretta di questo quadro si potrebbe avere sottoponendo l’opera ad un restauro dato che sono particolar­mente evidenti le ossidazioni delle verni­ci protettive che hanno alterato i colori del quadro insieme a fumo di candela,polve­re e sporco.

Sarebbe questa l’occasione per valoriz­zare ancora una volta un’opera di Cristofano Roncalli a Pomarance ricollocando­la nella Chiesa Parrocchiale, sua sede ori­
ginaria, a fianco del meraviglioso quadro della “Annunciazione”.

Un modo per riscoprire questo pittore fa­moso del “Manierismo italiano” che la­sciò molte opere in “Ripomarance”, pur­troppo spesso andate perdute o dimenti­cate come la Madonna e Santi dell’Oratorio Don Bosco di Pomarance (4).

Jader Spinelli

NOTE BIBLIOGRAFICHE

  • Ileana Chiappini di Sorio, “I pittori ber­gamaschi” Cristoforo Roncalli, Ed. Ban­ca di Bergamo.
  • Notizia fornitami da Don Mario Bocci che ringrazio sentitamente.
  • Archivio Storico di Pomarance: F.II7 c. I74 r.
  • Nicolò Cercignani Cristofano Roncal­li: “Pittori di Pomarance”, Ed. Gruppo Fo­toimmagine Volterra 1991
  • Jader Spinelli: “CRISTOFANO RON­CALLI A POMARANCE” “La Comunità di Pomarance” N. 1-2-1991.

Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.

CRISTOFANO RONCALLI (II PARTE)

A POMARANCE: la sua Famiglia, le Sue proprietà, i contatti con la sua Terra Natale a cura di I. Spinelli.

Dopo la vendita delle proprietà immo­biliari di Cristofano Roncalli a “Ripomarance”, ereditate attorno al 1543 dall’e­stimo di “Donato di Michele fabro” e ce­dute tra il 1559 ed il 1560, scarse sono le notizie dell’artista nel suo luogo natio. Documenti citati dalla dottoressa Ileana Chiappini di Sorio, nella sua opera sul “Pomarancio’’, datano la conoscenza delle sue prime opere pittoriche attorno al 1576, quando risultava impegnato nella città di Siena per realizzare una pala d’al­tare che costò alla Compagnia del Duo­mo ben 400 scudi.

Un documento inedito che sono riuscito a trovare nell’Archivio Storico Comunale di Pomarance consente però di conosce­re una delle sue prime pitture realizzate proprio nel paese nativo di Ripomaranci, tra il 1570 ed il 1571, della quale la criti­ca storico artistica non fa alcuna menzio­ne. Nell’ottobre del 1570 infatti la Com­pagnia di San Michele di Ripomarance, che aveva sede nell’omonima chiesa al “Santo” ubicata nella contrada di “Cas­sero”, deliberava nel libro dei Creditori e Debitori della Compagnia il pagamento di lire 42 a “Maestro Cristofano di Gio: An­tonio Roncalli” per dipingere l’immagine del San Michele e la Santa Croce all’in­terno di un “armadio” che doveva funge­re anche da altare per la chiesa.

Nell’atto sottoscritto di pugno dal Roncalli risulta citato anche un suo “compagno di lavoro”, certo “Mastro Benedetto” che firmò insieme al “Pomarancio” le clauso­le del contratto.

Cimase di un polittico attribuito a Cristofano Roncalli dal Kirwin (1972) (Particolare) (Foto S. Donati).

L’autonomia artistica di Cristofano Ron­calli in quel periodo appare evidente dal­l’anticipo di 2 scudi che ricevette a Feb­braio del 1571 dalla stessa Compagnia di San Michele impegnandosi a consegna­re il lavoro entro il maggio dello stesso an­no. Dato l’esiguo compenso ricevuto (pari a 7 scudi) è probabile che l’artista fosse impegnato a Pomarance o nella vicina Volterra per realizzare altri dipinti più im­pegnativi e remunerativi e che questo fos­se solo un omaggio alla venerabile Com­pagnia di San Michele dedita all’assisten­za dei malati e alla sepoltura dei morti: 11 octobre 1570

…M° Cristofano di Gio: Antonio di Fran­cesco Roncalli deve avere lire quaranta due per tanto sono per avere a dipignere l’armadio che fu facto per servire di tener­vi drencto lo stendardo et servire per ta­vola dello altare di San Michele, cioè nello spogliatoio, et avi a fare drencto da un la­to il San Michele et dan laltro lato la Sancta Crocie, di poi adornarlo a secondo che e richiede per prezzo decto di sopra; et fatto vogliamo far istimare; et si vuole las­sare lire dieci sendo manco rifarcelo, co­si da cordo Benedetto mio compagno et lui et io insieme et per la verità di sotto scriveranno di loro mano propria; facto sotto di 11 octobre 1570 e si come disse a Francesco Sfibbi che glielo dessi in ogni sua parte et volontà et lui in questo tem­po a farlo per in sino a calende di Mag­gio prossimo 1571 cioè lire 42. lo Bene­detto M° si presente a detto partito dichia­ro quanto di sopra et esser fedele della verità ….

lo Cristofano di Gio: Antonio Roncalli pre­sente a detto partito affermo quanto so­pra contandomi 2 scudi per tutto ferraio et il resto quanto sarà fornito et in fede della verità ho scritto di mia mano que­sta ricevuta oggi questo dì ? (1570). Don Mario Bocci, archivista della Curia Vescovile di Volterra, certifica in una sua pubblicazione sul “Notiziario Parrocchia­le di Pomarance” (1987), che Cristofano Roncalli fu presente ancora a Pomaran­ce il 10 settembre 1575 in qualità di “pa­drino” nel battesimo di Alessandra di Giu­sto Fantacci ed è forse di quegli anni un “Polittico”, in cattivo stato di conserva­zione, che trovasi nella Sacrestia della Chiesa di San Giovanni Battista a Poma­rance. Considerato un’opera giovanile del Roncalli, gli è stata attribuita dallo stori­co Kirwin (1972); composta di tre tavole ad olio raffiguranti il Padre Eterno e due Angeli adoranti facevano parte di un com­plesso di vaste dimensioni che in origine era collocato sull’altare maggiore.

Ritratto di C. Roncalli. Disegno di Giuseppe Cesari (Uffizi – Firenze)

Il “Polittico”, mancante del pannello cen­trale, ai cui lati erano disposti i due An­geli adoranti, era sormontato dalla “cima­sa” dove è effigiato il Padre Eterno che tiene nelle mani una croce ed un vange­lo dove sono leggibili la lettera A e l’Omega, simboli “Dalla vita alla morte di Gesù”. Questa opera è datata dal Kirwin attorno al 1574. (Vedi Foto 1° Parte). Alcuni anni più tardi il pittore Roncalli è nuovamente a Pomarance dove gli viene commissionata dal Podestà del tempo una Madonna per la sua camera perso­nale a totale carico di spese del Comune di Ripomarance. Sicuramente una presta­zione amichevole offerta al Comune ed al Podestà, Francesco Paci, per l’esiguo compenso ricevuto del suo affresco. Que­st’opera, forse ancora celata sotto la cal­ce di qualche parete del palazzo ex Pre­tura di Pomarance, è documentata nel li­bro dei Saldi del Comune relativo all’an­no 1580 dove sono effettuati vari paga­menti a coloro che concorsero alla rea­lizzazione della “Madonna”. (17) Spese della Madonna fatta nella camera del Sig. Podestà con licentia dei Sig. No­ve del 22 Febbraio 1580……

A….Mastro Antonio di Piero Pepi per vet­tura di due cesti di rena dalla Cecina per rintonacar il muro per dove si fece detta Madonna  Soldi 10

A Maestro Cristofano Roncalli pittor per aver dipinto detta Madonna              lire 35
A.. Mastro Jacopo di Martino Lutroni per ferro fatto per mettere ai pie della detta Madonna per tenervi il lume …. soldi 16
(18)

Cristofano Roncalli ormai da anni si era stabilito a Roma, impegnato a Palazzo Montecavallo al Quirinale, intento a rea­lizzare alcune tele per la Compagnia di Santa Caterina da Siena. Era probabil­mente coadiuvato nei suoi lavori dal fra­tello Donato, pittore ed uomo di legge, al quale fece ricorso nel 1583 il comune di Ripomarance per risolvere, in ambienti clericali, una complicata e lunga contro­versia tra lo stesso Comune e certo Otta­viano di Mastro Luigi Minucci di Volterra per conto dell’acqua della Doccia” che durava dal 1575.

Nel Libro dei Partiti del comune è indica­to infatti, in data 14 ottobre 1583, un pagamento di 26 giuli a Mastro Donato Roncalli” per il rimborso di alcune spese incontrate nella risoluzione della ver­tenza:

“Coadiuvati li detti deputati sopra la lite fra detta comunità et il sig. Cavaliere Ot­tavio Minucci    ,

Atteso esser venuta la monitione di Po­ma et speso giuli 26 per mastro Donato Roncalli             perciò stanziorno detti giuli a

mastro Donato…. che lipagassino…. con voti favorevoli 6 nissuno contrario ….”(19)

Tra il 1583 ed il 1586 avvenne la morte del padre di Cristofano Roncalli, Gio An­tonio, facoltoso mercante, la cui scompar­sa è documentata indirettamente nel Li­bro dei Partiti del comune attraverso il pa­gamento di un “livello” di terreno nel 1586, di proprietà dei Beni dei Poveri, che doveva essere pagato al comune di Ri­pomarance dagli eredi di detto Gio Anto­nio Roncalli.(20)

Le numerose proprietà immobiliari appar­tenute a Giovan Antonio furono eredita­te dai suoi figli maschi tra i quali anche i pittori Cristofano e Donato. In una ag­giunta all’estimo del 1571 risalente al 1586 circa, risultano elencati alla carta 325 r. i signori Bernardino, Mastro Dona­to, Cosimo, Cristofano e Francesco: ”…

Grafia di C. Roncalli (Bibl. Guarnacci – Volterra)

fratelli et figli del fu Gio Antonio Roncalli … hanno li infrascritti beni levati dalla po­sta di Gio Antonio loro padre in questo estimo a carta 105 …”.(21)

Da questa eredità risultano successiva­mente altre divisioni patrimoniali tra i fra­telli Roncalli come ad esempio quella di Bernardino a cui andò oltre a diversi ter­reni “la metà della casa posta alla Pieve confinata a 1 ° via, 2° via, 3° Ser Andrea Incontri, 4° via, stimata lire 700”.

Gli anni che coincidono con la morte del padre di Cristofano furono forse quelli in cui venne realizzato il bel quadro dell’An­nunciazione che si trova collocato sopra l’omonimo altare nella chiesa Parrocchia­le di Pomarance. Eseguito secondo il Kir­win attorno al 1584, la tela ad olio, fu com­missionata al “Pomarancio” dalla “Con­fraternita della Vergine Maria” che ave­va sede nella Chiesa di San Gio Battista di Ripomarance ed alla quale era deman­dato come alla Compagnia di San Miche­le il compito della sepoltura dei morti nel piccolo cimitero accanto alla Chiesa stessa.

