Così veniva chiamato o più semplice- mente ancora “IL CAPPELLANO’’ Don Giuseppe Ongaro, deceduto lunedì 27 giugno 1988 a Chiusaforte. Don Ongaro, nato a Cerea (VR) il 10 marzo 1913, interruppe gli studi nel Seminario di Verona per prendere parte alla guerra in Etiopia, Eritrea e Somalia insieme agli Alpini.
don GIUSEPPE ONGARO. Foto II Messaggero Veneto
A fine conflitto, entrò nel Seminario di Volterra insieme ad altri seminaristi veronesi, accolto dal Vescovo Mons. Dante Maria Munerati dove completò gli studi di teologia e dove fu consacrato sacerdote il 2 luglio 1939. Fu inviato subito a Pomarance dove celebrò per la prima volta la S. Messa il 15 agosto 1939 essendo allora Proposto a Pomarance il Canonico Carlo Balsini. Da allora fino al 1971 è sempre rimasto ininterrottamente in mezzo a noi esercitando la missione di Cappellano delle Monache e della Misericordia. Infatti all’inizio fu ospitato nella foresteria delle Suore insieme alla
mamma Angiolina in Via Serafini 5.
Di questo periodo si ricorda che ospitò durante il passaggio della guerra un professore di musica, il Professor Granchi, diplomato di violino, sfollato nel nostro paese assieme alla famiglia e che durante la permanenza improvvisò in questa casa la scuola di canto. Sempre in questi anni fu insegnante di Religione presso la prima scuola Superiore, denominata “Regia Scuola Biennale di Corso Professionale a Tipo Industriale” , sita sull’angolo di Via Serafini con Via Garibaldi sopra l’ex ambulatorio, dove oggi vi sono i Giardinetti. In seguito si trasferì in Via Indipendenza in una casetta di sua proprietà. Don Ongaro, come sacerdote, è stato sempre disponibile al dialogo fraterno con tutti. Gli piaceva stare con la gente di Pomarance dove si è sempre trovato bene e dove amava ritornare frequentemente perchè qui trovava gli amici, qui ricordava i momenti di serenità trascorsi, qui visitava la tomba della sua mamma al Cimitero. Era venuto tra noi lo scorso anno trattenendosi per un mese circa per ristabilirsi dopo una degenza all’ospedale di Gemona e per l’ultima volta tre mesi or sono. Nessuno si sarebbe immaginato che sarebbe stata l’ultima.
Pellegrinaggio alla Madonna della Casa. Anno 1942 con i sacerdoti Don Saiusti, Don Paoli e Don Ongaro.
La notizia della sua malattia è giunta improvvisa come
quella della sua morte, provocando in tutti sorpresa e dolore. Per esprimere la
partecipazione di tutta la popolazione di Pomarance e testimoniare la
riconoscenza per il bene fatto, il Proposto Don Piero Burlacchini, il
Governatore della Misericordia Dell’Omo Augusto, con i signori Spinelli
Armando e Iolanda si sono recati a Chiusaforte. I funerali sono stati solenni.
Li ha presieduti Mons. Pietro Brollo, Vescovo Ausiliare di Udine, alla presenza
di dodici sacerdoti e di molti fedeli, compresi gli Alpini del Battaglione
“Cividale” presso i quali Don Ongaro svolgeva la sua assistenza spirituale.
Il Vescovo, il Parroco, il Sindaco di Chiusaforte nei loro
discorsi hanno messo in risalto una triplice caratteristica di Don Ongaro:
“Era un sacerdote che vestiva di tonaca, che andava sempre
in bicicletta e che amava fumare il sigaro’’. Prete semplice ma schieto;
parlava poco ma amante della cultura e dell’arte; prete che ha condiviso con
la sua gente la povertà ed i disagi del terremoto del Friuli e che in questi
anni lo ha portato a vivere in un albergo mezzo diroccato.
Così lo hanno ricordato a Chiusaforte, così lo vogliamo
ricordare anche noi. La sua salma è stata sepolta nel Cimitero di Chiusaforte
per espresso desiderio di quella Comunità che lo ha voluto fra le sue montagne.
Per noi Pomarancini rimarrà sempre “IL CAPPELLANO”, una figura caratteristica che non vedremo più passeggiare per le nostre strade, fermarsi a parlare per ricordare, tra un sigaro e l’altro, episodi vissuti insieme.
Tra i Proposti che hanno guidato la Parrocchia di Pomarance in questo secolo ventesimo, non possiamo non ricordare Don Carlo Balsini. E questo per due motivi: il primo, perché è stato in mezzo a noi per molti anni, cioè dal 1906 al 1942 ed il secondo perché il suo ricordo è rimasto indelebile nell’animo dei Pomarancini.
Mi capita spesso, infatti, di sentir parlare di questo
sacerdote con molta venerazione e rispetto. Espressioni come queste: “è stato
il mio Proposto …. mi ha battezzato …. mi ha fatto la prima comunione ….
mi ha sposato ….” fanno molto piacere ascoltarle dopo tanti anni.
Don Carlo Balsini o più precisamente il Canonico Carlo Balsini, figlio di Stefano, era nato a Riparbella il 7 dicembre 1877. Con lettera dimissionaria dell’Arcivescovo di Pisa, venne Cappellano a Pomarance il 1 novembre 1905 presso l’istituto Sacro Cuore che era stato eretto dal signor Mario Bardini. Nel 1906 fu incardinato alla Diocesi di Volterra e divenne Economo Parrocchiale per la grave malattia che aveva colpito il Parroco Titolare Don Luigi Checci di Pecoioli.
Fu nominato Proposto di Pomarance il 15 giugno 1908.
Figura alta ed imponente nel fisico, riservata di carattere,
rispettosa nei confronti del prossimo, fu sempre e solo sacerdote svolgendo
con impegno e delicatezza il suo ministero.
Molti lo ricordano per la quotidiana passeggiata che
faceva attorniato dai molti seminaristi che vi erano a Pomarance. Ma il Proposto
Balsini è molto ricordato anche per l’attaccamento alla Chiesa, essendosi
impegnato in imponenti lavori. Infatti, la struttura muraria della Parrocchiale
necessitava di urgenti restauri.
Per questo motivo nel 1928 iniziarono i lavori che si protrassero fino al 1933, anno del Giubileo della Redenzione. Questi restauri, eseguiti dalla ditta Zampini di Siena, con a capo il pittore Gualtiero Anichini, interessarono la ripulitura degli affreschi deU’Ademollo; furono fatte integrazioninella Cappella della Madonna e nel Coro; furono dipinti due medaglioni in San Giovanni; i quattro Evangelisti nella cupola e le scene di Gesù tra i fanciulli e la moltiplicazione dei pani nella Cappella di San Vittore. Avendo avuto Pomarance molti caduti in guerra, fu costruita pure la Cappella apposita con i nomi di tutti i morti. Fu sempre in quel restauro che la Chiesa fu arricchita di vetrate istoriate policrome a tutti i finestroni ed al portone centrale dove è raffigurato proprio san Carlo e furono costruiti i sedili a spalliera in noce lungo tutto il perimetro del sacro luogo. Inoltre la Chiesa fu abbellita con lumiere piccole e grandi per l’illuminazione. Il Proposto nell’occasione fece stampare molte cartoline dei restauri eseguiti, raccolte anche in piccoli album ricordo.
Don Balsini con i Comunicandi del 1941.
Come riconoscimento per questo suo gravoso impegno, Don
Balsini fu nominato Canonico onorario della Cattedrale di Volterra il 29
maggio 1929.
In tutto il periodo trascorso a Pomarance, il Canonico
Carlo Balsini dette grande lustro e dignità alla Parrocchia facendosi amare e
stimare molto.
Vi rinunziò il 15 marzo 1942 allorché si ritirò a Nodica
presso il suo nipote Don Guido, ove morì il 19 marzo 1956.
In quella circostanza si elevò dal popolo una richiesta e
cioè quella di avere le spoglie del Proposto a Pomarance. Il che avvenne con
grande affluenza di popolo il lunedì di Pasqua, 2 aprile 1956.
La salma del Canonico Carlo
Balsini riposa ora al centro della Cappella del nostro Cimitero. Una semplice
lapide, la sua foto ed una frase latina: “Recessi pastor noster, tons acquae
vivae” cioè “È partito il nostro pastore,
fonte dell’acqua viva, della grazia di Dio”. Un pastore che non vediamo più con
gli occhi della carne, ma che è rimasto spiritualmente in mezzo al suo popolo
al quale aveva donato generosità amore e fede, tutto se stesso.
Studiare l’opera e la vita dei due maggiori artisti, pomarancini Nicolò Cercignani e Cristofano Roncalli, è da tempo un mio grande interesse e mi sono sentito particolarmente gratificato quando ho avuto la possibilità di pubblicare alcuni miei studi d’archivio nel volume intitolato “NICCOLÒ CERCIGNANI CRISTOFANO RONCALLI; Pittori di Pomarance”, edito dal Gruppo Fotoimmagine di Volterra.
Nella pubblicazione hanno avuto un ruolo
molto importante studiosi d’arte come il Prof. Ciardi di Pisa ed il Prof. Lessi
di Volterra (Direttore della Pinacoteca comunale) i quali, studiando i nostri
illustri concittadini sono riusciti ad attribuire al “Pomarancio il giovane”
(Cristofano Roncalli) alcune opere di indubbio valore artistico e pressoché
ignorate dalla critica, presenti sul nostro territorio.
Ne è un esempio il quadro di San Dalmazio
raffigurante la “Madonna dello Scapolare”, considerato un’opera giovanile di
Cristofano Roncalli, nel quale si evidenziano ricordi di impostazione senese
ma anche una struttura compositiva, giuocata sulla diagonale, prerogativa
dell’ambiente romano.
Ancor più interessante, è l’altro dipinto conservato dietro l’altare della Chiesa dell’Oratorio Don Bosco di Pomarance , raffigurante una Madonna con Bambino e Santi che presenta caratteristiche molto simili di impianto costruttivo ad altre opere del Roncalli conosciute a Roma.
Già Don Mario Bocci, storico ed archivista della Cura Vescovile di Volterra, aveva indicato come appartenente al Roncalli questa opera; la sua tesi fu avvalorata anche dal concittadino Paolo Bocci nel suo esame di laurea sul pittore presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze.
Il dipinto, secondo notizie fornite da Don Mario Bocci, era
anticamente collocato nella Chiesa Parrocchiale di San Giovanni Battista,
dietro l’altare della Cappella del Buon Consiglio,e fu traslato negli anni sessanta
nel nuovo Oratorio Don Bosco di Pomarance.
Infiltrazioni d’acqua sulle pareti della Cappella avevano
deteriorato l’opera che in quel periodo fu soggetta a restauro conservativo
del colore che si stava staccando dalla tela, a spese e merito dello stesso
Don Bocci.
La grande tela (cm 270xcm 170)
è di evidente impostazione roncalliana, ed il modulo compositivo ha
particolari analogie con un’altra opera del Roncalli che si trova nella
Cappella di Sant’Andrea nella chiesa di San Gregorio al Celio di Roma (1).
Questo dipinto di Pomarance fu realizzato dal pittore per
essere collocato sopra un altare dedicato a Sant’Andrea ed è probabile che
fosse stato commissionato da alcuni discendenti della famiglia Incontri di
“Ripomarancie”, che erano parenti dello stesso Cristofano, dato che sua madre,
Francesca, era una Incontri.
Ad avvalorare la committenza vi sono due indagini: una sul
patronato dell’altare di Sant’Andrea e un’altra sugli “estimi” del Comune di
“Ripomarance” dai quale traspare evidentemente una relazione simbolica tra i
personaggi dei santi e alcuni discendenti degli Incontri vissuti a cavallo del
XVI e XVII secolo.
Sappiamo infatti dai documenti di archivio della Mensa Vescovile che l’altare di Sant’Andrea delle Pomarance fu eretto da Giovanni Incontri un anno prima della morte del pittore nel 1625, con l’onere di erigere una cappellata o lascito. È molto probabile che il quadro sia stato dipinto e commissionato dagli Incontri negli ultimi anni del ’500 o i primi del ’600 dato che il dipinto di Roma è datato 1603. È ipotizzabile che l’opera sia stata commissionata da suo cugino Benvenuto Incontri, che volle dedicare l’icona alla memoria del padre, Ser Andrea Incontri, facendovi ritrarre emblematicamente nelle figure dei santi suo figlio Francesco e i suoi nipoti Margherita e Giovanni Incontri. L’altare di Sant’Andrea era posto a metà chiesa e vi avevano la tomba di famiglia gli Incontri; accanto a questo qualche anno più tardi fu costruito un nuovo altare intitolato al Santissimo Crocifisso per beneficio di un altro discendente della medesima famiglia.
Sant’Andrea e Santa Margherita (part.).
Una notizia relativa ai due altari è citata nella Visita
Pastorale di Mons. Carlo Filippo Sfrondati (27 Maggio 1679) in cui vengono
descritti l’altare del S.S. Crocifisso e quello di Sant’Andrea: “…All’altare
del Santissimo Crocifisso: Sopra l’ornato,ligneo dorato lo stemma Incontri e
sopra il bambino Gesù; …nell’icona: Il Mistero della crocifissione: …La
madonna è affiancata da San Giovanni Evangelista. Maria Maddalena, Andrea e Simone con la iscrizione “..hoc opus Simon domini Antonii de
Incontris suis sumpitibus faciendum curavit
A.D. 1628…’’.
“…All’altare di Sant’Andrea: …Ornamemto ligneo dorato e ceruleo; Icona: beatissima Vergine col bambino circondata da angeli “cuius ab ore pendet divus Francescus et Sanctus Joanne et diva Margherita…”; …“multis ab hinc omnis posuit Joanne Incontris… ”. Testamento rogato Gregorio Bellavanti, 11 Giugno 1625. La Cappella eretta come da bolla inviata da Volterra li 27 Gennaio 1639 (40) (2). Per comprendere l’esatta posizione dei due altari con i relativi quadri è importante un deliberazione comunale del 27 Maggio 1628 in cui Simone Incontri richiedeva “…ilpermesso di erigere un altare nella Chiesa Parrocchiale… dirimpetto all’organo …e che perciò desidera con il placet del pubblico di farlo et che li sia concesso il sito; …Agnolo Sorbi, proposto, consigliò che li si concedesse quanto domanda…” (3).
Anche l’estimo del comune di “Ripomarance” riporta censita la “Cappella del Santissimo Crocifisso e titolo di Sant’Andrea’’ posta “nella Pieve di Ripomaranci, fondata da Simone Incontri con gli infrascritti beni tenuti nell’istrumento del di 21 Luglio 1640…”.
L’inventario dell’opera di San Giovanni Battista del XVII
secolo riporta che l’organo era anticamente posto: “…dalla parte destra
ad entrare in chiesa verso l’aitar maggiore…”, se ne deduce quindi che i
due altari, ed in particolare quello di Sant’Andrea erano sul lato sinistro
nei pressi della attuale Cappella dei Caduti.
La “Madonna con bambino e i Santi Andrea, Margherita, Francesco e Giovanni, dipinta dal Roncalli ed oggi nell’oratorio Don Bosco, si presenta strutturalmente con una impostazione piramidale che ritroviamo nella chiesa di San Gregorio al Celio di Roma, nel dipinto ad olio su muro, esprimente la Madonna con Bambino e i Santi Andrea e Gregorio Papa. Affinità particolari tra questi due quadri si riscontrano non solo nelle loro dimensioni, ma soprattutto nei personaggi di Andrea e della Vergine nei quali si nota evidentemente l’uso di cartoni preparatori utilizzati per eseguire vari soggetti adatti secondo l’esigenza.
Sant ‘Andrea e Gregorio Papa – Olio su muro nella chiesa di San Gregorio al Celio di Pomarance.
Simile è infatti la posizione della Madonna che rivolge lo
sguardo verso il Sant’Andrea, in basso a sinistra. Questa rivela una intenza
dolcezza ed un atteggiamento affine alle Madonne del “Correggio”, un artista
molto ammirato da Cristofano Roncalli.
L’immagine della Madonna è avvolta da una radiosa luminosità che fa risplendere il suo bellissimo volto dal quale pare diffondere una luce che illumina i quattro santi ai suoi piedi.La Vergine è attorniata da una allegoria di nuvole risplendenti luce, nelle quali si evidenziano piccole teste di angioletti che richiamano a quelli della “Annunciazione” nella Chiesa Parrocchiale; un elemento molto ripetuto dal Roncalli nei suoi dipinti. Gli angioletti con le ali ai lati della Madonna ricalcano la stessa impostazione schematica del quadro in San Gregorio al Celio, ma anche di altre opere più note come l’angelo di destra, con il braccio e lo sguardo rivolto al San Francesco, che è simile a quello della pala di Sant’ Agnese in Napoli. In particolare nel quadro dell’oratorio Don Bosco di Pomarance vi è una analogia fra il personaggio di Sant’Andrea e quella dell’omonimo santo in San Gregorio al Celio di Roma.Andrea apostolo è anche qui raffigurato sulla sinistra del quadro in posizione assai plastica, di tre quarti, che protende lo sguardo verso i fedeli; ai suoi piedi è dipinto un pesce.
Francesco e Giovanni E. particolare
Sono altresì evidenti altri attributi iconografici del
Santo che viene effigiato come un uomo anziano, barbuto e con i capelli bianchi
e lunghi. Nel dipinto di Pomarance indossa una veste color rosso sulla quale è
riccamente drappeggiato un mantello marrone.
Accanto ad Andrea è l’immagine di Santa Margherita con lo
sguardo rivolto in alto verso la Vergine ed il Bambino; si evidenzia particolarmente
il movimento armonico del braccio sinistro ed il gesto della mano sul petto
che richiama attinenze con la Santa Agnese di Napoli e con la mano della
Madonna nella “Annuciazione” di Pomarance.
Al collo è evidenziato uno degli attributi iconografici
della santa; un rosario di perle che allude al suo nome derivante dal greco.
Ella è raffigurata mentre calpesta un drago ed un serpente dipinti in basso al
centro del quadro, che rappresentano
simbolicamente Satana. Nella leggenda la Santa viene divorata dal drago, però
riesce a salvarsi grazie alla croce che tiene in dosso e che le permette di
uscire dal drago e di ucciderlo.
Accanto è il San Francesco che rivolge anch’egli lo sguardo alla Madonna con lo stesso gesto della mano sinistra sul petto come la Santa Margherita. Scarno nel volto, indossa un saio bruno; accanto ai suoi piedi scalzi e raffigurata un’aquila nera.
Madonna con bambino (particolare)
Sulla destra del dipinto è il San Giovanni Evangelista effigiato in forma molto giovanile. Il suo sguardo è rivolto ai fedeli come il Sant’Andrea ed indossa una veste color verde sulla quale è panneggiato un mantello grigio che il santo sorregge con la mano sinistra. È evidente il suo attributo iconografico tenuto nella mano destra; un calice dal quale spunta un serpentello che rappresentano rispettivamente la Chiesa e Satana.
Una lettura più corretta di questo
quadro si potrebbe avere sottoponendo l’opera ad un restauro dato che sono
particolarmente evidenti le ossidazioni delle vernici protettive che hanno
alterato i colori del quadro insieme a fumo di candela,polvere e sporco.
Sarebbe questa l’occasione per valorizzare ancora una volta un’opera di Cristofano Roncalli a Pomarance ricollocandola nella Chiesa Parrocchiale, sua sede ori ginaria, a fianco del meraviglioso quadro della “Annunciazione”.
Un modo per riscoprire questo pittore famoso del “Manierismo italiano” che lasciò molte opere in “Ripomarance”, purtroppo spesso andate perdute o dimenticate come la Madonna e Santi dell’Oratorio Don Bosco di Pomarance (4).
Jader
Spinelli
NOTE BIBLIOGRAFICHE
Ileana Chiappini di Sorio, “I pittori bergamaschi” Cristoforo Roncalli, Ed. Banca di Bergamo.
Notizia fornitami da Don Mario Bocci che ringrazio sentitamente.
Archivio Storico di Pomarance: F.II7 c. I74 r.
Nicolò Cercignani Cristofano Roncalli: “Pittori di Pomarance”, Ed. Gruppo Fotoimmagine Volterra 1991
Jader Spinelli: “CRISTOFANO RONCALLI A POMARANCE” “La Comunità di Pomarance” N. 1-2-1991.
A POMARANCE: la sua Famiglia, le Sue proprietà, i contatti con la sua Terra Natale a cura di I. Spinelli.
Dopo la vendita delle proprietà immobiliari di Cristofano Roncalli a “Ripomarance”, ereditate attorno al 1543 dall’estimo di “Donato di Michele fabro” e cedute tra il 1559 ed il 1560, scarse sono le notizie dell’artista nel suo luogo natio. Documenti citati dalla dottoressa Ileana Chiappini di Sorio, nella sua opera sul “Pomarancio’’, datano la conoscenza delle sue prime opere pittoriche attorno al 1576, quando risultava impegnato nella città di Siena per realizzare una pala d’altare che costò alla Compagnia del Duomo ben 400 scudi.
Un documento inedito che sono riuscito a trovare
nell’Archivio Storico Comunale di Pomarance consente però di conoscere una
delle sue prime pitture realizzate proprio nel paese nativo di Ripomaranci, tra
il 1570 ed il 1571, della quale la critica storico artistica non fa alcuna
menzione. Nell’ottobre del 1570 infatti la Compagnia di San Michele di
Ripomarance, che aveva sede nell’omonima chiesa al “Santo” ubicata nella
contrada di “Cassero”, deliberava nel libro dei Creditori e Debitori della
Compagnia il pagamento di lire 42 a “Maestro Cristofano di Gio: Antonio
Roncalli” per dipingere l’immagine del San Michele e la Santa Croce all’interno
di un “armadio” che doveva fungere anche da altare per la chiesa.
Nell’atto sottoscritto di pugno dal Roncalli risulta citato anche un suo “compagno di lavoro”, certo “Mastro Benedetto” che firmò insieme al “Pomarancio” le clausole del contratto.
Cimase di un polittico attribuito a Cristofano Roncalli dal Kirwin (1972) (Particolare) (Foto S. Donati).
L’autonomia artistica di Cristofano Roncalli
in quel periodo appare evidente dall’anticipo di 2 scudi che ricevette a Febbraio
del 1571 dalla stessa Compagnia di San Michele impegnandosi a consegnare il
lavoro entro il maggio dello stesso anno. Dato l’esiguo compenso ricevuto
(pari a 7 scudi) è probabile che l’artista fosse impegnato a Pomarance o nella
vicina Volterra per realizzare altri dipinti più impegnativi e remunerativi e
che questo fosse solo un omaggio alla venerabile Compagnia di San Michele
dedita all’assistenza dei malati e alla sepoltura dei morti: 11 octobre
1570
…M° Cristofano di Gio: Antonio di Francesco Roncalli deve avere lire quaranta due per tanto sono per avere a dipignere l’armadio che fu facto per servire di tenervi drencto lo stendardo et servire per tavola dello altare di San Michele, cioè nello spogliatoio, et avi a fare drencto da un lato il San Michele et dan laltro lato la Sancta Crocie, di poi adornarlo a secondo che e richiede per prezzo decto di sopra; et fatto vogliamo far istimare; et si vuole lassare lire dieci sendo manco rifarcelo, cosi da cordo Benedetto mio compagno et lui et io insieme et per la verità di sotto scriveranno di loro mano propria; facto sotto di 11 octobre 1570 e si come disse a Francesco Sfibbi che glielo dessi in ogni sua parte et volontà et lui in questo tempo a farlo per in sino a calende di Maggio prossimo 1571 cioè lire 42. lo Benedetto M° si presente a detto partito dichiaro quanto di sopra et esser fedele della verità ….
lo Cristofano di Gio: Antonio Roncalli presente a detto partito affermo quanto sopra contandomi 2 scudi per tutto ferraio et il resto quanto sarà fornito et in fede della verità ho scritto di mia mano questa ricevuta oggi questo dì ? (1570). Don Mario Bocci, archivista della Curia Vescovile di Volterra, certifica in una sua pubblicazione sul “Notiziario Parrocchiale di Pomarance” (1987), che Cristofano Roncalli fu presente ancora a Pomarance il 10 settembre 1575 in qualità di “padrino” nel battesimo di Alessandra di Giusto Fantacci ed è forse di quegli anni un “Polittico”, in cattivo stato di conservazione, che trovasi nella Sacrestia della Chiesa di San Giovanni Battista a Pomarance. Considerato un’opera giovanile del Roncalli, gli è stata attribuita dallo storico Kirwin (1972); composta di tre tavole ad olio raffiguranti il Padre Eterno e due Angeli adoranti facevano parte di un complesso di vaste dimensioni che in origine era collocato sull’altare maggiore.
Ritratto di C. Roncalli. Disegno di Giuseppe Cesari (Uffizi – Firenze)
Il “Polittico”, mancante del pannello centrale, ai cui lati erano disposti i due Angeli adoranti, era sormontato dalla “cimasa” dove è effigiato il Padre Eterno che tiene nelle mani una croce ed un vangelo dove sono leggibili la lettera A e l’Omega, simboli “Dalla vita alla morte di Gesù”. Questa opera è datata dal Kirwin attorno al 1574. (Vedi Foto 1° Parte). Alcuni anni più tardi il pittore Roncalli è nuovamente a Pomarance dove gli viene commissionata dal Podestà del tempo una Madonna per la sua camera personale a totale carico di spese del Comune di Ripomarance. Sicuramente una prestazione amichevole offerta al Comune ed al Podestà, Francesco Paci, per l’esiguo compenso ricevuto del suo affresco. Quest’opera, forse ancora celata sotto la calce di qualche parete del palazzo ex Pretura di Pomarance, è documentata nel libro dei Saldi del Comune relativo all’anno 1580 dove sono effettuati vari pagamenti a coloro che concorsero alla realizzazione della “Madonna”. (17) Spese della Madonna fatta nella camera del Sig. Podestà con licentia dei Sig. Nove del 22 Febbraio 1580……
A….Mastro Antonio di
Piero Pepi per vettura di due cesti di rena dalla Cecina per rintonacar il
muro per dove si fece detta Madonna Soldi
10
A Maestro Cristofano
Roncalli pittor per aver dipinto detta Madonna lire
35
A.. Mastro Jacopo di Martino Lutroni per ferro fatto per mettere ai pie della
detta Madonna per tenervi il lume …. soldi 16 (18)
Cristofano Roncalli ormai da anni si era
stabilito a Roma, impegnato a Palazzo Montecavallo al Quirinale, intento a realizzare
alcune tele per la Compagnia di Santa Caterina da Siena. Era probabilmente
coadiuvato nei suoi lavori dal fratello Donato, pittore ed uomo di legge, al
quale fece ricorso nel 1583 il comune di Ripomarance per risolvere, in ambienti
clericali, una complicata e lunga controversia tra lo stesso Comune e certo
Ottaviano di Mastro Luigi Minucci di Volterra per conto dell’acqua della
Doccia” che durava dal 1575.