Il dipinto che nel 1845 era in deprecabile stato di conservazione per le numerose infiltrazioni d’acqua che aveva subito, fu mutilato nella parte destra della tela do­ve la figura della Vergine ha la parte ester­na del corpo incompleta. Recentemente restaurata dalla Sovrintendenza delle Bel­le Arti di Pisa, l’opera rivela delle compo­nenti stilistiche tratte dall’ambiente roma­no. L’impostazione diagonale della sce­na ed il movimento deciso e ritmato del­l’angelo, giùnto come una folata di ven­to, sono una indicazione del nuovo indi­rizzo culturale del pittore. Predomina una sottile inquietudine resa più evidente dalla scioltezza dei panneggi. I disegni prepa­ratori al dipinto sono conservati presso la Galleria degli Uffizi di Firenze. Gli anni tra il 1580 ed i primi del ’600 vi­dero impegnato Cristofano Roncalli in molteplici lavori a Roma, ad Ancona, a Osimo accumulando in quegli anni pre­stigio e ricchezze che in seguito furono anche oggetto di dispute tra i suoi nipoti. Si stabilì a Roma fin dal 1575 con il fratello Donato, auditore del Cardinale Cre­scenzi di Roma, il quale fu sicuramente l’artefice della fortuna artistica ed econo­mica di Cristofano inserendolo nella Ro­ma bene sotto la protezione di vari Car­dinali, come i Crescenzi o i Gallo, per i quali lavorò affrescando i loro palazzi e ricevendo molteplici committenze in San Pietro da altri “mecenati” dell’ambiente romano. Iscritto all’Accademia degli artisti di San Luca di Roma fin dal 1588 pagava uno scudo di tassa l’anno come altri artisti tra i quali anche il compaesano “Niccolò Cercignani” dando lezioni di disegno e pit­tura ai giovani artisti dell’Accademia. Spesso incaricato di perizie estimali su af­freschi commissionati ad altri pittori, nei primi anni del XVII secolo la sua fama di artista raggiunse anche la sua terra di ori­gine. Il Comune di Volterra infatti onorò nel 1602 lo stesso Cristofano Roncalli ed il fratello Donato della “Cittadinanza Vol­terrana”. Un alto riconoscimento fu quello conseguito dal “Pomarancio” in occasio­ne della sua nomina a “Cavaliere di Cri­sto” data da Papa Paolo V (1605) per la sua attività svolta al servizio pontificio. La reputazione di buon pittore fu confer­mata anche da un altro grande pittore del 600, il Caravaggio che, durante il proces­so “Baglione” (1603), reputava il “Poma­rancio” tra i “valenthomini abili pittori di Roma” insieme allo Zucaro, il Caraccio­lo ed altri.

Bolla del Cardinale Crescenzi di Roma (Foto A)

Quando attorno al 1605 ottenne la com­mittenza della decorazione della Sala del Tesoro nella Basilica di Loreto fu coadiu­vato da molti allievi ed anche da suo fra­tello Donato che sottoscrisse le clausole del contratto insieme a Cristofano. È di quel periodo un documento assai impor­tante per la nostra indagine sui rapporti del pittore con la sua famiglia di Poma­rance che si riferisce ad alcune vicende giuridicoeconomiche del fratello Cosimo di Ripomarance, che all’epoca si trovava inguaiato con il “fisco” ed addirittura in­carcerato nelle “segrete di Volterra”. La lettera, conservata presso la Biblioteca Guarnacci di Volterra e datata 1609, ci dà l’esatta indicazione del fallimento finan­ziario di Cosimo Roncalli e l’aiuto dei due fratelli pittori che si impegnarono a risol­vere tale situazione (22):

Per il presente scritto si manifesta, et si dichiara a qualunque lo vederà, et lo leg­gerà, qualmenti noi Donato, et Cristofa­no fratelli et figliuoli del quondam S. Gio:Ant° Roncalli da Ripomaranci, Dio­cesi di Volterra, per sovvenire, et aiutare Cosimo nostro fratello carcerato per quanto co’ nostro dispiacere haviamo in­teso più giorni sono ad iustanzia di più, et diversi suoi creditori, ci contentiamo, et acconsentiamo, et ciascheduno di noi si contenta, et acconsenti liberamente, et spontaneamente, che per la rata di tutti li beni stabili, che haviamo in comune et per indiviso co’ il detto Cosimo tanto in Ripomaranci, quanto fuori di qualunque sorti siano, et in qual si voglia luogo, es­so Cosimo li possa vendere, et alienare, o, dare i pegno, o, in pagamento, o in qualsivoglia altro modo, che a lui parerà, et piacerà, in però sino alla somma per partinenza di scudi mille di + 7.Essendo per adesso, acciò che del ritrat­to, che ne farà si possa, o in tutto, o, in parti sdebitari, facendolo in questi parti­colari, speciali et particulari procuratori a poter in nome nostro, et di ciascheduno di noi a consentire, et dare il nostro con­senso, a detta vendizione, et alienazione di beni; et altrimenti come di sopra s’è detto sino alla somma predetta di scudi mille in tutto, no solo in questo; ma in ogni altro miglior modo. Promettendo, biso­gnando, ancora di ratificar quello che lui farà. Con riservarci però l’attioni et ragioni contra di esso Cosimo da intentarsi, et va­lersene con di lui tanto nella divisione, che fra lui, et noi si farà, quanto in ogni altro caso, causa, et occasioni, che biso­gnerà, a suo luogo e tempo. Et per mag­gior vigore, et forza delli predetti così il presente scritto, sarà firmato, et sottoscrit­to di nostra propria mano, et suggellato co il nostro suggello in Roma, et nella Santissima Casa di Loreto, o, in qualsi­voglia altro luogo rispettivamente, che no si fidi; lo Donato Roncalli ho scritto e sot­toscritto, di mia e propria mano, et sug­gellato co il predetto suggello il presente scritto, questo di 15 di Aprile 1609 in Roma.

  1. Cristofano Roncalli affermo quanto di sopra questo di 19 aprile 1609 in Loreto. La delicata situazione del fratello Cosimo è documentata anche nei Partiti del Vica­riato di Val di Cecina di quegli anni nei quali risulta una precettazione alla Comu­nità di Pomarance per pagare lire 32 di Alimenti somministrati in carcere a Cosi­mo Roncalli e per alcune spese fatte per
  2. Fisco.(23)

Il fallimento di Cosimo Roncalli è rileva­bile anche in seguito, quando Michele di Francesco Stibbi comprò una bottega ad uso di Spezieria dal Fisco, come “beni di Cosimo Roncalli”.(24)

Stemma dei Roncalli di Pomarance (propr. Biondi-Bartolini).
Antichi stemmi della Famiglia Roncalli (Biblioteca Guarnacci).

Altri documenti conservati presso la Bi­blioteca Guarnacci di Volterra conferma­no l’aiuto prestato a Cosimo da Cristofa­no e Donato con l’impegno di pagamen­to di altri 600 scudi.

Attorno al 1615 i due fratelli Roncalli, Cri­stofano e Donato, sono nuovamente iscritti nell’Estimo del Comune di Ripomarance con i beni pervenuti loro da una successiva divisione con gli altri fratelli Roncalli (1612).

Nell’arroto del 1612 nell’Estimo del 1571, alla carta 426 r., sono citati l’illustrissimo Signor Cavaliere Cristofano e Mastro Do­nato … Fratelli e figli di Gio:Antonio Ron­calli …. con i seguenti possedimenti: La metà di una casa in detto Castello con le botteghe alla Porta alla Pieve confina­ta a 1° via, 2° la Pieve, 3° Forno del Co­mune stimata lire 310 ….

Una casa in detto Castello in Petriccio a 1° via, 2° Chiasso, 3° Mura Castellane, 4° Forno del Comune …. lire 500

La metà di una casa in detto Castello a 1° via, 2° Simone di Bartolo di Gio D’Acquaviva, 3° Giulio di Cenni di Michele, 4° Detto Giulio Stimato lire 125

Un pezzo di terra vignata et alborata di staia 20 incirca in detta corte luogo detto San Piero, a 1° via, 2° beni dello Speda­le di San Piero, 3° Simone di Bastiano Santucci, 4° Via di Sotto, 5° Giacomo di Gio Antonio formaio … stimata lire 750 Un pezzo di terra lavorativa, arborata di staia 20 incirca co una casa in detta cor­te luogo detto VAL DI DOCCIA o franate di Broticeco et piano della Ascesa a 1 ° via, 2° li medesimi, 3° Pier Francesco P prete, 4 ° beni dello Spedale di San Pie­ro, 5° Broto Cieco, 6° Luigi Min ucci da Volterra, 7° Jacopo di Taviano et erede del Bellezza, 8° Giaco di Gio Antonio For­maio … lire 2300

Un pezzo di terra vignata et soda di staia tre incirca luogo detto Piano della Asce­sa a 1° via, 2° Bastiano di Michele Corbolini, 3° Meo di Gio Tangherini, 4° Lui­gi Mi nuoci di Volterra … lire 60Un pezzo di terra lavorativa ….di staia 14 luogo detto Piano alla Serra co una ca­setta confinato a 1° via, 2° Podere del Nespolo, 3° Beni di San Piero, 4° Bo­schetti di Mastro Jacopo Borselli da Vol­terra, 5° via che va a Micciano stimato…… Inoltre un pezzo di terra al Ponzo, uno a Calcinala, un Podere al Ponzo ed altri be­ni per un totale di 9619 lire ….(25)

Angelo adorante (part, di polittico) (Foto S. Donati)

Nel 1616 muore il fratello Donato Roncalli che aveva seguito Cristofano nei lavori degli affreschi di Loreto. Seppellito nella chiesa di Roma a Santo Stefano del Cacco, fu dedicata una lapide alla sua me­moria dal fratello Cristofano che lo definì pittore senese.

Notizie della attività artistica di Cristofa­no Roncalli in Ripomarance, ormai in là con gli anni, non sono a noi conosciute. Certamente il suo legame ancora vivo con Ripomarance indusse lo stesso artista a fare un omaggio alla chiesa di San Gio­vanni Battista di alcune reliquie di santi. La notizia è documentata da una Bolla del Cardinale “Crescentius” di Roma e con­servata nella Canonica della Parrocchia di Pomarance (Foto A) datata 10 ottobre 1617. Insieme alle reliquie egli donò an­che il reliquiario dove era raffigurato lo stemma dei Roncalli, citato nel 1913 dal Locatelli Milesi.