Nel Libro dei Partiti del comune è
indicato infatti, in data 14 ottobre 1583, un pagamento di 26 giuli a Mastro
Donato Roncalli” per il rimborso di alcune spese incontrate nella risoluzione
della vertenza:
“Coadiuvati
li detti deputati sopra la lite fra detta comunità et il sig. Cavaliere Ottavio
Minucci ,
Atteso
esser venuta la monitione di Poma et speso giuli 26 per mastro Donato Roncalli perciò stanziorno detti giuli a
mastro Donato…. che lipagassino….
con voti favorevoli 6 nissuno contrario ….”(19)
Tra il 1583 ed il 1586 avvenne la morte
del padre di Cristofano Roncalli, Gio Antonio, facoltoso mercante, la cui
scomparsa è documentata indirettamente nel Libro dei Partiti del comune
attraverso il pagamento di un “livello” di terreno nel 1586, di proprietà dei
Beni dei Poveri, che doveva essere pagato al comune di Ripomarance dagli eredi
di detto Gio Antonio Roncalli.(20)
Le numerose proprietà immobiliari appartenute a Giovan Antonio furono ereditate dai suoi figli maschi tra i quali anche i pittori Cristofano e Donato. In una aggiunta all’estimo del 1571 risalente al 1586 circa, risultano elencati alla carta 325 r. i signori Bernardino, Mastro Donato, Cosimo, Cristofano e Francesco: ”…
Grafia di C. Roncalli (Bibl. Guarnacci – Volterra)
fratelli et figli del fu Gio Antonio Roncalli …
hanno li infrascritti beni levati dalla posta di Gio Antonio loro padre in
questo estimo a carta 105 …”.(21)
Da questa eredità risultano successivamente
altre divisioni patrimoniali tra i fratelli Roncalli come ad esempio quella di
Bernardino a cui andò oltre a diversi terreni “la metà della casa posta alla Pieve
confinata a 1 ° via, 2° via, 3° Ser Andrea Incontri, 4° via, stimata lire 700”.
Gli anni che coincidono con la morte del
padre di Cristofano furono forse quelli in cui venne realizzato il bel quadro
dell’Annunciazione che si trova collocato sopra l’omonimo altare nella chiesa
Parrocchiale di Pomarance. Eseguito secondo il Kirwin attorno al 1584, la tela ad olio, fu commissionata al
“Pomarancio” dalla “Confraternita della Vergine Maria” che aveva sede nella
Chiesa di San Gio Battista di Ripomarance ed alla quale era demandato come
alla Compagnia di San Michele il compito della sepoltura dei morti nel piccolo
cimitero accanto alla Chiesa stessa.
Il dipinto che nel 1845 era in deprecabile stato di conservazione per le numerose infiltrazioni d’acqua che aveva subito, fu mutilato nella parte destra della tela dove la figura della Vergine ha la parte esterna del corpo incompleta. Recentemente restaurata dalla Sovrintendenza delle Belle Arti di Pisa, l’opera rivela delle componenti stilistiche tratte dall’ambiente romano. L’impostazione diagonale della scena ed il movimento deciso e ritmato dell’angelo, giùnto come una folata di vento, sono una indicazione del nuovo indirizzo culturale del pittore. Predomina una sottile inquietudine resa più evidente dalla scioltezza dei panneggi. I disegni preparatori al dipinto sono conservati presso la Galleria degli Uffizi di Firenze. Gli anni tra il 1580 ed i primi del ’600 videro impegnato Cristofano Roncalli in molteplici lavori a Roma, ad Ancona, a Osimo accumulando in quegli anni prestigio e ricchezze che in seguito furono anche oggetto di dispute tra i suoi nipoti. Si stabilì a Roma fin dal 1575 con il fratello Donato, auditore del Cardinale Crescenzi di Roma, il quale fu sicuramente l’artefice della fortuna artistica ed economica di Cristofano inserendolo nella Roma bene sotto la protezione di vari Cardinali, come i Crescenzi o i Gallo, per i quali lavorò affrescando i loro palazzi e ricevendo molteplici committenze in San Pietro da altri “mecenati” dell’ambiente romano. Iscritto all’Accademia degli artisti di San Luca di Roma fin dal 1588 pagava uno scudo di tassa l’anno come altri artisti tra i quali anche il compaesano “Niccolò Cercignani” dando lezioni di disegno e pittura ai giovani artisti dell’Accademia. Spesso incaricato di perizie estimali su affreschi commissionati ad altri pittori, nei primi anni del XVII secolo la sua fama di artista raggiunse anche la sua terra di origine. Il Comune di Volterra infatti onorò nel 1602 lo stesso Cristofano Roncalli ed il fratello Donato della “Cittadinanza Volterrana”. Un alto riconoscimento fu quello conseguito dal “Pomarancio” in occasione della sua nomina a “Cavaliere di Cristo” data da Papa Paolo V (1605) per la sua attività svolta al servizio pontificio. La reputazione di buon pittore fu confermata anche da un altro grande pittore del 600, il Caravaggio che, durante il processo “Baglione” (1603), reputava il “Pomarancio” tra i “valenthomini abili pittori di Roma” insieme allo Zucaro, il Caracciolo ed altri.
Bolla del Cardinale Crescenzi di Roma (Foto A)
Quando attorno al 1605 ottenne la committenza
della decorazione della Sala del Tesoro nella Basilica di Loreto fu coadiuvato
da molti allievi ed anche da suo fratello Donato che sottoscrisse le clausole
del contratto insieme a Cristofano. È di quel periodo un documento assai importante
per la nostra indagine sui rapporti del pittore con la sua famiglia di Pomarance
che si riferisce ad alcune vicende giuridicoeconomiche del fratello Cosimo di
Ripomarance, che all’epoca si trovava inguaiato con il “fisco” ed addirittura
incarcerato nelle “segrete di Volterra”. La lettera, conservata presso la
Biblioteca Guarnacci di Volterra e datata 1609, ci dà l’esatta indicazione del
fallimento finanziario di Cosimo Roncalli e l’aiuto dei due fratelli pittori
che si impegnarono a risolvere tale situazione (22):
Per il presente scritto si manifesta, et si dichiara a qualunque lo vederà, et lo leggerà, qualmenti noi Donato, et Cristofano fratelli et figliuoli del quondam S. Gio:Ant° Roncalli da Ripomaranci, Diocesi di Volterra, per sovvenire, et aiutare Cosimo nostro fratello carcerato per quanto co’ nostro dispiacere haviamo inteso più giorni sono ad iustanzia di più, et diversi suoi creditori, ci contentiamo, et acconsentiamo, et ciascheduno di noi si contenta, et acconsenti liberamente, et spontaneamente, che per la rata di tutti li beni stabili, che haviamo in comune et per indiviso co’ il detto Cosimo tanto in Ripomaranci, quanto fuori di qualunque sorti siano, et in qual si voglia luogo, esso Cosimo li possa vendere, et alienare, o, dare i pegno, o, in pagamento, o in qualsivoglia altro modo, che a lui parerà, et piacerà, in però sino alla somma per partinenza di scudi mille di + 7.Essendo per adesso, acciò che del ritratto, che ne farà si possa, o in tutto, o, in parti sdebitari, facendolo in questi particolari, speciali et particulari procuratori a poter in nome nostro, et di ciascheduno di noi a consentire, et dare il nostro consenso, a detta vendizione, et alienazione di beni; et altrimenti come di sopra s’è detto sino alla somma predetta di scudi mille in tutto, no solo in questo; ma in ogni altro miglior modo. Promettendo, bisognando, ancora di ratificar quello che lui farà. Con riservarci però l’attioni et ragioni contra di esso Cosimo da intentarsi, et valersene con di lui tanto nella divisione, che fra lui, et noi si farà, quanto in ogni altro caso, causa, et occasioni, che bisognerà, a suo luogo e tempo. Et per maggior vigore, et forza delli predetti così il presente scritto, sarà firmato, et sottoscritto di nostra propria mano, et suggellato co il nostro suggello in Roma, et nella Santissima Casa di Loreto, o, in qualsivoglia altro luogo rispettivamente, che no si fidi; lo Donato Roncalli ho scritto e sottoscritto, di mia e propria mano, et suggellato co il predetto suggello il presente scritto, questo di 15 di Aprile 1609 in Roma.
Cristofano Roncalli
affermo quanto di sopra questo di 19 aprile 1609 in Loreto. La delicata situazione del fratello Cosimo è documentata
anche nei Partiti del Vicariato di Val di Cecina di quegli anni nei quali
risulta una precettazione alla Comunità di Pomarance per pagare lire 32 di
Alimenti somministrati in carcere a Cosimo Roncalli e per alcune spese fatte
per
Fisco.(23)
Il fallimento di Cosimo Roncalli è rilevabile anche in seguito, quando Michele di Francesco Stibbi comprò una bottega ad uso di Spezieria dal Fisco, come “beni di Cosimo Roncalli”.(24)
Stemma dei Roncalli di Pomarance (propr. Biondi-Bartolini).
Antichi stemmi della Famiglia Roncalli (Biblioteca Guarnacci).
Altri documenti conservati presso la Biblioteca
Guarnacci di Volterra confermano l’aiuto prestato a Cosimo da Cristofano e
Donato con l’impegno di pagamento di altri 600 scudi.
Attorno al 1615 i due fratelli Roncalli, Cristofano e Donato, sono nuovamente iscritti nell’Estimo del Comune di Ripomarance con i beni pervenuti loro da una successiva divisione con gli altri fratelli Roncalli (1612).
Nell’arroto del 1612 nell’Estimo del
1571, alla carta 426 r., sono citati l’illustrissimo Signor Cavaliere
Cristofano e Mastro Donato … Fratelli e figli di Gio:Antonio Roncalli ….
con i seguenti possedimenti: La metà di una casa in detto Castello con le
botteghe alla Porta alla Pieve confinata a 1° via, 2° la Pieve, 3° Forno del
Comune stimata lire 310 ….
Una casa in detto Castello in
Petriccio a 1° via, 2° Chiasso, 3° Mura Castellane, 4° Forno del Comune ….
lire 500
La metà di una casa in detto Castello a 1° via, 2° Simone di Bartolo di Gio D’Acquaviva, 3° Giulio di Cenni di Michele, 4° Detto Giulio Stimato lire 125
Un pezzo di terra vignata et alborata
di staia 20 incirca in detta corte luogo detto San Piero, a 1° via, 2° beni
dello Spedale di San Piero, 3° Simone di Bastiano Santucci, 4° Via di Sotto, 5° Giacomo di Gio
Antonio formaio … stimata lire 750 Un pezzo di terra lavorativa, arborata di
staia 20 incirca co una casa in detta corte luogo detto VAL DI DOCCIA o
franate di Broticeco et piano della Ascesa a 1 ° via, 2° li medesimi, 3° Pier
Francesco P prete, 4 ° beni dello Spedale di San Piero, 5° Broto Cieco, 6°
Luigi Min ucci da Volterra, 7° Jacopo di Taviano et erede del Bellezza, 8°
Giaco di Gio Antonio Formaio … lire 2300
Un pezzo di terra vignata et soda di staia tre incirca luogo detto Piano della Ascesa a 1° via, 2° Bastiano di Michele Corbolini, 3° Meo di Gio Tangherini, 4° Luigi Mi nuoci di Volterra … lire 60Un pezzo di terra lavorativa ….di staia 14 luogo detto Piano alla Serra co una casetta confinato a 1° via, 2° Podere del Nespolo, 3° Beni di San Piero, 4° Boschetti di Mastro Jacopo Borselli da Volterra, 5° via che va a Micciano stimato…… Inoltre un pezzo di terra al Ponzo, uno a Calcinala, un Podere al Ponzo ed altri beni per un totale di 9619 lire ….(25)
Angelo adorante (part, di polittico) (Foto S. Donati)
Nel 1616 muore il fratello Donato Roncalli che aveva seguito Cristofano nei lavori degli affreschi di Loreto. Seppellito nella chiesa di Roma a Santo Stefano del Cacco, fu dedicata una lapide alla sua memoria dal fratello Cristofano che lo definì pittore senese.