Questo documento rileva i suoi amiche­voli rapporti con la famiglia dei Crescenzi di Roma, amanti della pittura e delle ar­ti. Essi furono protettori di Cristofano che per alcuni anni fu l’insegnante di pittura dei fratelli del Cardinale che ebbero l’in­carico di dipingere affreschi su disegni e cartoni del Pomarancio. L’avvenimento della donazione delle sa­cre reliquie dei santi fu un avvenimento che coinvolse anche il Comune di Ripo­marance che in quell’anno annotava nel libro delle deliberazioni la “Consegna del­le Reliquie”:(26)

Angelo adorante (part, di polittico) (Foto S. Donati)

A di 23 settembre 1617

Ricordo come per Alessandro Pressati, romano, detto dì fu consegnato dal Sig. Cavaliere Cristofano Roncalli … nella Chiesa di Sancto Giovanni Baptista di Ripomaranci le reliquie dette et al reveren­do Bartolomeo Talamini pievano di detta chiesa, che tiene il reliqiariotto messo a oro, dentro cui più le reliquie di Santi Aloro, Potente, et Polinare, con più due chia­ve con ordine che una di esse chiave tenghi il signor pievano protempore, esisten­te, et una la Comunità dentro una borset­ta, … che ciascuna riceve detto sig. pie­vano, et l’altra la Comunità………………………………………………. alla pre­

senza dei sig. Fabio Storrioli et di Buonincontro Incontri, Gio:Batta Pellegrini, et Ferdinando de Roncalli, tutti Priori di detta Comunità ..; et alla presenza di me Can­celliere et…. di S. Maffii et … Fantacci …. sacerdoti in detta Pieve, testimoni,…. per far detto contratto a suo luogo et tem­po, et co tutte le sue istantie … et co tut­te le memorie che bisognarà….

L’agiatezza economica e l’età avanzata di Cristofano Roncalli, al quale era anda­to parte del patrimonio di suo fratello Do­nato, furono in quegli anni motivo di inte­resse per i suoi nipoti, preoccupati nel contendersi i possibili lasciti che sareb­bero loro toccati alla morte del pittore. Nel 1618 infatti è documentata una lette­ra scritta dal Roncalli al Cardinale Maf­feo Barberini nella quale si chiedeva tra l’altro protezione dal Cardinale ad ottene­re un rinuncia di 1040 scudi d’oro affin­ché dopo la sua morte non vi fossero liti­gi fra i suoi nipoti.

Tale situazione è documentata indiretta­mente anche in una lettera conservata nell’Archivio privato Biondi Bartolini di Po­marance, e scritta nel 1618 da Francesco Bartolini, da Firenze al fratello Giovanni Clemente Bartolini di Ripomarance. Nel Post Scriptum abbiamo infatti notizia di una tassa sui contratti di Cristofano e un lascito di alcuni scudi che dovevano an­dare alla sua “donna” (forse la sua com­pagna od una sua ex modella di Firenze): …il dì 9 di novembre 1618 …

…. Mando a l’Arghtia la licentia dell’arte dei vaiai, e cuoiai, come vederà, e resta a detta arte creditore di lire tre e soldi die­
ci; et è dilusa in questa lettera; e per /’Al­fiere Roncalli gli mandai quella della ga­bella dei contratti di Cristofano Roccalli, perciò veda di accomodare l’altra, perché no Hanno volsuto voltare gli scudi sette che sono pagati alla donna di Cristofano
-(27)

L’attività di Cristofano Roncalli in quegli anni doveva essere assai limitata a cau­sa dell’avanzata età. In un manoscritto del 1621 (Mancini) egli è ricordato a Ro­ma e “.. vive adesso … in sua quiete Chri­stiana e di gentiluomo et in età molto pre­gressa ….”.

Durante la sua lunga vita ebbe tra i suoi seguaci, allievi molto dotati che si distin­sero anche dopo la sua morte; tra questi sicuramente è da ricordare un altro “Po­marancio”, Antonio Cercignani, figlio di Niccolò delle Pomarance (Pomarancio il vecchio), che seguì il maestro Cristofano dopo la morte di suo padre avvenuta nel 1599.(28)

Cristofano Roncalli infatti moriva il 6 mag­gio 1626 a Roma, seppellito nella chiesa di Santo Stefano del Cacco come il fra­tello Donato lasciò eredi universali i suoi nipoti Guglielmo ed il pittore Jacopo figli di fu Cosimo Roncalli.

A Guglielmo lasciò tra l’altro tutte le pro­prietà immobiliari di Roma con tutti i libri latini; a Jacopo, con testamento dell’11 maggio 1626, altre proprietà immobiliari tra cui quelle di Ripomarance come le metà della casa con le botteghe poste in Petriccio “alla Porta alla Pieve” dove at­tualmente sorge il Palazzo Biondi Bartolini e dove era nato il famoso pittore “ma­nierista” Cristofano Roncalli.(29)

Nel ricordo di questo illustre personaggio il Comune di Pomarance volle nel lonta­no 1893 acquistare un suo ritratto che fu fin da quel tempo posto nell’ufficio del Sindaco. Detta immagine fu comprata a Recanati presso un libraio antiquario, Lui­gi Prosperi, come risulta da una delibera del 25 gennaio 1893:

.. Lire 2,50 a favore dell’Esattore Comu­nale sig. Augusto Fontanelliprezzo di un ritratto del pittore CRISTOFANO RON­CALLI, procurato a questa amministrazio­ne dal libraioAntiquario, Luigi Prosperi di Recanati, come da ricevuta annessa al Mandato.

J. Spinelli

NOTE BIBLIOGRAFICHE

  • J. Spinelli – “Alla ricerca di un affresco di Cristofano Roncalli” – La Comunità di Poma­rance n ° 2/1988 pag. 4. In questa occasione rin­grazio vivamente il parroco Don Piero Burlacchini per la sua disponibilità e collaborazione nei miei articoli storici, nonché la signora Luisa Morandini vd. Mazzinghi per gli utili consigli e la revisione dei testi.
  • Archivio Storico Comunale di Pomarance F. 633 Saldi c. 59 r.
  • Archivio Storico Comunale di Pomarance F c. 14 r.
  • Archivio Storico Comunale di Pomarance F 633 c. 57
  • Archivio Storico Comunale di Pomarance F. 428 c. 352 Estimo 1571
  • Biblioteca Guarnacci Volterra F. 42 B c. 24
  • Archivio Storico Comunale di Pomarance F. 6 Partiti del Vicariato.
  • Archivio Storico Comunale di Pomarance F. 147 B Civile 1620 – 21 c.225 r.
  • Archivio Storico Comunale di Pomarance F. 428 Estimo 1571 c. 426 r.
  • Archivio Storico Comunale di Pomarance F.
  • c. 22 r.
  • Archivio Biondi Bartolini (non classificato). Ringrazio sentitamente il dott. Giovanni e Giu­lio Biondi Bartolini per la loro disponibilità nel consultare i documenti privati di famiglia ed aver­mi dato l’opportunità di pubblicare questo do­cumento inedito.
  • 3 giugno 1626. Lucrezia Malagotti Vaini, scri­ve al Cardinale Rivarola raccomandandogli An­tonio Cercignani detto Pomarancio, perché gli sia affidato l’incarico di portare a termine un di­pinto per San Pietro, lasciato incompiuto da Cri­stofano Roncalli a causa della morte. Ileana So­no Chiappini “Cristofano Roncalli detto Poma­rancio ’ ’ Edizione a cura della Cassa di Rispar­mio di Bergamo.
  • J. Spinelli. ”11 Palazzo Biondi Bartolini a Po­marance” – La Comunità di Pomarance n° 2/1990.

La suddetta relazione sul fabbricato, già dei Ron­calli, mi fu commissionata dalla famiglia Bion­di Bartoliniper documentare l’interesse storico artistico del Palazzo. Con personale sodisfazio­ne questo studio è stato inviato, corredato da fo­to, al Ministero dei Beni culturali di Roma ed alla Sovrintendenza ai Monumenti di Pisa.

Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.

CRISTOFANO RONCALLI (I parte)

A POMARANCE: la sua Famiglia, le Sue proprietà, i contatti con la sua Terra Natale a cura di I. Spinelli

Una tra le più importanti famiglie no­biliari protagoniste delle vicende stori­che e politiche dell’antico castello di Ripomarance, fin dal XVI secolo, è stata quella dei Roncalli che ha avuto tra i suoi discendenti facoltosi mercanti, prio­ri, magistrati, gonfalonieri e famosi ar­tisti come il pittore “manierista” Cristofano Roncalli detto II Pomarancio, suo fratello Donato (Notaio e Pittore) ed un loro nipote, Jacopo di Cosimo Roncalli, vissuto nella prima metà del XVII secolo.

Stemma e albero genealogico Roncalli di Foligno

Cristofano Roncalli fu sicuramente il più famoso tra i membri di questa fa­miglia essendo annoverato dagli storici d’arte, tra i migliori artisti della seconda metà del ’500 e l’inizio del ’600, periodo nel quale egli eseguì una delle sue più grandi opere di affreschi che si trovano nella Cappella Lauretana a Loreto.

Vissuto per gran parte della sua vita a Roma e ben inserito negli ambienti Cardinalizi, ebbe notevoli committenze di lavori nel Vaticano, nelle Chiese di Roma ed in altre città dell’Italia centrale dove sono ancora conservati i suoi lavori.

Conosciuto dalla critica storico-arti­stica con lo pseudonimo di “Pomarancio”, per distinguerlo dall’altro pittore locale Niccolò Cercignani (Pomarancio il vecchio) “delle Pomarance’’, fu, secondo alcuni storici come Baumgart (1) allievo dello stesso Nicolò Cercignani anche se studi per­sonali sui due pittori locali proverebbero la quasi coetaneità degli artisti.

L’origine dei Roncalli, Roccalli o Roncagli, come spesso troviamo scritto nei documenti d’archivio del Comune di Pomarance, è di origine allogena in quanto proveniente dalla Valle Imagna del bergamasco.

Alcuni componenti di questa famiglia si trasferirono agli inizi del XVI secolo nella regione umbra a Foligno, altri nello “Stato di Firenze”, in Ripomarance, svolgendo attività di “mercatura”.

L’appartenenza al medesimo ceppo bergamasco è documentata dalla somi­glianza che si nota nelle stesse carat­teristiche araldiche dell’Arme dei Roncalli di Foligno e in quella di Pomarance nonché da numerosi docu­menti del XVI secolo tratti dall’Archivio Storico Comunale che citano la prove­nienza bergamasca (2). Il “Blasone” dei Roncalli di Pomarance, a cui appartiene il pittore Cristofano e del quale esiste forse l’unico esemplare presso la fa­miglia Bartolini, è dipinto in un frammen­to di maiolica rinascimentale già pubblicato in occasione del mio studio sugli “Stovigliai” di Pomarance (3). Lo stemma, simile a quello inviatomi gen­tilmente dal Dott. Saverio Lupatelli Roncalli di Foligno, discendente in linea femminile dei Roncalli del luogo, è citato anche in una descrizione di “Famiglie Nobiliari Volterrane” dell’Archivio Maffei presso la Biblioteca Guarnacci di Volterra ed è così descritto (4):“… Spaccato, nel primo d’azzurro, al Castello d’argento portato e finestrato di nero; nel secondo d’argento, a tre pali, due laterali di rosso, quello di mezzo d’azzurro

Lo studio dell’Arme conservato dalla famiglia Biondi Bartolini presenta una particolarità che fa individuare forse l’at­tività più antica che, assieme a quella di mercanti, dovevano svolgere i Roncalli a Pomarance: quella di “Mae­stri d’arme”. Il castello merlato da l’idea di un’elsa di spada, il palo d’argento centrale la lama della stessa.