Notizie della attività artistica di Cristofano Roncalli in Ripomarance, ormai in là con gli anni, non sono a noi conosciute. Certamente il suo legame ancora vivo con Ripomarance indusse lo stesso artista a fare un omaggio alla chiesa di San Giovanni Battista di alcune reliquie di santi. La notizia è documentata da una Bolla del Cardinale “Crescentius” di Roma e conservata nella Canonica della Parrocchia di Pomarance (Foto A) datata 10 ottobre 1617. Insieme alle reliquie egli donò anche il reliquiario dove era raffigurato lo stemma dei Roncalli, citato nel 1913 dal Locatelli Milesi.
Questo documento rileva i suoi amichevoli rapporti con la famiglia dei Crescenzi di Roma, amanti della pittura e delle arti. Essi furono protettori di Cristofano che per alcuni anni fu l’insegnante di pittura dei fratelli del Cardinale che ebbero l’incarico di dipingere affreschi su disegni e cartoni del Pomarancio. L’avvenimento della donazione delle sacre reliquie dei santi fu un avvenimento che coinvolse anche il Comune di Ripomarance che in quell’anno annotava nel libro delle deliberazioni la “Consegna delle Reliquie”:(26)
Angelo adorante (part, di polittico) (Foto S. Donati)
A di 23 settembre 1617
Ricordo come per Alessandro Pressati, romano, detto dì fu consegnato dal Sig. Cavaliere Cristofano Roncalli … nella Chiesa di Sancto Giovanni Baptista di Ripomaranci le reliquie dette et al reverendo Bartolomeo Talamini pievano di detta chiesa, che tiene il reliqiariotto messo a oro, dentro cui più le reliquie di Santi Aloro, Potente, et Polinare, con più due chiave con ordine che una di esse chiave tenghi il signor pievano protempore, esistente, et una la Comunità dentro una borsetta, … che ciascuna riceve detto sig. pievano, et l’altra la Comunità………………………………………………. alla pre
senza dei sig. Fabio Storrioli et di Buonincontro Incontri, Gio:Batta Pellegrini, et Ferdinando de Roncalli, tutti Priori di detta Comunità ..; et alla presenza di me Cancelliere et…. di S. Maffii et … Fantacci …. sacerdoti in detta Pieve, testimoni,…. per far detto contratto a suo luogo et tempo, et co tutte le sue istantie … et co tutte le memorie che bisognarà….
L’agiatezza economica e l’età avanzata
di Cristofano Roncalli, al quale era andato parte del patrimonio di suo
fratello Donato, furono in quegli anni motivo di interesse per i suoi nipoti,
preoccupati nel contendersi i possibili lasciti che sarebbero loro toccati
alla morte del pittore. Nel 1618 infatti è documentata una lettera scritta dal
Roncalli al Cardinale Maffeo Barberini nella quale si chiedeva tra l’altro
protezione dal Cardinale ad ottenere un rinuncia di 1040 scudi d’oro affinché
dopo la sua morte non vi fossero litigi fra i suoi nipoti.
Tale situazione è documentata indirettamente
anche in una lettera conservata nell’Archivio privato Biondi Bartolini di Pomarance,
e scritta nel 1618 da Francesco Bartolini, da Firenze al fratello Giovanni
Clemente Bartolini di Ripomarance. Nel Post Scriptum abbiamo infatti notizia di
una tassa sui contratti di Cristofano e un lascito di alcuni scudi che dovevano
andare alla sua “donna” (forse la sua compagna od una sua ex modella di
Firenze): …il dì 9 di novembre 1618 …
…. Mando a l’Arghtia la licentia dell’arte
dei vaiai, e cuoiai, come vederà, e resta a detta arte creditore di lire tre e
soldi die
ci; et è dilusa in questa lettera; e per /’Alfiere Roncalli gli mandai quella
della gabella dei contratti di Cristofano Roccalli, perciò veda di accomodare
l’altra, perché no Hanno volsuto voltare gli scudi sette che sono pagati alla
donna di Cristofano -(27)
L’attività di Cristofano Roncalli in
quegli anni doveva essere assai limitata a causa dell’avanzata età. In un
manoscritto del 1621 (Mancini) egli è ricordato a Roma e “.. vive adesso …
in sua quiete Christiana e di gentiluomo et in età molto pregressa ….”.
Durante la sua lunga vita ebbe tra i
suoi seguaci, allievi molto dotati che si distinsero anche dopo la sua morte;
tra questi sicuramente è da ricordare un altro “Pomarancio”, Antonio
Cercignani, figlio di Niccolò delle Pomarance (Pomarancio il vecchio), che
seguì il maestro Cristofano dopo la morte di suo padre avvenuta nel 1599.(28)
Cristofano Roncalli infatti moriva il 6
maggio 1626 a Roma, seppellito nella chiesa di Santo Stefano del Cacco come il
fratello Donato lasciò eredi universali i suoi nipoti Guglielmo ed il pittore
Jacopo figli di fu Cosimo Roncalli.
A Guglielmo lasciò tra l’altro tutte le proprietà immobiliari di Roma con tutti i libri latini; a Jacopo, con testamento dell’11 maggio 1626, altre proprietà immobiliari tra cui quelle di Ripomarance come le metà della casa con le botteghe poste in Petriccio “alla Porta alla Pieve” dove attualmente sorge il Palazzo Biondi Bartolini e dove era nato il famoso pittore “manierista” Cristofano Roncalli.(29)
Nel ricordo di questo illustre
personaggio il Comune di Pomarance volle nel lontano 1893 acquistare un suo
ritratto che fu fin da quel tempo posto nell’ufficio del Sindaco. Detta
immagine fu comprata a Recanati presso un libraio antiquario, Luigi Prosperi,
come risulta da una delibera del 25 gennaio 1893:
.. Lire
2,50 a favore dell’Esattore Comunale sig. Augusto Fontanelliprezzo di un
ritratto del pittore CRISTOFANO RONCALLI, procurato a questa amministrazione
dal libraioAntiquario, Luigi Prosperi di Recanati, come da ricevuta annessa al
Mandato.
J. Spinelli
NOTE BIBLIOGRAFICHE
J. Spinelli – “Alla ricerca di un affresco di Cristofano Roncalli” – La Comunità di Pomarance n ° 2/1988 pag. 4. In questa occasione ringrazio vivamente il parroco Don Piero Burlacchini per la sua disponibilità e collaborazione nei miei articoli storici, nonché la signora Luisa Morandini vd. Mazzinghi per gli utili consigli e la revisione dei testi.
Archivio Storico Comunale di Pomarance F. 633 Saldi c. 59 r.
Archivio Storico Comunale di Pomarance F c. 14 r.
Archivio Storico Comunale di Pomarance F 633 c. 57
Archivio Storico Comunale di Pomarance F. 428 c. 352 Estimo 1571
Biblioteca Guarnacci Volterra F. 42 B c. 24
Archivio Storico Comunale di Pomarance F. 6 Partiti del Vicariato.
Archivio Storico Comunale di Pomarance F. 147 B Civile 1620 – 21 c.225 r.
Archivio Storico Comunale di Pomarance F. 428 Estimo 1571 c. 426 r.
Archivio Storico Comunale di Pomarance F.
c. 22 r.
Archivio Biondi Bartolini (non classificato). Ringrazio sentitamente il dott. Giovanni e Giulio Biondi Bartolini per la loro disponibilità nel consultare i documenti privati di famiglia ed avermi dato l’opportunità di pubblicare questo documento inedito.
3 giugno 1626. Lucrezia Malagotti Vaini, scrive al Cardinale Rivarola raccomandandogli Antonio Cercignani detto Pomarancio, perché gli sia affidato l’incarico di portare a termine un dipinto per San Pietro, lasciato incompiuto da Cristofano Roncalli a causa della morte. Ileana Sono Chiappini “Cristofano Roncalli detto Pomarancio ’ ’ Edizione a cura della Cassa di Risparmio di Bergamo.
J. Spinelli. ”11 Palazzo Biondi Bartolini a Pomarance” – La Comunità di Pomarance n° 2/1990.
La suddetta relazione sul fabbricato, già dei Roncalli, mi fu commissionata dalla famiglia Biondi Bartoliniper documentare l’interesse storico artistico del Palazzo. Con personale sodisfazione questo studio è stato inviato, corredato da foto, al Ministero dei Beni culturali di Roma ed alla Sovrintendenza ai Monumenti di Pisa.
A POMARANCE: la sua Famiglia, le Sue proprietà, i contatti con la sua Terra Natale a cura di I. Spinelli
Una tra le più importanti famiglie nobiliari protagoniste
delle vicende storiche e politiche dell’antico castello di Ripomarance, fin
dal XVI secolo, è stata quella dei Roncalli che ha avuto tra i suoi discendenti
facoltosi mercanti, priori, magistrati, gonfalonieri e famosi artisti come il
pittore “manierista” Cristofano Roncalli detto II Pomarancio, suo fratello
Donato (Notaio e Pittore) ed un loro nipote, Jacopo di Cosimo Roncalli, vissuto
nella prima metà del XVII secolo.
Stemma e albero genealogico Roncalli di Foligno
Cristofano Roncalli fu sicuramente il più famoso tra i
membri di questa famiglia essendo annoverato dagli storici d’arte, tra i
migliori artisti della seconda metà del ’500 e l’inizio del ’600, periodo nel
quale egli eseguì una delle sue più grandi opere di affreschi che si trovano
nella Cappella Lauretana a Loreto.
Vissuto per gran parte della sua vita a Roma e ben inserito
negli ambienti Cardinalizi, ebbe notevoli committenze di lavori nel Vaticano,
nelle Chiese di Roma ed in altre città dell’Italia centrale dove sono ancora
conservati i suoi lavori.
Conosciuto dalla critica storico-artistica con lo pseudonimo di “Pomarancio”, per distinguerlo dall’altro pittore locale Niccolò Cercignani (Pomarancio il vecchio) “delle Pomarance’’, fu, secondo alcuni storici come Baumgart (1) allievo dello stesso Nicolò Cercignani anche se studi personali sui due pittori locali proverebbero la quasi coetaneità degli artisti.
L’origine dei Roncalli, Roccalli o Roncagli, come spesso
troviamo scritto nei documenti d’archivio del Comune di Pomarance, è di origine
allogena in quanto proveniente dalla Valle Imagna del bergamasco.
Alcuni componenti di questa famiglia si trasferirono agli
inizi del XVI secolo nella regione umbra a Foligno, altri nello “Stato di
Firenze”, in Ripomarance, svolgendo attività di “mercatura”.
L’appartenenza al medesimo ceppo bergamasco è documentata dalla somiglianza che si nota nelle stesse caratteristiche araldiche dell’Arme dei Roncalli di Foligno e in quella di Pomarance nonché da numerosi documenti del XVI secolo tratti dall’Archivio Storico Comunale che citano la provenienza bergamasca (2). Il “Blasone” dei Roncalli di Pomarance, a cui appartiene il pittore Cristofano e del quale esiste forse l’unico esemplare presso la famiglia Bartolini, è dipinto in un frammento di maiolica rinascimentale già pubblicato in occasione del mio studio sugli “Stovigliai” di Pomarance (3). Lo stemma, simile a quello inviatomi gentilmente dal Dott. Saverio Lupatelli Roncalli di Foligno, discendente in linea femminile dei Roncalli del luogo, è citato anche in una descrizione di “Famiglie Nobiliari Volterrane” dell’Archivio Maffei presso la Biblioteca Guarnacci di Volterra ed è così descritto (4):“… Spaccato, nel primo d’azzurro, al Castello d’argento portato e finestrato di nero; nel secondo d’argento, a tre
pali, due laterali di rosso, quello di mezzo d’azzurro
Lo studio dell’Arme conservato dalla famiglia Biondi Bartolini presenta una particolarità che fa individuare forse l’attività più antica che, assieme a quella di mercanti, dovevano svolgere i Roncalli a Pomarance: quella di “Maestri d’arme”. Il castello merlato da l’idea di un’elsa di spada, il palo d’argento centrale la lama della stessa.
Elemento simbolico della professione di “Lanceolai” che svolsero in Ripomarance per molti anni il capostipite Francesco ed i suoi due figli, Giovan Antonio ed Alessandro Roncalli, rispettivamente padre e zio del pittore Cristofano. Stabilitisi nel tranquillo castello di Ripomarance (Contado di Firenze) dopo una frettolosa fuga da Bergamo, risultano essere presenti nella vita del “castello” fin dal 1525 con l’iscrizione nel Dazaiolo del Comune e nell’Estimo del XVI secolo relativo all’anno 1532.
Nel suddetto estimo infatti, che riporta
variazioni catastali fino al 1543, risultano censiti per i loro possedimenti
nella corte e castello di Ripomarance, i Signori Giovan Antonio di Francesco
(Roncalli) da Bergamo merxiaio et Alessandro suo fratello, ai quali è posta
una tassa sulla loro testa di lire 100 proprietari degli infrascritti beni (5):
“… Una casa posta nel Terzo di
Petriccio, confinata a 1° via, 2° Giusto di Benedetto Fantacci, 3° Muro
castellano, 4C Fede di Contro di Polito (Incontri) … stimata lire
130.
…Un pezzo di terra olivata, vignata
posta alle Ribatti, a 1° via, 2° Antonio di Giusto di Marzilio, 3° la via della
Doccia, 4° Paulo di Francesco di Cristofano da Montecastelli… stimata lire
150
… Una casa posta alla Porta alla
Pieve stimata lire 100
… Una casa posta in Petriccio a 1°
via, 2° Rede di Pietro Paulo Santucci, a 3° Giusto di Petruccio stimata lire
100.
Una casa posta nel Terzo di Petriccio, a 1° via, 2°
Bastiano di Jacomello, a 3° Redi di Pietro Pagolo di Giovanni Santucci, a 4°
Giovan Martino di Mastro Guasparri … levata dalla posta di Giusto di
Petruccio in questo a carta 25… stimata lire 30”.
Giovan Antonio Roncalli, iscritto all’arte dei Lanceolai di
Firenze, svolse, in società con il fratello Alessandro, attività di mercatura
moltiplicando nel corso degli anni i suoi possedimenti nella Corte di Ripomarance
come è possibile notare nelle stesure successive degli estimi del comune per
tutto il XVI secolo. Entrambi i fratelli si sposarono a Pomarance dando luogo
ai due rami dei Roncalli di Pomarance che sono ben documentati in un Albero
Genealogico della famiglia Ronacalli del XVIII secolo conservato presso la Biblioteca
Guarnacci di Volterra (6).
Giovan Antonio si sposò con donna Francesca Incontri
appartenente anch’ella ad una delle più facoltose famiglie del luogo
specializzate nella produzione e commercializzazione di Maioliche pomarancine
fin dal XVI secolo. Dal loro matrimonio nacquero ben sei figli: Bernardino,
Donato, Cosimo, Cristofano, Guglielmo e Francesco (7).
Bernardino, Cosimo e Francesco continuarono l’attività del
padre aprendo attività commerciali nel Castello di Ripomarance; Guglielmo fu
prete alla Chiesa di San Martino di Lustignano; Donato, forse il secondogenito
della famiglia, come risulta da un elenco dei fratelli Roncalli (eredi
universali del patrimonio paterno) iscritti nell’Estimo della fine del XVI
secolo, fu laureato in legge ed al tempo stesso abile pittore.
Della sua attività pittorica però abbiamo sporadiche
notizie che lo vedono solo in un ruolo di compartecipazione alle opere ed
affreschi del fratello Cristofano Roncalli.
Albero genealogico Roncalli di Pomarance (sec. XVIII) B.G.V.
“Maestro” Donato Roncalli “… molto reputato per bontà di vita et intelligent della professione” di dottore in legge venne definito nel manoscritto del Lanzi (1620) “pictor senensis” e fu secondo la critica storica, il personaggio che con la sua professione di legale e auditore cardinalizio, permise al fratello Cristofano di inserirsi negli ambienti clericali della “Roma bene”. Personalità abbastanza vicina alla corte papale, fu contattato dallo stesso comune di Ripomarance per risolvere alcune controversie giuridiche di confinazioni con dei proprietari volterrani. Un’indagine mirata su questo personaggio, ritenuto di secondo piano rispetto alla formazione artistica del “Pomarancio”, potrebbe in qualche modo evidenziare la vera formazione artistica di Cristofano che la critica artistica vuole improntata in ambito fiorentino.
Estimo 1532 (Arroto 1543) c. 67v. (A.S.C.P.)
La data di nascita di Cristofano Roncalli è fatta risalire all’anno
1552 secondo un calcolo aritmetico di 62 anni che egli stesso dichiarava di
avere nel 1616 sottoscrivendo e firmando gli affreschi della cupola Lauretana
(oggi non più leggibile), letta e pubblicata nel 1895 dal Giannuzzi
(8). Una indagine personale però, effettuata
negli estimi del Comune di Ripomarance dal 1532 in poi, indicherebbe tale data
spostata indietro di alcuni anni, in quanto vi sono diversi elementi
comprobanti:
1°) Nell’Estimo del 1544 (con arroti e variazioni catastali
fino al 1560) risultano già alcuni possedimenti intestati a “Cristofano di
Gio.Antonio Roncalli da Bergamo” consistenti:… Una casa posta in Borghetto
confinata a 1° via, 2° Antonio di Bernardino Magrini, 3° herede di ser Giovan
Matteo, 4° Mura castellane… stimata lire 200.
Una Bottega posta alla Porta al Peso a 1° via, 2° Mura
castellane, 3° Meo di Bastiano fabro… stimata lire 30.
Una pezzo di terra posta alle Ribatti,… una pezzo di
terra alla Piaggia… un pezzo di terra alla Doccia ed una pezzo di terra all’Aia
di San Piero… per un valore complessivo di lire 510 (9).
2°) Il pittore “Cristofano di Gio:Antonio Roncalli da
Bergamo” risulta annotato anche in una aggiunta o arroto, nell’estimo di
Ripomarance del 1532 che riporta variazioni estimali fino al 1543.
E’ rilevabile infatti che i sopradetti possedimenti gli
pervennero dalla eredità di certo Donato di Michele fabro.
Come è possibile osservare dalla foto del documento, la sua
iscrizione alla carta 67 retto, è posta poco più in alto ed è eseguita con grafia
e scrittura
diversa da quella con cui era censito mastro Donato di Michele fabro. Una
indagine della calligrafia usata per annotare Cristofano Roncalli, rileva
essere la stessa del Cancelliere con la quale sono state eseguite altre
aggiunte estimali nelle carte successive risalenti alla fine dell’anno 1543
(10).
Un altro .elemento interessante e molto significativo, secondo me, ritrovasi nel pagamento della tassa “sulla Testa” di lire 100 che era dovuta all’erario del Comune di Ripomarance per tutti coloro che svolgevano un’attività professionale. La suddetta tassa fu in vigore a Pomarance fino all’anno 1543 in quanto non si ritrova essere imposta nella stesura del nuovo “Estimo di Ripomarance” del 1544; questo elemento potrebbe quindi indicare l’anno di nascita del nostro artista pomarancino. Infatti, secondo uno studio dello storico volterrano Enrico Fiumi sul Catasto di Volterra e San Gimignano la tassa “sulla testa” veniva imposta a coloro che avevano una età compresa tra i 14 e i 18 anni; ipotizzando quindi che l’apprendista Cristofano Roncalli avesse ereditato i sopraddetti possedimenti all’età di 14 anni, nell’anno 1543 (periodo corrispondente alle ultime aggiunte e alla medesima scrittura del Cancelliere di quel tempo), la sua data di nascita dovrebbe risalire al 1529 – 1530.
Piazzetta già di Borghetto e Porta al Peso o Orcolina
Un riscontro assai probante
su quanto asserito può essere documentato dall’Archivio Civile della
Podesteria di Val di Cecina in cui si ritrovano frequenti elenchi di cittadini
tassati secondo la loro professione o implicati in cause Civili.
Tra questi nominativi
indicati per il pagamento sulla tassa delle bocche (del sale) per l’anno 1543
risulta annotato anche lo stesso “Cristofano di Jo(vanni Antonio) Ronchalli”
a cui è imposta la tassa di lire 2 e soldi 8. Nel repertorio della Filza di
Archivio in ordine alfabetico e indicato alla lettera C, Cristofano di
Gi(ovanni) senza specificare il cognome Roncalli (11).
L’anno successivo, 1544, come
già detto, è iscritto nella nuova stesura dell’Estimo di Ripomarance con le proprietà
pervenutegli da Donato di Michele fabro che sono individuate nell’attuale
Piazzetta San Carlo (già di Borghetto) ed in prossimità della porta al Peso
(oggi detta Orciolina).
Qualche anno più tardi
troviamo un’altra notizia che certifica la sua permanenza a Pomarance; questi
infatti è citato nel 1548 nel libro dei Partiti del Comune di Ripomarance per
aver pagato la “… gabella della biada inviata al Commissario” durante
il passaggio di un esercito diretto alla guerra di Piombino (12).
Egli è annotato come
“… Cristofano Bergamasco” senza specificare il cognome come accadeva
spesso per altri cittadini; una riprova è la citazione di suo padre, Giovan
Antonio Roncalli che nel libro dei Creditori del Comune veniva indicato
semplicemente come “Gio Antonio Bergamasco” (13).
Ben poco sappiamo sui primi
insegnamenti d’arte ricevuti da Cristofano in quegli anni che probabilmente lo
videro a fianco dell’altro pittore pomarancino Niccolò Cercignani (nato attorno
al 1520 – 25) allievo, egli stesso del pittore volterrano Daniele Ricciarelli
da Volterra (14).
La sua presenza a Ripomarance però è documentata anche attorno al 1552 quando risulta implicato in una causa civile davanti al Podestà di Val di Cecina: “… Nanni di Michele Saiucci… agit… contra Cristofani di Gio. Francischi de Roncalli a quo petit datii… et manifatturis” (15).
L’allontanamento dalla sua terra natale verso altre mete importanti per la professione di pittore, portarono Cristofano Roncalli a Firenze dove si formò artisticamente, come dimostrano le notevoli influenze stilistiche della sua pittura prima di stabilirsi a Roma attorno al 1575.
Cimase di un polittico attribuito a C. Roncalli (Kirwin) 1972 (sacrestia della Chiesa di S. Giovanni Battista di Pomarance) (Foto S. Donati)
Un fatto importante per datare il suo definitivo
allontanamento da Ripomarance è nuovamente documentato nell’estimo del 1544
dove è annotato in calce, tra il 1559 ed il 1560, la vendita di tutte le sue
proprietà a Pomarance. L’11 maggio 1599 infatti venne ceduta la bottega posta
alla Porta al Peso con alcuni pezzi di terra posti alle Ribatti a Michele di
Mariotto. Lo stesso Michele l’anno successivo, 1560 (2 dicembre) comperava
dallo stesso Cristofano Roncalli la Casa posta in Borghetto con altri terreni
posti in località Doccia, Piaggia e San Piero. Un fatto interessante e non
casuale è in quel periodo la vendita di alcuni possedimenti in Ripomarance
anche da parte di Niccolò Cercignani che denoterebbero l’allontanamento di
entrambi dal loro paese di origine (per stabilirsi entrambi nella regione umbra
dello Stato Pontificio?).
Il padre di Cristofano, Giovan Antonio, e lo zio
Alessandro continuarono la loro attività di mercanti facendo affari d’oro nel
piccolo castello di Ripomarance ed ampliando notevolmente i loro possedimenti
nel contado pomarancino per un valore di capitale di lire 13860.
Questi possedimenti immobiliari e terrieri furono oggetto
di divisione tra gli stessi fratelli, Giovan Antonio e Alessandro che in data
1 agosto 1579 procedettero alla divisione patrimoniale dei loro beni.
Dai due fratelli
“bergamaschi” vennero divise le unità immobiliari poste al di là e al di qua
della Porta alla Pieve che erano sicuramente collegate fra loro da alcune
stanze sovrapposte situate proprio sopra l’antica Porta alla Pieve.
Esse erano indicate
nell’Estimo del 1571 e così descritte:
“… una casa in
detto castello alla Pieve a 1° via, 2° via, 3° Ser Piero d’Andrea
Incontri a 4° Via … stimata lire 1200…
cassa la metà e porsi a Alessandro Roncalli
…”(area occupata dalla casa già eredi Derna Volpi).
“… Una casa in detto
castello colle botteghe alla Porta alla Pieve confinata a 1° via, 2° la Pieve
di San Giovanni, 3° Forno del Comune stimata lire 600… cassa la metà et ponsi
ad Alessandro come sopra…”.
Questi ed
altri possedimenti patrimoniali dei due capostipiti della famiglia Roncalli a
Pomarance, furono ereditati dai loro rispettivi figli come risulta dalle
successive stesure degli estimi del XVI e XVII secolo (16).
Jader Spinelli
(CONTINUA)
NOTE BIBLIOGRAFICHE
Baumgart, in Thieme – Becher;
Allgemaine Lexikon der Bilden Kunstler XXVIII, Lipsia.
(1933) Manuali 3572; pag. 567. Istituto
Germanico di Storia dell’Ade di Firenze.
Ringrazio sentitamente
il Dott. Saverio Lupatelli Roncalli di Terni per la collaborazione prestatami
in queste mie ricerche e per avermi inviato lo stemma dei Roncalli di Foligno e
l Albero Genealogico della famiglia da cui discende.
I. SPINELLI “Gli
Stovigliai a Pomarance nel XVI – XVII secolo’ – La Comunità di Pomarance n°
1/1990.
Archivio Storico
Pomarance F. 426 Estimo 1532 c. 31 r.
Biblioteca Guarnacci
Volterra – Filza 42 B, Carta 23; Prospetto indicativo di documenti storici ..
contenuti nelle filze segnate col numero di inventario 5706 e collocate nei
lutei IV V e VI; scaffale L.
Dalla loro unione
nacque anche Maria Grazia Roncalli, suora nel convento di Santa Chiara di
Volterra nel 1590.
Ileana Chiappini di
Sorio; “Cristoforo Roncalli detto il Pomarancio’’ a cura della Banca Popolare
di Bergamo.
Archivio Storico
Pomarance F. 427 Estimo 1544 c. 66 r.
Ibidem F. 426 Estimo
1532 c. 67 v.
Ibidem F. 67 B Civile
di Podesteria c. 2 v.
Ibidem F. 74 c. 214 r.
Ibidem F. 218 c. 21 r.
F. Canuti – Niccolò
Cercignani detto il Pomarancio – Bollettino della deputazione di Storia patria
per l’Umbria XLVIII – LI (1952).