Elemento simbolico della professio­ne di “Lanceolai” che svolsero in Ripomarance per molti anni il capostipite Francesco ed i suoi due figli, Giovan Antonio ed Alessandro Roncalli, rispettivamente padre e zio del pittore Cristofano. Stabilitisi nel tranquillo castello di Ripomarance (Contado di Firenze) dopo una frettolosa fuga da Bergamo, risultano essere presenti nella vita del “ca­stello” fin dal 1525 con l’iscrizione nel Dazaiolo del Comune e nell’Estimo del XVI secolo relativo all’anno 1532.

Nel suddetto estimo infatti, che ripor­ta variazioni catastali fino al 1543, risul­tano censiti per i loro possedimenti nella corte e castello di Ripomarance, i Si­gnori Giovan Antonio di Francesco (Roncalli) da Bergamo merxiaio et Ales­sandro suo fratello, ai quali è posta una tassa sulla loro testa di lire 100 proprie­tari degli infrascritti beni (5):

“… Una casa posta nel Terzo di Petriccio, confinata a 1° via, 2° Giusto di Benedetto Fantacci, 3° Muro castellano, 4C Fede di Contro di Polito (Incontri) … stimata lire 130.

…Un pezzo di terra olivata, vignata posta alle Ribatti, a 1° via, 2° Antonio di Giusto di Marzilio, 3° la via della Doccia, 4° Paulo di Francesco di Cristofano da Montecastelli… stimata lire 150

… Una casa posta alla Porta alla Pieve stimata lire 100

… Una casa posta in Petriccio a 1° via, 2° Rede di Pietro Paulo Santucci, a 3° Giusto di Petruccio stimata lire 100.

Una casa posta nel Terzo di Petriccio, a 1° via, 2° Bastiano di Jacomello, a 3° Redi di Pietro Pagolo di Giovanni Santucci, a 4° Giovan Martino di Mastro Guasparri … levata dalla posta di Giusto di Petruccio in questo a carta 25… stimata lire 30”.

Giovan Antonio Roncalli, iscritto all’arte dei Lanceolai di Firenze, svolse, in società con il fratello Alessandro, attività di mercatura moltiplicando nel corso degli anni i suoi possedimenti nella Corte di Ripomarance come è possibile notare nelle stesure successi­ve degli estimi del comune per tutto il XVI secolo. Entrambi i fratelli si sposa­rono a Pomarance dando luogo ai due rami dei Roncalli di Pomarance che sono ben documentati in un Albero Genealogico della famiglia Ronacalli del XVIII secolo conservato presso la Bi­blioteca Guarnacci di Volterra (6).

Giovan Antonio si sposò con donna Francesca Incontri appartenente an­ch’ella ad una delle più facoltose fami­glie del luogo specializzate nella produ­zione e commercializzazione di Maioliche pomarancine fin dal XVI se­colo. Dal loro matrimonio nacquero ben sei figli: Bernardino, Donato, Cosimo, Cristofano, Guglielmo e Francesco (7).

Bernardino, Cosimo e Francesco continuarono l’attività del padre aprendo attività commerciali nel Castello di Ripomarance; Guglielmo fu prete alla Chiesa di San Martino di Lustignano; Donato, forse il secondogenito della famiglia, come risulta da un elenco dei fratelli Roncalli (eredi universali del pa­trimonio paterno) iscritti nell’Estimo della fine del XVI secolo, fu laureato in legge ed al tempo stesso abile pittore.

Della sua attività pittorica però ab­biamo sporadiche notizie che lo vedono solo in un ruolo di compartecipazione alle opere ed affreschi del fratello Cristofano Roncalli.

Albero genealogico Roncalli di Pomarance (sec. XVIII) B.G.V.

“Maestro” Donato Roncalli “… molto reputato per bontà di vita et intelligent della professione” di dottore in legge venne definito nel manoscritto del Lanzi (1620) “pictor senensis” e fu secondo la critica storica, il personaggio che con la sua professione di legale e auditore cardinalizio, permise al fratello Cristofano di inserirsi negli ambienti clericali della “Roma bene”. Personalità abbastanza vicina alla corte papale, fu contattato dallo stesso comune di Ripomarance per risolvere alcune con­troversie giuridiche di confinazioni con dei proprietari volterrani. Un’indagine mirata su questo perso­naggio, ritenuto di secondo piano rispet­to alla formazione artistica del “Pomarancio”, potrebbe in qualche modo evidenziare la vera formazione artistica di Cristofano che la critica artistica vuole improntata in ambito fio­rentino.

Estimo 1532 (Arroto 1543) c. 67v. (A.S.C.P.)

La data di nascita di Cristofano Roncalli è fatta risalire all’anno 1552 secondo un calcolo aritmetico di 62 anni che egli stesso dichiarava di avere nel 1616 sottoscrivendo e firmando gli af­freschi della cupola Lauretana (oggi non più leggibile), letta e pubblicata nel 1895 dal Giannuzzi (8). Una indagine perso­nale però, effettuata negli estimi del Comune di Ripomarance dal 1532 in poi, indicherebbe tale data spostata indietro di alcuni anni, in quanto vi sono diversi elementi comprobanti:

1°) Nell’Estimo del 1544 (con arroti e variazioni catastali fino al 1560) risul­tano già alcuni possedimenti intestati a “Cristofano di Gio.Antonio Roncalli da Bergamo” consistenti:… Una casa posta in Borghetto confinata a 1° via, 2° Antonio di Bernardino Magrini, 3° herede di ser Giovan Matteo, 4° Mura castellane… stimata lire 200.

Una Bottega posta alla Porta al Peso a 1° via, 2° Mura castellane, 3° Meo di Bastiano fabro… stimata lire 30.

Una pezzo di terra posta alle Ri­batti,… una pezzo di terra alla Piaggia… un pezzo di terra alla Doccia ed una pezzo di terra all’Aia di San Piero… per un valore complessivo di lire 510 (9).

2°) Il pittore “Cristofano di Gio:Antonio Roncalli da Bergamo” risul­ta annotato anche in una aggiunta o arroto, nell’estimo di Ripomarance del 1532 che riporta variazioni estimali fino al 1543.

E’ rilevabile infatti che i sopradetti possedimenti gli pervennero dalla ere­dità di certo Donato di Michele fabro.

Come è possibile osservare dalla foto del documento, la sua iscrizione alla carta 67 retto, è posta poco più in alto ed è eseguita con grafia e scrittura
diversa da quella con cui era censito mastro Donato di Michele fabro. Una indagine della calligrafia usata per annotare Cristofano Roncalli, rileva essere la stessa del Cancelliere con la quale sono state eseguite altre aggiunte estimali nelle carte successive risalenti alla fine dell’anno 1543 (10).

Un altro .elemento interessante e molto significativo, secondo me, ritrovasi nel pagamento della tassa “sulla Testa” di lire 100 che era dovuta all’erario del Comune di Ripomarance per tutti coloro che svolgevano un’attività professiona­le. La suddetta tassa fu in vigore a Pomarance fino all’anno 1543 in quanto non si ritrova essere imposta nella stesura del nuovo “Estimo di Ripomarance” del 1544; questo elemen­to potrebbe quindi indicare l’anno di nascita del nostro artista pomarancino. Infatti, secondo uno studio dello storico volterrano Enrico Fiumi sul Catasto di Volterra e San Gimignano la tassa “sulla testa” veniva imposta a coloro che ave­vano una età compresa tra i 14 e i 18 anni; ipotizzando quindi che l’apprendi­sta Cristofano Roncalli avesse ereditato i sopraddetti possedimenti all’età di 14 anni, nell’anno 1543 (periodo corri­spondente alle ultime aggiunte e alla medesima scrittura del Cancelliere di quel tempo), la sua data di nascita dovrebbe risalire al 1529 – 1530.

Piazzetta già di Borghetto e Porta al Peso o Orcolina

Un riscontro assai probante su quanto asserito può essere documen­tato dall’Archivio Civile della Podesteria di Val di Cecina in cui si ritrovano fre­quenti elenchi di cittadini tassati secon­do la loro professione o implicati in cause Civili.

Tra questi nominativi indicati per il pagamento sulla tassa delle bocche (del sale) per l’anno 1543 risulta annotato anche lo stesso “Cristofano di Jo(vanni Antonio) Ronchalli” a cui è imposta la tassa di lire 2 e soldi 8. Nel repertorio della Filza di Archivio in ordine alfabetico e indicato alla lettera C, Cristofano di Gi(ovanni) senza specifi­care il cognome Roncalli (11).

L’anno successivo, 1544, come già detto, è iscritto nella nuova stesura dell’Estimo di Ripomarance con le pro­prietà pervenutegli da Donato di Miche­le fabro che sono individuate nell’attuale Piazzetta San Carlo (già di Borghetto) ed in prossimità della porta al Peso (oggi detta Orciolina).

Qualche anno più tardi troviamo un’altra notizia che certifica la sua permanenza a Pomarance; questi infatti è citato nel 1548 nel libro dei Partiti del Comune di Ripomarance per aver pa­gato la “… gabella della biada inviata al Commissario” durante il passaggio di un esercito diretto alla guerra di Piom­bino (12).

Egli è annotato come “… Cristofano Bergamasco” senza specificare il co­gnome come accadeva spesso per altri cittadini; una riprova è la citazione di suo padre, Giovan Antonio Roncalli che nel libro dei Creditori del Comune ve­niva indicato semplicemente come “Gio Antonio Bergamasco” (13).

Ben poco sappiamo sui primi inse­gnamenti d’arte ricevuti da Cristofano in quegli anni che probabilmente lo videro a fianco dell’altro pittore pomarancino Niccolò Cercignani (nato attorno al 1520 – 25) allievo, egli stesso del pittore volterrano Daniele Ricciarelli da Volterra (14).

La sua presenza a Ripomarance però è documentata anche attorno al 1552 quando risulta implicato in una causa civile davanti al Podestà di Val di Cecina: “… Nanni di Michele Saiucci… agit… contra Cristofani di Gio. Francischi de Roncalli a quo petit datii… et manifatturis” (15).

L’allontanamento dalla sua terra natale verso altre mete importanti per la professione di pittore, portarono Cristofano Roncalli a Firenze dove si formò artisticamente, come dimostrano le notevoli influenze stilistiche della sua pittura prima di stabilirsi a Roma attorno al 1575.

Cimase di un polittico attribuito a C. Roncalli (Kirwin) 1972
(sacrestia della Chiesa di S. Giovanni Battista di Pomarance) (Foto S. Donati)

Un fatto importante per datare il suo definitivo allontanamento da Ripomarance è nuovamente documen­tato nell’estimo del 1544 dove è anno­tato in calce, tra il 1559 ed il 1560, la vendita di tutte le sue proprietà a Pomarance. L’11 maggio 1599 infatti venne ceduta la bottega posta alla Porta al Peso con alcuni pezzi di terra posti alle Ribatti a Michele di Mariotto. Lo stesso Michele l’anno successivo, 1560 (2 dicembre) comperava dallo stesso Cristofano Roncalli la Casa posta in Borghetto con altri terreni posti in loca­lità Doccia, Piaggia e San Piero. Un fatto interessante e non casuale è in quel periodo la vendita di alcuni pos­sedimenti in Ripomarance anche da parte di Niccolò Cercignani che deno­terebbero l’allontanamento di entrambi dal loro paese di origine (per stabilirsi entrambi nella regione umbra dello Stato Pontificio?).

Il padre di Cristofano, Giovan Anto­nio, e lo zio Alessandro continuarono la loro attività di mercanti facendo affari d’oro nel piccolo castello di Ripomarance ed ampliando notevol­mente i loro possedimenti nel contado pomarancino per un valore di capitale di lire 13860.

Questi possedimenti immobiliari e terrieri furono oggetto di divisione tra gli stessi fratelli, Giovan Antonio e Ales­sandro che in data 1 agosto 1579 pro­cedettero alla divisione patrimoniale dei loro beni.

Dai due fratelli “bergamaschi” ven­nero divise le unità immobiliari poste al di là e al di qua della Porta alla Pieve che erano sicuramente collegate fra loro da alcune stanze sovrapposte situate proprio sopra l’antica Porta alla Pieve.

Esse erano indicate nell’Estimo del 1571 e così descritte:

“… una casa in detto castello alla Pieve a 1° via, 2° via, 3° Ser Piero d’Andrea Incontri a 4° Via … stimata lire 1200… cassa la metà e porsi a Ales­sandro Roncalli …”(area occupata dalla casa già eredi Derna Volpi).

“… Una casa in detto castello colle botteghe alla Porta alla Pieve confinata a 1° via, 2° la Pieve di San Giovanni, 3° Forno del Comune stimata lire 600… cassa la metà et ponsi ad Alessandro come sopra…”.

Questi ed altri possedimenti patrimoniali dei due capostipiti della famiglia Roncalli a Pomarance, furono ereditati dai loro rispettivi figli come risulta dalle successive stesure degli estimi del XVI e XVII secolo (16).

Jader Spinelli

(CONTINUA)

NOTE BIBLIOGRAFICHE

  1. Baumgart, in Thieme – Becher; Allgemaine Lexikon der Bilden Kunstler XXVIII, Lipsia. (1933) Manuali 3572; pag. 567. Istituto Germanico di Storia dell’Ade di Firenze.
  2. Ringrazio sentitamente il Dott. Saverio Lupatelli Roncalli di Terni per la collabora­zione prestatami in queste mie ricerche e per avermi inviato lo stemma dei Roncalli di Foligno e l Albero Genealogico della famiglia da cui discende.
  3. I. SPINELLI “Gli Stovigliai a Pomarance nel XVI – XVII secolo’ – La Comunità di Pomarance n° 1/1990.
  4. Biblioteca Guarnacci Volterra – Genealogie Volterrane LI – LX; Archivio Maffei.
  5. Archivio Storico Pomarance F. 426 Estimo 1532 c. 31 r.
  6. Biblioteca Guarnacci Volterra – Filza 42 B, Carta 23; Prospetto indicativo di docu­menti storici .. contenuti nelle filze segnate col numero di inventario 5706 e collocate nei lutei IV V e VI; scaffale L.
  7. Dalla loro unione nacque anche Maria Grazia Roncalli, suora nel convento di Santa Chiara di Volterra nel 1590.
  8. Ileana Chiappini di Sorio; “Cristoforo Roncalli detto il Pomarancio’’ a cura della Banca Popolare di Bergamo.
  9. Archivio Storico Pomarance F. 427 Estimo 1544 c. 66 r.
  10. Ibidem F. 426 Estimo 1532 c. 67 v.
  11. Ibidem F. 67 B Civile di Podesteria c. 2 v.
  12. Ibidem F. 74 c. 214 r.
  13. Ibidem F. 218 c. 21 r.
  14. F. Canuti – Niccolò Cercignani detto il Pomarancio – Bollettino della deputazione di Storia patria per l’Umbria XLVIII – LI (1952).
  15. Archivio Storico Pomarance F. 77 B; Civile di Podesteria c. 76 r. Nel repertorio della filza è indicato alla lettera C carta 76 “Cristofano Roncalli”.

Archivio Storico Pomarance F. 428 Estimo 1571 c. 105 r. La casa dei Roncalli colle botteghe alla Porta alla Pieve e con­finante con la chiesa di San Gio Battista è da individuare dove attualmente sorge il Palazzo Biondi Bartolini del quale abbiamo trattato nel N° 2 1990 della rivista La Co­munità di Pomarance.

Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.

LA SFERA ARMILLARE

Quando nel 1775 il Granduca Pietro Leopoldo fece trasferire tutta la ricca col­lezione di oggetti naturali dal Palazzo Pit­ti. dove era la sede dell’Accademia del Ci­mento, alla nuova sede del Museo di Fisica e Storia Naturale, tra le altre cose fu rinvenuta una Sfera Armillare o, come ve­niva chiamata anticamente, la Macchina Universale del Mondo. Fu erroneamente attribuita all’astronomo e cosmografo del Granduca Cosimo I de’ Medici Ignazio Danti e l’errore fu causato dal fatto che era stata trovata negli archivi fiorentini la notizia secondo la quale il Granduca, co­me scriveva lo Spini nel 1570 nell’opera “Annotazioni intorno al trattato dell’Astrolabio del R.P. Ignatio Danti’’ pubblicata a Firenze nello stesso anno, aveva fatto fabbricare al Danti, suo cosmografo, due grandissimi globi “nei quali si vedevano i siti e le forme dell’immagini celesti et la compita et particulare descrizione della Terra’’.

Particolare della SFERA ARMILLARE (Foto Franca Principe).

Fu appunto Ferdinando Meucci che notò sulla Sfera l’Arme Medicea inquartata con quella dei Lorena giungendo così alla conclusione che l’opera era databile al­l’epoca del Granduca Ferdinando I de’ Medici, che era appunto sposato con Cri­

stina di Lorena, e quindi posteriore ai glo­bi costruiti dal Danti. Il Meucci, come di­ce egli stesso nel suo opuscolo sulla Sfe­ra Armillare pubblicato a Firenze il 30 agosto 1876, “io per vero accettava sot­to tal nome il mappamondo ed andava ri­cercando il vero autore della sfera arm il­lare’’, e frugando nell3archivio Mediceo che si trova nel Palazzo Pitti tra le molte notizie utili riuscì anche a trovare la noti­zia che tanto attendeva e cioè “che que­sta sfera era stata costruita da Antonio Santucci delle Pomarance per commis­sione del G.D. Ferdinando I, e della qua­le trovai perfino l’importare della spesa occorsa              Non avvi pertanto più alcun

dubbio sull’autore di questa grande e ric­ca sfera armillare della quale fu scritto an­cora doversi al cosmografo Matteo Neroni; essa è quella, che come già notavasi, costruì nella Galleria dei Pitti il matema­tico Antonio Santucci dalle Pomarance per ordine di Ferdinando I, del quale egli era già da molti anni cosmografo. Trova­si notato che egli vi pose mano il 4 mar­zo 1588 e la terminò il 6 maggio 1593, quanto è dire che impiegò 62 mesi nel fabbricarla. ”

La Sfera è costituita da nove sfere con­centriche la maggiore delle quali ha un diametro di m. 2,20 e la minore di m. 0,70. Al centro di questa sfera minore (secon­do la concezione tolemaica) vi è la Terra che ha un diametro di circa 60 cm. e sul­la quale sono disegnati anche territori dei quali, all’epoca, non era ben nota la con­figurazione. Vi sono poi le sette sfere dei Pianeti posti nel seguente ordine: Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove e Saturno. A queste otto sfere mobili segue la Nona, detta Primo Mobile, che è fissa e porta le calotte polari ed i meridiani in filo di ferro. Da due calotte che portano dipinte al loro interno le Armi Mediceo Lorenesi si dipartono 24 cerchi di legno che, tutti insieme, costituiscono un’altra sfera fissa e forse corrispondono alle 12 “Ca­se” con un significato astrologico. In to­tale la Sfera Armillare è composta da 82 armille o cerchi a cui possono essere ag­giunti altri 8 grandi cerchi che, tagliati a metà, svolgono la funzione di sostegno all’orizzonte quelli inferiori e di coperchio mobile dell’intera macchina quelli supe­riori.

Tutte le armille sono dorate o dipinte ed intagliate a merli in modo da dividere l’in­tero cerchio in 360 gradi. I quattro mezzi cerchi che sorreggono l’orizzonte presen­tano alle loro estremità dei bassorilievi raf­figuranti una testina e l’Arme dei Medici intercalate tra loro. Tutta la Sfera nella sua interezza appog­gia su di un piedistallo alto circa 85 cm. formato dalla unione di quattro sirene rap­presentanti i punti cardinali. Tutto ciò è conforme all’originale, ma si pensa che sia frutto del restauro ottocentesco effet­tuato da Ferdinando Meucci.

Arme dei Medici inquartate con quelle dei Lorena fatte a mano dal Santucci.

Il movimento della “Macchina Universa­le del Mondo” era reso possibile da una manovella che permetteva la rotazione di un asse passante attraverso la Terra; date le precarie condizioni odierne della sfera non è possibile farla ruotare.

Il Meucci riuscì anche a trovare, nell’Ar­chivio Mediceo, una perizia dalla quale ri­sultava la spesa sostenuta dal Granduca per la costruzione della Sfera:

Per fabbricare tutti e cerchi grandi e pic­coli e graduatili con intaglio a guisa di merli e fattovi alcune linee incavate in det­ti cerchi e fatto la palla del mondo gran­de et altre minime giudicano esservi an­dato n° 1371 opera a giuli 4 il giorno mon­terebbe a Scudi 522.2

Per mettere d’oro tutta la sfera et il piede similmente ec. ci sia di spesa tanto quan­to vale l’oro che ci è andato e per e libri del coridore vè andato Scudi 170.0

Per dipingere più cerchi da rovescio e da ritto graduarli tutti e. cerchi Scudi 60.0 Per dipingere la palla del mondo Scudi 100.0

Per dipingere 7 cerchi dove sono e pia­neti et il meridionale l’orizzonte et e ton­di che vanno ne’ poli, dipinti di figure et pianeti celesti Scudi 100.0

TOTALE Scudi 1052.2

A questi 1052.2 scudi vanno aggiunti 170 scudi quale importo dei libri d’oro che fu­rono passati al Santucci dal Guardaroba del Granduca. Il costo totale dell’opera è pertanto di scu­di 1222.2, costo insignificante in confron­to a quello che verrebbe a costare oggi un lavoro di cinque anni in cui si vede l’o­pera pregevole di pittura e intarsio. Non vi è infatti armilla che non sia intagliata, superficie in cui non vi sia stato dipinto. L’artista infatti ha ornato con le figure ed i segni convenzionali delle costellazioni le otto fasce dello zodiaco, ha indorato e fregiato con segni rossi e turchini tutta la superficie interna dei cerchi.