Archivio Storico
Pomarance F. 77 B; Civile di Podesteria c. 76 r. Nel repertorio della filza è
indicato alla lettera C carta 76 “Cristofano Roncalli”.
Archivio Storico Pomarance F. 428 Estimo 1571 c. 105 r. La casa dei Roncalli colle botteghe alla Porta alla Pieve e confinante con la chiesa di San Gio Battista è da individuare dove attualmente sorge il Palazzo Biondi Bartolini del quale abbiamo trattato nel N° 2 1990 della rivista La Comunità di Pomarance.
Quando nel 1775 il Granduca Pietro Leopoldo fece trasferire tutta la ricca collezione di oggetti naturali dal Palazzo Pitti. dove era la sede dell’Accademia del Cimento, alla nuova sede del Museo di Fisica e Storia Naturale, tra le altre cose fu rinvenuta una Sfera Armillare o, come veniva chiamata anticamente, la Macchina Universale del Mondo. Fu erroneamente attribuita all’astronomo e cosmografo del Granduca Cosimo I de’ Medici Ignazio Danti e l’errore fu causato dal fatto che era stata trovata negli archivi fiorentini la notizia secondo la quale il Granduca, come scriveva lo Spini nel 1570 nell’opera “Annotazioni intorno al trattato dell’Astrolabio del R.P. Ignatio Danti’’ pubblicata a Firenze nello stesso anno, aveva fatto fabbricare al Danti, suo cosmografo, due grandissimi globi “nei quali si vedevano i siti e le forme dell’immagini celesti et la compita et particulare descrizione della Terra’’.
Particolare della SFERA ARMILLARE (Foto Franca Principe).
Fu appunto Ferdinando Meucci che notò
sulla Sfera l’Arme Medicea inquartata con quella dei Lorena giungendo così alla
conclusione che l’opera era databile all’epoca del Granduca Ferdinando I de’
Medici, che era appunto sposato con Cri
stina di
Lorena, e quindi posteriore ai globi costruiti dal Danti. Il Meucci, come dice
egli stesso nel suo opuscolo sulla Sfera Armillare pubblicato a Firenze il 30
agosto 1876, “io per vero accettava sotto tal nome il mappamondo ed andava
ricercando il vero autore della sfera arm illare’’, e frugando
nell3archivio Mediceo che si trova nel Palazzo Pitti tra le molte notizie utili
riuscì anche a trovare la notizia che tanto attendeva e cioè “che questa
sfera era stata costruita da Antonio Santucci delle Pomarance per commissione
del G.D. Ferdinando I, e della quale trovai perfino l’importare della spesa
occorsa Non avvi pertanto più
alcun
dubbio sull’autore di questa grande e ricca sfera armillare della quale fu scritto ancora doversi al cosmografo Matteo Neroni; essa è quella, che come già notavasi, costruì nella Galleria dei Pitti il matematico Antonio Santucci dalle Pomarance per ordine di Ferdinando I, del quale egli era già da molti anni cosmografo. Trovasi notato che egli vi pose mano il 4 marzo 1588 e la terminò il 6 maggio 1593, quanto è dire che impiegò 62 mesi nel fabbricarla. ”
La Sfera è costituita da nove sfere concentriche la maggiore delle quali ha un diametro di m. 2,20 e la minore di m. 0,70. Al centro di questa sfera minore (secondo la concezione tolemaica) vi è la Terra che ha un diametro di circa 60 cm. e sulla quale sono disegnati anche territori dei quali, all’epoca, non era ben nota la configurazione. Vi sono poi le sette sfere dei Pianeti posti nel seguente ordine: Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove e Saturno. A queste otto sfere mobili segue la Nona, detta Primo Mobile, che è fissa e porta le calotte polari ed i meridiani in filo di ferro. Da due calotte che portano dipinte al loro interno le Armi Mediceo Lorenesi si dipartono 24 cerchi di legno che, tutti insieme, costituiscono un’altra sfera fissa e forse corrispondono alle 12 “Case” con un significato astrologico. In totale la Sfera Armillare è composta da 82 armille o cerchi a cui possono essere aggiunti altri 8 grandi cerchi che, tagliati a metà, svolgono la funzione di sostegno all’orizzonte quelli inferiori e di coperchio mobile dell’intera macchina quelli superiori.
Tutte le armille sono dorate o dipinte ed intagliate a merli in modo da dividere l’intero cerchio in 360 gradi. I quattro mezzi cerchi che sorreggono l’orizzonte presentano alle loro estremità dei bassorilievi raffiguranti una testina e l’Arme dei Medici intercalate tra loro. Tutta la Sfera nella sua interezza appoggia su di un piedistallo alto circa 85 cm. formato dalla unione di quattro sirene rappresentanti i punti cardinali. Tutto ciò è conforme all’originale, ma si pensa che sia frutto del restauro ottocentesco effettuato da Ferdinando Meucci.
Arme dei Medici inquartate con quelle dei Lorena fatte a mano dal Santucci.
Il movimento della “Macchina Universale del Mondo” era reso possibile da una manovella che permetteva la rotazione di un asse passante attraverso la Terra; date le precarie condizioni odierne della sfera non è possibile
farla ruotare.
Il Meucci riuscì anche a trovare, nell’Archivio Mediceo,
una perizia dalla quale risultava la spesa sostenuta dal Granduca per la
costruzione della Sfera:
Per fabbricare tutti e cerchi grandi e piccoli e
graduatili con intaglio a guisa di merli e fattovi alcune linee incavate in detti
cerchi e fatto la palla del mondo grande et altre minime giudicano esservi andato
n° 1371 opera a giuli 4 il giorno monterebbe a Scudi 522.2
Per mettere d’oro tutta la sfera et il piede similmente ec.
ci sia di spesa tanto quanto vale l’oro che ci è andato e per e libri del
coridore vè andato Scudi 170.0
Per dipingere più cerchi da rovescio e da ritto graduarli
tutti e. cerchi Scudi 60.0 Per dipingere la palla del mondo Scudi 100.0
Per dipingere 7 cerchi dove sono e pianeti et il
meridionale l’orizzonte et e tondi che vanno ne’ poli, dipinti di figure et
pianeti celesti Scudi 100.0
TOTALE Scudi 1052.2
A questi 1052.2 scudi vanno aggiunti 170 scudi quale importo dei libri d’oro che furono passati al Santucci dal Guardaroba del Granduca. Il costo totale dell’opera è pertanto di scudi 1222.2, costo insignificante in confronto a quello che verrebbe a costare oggi un lavoro di cinque anni in cui si vede l’opera pregevole di pittura e intarsio. Non vi è infatti armilla che non sia intagliata, superficie in cui non vi sia stato dipinto. L’artista infatti ha ornato con le figure ed i segni convenzionali delle costellazioni le otto fasce dello zodiaco, ha indorato e fregiato con segni rossi e turchini tutta la superficie interna dei cerchi.
Illustrazione del TRATTATO SOPRA LA NUOVA INVENZIONE DELLA SFERA ARMILLARE “Delti dua Circoli Artico ed Antartico’’
Questa sfera, che oggi si trova presso l’istituto e Museo
di Storia della Scienza di Firenze, è una grandiosa rappresentazione
dell’antica dottrina tolemaica. Secondo questa teoria la Terra, elemento più
pesante ed immobile, era situata al centro dell’universo ed intorno a lei
ruotava tutto l’universo. L’Acqua, secondo elemento, era contenuta dalla Terra
stessa nelle sue profondità ed il tutto era circondato dall’Aria e dalla
Regione del Fuoco. Sopra a questa, uno dopo l’altro, venivano i sette cieli
corrispondenti ai Pianeti posti nell’ordine descritto precedentemente. Di
seguito a questi vi era l’ottavo cielo o Cielo Stellato.
Quetsi primi otto cieli avevano un loro moto che correva da Ponente a Levante mentre il cielo successivo, il Primo Mobile, andava da Levante a Ponente facendo il suo percorso nello spazio delle 24 ore. Questa spiegazione della teoria Tolemaica seppure incompleta ci serve a far capire come funziona la Sfera Armillare del Santucci. Egli infatti l’aveva costruita in modo talmente preciso e completo che mediante una manovella inserita nell’asse passante per la Terra riusciva a far vedere i movimenti di tutte le armille e quindi dell’intero universo con il passare del tempo che era segnato da una specie di orologio anch’esso inserito nella Macchina. Questa sfera,
insieme alle altre opere, rivela una forte ed incisiva sensibilità di artista
del Santucci il quale ebbe solo la sfortuna di vedere, negli ultimi anni della
sua vita, superate le teorie tolemaiche dalle scoperte di Galileo.
BIBLIOGRAFIA.
MARIA LUISA RIGHINI BONELLI, “Di alcuni manoscritti inediti di Antonio Santucci delle Ripomarance”, Annali dell’istituto e Museo di Storia della Scienza, III (1978), n. 2, pp. 59 – 67.
THOMAS B. SETTLE, “Antonio Santucci, his “New tractatus on comets”, and Galileo.”, Monografia n. 7 – NOVITÀ CELESTI E CRISI DEL SAPERE , Ati del Convegno Internazionale di Studi Galileiani a cura di P. Galiuzzi, Supplemento agli ANNALI DELL’ISTITUTO E MUSEO DI STORIA DELLA SCIENZA Anno 1983, Fascicolo 2, pp. 229 – 238.
F. MEUCCI, La sfera Armillare di Tolomeo costruita da Antonio Santucci, Tipografia del Vocabolario FI (1876).
Un ringraziamento particolare alla Vice Direttrice ed alla Responsabile del Gabinetto Fotografico dell’istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze Signore Mara MINIATI e Franca PRINCIPE per il loro cortese ed indispensabile aiuto prestatomi nella ricerca del materiale bibliografico e fotografico.
MATEMATICO E COSMOGRAFICO DEL GRANDUCA DI TOSCANA FERDINANDO DE’ MEDICI
Antonio Santucci, autore della SFERA
ARMILLARE che si trova nell’istituto e Museo di Storia della Scienza di
Firenze, del TRATTATO NUOVO DELLE COMETE e valente artista pomarancino della
seconda metà del Cinquecento, nasce nel castello di Pomarance presumibilmente
tra il 1540 ed il 1550. Dico presumibilmente in quanto non sono ancora stati
ritrovati documenti che ne comprovino la effettiva data di nascita. L’unica
cosa sicura e documentata è che la famiglia Santucci risiedeva a Pomarance
ormai da moltissimi anni ed era sempre stata una delle famiglie più in vista
della Comunità come risulta da alcune delibere ritrovate nello Archivio Storico
Comunale.
Nella prima, datata 1 novembre 1621, si legge:
“Adi 1 novembre 1621, congregati alla residenza solita del Gonfaloniere e Priori Rappresentanti tutta la Comunità di Ripomaranci in sufficiente numero Deliberano di dare fede come Benedetto Santucci et ms. Paolo Piero Santucci sono tutti di Ripa Maranci originari et di famiglia originaria antica di questa terra, che hanno goduto e godono tutti i privilegi immunità della Comunità.”
Nella seconda Delibera, datata 11 settembre 1751, si ha il
seguente attestato:
“Di poi i Sigg. Adunati ordinarono a me cancelliere, con tutto legittimo Partito di voti favorevoli quattro e nessuno contrario, far questo attestato della famiglia del fu Michel Angiolo del fu Domenico Santucci originario di questa terra di Pomarance e qui stata da più centinaia d’anni descritta tra le principali Famiglie e che non trovasi memoria d’alcuna persona della stessa Famiglia che abbia giammai esercitata nessuna arte umile o meccanica ma essersi sempre mantenuta delle proprie entrate con decoro ed onorevolezza. ”
Il Santucci, dotato di intelligenza innata, talento ed
ambizione, ha probabilmente iniziato la sua carriera come apprendista in
qualche bottega di artista nella Firenze del Cinquecento in cui gravitavano i
migliori uomini di scienza, artisti ed artigiani dell’epoca, ed è proprio
grazie a questi suoi primi approcci con l’arte che egli deve avere acquisito
una miriade di abilità che gli sono poi servite nel momento in cui ha aperto
una propria bottega. Le prime notizie certe, ricavate dalle sue opere e
dall’opuscolo che Ferdinando Meucci scrisse nel 1876 sulla Sfera Armillare, ci
dicono che nel 1572 il Santucci era già al servizio del Cardinale Ferdinando
de Medici quando questi era a Roma intento nei suoi studi. Nella dedicatoria
a Cosimo II de Medici del TRATTATO NUOVO DELLE COMETE infatti egli dichiara
che “…. mi dette occasione in Roma ed in Firenze di poter osservare tutte
le comete, e nuove stelle apparse al mio tempo del 1577 del 82 del 96 e del 607
et le due stelle del 72 del 604. ”
Dal 1577 al 1607 risulta spesso in viaggio
fra Roma e Firenze. Osserva comete, si diletta a costruire strumenti e viaggia
sulle galere per conto del Principe Ferdinando a scopo scientifico.