Illustrazione del TRATTATO SOPRA LA NUOVA INVENZIONE DELLA SFERA ARMILLARE “Delti dua Circoli Artico ed Antartico’’

Questa sfera, che oggi si trova presso l’i­stituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze, è una grandiosa rappresentazio­ne dell’antica dottrina tolemaica. Secon­do questa teoria la Terra, elemento più pesante ed immobile, era situata al cen­tro dell’universo ed intorno a lei ruotava tutto l’universo. L’Acqua, secondo ele­mento, era contenuta dalla Terra stessa nelle sue profondità ed il tutto era circon­dato dall’Aria e dalla Regione del Fuoco. Sopra a questa, uno dopo l’altro, veniva­no i sette cieli corrispondenti ai Pianeti po­sti nell’ordine descritto precedentemen­te. Di seguito a questi vi era l’ottavo cie­lo o Cielo Stellato.

Quetsi primi otto cieli avevano un loro mo­to che correva da Ponente a Levante mentre il cielo successivo, il Primo Mobi­le, andava da Levante a Ponente facen­do il suo percorso nello spazio delle 24 ore. Questa spiegazione della teoria Tolemai­ca seppure incompleta ci serve a far ca­pire come funziona la Sfera Armillare del Santucci. Egli infatti l’aveva costruita in modo talmente preciso e completo che mediante una manovella inserita nell’as­se passante per la Terra riusciva a far ve­dere i movimenti di tutte le armille e quindi dell’intero universo con il passare del tempo che era segnato da una specie di orologio anch’esso inserito nella Macchi­na. Questa sfera, insieme alle altre ope­re, rivela una forte ed incisiva sensibilità di artista del Santucci il quale ebbe solo la sfortuna di vedere, negli ultimi anni del­la sua vita, superate le teorie tolemaiche dalle scoperte di Galileo.

BIBLIOGRAFIA.

  • MARIA LUISA RIGHINI BONELLI, “Di alcuni manoscritti inediti di Antonio San­tucci delle Ripomarance”, Annali dell’i­stituto e Museo di Storia della Scienza, III (1978), n. 2, pp. 59 – 67.
  • THOMAS B. SETTLE, “Antonio San­tucci, his “New tractatus on comets”, and Galileo.”, Monografia n. 7 – NOVITÀ CE­LESTI E CRISI DEL SAPERE , Ati del Convegno Internazionale di Studi Gali­leiani a cura di P. Galiuzzi, Supplemento agli ANNALI DELL’ISTITUTO E MUSEO DI STORIA DELLA SCIENZA Anno 1983, Fascicolo 2, pp. 229 – 238.
  • F. MEUCCI, La sfera Armillare di To­lomeo costruita da Antonio Santucci, Ti­pografia del Vocabolario FI (1876).
  • Un ringraziamento particolare alla Vi­ce Direttrice ed alla Responsabile del Ga­binetto Fotografico dell’istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze Signo­re Mara MINIATI e Franca PRINCIPE per il loro cortese ed indispensabile aiuto pre­statomi nella ricerca del materiale biblio­grafico e fotografico.

Bongi F.

Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.

ANTONIO SANTUCCI

MATEMATICO E COSMOGRAFICO DEL GRANDUCA DI TOSCANA FERDINANDO DE’ MEDICI

Antonio Santucci, autore della SFERA ARMILLARE che si trova nell’istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze, del TRATTATO NUOVO DELLE COME­TE e valente artista pomarancino della se­conda metà del Cinquecento, nasce nel castello di Pomarance presumibilmente tra il 1540 ed il 1550. Dico presumibilmen­te in quanto non sono ancora stati ritro­vati documenti che ne comprovino la ef­fettiva data di nascita. L’unica cosa sicu­ra e documentata è che la famiglia San­tucci risiedeva a Pomarance ormai da moltissimi anni ed era sempre stata una delle famiglie più in vista della Comunità come risulta da alcune delibere ritrovate nello Archivio Storico Comunale.

Nella prima, datata 1 novembre 1621, si legge:

“Adi 1 novembre 1621, congregati alla residenza solita del Gonfaloniere e Prio­ri Rappresentanti tutta la Comunità di Ripomaranci in sufficiente numero Delibe­rano di dare fede come Benedetto San­tucci et ms. Paolo Piero Santucci sono tutti di Ripa Maranci originari et di fami­glia originaria antica di questa terra, che hanno goduto e godono tutti i privilegi im­munità della Comunità.”

Nella seconda Delibera, datata 11 settem­bre 1751, si ha il seguente attestato:

“Di poi i Sigg. Adunati ordinarono a me cancelliere, con tutto legittimo Partito di voti favorevoli quattro e nessuno contra­rio, far questo attestato della famiglia del fu Michel Angiolo del fu Domenico San­tucci originario di questa terra di Poma­rance e qui stata da più centinaia d’anni descritta tra le principali Famiglie e che non trovasi memoria d’alcuna persona della stessa Famiglia che abbia giammai esercitata nessuna arte umile o mecca­nica ma essersi sempre mantenuta delle proprie entrate con decoro ed onorevolezza. ”

Il Santucci, dotato di intelligenza innata, talento ed ambizione, ha probabilmente iniziato la sua carriera come apprendista in qualche bottega di artista nella Firen­ze del Cinquecento in cui gravitavano i migliori uomini di scienza, artisti ed arti­giani dell’epoca, ed è proprio grazie a questi suoi primi approcci con l’arte che egli deve avere acquisito una miriade di abilità che gli sono poi servite nel momen­to in cui ha aperto una propria bottega. Le prime notizie certe, ricavate dalle sue opere e dall’opuscolo che Ferdinando Meucci scrisse nel 1876 sulla Sfera Ar­millare, ci dicono che nel 1572 il Santuc­ci era già al servizio del Cardinale Ferdi­nando de Medici quando questi era a Ro­ma intento nei suoi studi. Nella dedicato­ria a Cosimo II de Medici del TRATTATO NUOVO DELLE COMETE infatti egli di­chiara che “…. mi dette occasione in Ro­ma ed in Firenze di poter osservare tutte le comete, e nuove stelle apparse al mio tempo del 1577 del 82 del 96 e del 607 et le due stelle del 72 del 604. ”

Dal 1577 al 1607 risulta spesso in viag­gio fra Roma e Firenze. Osserva come­te, si diletta a costruire strumenti e viag­gia sulle galere per conto del Principe Ferdinando a scopo scientifico.

Nel 1582 Santucci è a Roma, osserva la cometa di quell’anno dalla residenza del Cardinale (Palazzo Trinità dei Monti) e ter­mina la sua prima Sfera Armillare che si trova oggi nella Biblioteca dell’ESCORIAL a Madrid. Questa sfera, costruita per or­dine del Cardinale Ferdinando, fu invia­ta alla Corte

di Spagna nel 1583 tramite Giulio Bava­glini, ministro plenipotenziario in Spagna, unitamente ad un libro che avrebbe po­tuto costituire una descrizione anticipata della seconda Sfera Armillare che San­tucci costruì nel 1593 e che oggi si trova presso l’istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze.

Sempre in questo anno 1582 abbiamo la prima testimonianza della posizione di Matematico del Santucci. È stata infatti trovata, nell’inventario del “GUARDARO­BA” Romano del Cardinale Ferdinando, una voce che registra la costruzione di una Sfera Armillare costruita da “Maestro Antonio Santucci dalle Pomarancie Ma­tematico di Sua Santità Illustrissima. ” Nel 1587, a causa della morte del Gran­duca Francesco de Medici, fratello del Cardinale, il Santucci torna a Firenze con Ferdinando il quale lascia la porpora car­dinalizia e diviene il nuovo Granduca.

La posizione del Santucci rimane oscu­ra. Egli infatti non compare nell’elenco di coloro che venivano stipendiati dal Gran­duca.

TRATTATO DELLE COMETE: Tavola manoscritta (Ed. 1611)

Dopo breve tempo gli viene commissio­nata la costruzione della seconda Sfera Armillare che dovrà essere più grande ed elaborata della precedente. Questo lavoro lo tiene occupato per 62 mesi, dal 4 mar­zo 1588 al 6 maggio 1593.

Dalle varie testimonianze dei pagamenti per i materiali e per i servizi si può dedur­re che il Santucci non fu soltanto il dise­gnatore e progettista della sfera, ma an­che il costruttore ed il decoratore. Infatti tra le varie cose vi erano riferimenti alla sua bottega, agli strumenti ed anche ai suoi aiutanti. Tutto questo avalla la tesi secondo la quale il Santucci iniziasse la propria opera come artista-artigiano e che solo in seguito si sia dedicato a studi di astronomia, matematica e tutto ciò che potesse contribuire a migliorare le sue co­noscenze e le sue capacità.

La costruzione della grande Sfera Armii­lare però non fu l’unico impegno in que­sti cinque anni. Nel 1590 infatti pubblica una tavola “Dichiarazione della ruota per­petua, nuovamente ad utilità comune po­sta in luce, nella quale perpetuamente si trova l’ora del levar del sole, del mezzo­giorno, il far della luna, etc. ” e, come egli stesso dichiara nel suo “TRATTATO NUOVO DELLE COMETE”, costruisce un grande quadrante con un diametro di 4 braccia e mezzo, equivalente a circa 3 metri, di cui era molto orgoglioso. Per no­stra sfortuna però il Santucci non ci dà nessuna indicazione del perché e per or­dine di chi l’abbia costruito.

In questo periodo continua la trasforma­zione del Santucci da artista-artigiano a matematico e la testimonianza ce la for­nisce Jacopo Mazzoni in una sua lettera al Granduca Ferdinando del 1593. In que­sta lettera il Mazzoni dichiara che il Santucci aveva intrapreso “molti lavori in ma­tematica’’, che era “un valent’huomo” in quella professione e degno di essere so­stenuto.

Dorso del Astrolabio.
TRATTATO DI DIVERSI /STRUMENTI (1593)

Nel 1593 scrive il “Trattato di diversi /stru­menti Matematici che si conservano al presente nella Guardaroba del Gran Du­ca di Toschana Presi in disegno in que­sto libbro con le loro operationi come in misurare le lunghezze largezze altezze overo profondità cosi delle cose Terrene come Celesti; Similmente in levar le pian­te delle Provincie

o di qual si voglia cosa con ogni partico­larità che giustamente stien ne luoghi loro. ”

È questo un bellissimo Codice manoscrit­to che potrebbe essere definito un inven­tario principe ragionato dei più rilevanti documenti della seconda metà del Cin­quecento. In esso si possono osservare figure di strumenti matematici e luoghi di cui si possono rilevare le altezze con gli strumenti. La maggior parte degli appa­recchi presentati nel Codice si ritrova oggi negli originali posseduti dall’istituto e Mu­seo di Storia della Scienza di Firenze.