Nel 1582 Santucci è a Roma, osserva la
cometa di quell’anno dalla residenza del Cardinale (Palazzo Trinità dei Monti)
e termina la sua prima Sfera Armillare che si trova oggi nella Biblioteca
dell’ESCORIAL a Madrid. Questa sfera, costruita per ordine del Cardinale
Ferdinando, fu inviata alla Corte
di Spagna nel 1583 tramite Giulio Bavaglini, ministro
plenipotenziario in Spagna, unitamente ad un libro che avrebbe potuto
costituire una descrizione anticipata della seconda Sfera Armillare che Santucci
costruì nel 1593 e che oggi si trova presso l’istituto e Museo di Storia della
Scienza di Firenze.
Sempre in questo anno 1582 abbiamo la prima testimonianza
della posizione di Matematico del Santucci. È stata infatti trovata,
nell’inventario del “GUARDAROBA” Romano del Cardinale Ferdinando, una voce che
registra la costruzione di una Sfera Armillare costruita da “Maestro Antonio
Santucci dalle Pomarancie Matematico di Sua Santità Illustrissima. ” Nel
1587, a causa della morte del Granduca Francesco de Medici, fratello del
Cardinale, il Santucci torna a Firenze con Ferdinando il quale lascia la
porpora cardinalizia e diviene il nuovo Granduca.
La posizione del Santucci rimane oscura. Egli infatti non compare nell’elenco di coloro che venivano stipendiati dal Granduca.
TRATTATO DELLE COMETE: Tavola manoscritta (Ed. 1611)
Dopo breve tempo gli viene commissionata
la costruzione della seconda Sfera Armillare che dovrà essere più grande ed
elaborata della precedente. Questo lavoro lo tiene occupato per 62 mesi, dal 4
marzo 1588 al 6 maggio 1593.
Dalle varie testimonianze dei pagamenti
per i materiali e per i servizi si può dedurre che il Santucci non fu soltanto
il disegnatore e progettista della sfera, ma anche il costruttore ed il
decoratore. Infatti tra le varie cose vi erano riferimenti alla sua bottega,
agli strumenti ed anche ai suoi aiutanti. Tutto questo avalla la tesi secondo
la quale il Santucci iniziasse la propria opera come artista-artigiano e che
solo in seguito si sia dedicato a studi di astronomia, matematica e tutto ciò
che potesse contribuire a migliorare le sue conoscenze e le sue capacità.
La costruzione della grande Sfera Armiilare
però non fu l’unico impegno in questi cinque anni. Nel 1590 infatti pubblica
una tavola “Dichiarazione della ruota perpetua, nuovamente ad utilità
comune posta in luce, nella quale perpetuamente si trova l’ora del levar del
sole, del mezzogiorno, il far della luna, etc. ” e, come egli stesso
dichiara nel suo “TRATTATO NUOVO DELLE COMETE”, costruisce un grande quadrante
con un diametro di 4 braccia e mezzo, equivalente a circa 3 metri, di cui era
molto orgoglioso. Per nostra sfortuna però il Santucci non ci dà nessuna
indicazione del perché e per ordine di chi l’abbia costruito.
In questo periodo continua la trasformazione del Santucci da artista-artigiano a matematico e la testimonianza ce la fornisce Jacopo Mazzoni in una sua lettera al Granduca Ferdinando del 1593. In questa lettera il Mazzoni dichiara che il Santucci aveva intrapreso “molti lavori in matematica’’, che era “un valent’huomo” in quella professione e degno di essere sostenuto.
Dorso del Astrolabio. TRATTATO DI DIVERSI /STRUMENTI (1593)
Nel 1593 scrive il “Trattato di diversi /strumenti
Matematici che si conservano al presente nella Guardaroba del Gran Duca di
Toschana Presi in disegno in questo libbro con le loro operationi come in
misurare le lunghezze largezze altezze overo profondità cosi delle cose Terrene
come Celesti; Similmente in levar le piante delle Provincie
o di qual si voglia cosa con ogni particolarità che
giustamente stien ne luoghi loro. ”
È questo un bellissimo Codice manoscritto che potrebbe
essere definito un inventario principe ragionato dei più rilevanti documenti
della seconda metà del Cinquecento. In esso si possono osservare figure di
strumenti matematici e luoghi di cui si possono rilevare le altezze con gli
strumenti. La maggior parte degli apparecchi presentati nel Codice si ritrova
oggi negli originali posseduti dall’istituto e Museo di Storia della Scienza
di Firenze.
Da questo Trattato possiamo trarre la testimonianza evidente che egli aveva intrapreso alcune attività di insegnamento. In una delle prime pagine del Trattato il Santucci ci preannuncia di stare preparando un “copioso compendio” sulla Sfera Armillare: “…. e per uso di simili cose la felice Memoria del Gran Duca Cosimo fece fabrichare questi bellissimi /strumenti per il diletto che ne avea di si, nobile et piacevole scientia, ad imitatione del quale il Serenissimo Don Ferdinando HI Gran Duca di Toscana, oltre a far questo trattato per dichiaratione delle operationi de sopradetti strumenti vena aggiunti degli altri venuti di Roma come alchuni bellissimi quadranti e Bussole et oltre a questo ha anche fatto fabricare al presente una sfera di meravigliosa grandezza e la più copiosa che si vedessi già mai della quale se il Signore i Dio celo concederà se ne vedera presto un copioso compendio dove si dichiarano li sua termini con tutte le operationi astronomiche et geografiche che in quella si contengono. ” Nel 1595 vennero affidati al Santucci lettorati di Matematica all’Accademia del Disegno ed il restauro del grande Mappamondo costruito da Egnazio Danti e che attualmente si trova nella Sala delle Carte di Palazzo Vecchio. Questo Mappamondo terrestre costruito dal Danti, cosmografo di corte di Cosimo de Medici, era ridotto in cattive condizioni ed il Santucci stesso in una sua relazione, che si trova presso l’Archivio Mediceo, ci fa sapere quali fossero i lavori di cui necessitava: “Fa di mestieri colorir di nuovo tutta l’acqua e ralluminare molte cose che sono state accecate ne’ continenti della terra, similmente fa di bisogno linear di nuovo tutti i circoli paralleli e meridiani aciò’ si riduca in bella e graziosa vista. Inoltre a circoli tropici et agli artici gli mancano la loro graduazione che oltre al l’ornamento che fanno è necessario farle per distinguere le proporzioni che i paralleli hanno con l’equatore, i continenti della terra che sono dintorno a poli di detto globo vi furono solamente accennati a guisa di un fummo, ridurli alla loro perfezione che corispondino alle altre parti et oltre a ciò vi mancano più isole insieme con quella del Giappone essendo che nel tempo che il Rev. Padre frate Eg natio Danti fece il detto globo per ordine della felice memoria del G.D. Cosimo non ce n ’era quella notizia che ce n ’è oggi. Hora trovandosi il detto globo nel termine sopradetto che costò più migliaia di scudi”.
Scala Altimetria. TRATTATO DI DIVERSI /STRUMENTI MATEMATICI (1593)
La sua posizione non è ancora stabile e
nel 1596 scrive una lettera al Granduca in cui dichiara che gli sarebbe
piaciuto essere impiegato nelle Gallerie Fiorentine nella costruzione e
restauro di strumenti, costruzione di carte geografiche e altri lavori a lui
congeniali che sino ad allora aveva fatto
su commissione ed avere quindi una posizione
di stipendiato.
La richiesta del Santucci fu accolta e
gli fu dato un incarico che lo metteva al servizio particolare del Granduca
con uno stipendio di 8 scudi al mese.
Nel 1599 fu nominato Lettore di Matematica all’università di Pisa, il perché non è ancora esattamente chiaro ma sembra che ciò fosse dovuto al fatto di essere divenuto “un favorito della Granduchessa.” Un’altra opera del Santucci, posteriore al 1599, è un Codice autografo di 19 carte modernamente numerate con illustrazioni a penna molto simili a quelle presenti nel Codice degli Strumenti Matematici per la parte che si riferisce alla misurazione dei luoghi ed il cui titolo completo è: “In questa presente hopera, si dimostra quanto la Terra sia maggiore dell’Acqua e dell’elemento dell’Aria, e similmente quanto la Sfera del Fuoco sia maggiore della Terra, et in oltre si da una Regola di trovare con maravigliosa facilità, quante miglia si vede lontano dalla proposta altezza tanto in Mare come in Terra; similmente per sapere quanto può essere lontano qual si voglia Naviglio quando si scquapra in Mare dalla Altezza proposta: e che sia necessario, tutti li viaggi che si fanno per Mare e per Terra si faccino per linea circolare, et non per piano; Composto da Antonio Santucci di Ripomaranci Cosmografo del Serenissimo Gran Duca di Toschana, e lettor delle Scientie Matematiche nello Studio di Pisa dedicato a Sua Altezza Serenissima. ”
Questo Codice, pur inquadrato nella formazione aristotelico tolemaica sempre sensibile nell’opera del nostro cosmografo, sembra valer la pena di essere preso in esame per una valutazione comparativa sulle cognizioni cosmologico didattiche del periodo. Nel 1606 consegna al Granduca Ferdinando delle Carte Geografiche alle quali aveva lavorato sin dal 1600. Sono queste dodici carte la prima delle quali rappresenta il Mondo intero; la seconda l’Europa; la terza l’Asia; la quarta l’Africa; la quinta il Mondo Nuovo ovvero come si diceva a quel tempo le Indie Occidentali; la sesta l’Inghilterra la Scozia e l’Irlanda; la settima la Francia; l’ottava la Grecia; la nona l’Italia; la decima il Granducato di Toscana; l’undicesima la Spagna; la dodicesima la Liguria e la Lunigiana. Stava anche lavorando ad una carta che doveva raffigurare tutta l’Europa, parte dell’Africa e gran parte dell’Asia.
TEORICA DEL SOLE
ET DELLA LVNA PEE SA
Codice Autografo (1613)
PERE TVTTÌ GLI ASPETI CH
TANNO TRA LORO
Nel 1611 viene pubblicata la prima edizione
del TRATTATO NUOVO SULLE COMETE corredato da 10 tavole originali manoscritte.
Un altro lavoro del nostro concittadino,
composto tra il 1611 ed il 1612 come egli stesso dichiara nel testo, è il “Breve
discorso sopra il Trattato del Sig.r Galileo Galilei, delle cose, che
galleggiano sopra l’acqua, di quelle, che vi si sommergono et non vanno in
fondo; composto da Antonio Santucci da Ripamaranci Cosmografo del Ser.mo
Grand Duca di Toscana, et Lettore delle Scienze Matematiche nello Studio di
Pisa; dedicato alla S.ma Madama Granduchessa di Toscana.’’ Questo opuscolo,
il cui originale si trova nella Biblioteca Nazionale di Firenze, non ha valore
scientifico in quanto il Santucci esprime le sue teorie senza una considerazione
critica e comparativa dei testi matematici
che si potevano trovare facilmente al suo tempo. Esso ha soltanto un notevole
rilievo in quanto dimostra le notevoli doti artistiche del Santucci. Infatti in
esso vi è un bello stemma stilato a penna con l’Arme dei Medici inquartata con
quella dei Lorena che rappresenta una indiscutibile opera d’arte.
Nel 1613 il Santucci produce un altro Codice,
rimasto autografo e che si trova presso la Biblioteca Nazionale di Firenze, il
cui titolo è : “Nuova Inventione di Tavole per sapere le Cognuntioni della
Luna col Sole, e tutti, gli aspetti che fanno fra di loro con tute le feste
Mobili di qual si voglia anno proposto. Mediante quel numero che scruoprirà un
tiro di tre dadi, o vero un numero immaginato da tre punti fino in diciotto, et
altre cose composto per industria e per inventione di Antonio Santucci,
lettore delle Scientie Ma
tematiche nello Studio di Pisa, e Cosmografo del S.mo Gran Duca di Toscana dedicato
alla sua Serenissima Madre Madama Cristina Gran Duchessa di Toscana, dallo
inventore dell’hopera Antonio Santucci suo umilissimo e devotissimo servitore.
”
All’inizio di questo Codice, nel recto
della prima pagina, si trova una scritta a matita in cui si legge: “XXII
Ant. Santucci. Tavole delle congiunzioni della Luna e del Sole per le feste
mobili. Autografo 1613. ” La data del 1613 viene altresì dichiarata nel
testo “per la qual cosa diremo che la festa dell’Annuntiata viene di lunedi
in questo Anno 1613’’.
Questo Codice ha un suo valore ed interesse
se considerato nel contesto di quegli anni in cui la riforma del Calendario
portò alla necessità di calcoli astronomici e di compilazioni di tavole di cui
specialmente la Chiesa aveva evidente grande necessità per la
puntualizzazione delle feste religiose.
Fu questa l’ultima opera del Santucci
che in questo stesso anno morì.
MODELLINO DELLO “/STRUMENTO PERPENDICOLARE DA LIVELLAR LE COSE…’’ 1st. e Museo di Storia della Scienza Firenze.