Da questo Trattato possiamo trarre la te­stimonianza evidente che egli aveva in­trapreso alcune attività di insegnamento. In una delle prime pagine del Trattato il Santucci ci preannuncia di stare prepa­rando un “copioso compendio” sulla Sfe­ra Armillare: “…. e per uso di simili cose la felice Memoria del Gran Duca Cosimo fece fabrichare questi bellissimi /strumen­ti per il diletto che ne avea di si, nobile et piacevole scientia, ad imitatione del quale il Serenissimo Don Ferdinando HI Gran Duca di Toscana, oltre a far questo trattato per dichiaratione delle operatio­ni de sopradetti strumenti vena aggiunti degli altri venuti di Roma come alchuni bellissimi quadranti e Bussole et oltre a questo ha anche fatto fabricare al presen­te una sfera di meravigliosa grandezza e la più copiosa che si vedessi già mai del­la quale se il Signore i Dio celo concede­rà se ne vedera presto un copioso com­pendio dove si dichiarano li sua termini con tutte le operationi astronomiche et geografiche che in quella si contengono. ” Nel 1595 vennero affidati al Santucci let­torati di Matematica all’Accademia del Di­segno ed il restauro del grande Mappa­mondo costruito da Egnazio Danti e che attualmente si trova nella Sala delle Car­te di Palazzo Vecchio. Questo Mappa­mondo terrestre costruito dal Danti, co­smografo di corte di Cosimo de Medici, era ridotto in cattive condizioni ed il San­tucci stesso in una sua relazione, che si trova presso l’Archivio Mediceo, ci fa sa­pere quali fossero i lavori di cui necessi­tava: “Fa di mestieri colorir di nuovo tut­ta l’acqua e ralluminare molte cose che sono state accecate ne’ continenti della terra, similmente fa di bisogno linear di nuovo tutti i circoli paralleli e meridiani a ciò’ si riduca in bella e graziosa vista. Inol­tre a circoli tropici et agli artici gli manca­no la loro graduazione che oltre al l’orna­mento che fanno è necessario farle per distinguere le proporzioni che i paralleli hanno con l’equatore, i continenti della terra che sono dintorno a poli di detto glo­bo vi furono solamente accennati a gui­sa di un fummo, ridurli alla loro perfezio­ne che corispondino alle altre parti et ol­tre a ciò vi mancano più isole insieme con quella del Giappone essendo che nel tempo che il Rev. Padre frate Eg natio Danti fece il detto globo per ordine della felice memoria del G.D. Cosimo non ce n ’era quella notizia che ce n ’è oggi. Ho­ra trovandosi il detto globo nel termine so­pradetto che costò più migliaia di scudi”.

Scala Altimetria.
TRATTATO DI DIVERSI /STRUMENTI
MATEMATICI (1593)

La sua posizione non è ancora stabile e nel 1596 scrive una lettera al Granduca in cui dichiara che gli sarebbe piaciuto es­sere impiegato nelle Gallerie Fiorentine nella costruzione e restauro di strumen­ti, costruzione di carte geografiche e al­tri lavori a lui congeniali che sino ad allo­ra aveva fatto

su commissione ed avere quindi una po­sizione di stipendiato.

La richiesta del Santucci fu accolta e gli fu dato un incarico che lo metteva al ser­vizio particolare del Granduca con uno sti­pendio di 8 scudi al mese.

Nel 1599 fu nominato Lettore di Matema­tica all’università di Pisa, il perché non è ancora esattamente chiaro ma sembra che ciò fosse dovuto al fatto di essere di­venuto “un favorito della Granduchessa.” Un’altra opera del Santucci, posteriore al 1599, è un Codice autografo di 19 carte modernamente numerate con illustrazioni a penna molto simili a quelle presenti nel Codice degli Strumenti Matematici per la parte che si riferisce alla misurazione dei luoghi ed il cui titolo completo è: “In que­sta presente hopera, si dimostra quanto la Terra sia maggiore dell’Acqua e dell’e­lemento dell’Aria, e similmente quanto la Sfera del Fuoco sia maggiore della Ter­ra, et in oltre si da una Regola di trovare con maravigliosa facilità, quante miglia si vede lontano dalla proposta altezza tan­to in Mare come in Terra; similmente per sapere quanto può essere lontano qual si voglia Naviglio quando si scquapra in Mare dalla Altezza proposta: e che sia ne­cessario, tutti li viaggi che si fanno per Mare e per Terra si faccino per linea cir­colare, et non per piano; Composto da Antonio Santucci di Ripomaranci Cosmo­grafo del Serenissimo Gran Duca di Toschana, e lettor delle Scientie Matemati­che nello Studio di Pisa dedicato a Sua Altezza Serenissima. ”

Questo Codice, pur inquadrato nella for­mazione aristotelico tolemaica sempre sensibile nell’opera del nostro cosmogra­fo, sembra valer la pena di essere preso in esame per una valutazione compara­tiva sulle cognizioni cosmologico didatti­che del periodo. Nel 1606 consegna al Granduca Ferdi­nando delle Carte Geografiche alle quali aveva lavorato sin dal 1600. Sono queste dodici carte la prima delle quali rappre­senta il Mondo intero; la seconda l’Euro­pa; la terza l’Asia; la quarta l’Africa; la quinta il Mondo Nuovo ovvero come si di­ceva a quel tempo le Indie Occidentali; la sesta l’Inghilterra la Scozia e l’Irlanda; la settima la Francia; l’ottava la Grecia; la nona l’Italia; la decima il Granducato di Toscana; l’undicesima la Spagna; la dodicesima la Liguria e la Lunigiana. Sta­va anche lavorando ad una carta che do­veva raffigurare tutta l’Europa, parte dell’Africa e gran parte dell’Asia.

TEORICA DEL SOLE

ET DELLA LVNA PEE SA

Codice Autografo (1613)

PERE TVTTÌ GLI ASPETI CH

TANNO TRA LORO

Nel 1611 viene pubblicata la prima edi­zione del TRATTATO NUOVO SULLE COMETE corredato da 10 tavole origina­li manoscritte.

Un altro lavoro del nostro concittadino, composto tra il 1611 ed il 1612 come egli stesso dichiara nel testo, è il “Breve di­scorso sopra il Trattato del Sig.r Galileo Galilei, delle cose, che galleggiano sopra l’acqua, di quelle, che vi si sommergono et non vanno in fondo; composto da An­tonio Santucci da Ripamaranci Cosmo­grafo del Ser.mo Grand Duca di Tosca­na, et Lettore delle Scienze Matematiche nello Studio di Pisa; dedicato alla S.ma Madama Granduchessa di Toscana.’’ Questo opuscolo, il cui originale si trova nella Biblioteca Nazionale di Firenze, non ha valore scientifico in quanto il Santuc­ci esprime le sue teorie senza una consi­derazione

critica e comparativa dei testi matemati­ci che si potevano trovare facilmente al suo tempo. Esso ha soltanto un notevole rilievo in quanto dimostra le notevoli doti artistiche del Santucci. Infatti in esso vi è un bello stemma stilato a penna con l’Arme dei Medici inquartata con quella dei Lorena che rappresenta una indiscu­tibile opera d’arte.

Nel 1613 il Santucci produce un altro Co­dice, rimasto autografo e che si trova presso la Biblioteca Nazionale di Firen­ze, il cui titolo è : “Nuova Inventione di Tavole per sapere le Cognuntioni della Luna col Sole, e tutti, gli aspetti che fan­no fra di loro con tute le feste Mobili di qual si voglia anno proposto. Mediante quel numero che scruoprirà un tiro di tre dadi, o vero un numero immaginato da tre punti fino in diciotto, et altre cose com­posto per industria e per inventione di An­tonio Santucci, lettore delle Scientie Ma­
tematiche nello Studio di Pisa, e Cosmo­grafo del S.mo Gran Duca di Toscana de­dicato alla sua Serenissima Madre Mada­ma Cristina Gran Duchessa di Toscana, dallo inventore dell’hopera Antonio San­tucci suo umilissimo e devotissimo servi­tore. ”

All’inizio di questo Codice, nel recto del­la prima pagina, si trova una scritta a ma­tita in cui si legge: “XXII Ant. Santucci. Tavole delle congiunzioni della Luna e del Sole per le feste mobili. Autografo 1613. ” La data del 1613 viene altresì dichiarata nel testo “per la qual cosa diremo che la festa dell’Annuntiata viene di lunedi in questo Anno 1613’’.

Questo Codice ha un suo valore ed inte­resse se considerato nel contesto di que­gli anni in cui la riforma del Calendario portò alla necessità di calcoli astronomi­ci e di compilazioni di tavole di cui spe­cialmente la Chiesa aveva evidente gran­de necessità per la puntualizzazione delle feste religiose.

Fu questa l’ultima opera del Santucci che in questo stesso anno morì.

MODELLINO DELLO “/STRUMENTO PERPENDICOLARE DA LIVELLAR LE COSE…’’
1st. e Museo di Storia della Scienza Firenze.

Analizzando l’opera del Santucci, la Dott.ssa Maria Luisa Righini Bonelli del­l’istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze, ci dice che il nostro concitta­dino era un tecnico ed un artista la cui opera era sostenuta da una incisiva e for­te sensibilità. Questa sensibilità si può ri­levare non solo dalla Sfera Armillare, ma soprattutto dal Codice degli Strumenti Matematici posseduto dalla Biblioteca Marucelliana. Quest’ultimo costituisce in­fatti, specialmente per i cultori della stru­mentarla antica, un prezioso documento che permette di porre a confronto molti degli apparecchi esistenti presso l’istitu­to e Museo di Storia della Scienza, con i progetti eseguiti per i medesimi, e chia­risce l’uso al quale furono destinati in quel mondo di vivo interesse per le collezioni scientifiche creatosi nel Cinquecento in Toscana con Cosimo, Francesco e Fer­dinando I de Medici.

Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.

RITROVATO UN DIPINTO DEL “POMARANCIO”

Una splendida tela di Nicolò Cercignani è stata ritrovata nella “Colle­giata” di Umbertide. Era lì forse da più di un secolo, appesa a 15 metri di altezza, senza che gli archivi ne rilevassero la illustre paternità.

È una vera e propria scoperta del parroco della collegiata. Un’opera che da tempo immemorabile orna il tamburo della cupola della chiesa Umbertidese.

Il fatto è di questi giorni. La tela, raffigurante la trasfigurazione, ad un primo esame, risulta decisamente superiore per fattura all’altra opera del Cercignani esistente ad Umbertide, raffigurante la Vergine ed i Santi, che attualmente si trova nella chiesa di San Francesco. Proprio la pre­senza di quest’ultima ha incuriosito il parroco della Collegiata Don Vispi. Confortato anche da una vaghissima nota della “BIBBIA” del settore “La storia dell’arte Italiana” del Venturi il parroco si è armato di un potentis­simo cannocchiale ed ha individuato nella parte bassa del quadro, po­sto ad un’altezza pressoché inaccessibile, la firma illustre del Pomarancio e la datazione: 1572. Successive ricerche d’archivio hanno permesso di ricostruire parzialmente la storia del quadro. Esso fu acquistato pres­so i Monaci dell’Eremo di Montecorona prima della soppressione del loro monastero. In origine, infatti, ornava l’altare maggiore del cenobio dell’eremo. Nessuna notizia circa il committente ed in seguito del com­pratore. Difficoltose ricerche hanno poi confermato che la trasfigurazio­ne perduta di Montecorona non è altro che quella ritrovata in Collegiata. Ad una prima e superficiale analisi, per impostazione cronologica e fat­tura compositiva, il quadro sembra essere uno dei migliori lavori del Po­marancio.

Rappresenta in alto la trasfigurazione del Signore secondo lo schema classico, ma con una forte imitazione raffaellesca (Raffaello fu certamente un riferimento per tutta la pittura successiva).

Nella zona inferiore si situa un quartetto di santi nei quali si riconosco­no: San Benedetto con in mano la “Regola”; San Romualdo, che sor­regge Montecorona (in parallelo con l’evangelico Monte Tabor); San Sa­vino ed un vescovo per ora ignoto. Nella parte bassa due putti sorreg­gono un calice, simbolo dell’Eucarestia. L’opera è complessivamente in buono stato, anche se sono evidenti i segni del tempo, ed è degna della più assoluta attenzione e valorizzazione; un vero tesoro che si ag­giunge al purtroppo trascurato.

Rossi Mario

patrimonio artistico Umbertidese.

Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.

ANTONIO CERCIGNANI

Pomarancio

E Conoscere la storia del mio paese ed ap­profondire le notizie sui nostri artisti locali è da tempo una mia passione. Lo è ancora di più quando si fanno conoscenze ed amicizie che consentono scambi di opinioni sull’arte o sul­la Storia dell’Arte come avvenne nel gennaio 1989, quando ebbi l’occasione di conoscere la sig.ra Maria Teresa Frediani durante una ce­na in casa degli amici Ledivelec nell’ex pode­re San Michele.

Conversando tra l’altro dei suoi tempi giova­nili trascorsi a Pomarance durante il periodo bellico nella villa del Palagio, e del suo apprez­zamento per la Mostra Fotografica di 42 dise­gni inediti attribuiti a Niccolò Cercignani, or­ganizzata dall’Associazione Turistica Pro Po­marance, mi disse che anche nella casa pa­terna esisteva un quadro del ‘’Pomarancio”. Questa notizia, che mi avrebbe consentito di documentare un’altra opera dei nostri artisti cinquecenteschi, mi permise di chiedere alla Dott.ssa Frediani ed a suo marito una foto del quadro in loro possesso per poterla pubblica­re sulla nostra rivista “La Comunità di Poma­rance”. Dopo qualche mese mi furono inviate le foto richieste tramite la Sig.ra Maria Lodo­vica Bianchini Modani Ledivelec, che aveva avuto occasione di incontrare la sig.ra Medi­na a Firenze.

Osservando la fotografia, mi accorsi con stu­pore che l’opera posseduta dai Frediani non era nè di Cristofano Roncalli (Pomarancio il Giovane), nè di Niccolò Cercignani (Pomaran­cio il Vecchio), bensì attribuita al figlio di que­st’ultimo, Antonio Cercignani, che intraprese l’arte del padre e ne ereditò lo pseudonimo di “Pomarancio”.

Un appellativo onorevole per la nostra cittadi­na, ma che ha contribuito a determinare note­vole confusione nell’attribuzione di opere ese­guite dai nostri pittori.

Il quadro (dimensioni 40 x 50), o meglio un di­segno a carboncino e sanguigna è sicuramen­te un bozzetto preparatorio per un’opera di no­tevoli dimensioni. Risulta incompleto nella par­te inferiore e nella estremità superiore, eviden­ziata benissimo dalle figure tagliate degli an­gioletti ruotanti sopra la “Madonna in Gloria” sorretta in cielo da due angeli alati. Il tratteg­gio dei panneggi in chiaroscuro evidenzia no­tevolmente la perfetta padronanza del disegno appreso sotto la scuola del padre Niccolò. Sulla cornice del quadro è posta una targhetta me­tallica con la scritta: Cercignani Antonio detto il Pomarancio 1559-1619, ma probabilmente non è esatta nè la data di nascita nè la data di morte, secondo alcune ricerche che ho po­tuto fare all’istituto Germanico di Storia dell’Ar­te di Firenze in questo periodo.(1)

Alcune notizie del quadro inviatemi dalla Dott.ssa Frediani, mi informavano che l’ope­ra era stata donata a suo padre, Giuseppe Fre­diani, dal Principe Camillo Ruspoli (proprieta­rio di una piantagione a Cuba), in occasione di una sua missione come Ispettore dei Fasci Italiani all’estero nel 1939 documentata anche in un interessante libro autobiografico di Giu­seppe Frediani intitolato “La Pace separata di Ciano”.

Antonio Cercignani nacque probabilmente a Città della Pieve, dal matrimonio tra Nicolò Cer­cignani delle Pomarance e Teodora Catalucci, attorno al 1574. La sua data di nascita è cal­colata secondo un documento del 1583, pub­blicato dallo

storico Masetti Zannini, che, citando un pitto­re romano, ricordava che a Roma “… da Piaz­za Colonna all’Arco del Portogallo” abitavano “.. Mastro Niccolaio Circignani pittore, Mon­na Teodora Catalucci et i figli Mario di anni 12, Antonio di anni 9, Giacoma 4 standovi fino al­l’anno 1586.”

Il suo apprendistato fu sicuramente accanto al padre Nicolò; uno dei suoi primi lavori docu­mentati infatti lo vide seguace del padre a soli 15 anni, quando Nicolò ebbe la committenza di dipingere affreschi nella chiesa di Valviscicolo, presso Sermoneta (Prov. di Roma), per i religiosi della Badia nella cappella di San Lo­renzo.

La firma degli artisti, celata per molti anni sot­to la nicchia murata della cappella, riportava infatti questa iscrizione:

‘‘Francesco Fazuoli, Antonio Circignani e Ca­millo Campani         Volterà … Saritrovorno

quando si fece la cappella di San Lorenzo e più quando si dipinse il coro essendo disce­poli di Mastro Niccolaio Circignani, il quale fece tal lavoro, l’anno 1589. tutti secchi dallo stento….”

L’apprendistato con suo genitore fa supporre che egli possa essere venuto nella terra di Ripomarance a dipingere alcune opere commis­sionate al padre a Volterra e Pomarance, tra il 1590 ed il 1593, dato che non vi sono docu­menti che certificano la sua permanenza. Il 1 febbraio 1595 Antonio Cercignani si spo­sò con Donna Amelia Fetti nella chiesa di San Gervaso a Città della Pieve. Nel 1596 nacque la sua prima figlia Lucrezia, successivamente l’altra figlia Margherita. Alla morte del padre Niccolò, Antonio fu dichiarato erede universale di tutti i suoi beni.

«Madonna in gloria» studio di A. Cercignani – Milano: collezione privata Fam. Frediani.

Una delle sue prime opere, documentata dal­le fonti, fu la decorazione ad affresco della cap­pella di Nostra Donna in Santa Maria della Consolazione. Un ciclo decorativo ancora ma­nieristico dove è evidente l’influsso del padre databile attorno ai primi anni del 600.

Un’altra opera di Antonio è quella dell’affresco della volta nel Palazzo Antici Mattei risalente ai primi anni del XVII secolo. In una descrizio­ne dell’affresco sul soffitto è riportato che: “..La volta della prima anticamera dell’appartamento verso Santa Caterina fatte le figure grandi da Antonio Pomaranci e li rabeschi da Prospero Orsi, costò scudi doicento ottanta, non com­presi li stucchi, oro, e li colori, che l’oro costò scudi novantasei, rappresenta il trionfo di Giu­seppe…”

Un’altra sua opera è la serie di affreschi rap­presentanti la vita di Maria eseguiti nel primo decennio del 600, nel presbiterio della cappella di San Aniceto di Palazzo Altemps di Roma. Eseguiti su suoi cartoni sono i due mosaici sul­la facciata del Duomo di Orvieto eseguiti at­torno al 1612: Lo sposalizio di Maria e La Pre­sentazione di Maria.

Del 1614 sono anche alcuni affreschi molto de­teriorati nei portici di Santa Maria Nuova a Fi­renze di cui lo studioso Pollak ha rinvenuto do­cumentazioni storiche. Attorno al 1620 eseguì anche una tela d’altare raffigurante S. Alber­to per la cappella omonima in Santa Maria in Traspontina. In un manoscritto del XVII seco­lo Giulio Mancini scrive di Antonio Cercignani che adesso in Roma è in buona reputazio­ne, havendo fatto la Cappella nella Trasponti­na di buon colorito, e nella Vigna di Gesuiti so­pra Termine…”

Frequenti furono i contatti con l’altro grande Pomarancio (Cristofano Roncalli) da cui dopo la morte del padre ebbe grande insegnamen­to e frequenti rapporti professionali. Alla mor­te infatti di Cristofano Roncalli, egli risulta rac­comandato al cardinale Rivarola in un docu­mento del 3 giugno 1626, perché gli venisse assicurata la continuazione di un’opera lascia­ta incompiuta dal “Cavaliere delle Pomaran­ce”. La redattrice della lettera (Lucrezia Malagotti Vaini) per maggiori chiarimenti allega­va un lungo elenco di lavori già eseguiti da An­tonio come ad esempio quelli della cappella del Palazzo Altemps.

Le opere di questo periodo, risentendo di in­flussi caravaggeschi, denotano particolarmen­te temi cromatici di carattere Roncalliano che evidenziano la sua vicinanza al vecchio pitto­re e che giustificano il suo intervento nella con­tinuazione di un’opera incompiuta.

Una delle sue ultime opere fu un quadro per la Basilica di San Pietro, eseguito tra il 1627 ed il 1629, raffigurante la Consegna delle chiavi che purtroppo è andato perduto.

In quegli anni (25 maggio 1629) risulta sposarsi in seconde nozze con Donna Cristina Garofalini. La sua data di morte è fatta risalire, se­condo il Baglioni, al 1630.

Altre sue opere pittoriche si possono ammira­re a Modena nella Pinacoteca Estense (Crocefissione datata 1620) e nella Chiesa di San Bartolomeo (Deposizione); a Pistoia in Santa Maria delle Grazie; a Reggio Emilia nel Duo­mo (Natività di Nostro Signore); a Rimini nel Tempio Malatestiano (San Carlo); in Umbria a Collescipoli (TR) nella Chiesa di Santa Maria (Madonna con Rosario), a Umbertide (TR) nella Chiesa di San Francesco (Madonna in Gloria tra i 4 Santi).

Altri suoi lavori eseguiti a Roma, benché do­cumentati da fonti storiche, sono andati per­duti, come una Madonna con San Giuseppe per il Cardinal Giustiniani o gli affreschi in San Andrea della Valle distrutti in un rifacimento del 1670 ad opera dell’Architetto Fontana.

NOTE

1) In questa biblioteca, frequentata da studio­si e docenti universitari, sono consultabili an­che le nostre riviste della “Comunità di Poma­rance” che hanno avuto un buon apprezza­mento per il livello qualitativo. L’interesse par­ticolare per la Rivista quadrimestrale ci è sta­to dimostrato qualche tempo fa anche dal Di­rettore della “Bergische Universitat” di Wup­pertal (Germania Occ.) che. avendo consulta­to la nostra “Comunità di Pomarance” nella Biblioteca dell’istituto germanico di Firenze, ha fatto richiesta di tutta la serie completa della rivista per inserirla nella loro Biblioteca di Wup­pertal. Ricordiamo inoltre che le suddette rivi­ste sono consultabili anche nella Biblioteca Guarnacci di Volterra, all’Archivio di Stato di Pisa, all’Archivio di Stato di Firenze e nella Bi­blioteca Comunale di Cecina.

Jader Spinelli

Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.