Analizzando l’opera del Santucci, la Dott.ssa Maria Luisa Righini Bonelli dell’istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze, ci dice che il nostro concittadino era un tecnico ed un artista la cui opera era sostenuta da una incisiva e forte sensibilità. Questa sensibilità si può rilevare non solo dalla Sfera Armillare, ma soprattutto dal Codice degli Strumenti Matematici posseduto dalla Biblioteca Marucelliana. Quest’ultimo costituisce infatti, specialmente per i cultori della strumentarla antica, un prezioso documento che permette di porre a confronto molti degli apparecchi esistenti presso l’istituto e Museo di Storia della Scienza, con i progetti eseguiti per i medesimi, e chiarisce l’uso al quale furono destinati in quel mondo di vivo interesse per le collezioni scientifiche creatosi nel Cinquecento in Toscana con Cosimo, Francesco e Ferdinando I de Medici.
Una splendida tela di Nicolò
Cercignani è stata ritrovata nella “Collegiata” di Umbertide. Era lì forse da
più di un secolo, appesa a 15 metri di altezza, senza che gli archivi ne rilevassero
la illustre paternità.
È una vera e propria scoperta del parroco della collegiata. Un’opera che da tempo immemorabile orna il tamburo della cupola della chiesa Umbertidese.
Il fatto è di questi giorni. La tela, raffigurante la
trasfigurazione, ad un primo esame, risulta decisamente superiore per fattura
all’altra opera del Cercignani esistente ad Umbertide, raffigurante la Vergine
ed i Santi, che attualmente si trova nella chiesa di San Francesco. Proprio la
presenza di quest’ultima ha incuriosito il parroco della Collegiata Don Vispi.
Confortato anche da una vaghissima nota della “BIBBIA” del settore “La
storia dell’arte Italiana” del Venturi il parroco si è armato di un
potentissimo cannocchiale ed ha individuato nella parte bassa del quadro, posto
ad un’altezza pressoché inaccessibile, la firma illustre del Pomarancio e la
datazione: 1572. Successive ricerche d’archivio hanno permesso di ricostruire
parzialmente la storia del quadro. Esso fu acquistato presso i Monaci
dell’Eremo di Montecorona prima
della soppressione del loro monastero. In origine, infatti, ornava l’altare
maggiore del cenobio dell’eremo. Nessuna notizia circa il committente ed in
seguito del compratore. Difficoltose ricerche hanno poi confermato che la
trasfigurazione perduta di Montecorona non
è altro che quella ritrovata in Collegiata. Ad una prima e superficiale
analisi, per impostazione cronologica e fattura compositiva, il quadro sembra
essere uno dei migliori lavori del Pomarancio.
Rappresenta in alto la trasfigurazione del Signore secondo lo schema classico, ma con una forte imitazione raffaellesca (Raffaello fu certamente un riferimento per tutta la pittura successiva).
Nella zona inferiore si situa un quartetto di santi nei quali si riconoscono: San Benedetto con in mano la “Regola”; San Romualdo, che sorregge Montecorona (in parallelo con l’evangelico Monte Tabor); San Savino ed un vescovo per ora ignoto. Nella parte bassa due putti sorreggono un calice, simbolo dell’Eucarestia. L’opera è complessivamente in buono stato, anche se sono evidenti i segni del tempo, ed è degna della più assoluta attenzione e valorizzazione; un vero tesoro che si aggiunge al purtroppo trascurato.
E Conoscere la storia del mio paese ed
approfondire le notizie sui nostri artisti locali è da tempo una mia passione.
Lo è ancora di più quando si fanno conoscenze ed amicizie che consentono scambi
di opinioni sull’arte o sulla Storia dell’Arte come avvenne nel gennaio 1989,
quando ebbi l’occasione di conoscere la sig.ra Maria Teresa Frediani durante
una cena in casa degli amici Ledivelec nell’ex podere San Michele.
Conversando tra l’altro dei suoi tempi
giovanili trascorsi a Pomarance durante il periodo bellico nella villa del
Palagio, e del suo apprezzamento per la Mostra Fotografica di 42 disegni
inediti attribuiti a Niccolò Cercignani, organizzata dall’Associazione
Turistica Pro Pomarance, mi disse che anche nella casa paterna esisteva un
quadro del ‘’Pomarancio”. Questa notizia, che mi avrebbe consentito di
documentare un’altra opera dei nostri artisti cinquecenteschi, mi permise di
chiedere alla Dott.ssa Frediani ed a suo marito una foto del quadro in loro
possesso per poterla pubblicare sulla nostra rivista “La Comunità di Pomarance”.
Dopo qualche mese mi furono inviate le foto richieste tramite la Sig.ra Maria Lodovica
Bianchini Modani Ledivelec, che aveva avuto occasione di incontrare la sig.ra
Medina a Firenze.
Osservando la fotografia, mi accorsi con
stupore che l’opera posseduta dai Frediani non era nè di Cristofano Roncalli
(Pomarancio il Giovane), nè di Niccolò Cercignani (Pomarancio il Vecchio),
bensì attribuita al figlio di quest’ultimo, Antonio Cercignani, che intraprese
l’arte del padre e ne ereditò lo pseudonimo di “Pomarancio”.
Un appellativo onorevole per la nostra
cittadina, ma che ha contribuito a determinare notevole confusione
nell’attribuzione di opere eseguite dai nostri pittori.
Il quadro (dimensioni 40 x 50), o meglio
un disegno a carboncino e sanguigna è sicuramente un bozzetto preparatorio
per un’opera di notevoli dimensioni. Risulta incompleto nella parte inferiore
e nella estremità superiore, evidenziata benissimo dalle figure tagliate degli
angioletti ruotanti sopra la “Madonna in Gloria” sorretta in cielo da due
angeli alati. Il tratteggio dei panneggi in chiaroscuro evidenzia notevolmente
la perfetta padronanza del disegno appreso sotto la scuola del padre Niccolò.
Sulla cornice del quadro è posta una targhetta metallica con la scritta:
Cercignani Antonio detto il Pomarancio 1559-1619, ma probabilmente non è esatta
nè la data di nascita nè la data di morte, secondo alcune ricerche che ho potuto
fare all’istituto Germanico di Storia dell’Arte di Firenze in questo
periodo.(1)
Alcune notizie del quadro inviatemi dalla Dott.ssa
Frediani, mi informavano che l’opera era stata donata a suo padre, Giuseppe
Frediani, dal Principe Camillo Ruspoli (proprietario di una piantagione a
Cuba), in occasione di una sua missione come Ispettore dei Fasci Italiani
all’estero nel 1939 documentata anche in un interessante libro autobiografico
di Giuseppe Frediani intitolato “La Pace separata di Ciano”.
Antonio Cercignani nacque probabilmente a Città della Pieve, dal matrimonio tra Nicolò Cercignani delle Pomarance e Teodora Catalucci, attorno al 1574. La sua data di nascita è calcolata secondo un documento del 1583, pubblicato dallo
storico Masetti Zannini, che, citando un pittore romano,
ricordava che a Roma “… da Piazza Colonna all’Arco del Portogallo”
abitavano “.. Mastro Niccolaio Circignani pittore, Monna Teodora Catalucci et
i figli Mario di anni 12, Antonio di anni 9, Giacoma 4 standovi fino all’anno
1586.”
Il suo apprendistato fu sicuramente accanto al padre Nicolò; uno dei suoi primi lavori documentati infatti lo vide seguace del padre a soli 15 anni, quando Nicolò ebbe la committenza di dipingere affreschi nella chiesa di Valviscicolo, presso Sermoneta (Prov. di Roma), per i religiosi della Badia nella cappella di San Lorenzo.
La firma degli artisti, celata per molti anni sotto la
nicchia murata della cappella, riportava infatti questa iscrizione:
‘‘Francesco Fazuoli,
Antonio Circignani e Camillo Campani Volterà … Saritrovorno
quando si fece la cappella di San Lorenzo e più quando si
dipinse il coro essendo discepoli di Mastro Niccolaio Circignani, il quale
fece tal lavoro, l’anno 1589. tutti secchi dallo stento….”
L’apprendistato con suo genitore fa supporre che egli possa essere venuto nella terra di Ripomarance a dipingere alcune opere commissionate al padre a Volterra e Pomarance, tra il 1590 ed il 1593, dato che non vi sono documenti che certificano la sua permanenza. Il 1 febbraio 1595 Antonio Cercignani si sposò con Donna Amelia Fetti nella chiesa di San Gervaso a Città della Pieve. Nel 1596 nacque la sua prima figlia Lucrezia, successivamente l’altra figlia Margherita. Alla morte del padre Niccolò, Antonio fu dichiarato erede universale di tutti i suoi beni.
«Madonna in gloria» studio di A. Cercignani – Milano: collezione privata Fam. Frediani.
Una delle sue prime opere, documentata
dalle fonti, fu la decorazione ad affresco della cappella di Nostra Donna in
Santa Maria della Consolazione. Un ciclo decorativo ancora manieristico dove è
evidente l’influsso del padre databile attorno ai primi anni del 600.
Un’altra opera di Antonio è quella
dell’affresco della volta nel Palazzo Antici Mattei risalente ai primi anni del XVII secolo. In una descrizione
dell’affresco sul soffitto è riportato che: “..La volta della prima
anticamera dell’appartamento verso Santa Caterina fatte le figure grandi da
Antonio Pomaranci e li rabeschi da Prospero Orsi, costò scudi doicento ottanta,
non compresi li stucchi, oro, e li colori, che l’oro costò scudi novantasei,
rappresenta il trionfo di Giuseppe…”
Un’altra sua opera è la serie di
affreschi rappresentanti la vita di Maria eseguiti nel primo decennio del 600,
nel presbiterio della cappella di San Aniceto di Palazzo Altemps di Roma.
Eseguiti su suoi cartoni sono i due mosaici sulla facciata del Duomo di
Orvieto eseguiti attorno al 1612: Lo sposalizio di Maria e La Presentazione
di Maria.
Del 1614 sono anche alcuni affreschi
molto deteriorati nei portici di Santa Maria Nuova a Firenze di cui lo
studioso Pollak ha rinvenuto documentazioni
storiche. Attorno al 1620 eseguì anche una tela d’altare raffigurante S. Alberto
per la cappella omonima in Santa Maria in Traspontina. In un manoscritto del
XVII secolo Giulio Mancini scrive di Antonio Cercignani che adesso in Roma
è in buona reputazione, havendo fatto la Cappella nella Traspontina di buon
colorito, e nella Vigna di Gesuiti sopra Termine…”
Frequenti furono i contatti con l’altro grande Pomarancio (Cristofano Roncalli) da cui dopo la morte del padre ebbe grande insegnamento e frequenti rapporti professionali. Alla morte infatti di Cristofano Roncalli, egli risulta raccomandato al cardinale Rivarola in un documento del 3 giugno 1626, perché gli venisse assicurata la continuazione di un’opera lasciata incompiuta dal “Cavaliere delle Pomarance”. La redattrice della lettera (Lucrezia Malagotti Vaini) per maggiori chiarimenti allegava un lungo elenco di lavori già eseguiti da Antonio come ad esempio quelli della cappella del Palazzo Altemps.
Le opere di questo periodo, risentendo
di influssi caravaggeschi, denotano particolarmente temi cromatici di
carattere Roncalliano che evidenziano la sua vicinanza al vecchio pittore e che
giustificano il suo intervento nella continuazione di un’opera incompiuta.
Una delle sue ultime opere fu un quadro
per la Basilica di San Pietro, eseguito tra il 1627 ed il 1629, raffigurante la
Consegna delle chiavi che purtroppo è andato perduto.
In quegli anni (25 maggio 1629) risulta sposarsi in seconde nozze con Donna Cristina Garofalini. La sua data di morte è fatta risalire, secondo il Baglioni, al 1630.
Altre sue opere pittoriche si possono ammirare a Modena nella Pinacoteca Estense (Crocefissione datata 1620) e nella Chiesa di San Bartolomeo (Deposizione); a Pistoia in Santa Maria delle Grazie; a Reggio Emilia nel Duomo (Natività di Nostro Signore); a Rimini nel Tempio Malatestiano (San Carlo); in Umbria a Collescipoli (TR) nella Chiesa di Santa Maria (Madonna con Rosario), a Umbertide (TR) nella Chiesa di San Francesco (Madonna in Gloria tra i 4 Santi).
Altri suoi
lavori eseguiti a Roma, benché documentati da fonti storiche, sono andati perduti,
come una Madonna con San Giuseppe per il Cardinal Giustiniani o gli affreschi
in San Andrea della Valle distrutti in un rifacimento del 1670 ad opera
dell’Architetto Fontana.
NOTE
1) In questa biblioteca, frequentata da studiosi e docenti universitari, sono consultabili anche le nostre riviste della “Comunità di Pomarance” che hanno avuto un buon apprezzamento per il livello qualitativo. L’interesse particolare per la Rivista quadrimestrale ci è stato dimostrato qualche tempo fa anche dal Direttore della “Bergische Universitat” di Wuppertal (Germania Occ.) che. avendo consultato la nostra “Comunità di Pomarance” nella Biblioteca dell’istituto germanico di Firenze, ha fatto richiesta di tutta la serie completa della rivista per inserirla nella loro Biblioteca di Wuppertal. Ricordiamo inoltre che le suddette riviste sono consultabili anche nella Biblioteca Guarnacci di Volterra, all’Archivio di Stato di Pisa, all’Archivio di Stato di Firenze e nella Biblioteca Comunale di Cecina.
Jader Spinelli
Articolo tratto da “La Comunità di Pomarance”.
La Storia Continua
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